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Autore: The Mad Tinhatter    09/09/2008    1 recensioni
Introduzione modificata. E' vietato usare il tag b, se non in casi particolari.Rinoa81, assistente amministratrice.
Un giorno Luna riceve una rosa. Allegata ad essa, una richiesta d'aiuto. Chi sarà il misterioso mittente? E da chi, o da che cosa, dovrà essere salvato? Postato l'ultimo capitolo: "Return".
Fanfiction partecipante al contest "Odi Et Amo: Magic'Slaves" indetto dal forum "Nocturnal Lullaby".
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood, Neville Paciock
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Cap. 2: Into The Painting

Luna si alzò il mattino seguente con un paio di maledette occhiaie sotto agli occhi. Quasi non aveva dormito, pensando a quella rosa. Perché proprio lei? Lei che, in fondo, non aveva poteri particolarmente sviluppati, lei che, da quel punto di vista, era una comunissima strega.
Chi era il misterioso personaggio che chiedeva il suo aiuto?
“Certo che avrebbe potuto anche firmare” , pensò Luna, cercando i suoi Spettrocoli. Indossandoli, avrebbe evitato di far vedere a tutti le sue spaventose occhiaie.
Mise la rosa dentro alla borsa senza nemmeno sapere perché. Forse un paio di lezioni l’avrebbero aiutata a capire qualcosa di più.
Uscì dal dormitorio, e si avviò subito verso la prima lezione. Si era addormentata troppo tardi per svegliarsi in tempo per la colazione.
Passò le ore di lezione e il pranzo a pensare a come avrebbe potuto aiutare una persona di cui nemmeno sapeva il nome o dove si trovasse.
Ovviamente, non giunse a nessuna conclusione. Certo, come faceva a pensare se attorno a lei c’era gente che chiacchierava o mangiava o spiegava? Decise di prendersi un paio d’ore da sola, in un posto completamente deserto. Quindi, non la Sala Comune.
Passeggiò per la scuola, cercando di trovare il suo luogo. Giunse vicino all’aula d’Incantesimi, e vide una cosa che, in cinque anni di carriera scolastica, non aveva mai notato. Un ritratto.
Era splendido, e particolare. Rappresentava un uomo, in posa molto solenne. Eppure i suoi abiti sembravano troppo umili per appartenere a un re. Ma la vera particolarità stava nel paesaggio che lo circondava. Di solito per i paesaggi nei ritratti venivano scelti colori tenui, in modo da far risaltare il soggetto del quadro. In questo caso, invece tutto sembrava essere diverso dal normale.
Lo sfondo era quello di una foresta, con un fiume che la attraversava. I rami degli alberi non erano fitti, si poteva scorgere cosa vi fosse al di là della foresta. Sulla destra, c’era una macchia variopinta, sembrava un campo di fiori. Sulla sinistra, si poteva vedere un sentiero che portava al fiume.
I colori erano vividi, quasi più vivaci del normale, sia nella figura dell’uomo che nella natura che lo circondava. E poi, c’era un’altra cosa che, agli occhi di Luna, parve molto strana.
A differenza degli altri quadri della scuola, ogni elemento che componeva il quadro era perfettamente immobile. Sugli alberi, nessuna foglia frusciava. L’acqua del fiume non scorreva. L’uomo non si muoveva.
“Chissà che mal di schiena, poveretto” , pensò la ragazza.
Luna si sedette per terra, in un angolo del corridoio, proprio davanti al quadro. Aveva deciso il suo posto. Sentiva che, senza sapere come, quel quadro l’avrebbe aiutata a capire qualcosa di più di quella faccenda.
Aprì la borsa, ed estrasse la rosa. La guardò, intensamente, come se lei potesse suggerirle la risposta giusta.
In effetti, qualcosa era cambiato. Le gocce di rugiada, ghiacciate, brillavano come diamanti.
Lo stelo della rosa si muoveva, incurvandosi verso il quadro. Non era come se si stesse afflosciando, ma come se una forza la stesse attirando. Una forza che proveniva dal quadro.
Era abbastanza forte da trascinare anche Luna con sé. Era inutile lottare, non ce l’avrebbe mai fatta a contrastarla.
Ciononostante, Luna non aveva alcuna intenzione di finire spiaccicata contro il quadro. Cercò di mollare la rosa, ma fu come se questa si fosse attaccata alla sua mano. Cercò di opporre resistenza, ma ciò che la attirava diventava sempre più forte man mano che si avvicinava al quadro… ormai c’erano solo pochi centimetri di distanza… le gocce di rugiada brillavano di una luce accecante… troppo accecante… Luna chiuse gli occhi….
E poi cadde. Quella misteriosa forza aveva cessato di agire, e lei, a causa del suo stesso tentativo di contrastarla, era caduta.
Aprì gli occhi, e scoprì di non essere più a scuola. Era nel bel mezzo di una foresta. La foresta del quadro.

*

Il ragazzo continuava a camminare. Era strano. Chissà per quanto tempo aveva camminato, eppure non sentiva né fame né sonno. Per fortuna. Sarebbe stato difficile trovare qualcosa da mangiare laggiù, o dormire sulla nuda terra.
Sembrava che fosse fuori da ogni concetto di civiltà. Soltanto alberi dipinti, qualche fiore ogni tanto, la terra, il cielo e lui.
Se non altro, niente di delicato da rompere, e nessuna pozione da preparare. C’erano tante piante, erano la sua passione, non sarebbe dovuto essere felice?
Ci pensò, mentre camminava. No, ci sarebbero state molte persone che gli sarebbero mancate. E qualcuno a cui sarebbe mancato.
Non avrebbe più visto nessuno. Nessuno che lo facesse ridere, nessuno con cui parlare.
E poi, si poteva dire che quello non era proprio il suo mondo. Sarebbe potuto essere il mondo ideale di Luna, ma non il suo.
In un attimo, si ritrovò a pensare che cosa avrebbe potuto dire Luna se fosse stata al suo fianco, in quell’universo colorato. Avrebbe riso come una matta, buttandosi nel fiume, cercando di diventare tutta blu. Avrebbe colto un fiore di ogni specie per farne un mazzo.
Sorrise. Si, assieme alla sua amica avrebbe sopportato meglio tutto. Era così solare che non poteva fare a meno di essere contagiosa. E, in ogni caso, avrebbe cercato di farlo ridere con lei.
Chissà cosa aveva pensato, non vedendolo? Forse avrebbe pensato che si fosse dimenticato di lei. Che enorme bugia. Era soltanto grazie a lei che la sua estate non si era trasformata in un mortorio allucinante, come avrebbe mai potuto dimenticarsela?
Alzò gli occhi davanti a sé. Era ritornato nel campo di fiori. Corse con gioia tra ciclamini e papaveri, diretto verso le rose, pronto a fare un altro tentativo. Ma più correva, più il campo sembrava grande… il roseto sembrava sempre più lontano… il campo sembrava infinito….
Si bloccò. L’ultima volta che l’aveva attraversato, il campo non era infinito. Era evidente. C’era qualcosa che gli impediva di raggiungere le rose. Come se la sua fosse stata una possibilità, e che l’avesse stupidamente sprecata.
Decise di ritornare alla foresta, che ormai era il suo punto di riferimento.
Si sedette all’ombra di un albero al limitare della foresta. Aveva scelto di restare ad aspettare. Chi glielo faceva, a girare per tutto il quadro cercando una via d’uscita, se ce n’era solo una che non aveva saputo sfruttare? Prima o poi, qualcun altro sarebbe finito dentro al quadro, come lui. Almeno avrebbe avuto qualcuno che gli avrebbe fatto compagnia.
Non sarebbe stato più solo….
   
 
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