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Autore: The Mad Tinhatter    06/09/2008    3 recensioni
Introduzione modificata. E' vietato usare il tag b, se non in casi particolari.Rinoa81, assistente amministratrice.
Un giorno Luna riceve una rosa. Allegata ad essa, una richiesta d'aiuto. Chi sarà il misterioso mittente? E da chi, o da che cosa, dovrà essere salvato? Postato l'ultimo capitolo: "Return".
Fanfiction partecipante al contest "Odi Et Amo: Magic'Slaves" indetto dal forum "Nocturnal Lullaby".
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood, Neville Paciock
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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The Truth Beneath The Rose

Cap. 1: The Request Of The Rose

Luna Lovegood era sdraiata sul suo letto, in pigiama. Era stanca, ma qualcosa le impediva di addormentarsi. Come se una magia la tenesse sveglia.
Quel primo giorno di scuola era stato un fallimento totale. Dopo ben cinque anni di permanenza nella scuola, quasi nessuno aveva imparato a rispettarla. Erano tutti lì, a giudicare basandosi soltanto sulle apparenze. Vedevano solo gli orecchini, le collane, gli occhiali. Non vedevano altro.
La vedevano fuori dal mondo, e pensavano che non li avrebbe sentiti se parlavano male di lei. Ma lei li sentiva, eccome. Sentiva le loro parole: “lunatica”, “strana”, “matta” . L’espressione che più le dava fastidio era “fuori di testa” .
Lei era soltanto lei. Che male c’era ad essere così? Forse sarebbe stata lei ad avere il diritto di dire qualcosa a loro. Tutti uguali, così noiosi. Tutti a seguire la moda del momento. Ragazze sciocche. Ragazzi tanto idioti da far accapponare la pelle.
Beh, su questo punto poteva anche fare un’eccezione. Perché c’era un ragazzo, uno solo in un’intera scuola, che avesse fatto qualcosa per farla stare meglio. Che non si fosse limitato a quella sorta di sterile accettazione che le avevano dato Harry, Ron e Hermione. Si erano visti durante l’estate, erano diventati amici. Ma, anche lì, c’era una pecca. Dopo il banchetto d’inizio anno, la sera precedente, non si era più fatto vedere. Nulla. Non era nemmeno nella Sala Grande per cena.
Chissà, magari avrà avuto i suoi motivi per non farsi vedere, magari lei nemmeno era interessata, magari….
Improvvisamente, qualcosa attirò la sua attenzione. Un luccichio anomalo, diverso da quello normale della luna e delle stelle, proveniva dalla finestra.
Luna si avvicinò, incuriosita. Man mano che la finestra era più vicina, Luna potè vedere che sopra al davanzale c’era qualcosa. La ragazza aprì la finestra, per vedere cosa fosse quel qualcosa. Un leggero venticello entrò nella stanza, scompigliandole i capelli.
In effetti, sul davanzale c’era un oggetto. Una rosa. Luna la prese e la avvicinò ai suoi occhi per osservarla meglio.
Era una rosa bellissima, rossa e fresca. Era ancora ricoperta di gocce di rugiada, nonostante fosse notte. Ed era strana. Era come se fosse ghiacciata, la rugiada non accennava nemmeno a voler scivolare via dai petali. Era come se la rosa fosse stata finta, con le gocce di rugiada di plastica attaccate. Eppure, Luna non avrebbe potuto cogliere una rosa che le fosse sembrata più reale di quella in nessun altro luogo. I suoi petali erano incredibilmente morbidi, il suo colore uno splendido rosso scuro che non accennava a sbiadire.
La annusò. Il profumo che emanava era inconfondibile. Simile a quello di una rosa normale, ma allo stesso tempo particolare.
Luna si avvicinò al letto per immergere la rosa nella brocca dell’acqua, chiedendosi chi mai le avesse fatto quello splendido dono. E fu allora che si accorse del biglietto. Attaccato alla rosa, c’era un biglietto. Forse era il nome del mittente….
La grafia era graziosa e ordinata, l’inchiostro nero come la pece, steso su un pezzo di carta color pergamena.
E no, non c’era scritto il nome del mittente misterioso. C’era scritta soltanto una piccola parola….

“Aiutami….”

*



Il ragazzo vagava per la foresta. E dire che non sapeva nemmeno come ci fosse entrato.
Un attimo prima, era nel suo mondo, quello di un normale studente. Poi l’aveva notato. Un quadro. E aveva sentito qualcosa attirarlo verso di esso. Fu un secondo. In un battito di ciglia, si era ritrovato nel bel mezzo di quella foresta. E in quel momento stava cercando una via d’uscita, apparentemente inesistente.
Eppure, il posto in cui si trovava era splendido. Un vero paradiso terrestre. Ma lui ne aveva paura. Non era il luogo in cui sarebbe dovuto stare. Non era a scuola, con i suoi amici. Sarebbe potuto restare lì per sempre. Da solo.
Scacciò il pensiero dalla sua mente. Perché ci doveva essere una via d’uscita. Era impossibile che fosse lui l’unico ad essere caduto nel quadro. Doveva essere successo a qualcun altro, che con ogni probabilità aveva trovato una via d’uscita.
Il bello era che, apparentemente, quel quadro sembrava un ritratto. Eppure, non appena lui vi era entrato, tutto era completamente deserto. Non era nemmeno arrivato nella foresta che era raffigurata come sfondo. L’aveva raggiunta camminando, dopo varie ore di viaggio.
Si sedette su una roccia, una delle tante che si trovavano in riva al fiume nel bel mezzo della foresta. Si tolse le scarpe, e bagnò i piedi nell’acqua gelida. Aveva bisogno di pensare.
Doveva anzitutto uscire dalla foresta, o si sarebbe perso ancora di più.
Poi avrebbe dovuto cercare qualcosa, un oggetto che indicasse, magari, l’uscita. O qualche stramba formula magica che l’avrebbe catapultato di nuovo ad Hogwarts.
Tolse i piedi dall’acqua, e rimase parecchio sorpreso da ciò che vide. I suoi piedi erano rimasti colorati di blu, come se l’acqua del fiume fosse stata acquerello.
Si guardò intorno, e si rese conto di un particolare che, durante lo shock iniziale, non aveva considerato.
I colori erano strani, irreali. Il verde era troppo verde, il grigio troppo grigio. Come poteva succedere solo in un quadro.
Si rimise le scarpe, e corse nella foresta, come se gli alberi, così irreali, volessero aggredirlo. Uscì in fretta dalla foresta, per scoprire che non era affatto tornato nel punto da cui era partito. Si trovava di fronte ad uno splendido, coloratissimo campo di fiori. Margherite, dalie, petunie, primule… c’erano tutti i fiori possibili e immaginabili. E tutti dai colori vivaci e vividi, così come erano nella foresta.
Forse fu per questo che quel cespuglio di rose saltò immediatamente ai suoi occhi. Perché almeno quelle, in mezzo a tutti quei fiori, sembravano reali.
Si avvicinò al roseto, con cautela, quasi quei fiori potessero morderlo.
Osservò ogni singolo fiore, provando ogni volta una sensazione di ritorno alla realtà.
Erano rose splendide, di un magnifico rosso scuro. La rugiada le bagnava.
Il ragazzo ne toccò i petali. Erano così morbidi sotto le sue dita, così delicati, e così… veri.
Forse una di quelle rose sarebbe stato il suo lasciapassare per il mondo reale.
Forse sarebbe stata la sua salvezza dalla condanna di restare intrappolato lì.
Si avvicinò ancora di più al roseto, sempre lentamente, con attenzione. Poi colse una rosa.
Improvvisamente, una folata di vento si mosse verso il ragazzo.
La sua presa sulla rosa appena colta non fu abbastanza salda. E lui non potè far altro che osservarla librarsi nell’aria, e rincorrerla, sperando che il vento si calmasse e che la rosa tornasse a terra.
Continuò a correre, ma più si avvicinava alla rosa, più il vento aumentava d’intensità. ,la vide librarsi sempre di più, sempre più lontana. Infine scomparve, nel cielo fin troppo blu, tra le nuvole fin troppo bianche.
- No! – gridò il ragazzo, lasciandosi cadere a terra. Aveva corso troppo. Aveva attraversato e superato il campo di fiori, ed era troppo concentrato sulla rosa per curarsi di dove stesse andando.
Sbuffò. Si era perso. Di nuovo.
   
 
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