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Autore: Jecky Ru    05/08/2014    0 recensioni
Poggiai le mani sul coperchio spesso e pesante, intenzionata a rimuoverlo. Non appena ebbi iniziato a scostarlo, però, una strana sensazione mi fece titubare. Un brivido, o qualcosa di simile. Un pensiero fastidioso mi suggerì di scappare. Non sarei dovuta essere lì. Me ne accorgevo troppo tardi, quando ormai la pesante pietra era rimossa e il suo contenuto mi mozzava il respiro.
Un ragazzo di massimo vent'anni giaceva in un letto di petali di rosa, secchi ma comunque profumati. Le sue carni erano perfettamente conservate, i suoi lineamenti androgini rimasti inalterati. I capelli erano lisci e lunghi fino al petto, candidi come la neve, bianchi come i petali di un giglio. Dapprima temetti di trovarmi dinanzi ad un mio simile o comunque una creatura maligna. Ma non c’erano dubbi, era morto e privo di vita. E poi quelle forme erano così delicate, così perfettamente messe insieme per creare qualcosa di bello e aggraziato. Impossibile pensare anche per un solo istante che tutta quella apparente purezza nascondesse qualcosa di torbido e nefasto. Impossibile. Impossibile!
Troppo bello per essere vero, troppo bello per esistere.
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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La luce del tramonto era appena sparita dietro l’orizzonte quando il ragazzo immortale si levò dal proprio giaciglio. L’antro nel quale viveva era fatto di mattoni e cemento, con spesse mura rotondeggianti che gli assicuravano la protezione dai raggi solari. Non c’erano finestre, naturalmente. Il clima era umido: evidentemente fuori stava piovendo a dirotto. Succedeva molto spesso ultimamente: delle goccioline d’acqua riuscivano ad infiltrarsi, raggiungendo i meandri più profondi del castello, fino ad arrivare nei sotterranei, dove viveva lui. Come era solito fare ogni sera al suo risveglio, andò verso la vecchia porta in legno ed uscì dalla sua stanza. In un istante si trovò alle pendici di una lunga scalinata che portava verso l’alto. Con un’andatura lenta ed inesorabile il vampiro si fece strada nel buio, sicuro che i suoi sensi molto sviluppati gli permettessero di muovere passi sicuri anche nell’oscurità.
Erano cento scalini quelli che lo separavano dal resto della sua famiglia, li aveva contati giorni addietro. Fu quando ebbe raggiunto l’ultimo che posò le mani sulle fredde grate di ferro che costituivano assieme a del legno di quercia la botola segreta sopra di lui. Spinse, ma il portello non si aprì. Spinse allora con più vigore, ma c’era qualcosa che impediva la sua apertura. Sospirò profondamente, seccato dal fatto che il consiglio dato notti prima all’altra persona fosse stato ignorato, ed ora si trovasse lì, obbligato a sfondare la botola.
Con un fragoroso rumore che rimbombò lungo tutti i vicoli di pietra, la trappola nel pavimento si spalancò, ma il portello era andato distrutto.
Allora si levò dal basso verso l’alto, diretto verso la finestra in fondo al corridoio. La grande vetrata in stile gotico che lo separava dall'ambiente esterno era opaca, ma si potevano distinguere chiaramente le gocce di pioggia che si riversavano violentemente lungo tutta la vallata alle pendici della collina dove sorgeva il castello della Cornovaglia. Senza la minima esitazione, aprì un piccolo varco proprio al centro della grande finestra, per poi buttarsi a peso morto nel vuoto.
Passarono solamente pochi istanti dal momento in cui si ritrovò a terra, dopo un’agile capriola e un atterraggio perfetto. Non aveva nemmeno preso una protezione contro la bufera. Ma infondo non ne aveva bisogno. L’acqua non poteva privare le sue carni del calore vitale, in quanto esse erano più bianche e fredde della morte stessa. Per il resto si sarebbe asciugato una volta tornato al castello. Vagò per la valle in cerca di cibo, finché non arrivò al villaggio che si estendeva a pochi chilometri di distanza dalla propria residenza. Era molto raro poter trovare un centro abitato che riproducesse tutte le caratteristiche di molti secoli prima, in quel mondo così tecnologico come era quello del Duemilacento. Il vampiro sgattaiolò tra le mura del villaggio, deciso a scovare le proprie vittime. Fu dentro una taverna che le trovò. Con suo immenso dispiacere notò che l’interno del locale possedeva un arredamento completamente al passo coi tempi, moderno e virtuale. Per sua fortuna c’erano molte persone, anche se la maggior parte erano radunate intorno ad un grande e sottile schermo che sorgeva sulla parete più a nord. Stavano trasmettendo una partita di calcio. Ma non era quello che interessava al vampiro. Egli chiuse gli occhi e si concentrò, scrutando l’anima di ognuno dei presenti, scovando le persone che avrebbero potuto nutrirlo anche per quella sera. Le trovò nell’angolo più remoto della taverna: era un gruppo di tre uomini, tutti trasandati e sopra i cinquant’anni. Il ragazzo immortale s’avvicinò di soppiatto, scivolando come un’ombra tra la gente. Avrebbe agito di nascosto e in modo celere, non lasciando testimoni. Molto difficile a farsi, trovandosi in un locale pieno di persone. Poi il momento fatidico arrivò: un gran coro di urla ed esulti provenne dalla marmaglia lì attorno quando uno dei giocatori segnò un goal, provocando lo scompiglio generale. Fu proprio in quell’istante che egli afferrò con forza il primo dei tre uomini e lo tirò a se, sparendo in mezzo alla folla esultante. Immobilizzandolo, lo morse alla gola, sentendo scivolare un grosso fiotto di sangue tra le fauci. Succhiò due, tre volte, fin quando non sentì il battito del cuore della propria vittima rallentare. Solo allora lo lasciò andare: sapeva fin troppo bene che se l’avesse ucciso in seguito avrebbe dovuto litigare con la persona che lo aspettava al castello. Non era una bella sensazione doversi staccare dalla vittima prima di aver finito, interrompendo così il proprio pasto succulento, ma doveva farlo per lei, per quella creatura che probabilmente era già al corrente della sua fuga silenziosa. Doveva farlo, perché l’amava.

Lasciò andare l’uomo in mezzo alla calca, andando velocemente verso gli altri due. La sua indole lo avrebbe spinto a mostrarsi apertamente alle sue vittime, distruggendole un secondo dopo. Ma non poteva infrangere il giuramento di segretezza, così si limitò ad osservarle, aspettando il momento propizio per colpire nuovamente. Ci furono altri due goal, ed egli ripeté la stessa mossa. Alla fine, dopo aver bevuto metà del sangue dei tre uomini, fu sazio e poté uscire dalla taverna, diretto verso il castello. Fortunatamente la tempesta s’era placata, ed ora solo qualche gocciolina cadeva solitaria dal cielo. Il vampiro alzò la testa verso l’alto. Già, le stelle…
Per quanto tempo gli astri lucenti avevano influenzato la sua vita e le sue decisioni. Ma ormai quel tempo era passato, le sue abitudini cambiate.
Durante il viaggio di ritorno ebbe l’occasione di nutristi anche del sangue di qualche animale. Questa volta uccise senza pietà, in quanto cacciatore. Con due salti eleganti arrivò alla finestra gotica precedentemente spalancata, entrò e si trovò nuovamente nel corridoio. Lo percorse fino alla fine, svoltando successivamente a destra. Dopo pochi minuti si ritrovò davanti alla grande porta che lo separava dalla sala. Sapeva che la persona amata era lì dentro, poteva percepirne la forte presenza. Con un movimento ampio e deciso il giovane spalancò le alte ante della porta, entrando in un grande salone. Proprio al centro v’era un lungo tavolo rettangolare, sopra il quale erano sparsi diversi fogli pieni di scarabocchi. Si avvicinò cautamente al tavolo, notando che l’altra persona stava seduta sulla grande poltrona davanti al fuoco dal camino, girata di spalle.
Arrivato a cinque metri dalla poltrona egli si fermò, aspettando che il suo amore gli rivolgesse la parola. « Hai rotto la botola, imbecille ».
Al suono di quelle parole il vampiro incrociò le braccia e assunse un’aria severa. « Senti da che pulpito viene la predica… ti ho informata diversi giorni fa che il portello aveva delle difficoltà ad aprirsi ». Passarono alcuni secondi da quell’affermazione; un leggero ticchettio di tasti risuonò per la sala, poi la ragazza aggiunse con aria distratta: « Non era un problema mio… ».
Di norma avrebbe risposto con più vigore, magari alzandosi in piedi ed insultandolo un poco. Lui lo sapeva, la conosceva molto bene. C’era una sola spiegazione per quel comportamento così flemmatico.
« Stai ancora lavorando a quel progetto? »
« Ho appena cominciato ».
A quel punto una frase di scherno uscì dalla bocca del ragazzo: « Sono molte notti che hai appena cominciato. Sinceramente, non vedo sbocchi per questa tua iniziativa »
« È proprio la dolcezza, la cosa che mi piace di te » disse la ragazza di rimando, questa volta in tono leggermente più forte. Fu allora che egli raggiunse la poltrona dove la sua compagna era solita sedere tutte le notti, notando che era ricurva su un piccolo computer portatile. Stava scrivendo una storia.
Lui si sedette sul braccio destro della poltrona, ma appena ebbe compiuto quel gesto la ragazza alla sua sinistra smise di scrivere, prendendo ad osservare il fuoco e blaterando: « Non vorrai mica stare in mia compagnia? »
« Volevo solo vederti al lavoro »
« Sai benissimo che se stai così vicino non mi concentro! Vattene da qualche altra parte… ».
Con un sorriso malizioso il vampiro s’avvicinò all’orecchio della ragazza e spifferò in tono provocante:
« Adoro molestarti in questo modo ».
« Se non sparisci immediatamente… » minacciò passivamente la ragazza. « Possibile che non hai nient’altro da fare? »
« Qualcosa ci sarebbe… » affermò lui in un sussurro, baciandole lentamente la testa.
Lei smise del tutto di scrivere, guardò il suo compagno negli occhi e scosse la testa in segno di finta disapprovazione, per poi sistemarsi per bene sulla poltrona e cancellare con un pulsante tutto ciò che aveva scritto fino ad allora. Il vampiro distese un braccio lungo tutto lo schienale, avvicinando la faccia allo schermo. « Non vuoi che legga? »
« Leggerai quando sarà pubblicato »
« Vuoi davvero scrivere una parte della tua vita? »
« Non una parte qualsiasi… Rilke mi sta assillando ogni sera con questa storia, se la scrivessi da qualche parte non sarei più costretta a raccontargliela prima di metterlo a letto! »
« Di che parte si tratta? » chiese allora curioso lo schiavo della notte, vedendola sorridere come se avesse qualcosa di inaspettato in serbo per lui.
« Ci sarai anche tu nel racconto, se è questo quello vuoi sapere »
« Il nostro primo incontro? » ipotizzò il ragazzo immortale.
« Esatto » confermò lei. « Il nostro primo, disastroso incontro… e quello che ne derivò negli anni successivi ».
Lui parve soddisfatto da quella risposta, così si alzò e rimase in piedi davanti al fuoco. « Se le cose stanno così, allora andrò a cercare la compagnia di Rilke e Malvolio… spero che terminerai in fretta il tuo racconto » e dicendo questo il vampiro s’allontanò dal camino, tornando a passi svelti verso il corridoio.

La ragazza sbuffò annoiata: era la centesima volta che tentava di iniziare quella novella, ma poi rileggeva le frasi scritte e scuoteva la testa, cancellando tutto il lavoro fatto. Ciò che scriveva era approssimativo e confuso. Forse perché nemmeno lei aveva le idee chiare. Allora decise che avrebbe impiegato due minuti per ricordare: chiuse gli occhi, portò le mani alle tempie ed ecco che le prime vivide immagini le si disegnarono nella mente. Senza nemmeno riaprire le palpebre cominciò a digitare i piccoli pulsanti delle lettere sulla tastiera del computer, dando vita alla storia.

  
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