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Autore: Bijouttina    05/08/2014    4 recensioni
«Sei tu che devi decidere cosa fare della tua vita. Io sono sicura di amarti, e tu?».
Non dice niente. Ho voluto metterlo alla prova, sinceramente non speravo in una sua risposta.
«Ci tieni almeno a me?», chiedo cercando il suo sguardo.
«Tantissimo.», finalmente mi risponde.
«Ti va di fare un patto?», domando mettendogli una mano tra i capelli.
Annuisce.
«Corteggiami come avevi promesso di fare. Dimostrami che tieni davvero a noi due insieme. Non verrò a letto con te finché non riuscirai a dirmelo.», gli propongo.
«Dirti cosa?», chiede confuso.
«Che mi ami.», affermo con decisione.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo Diciasette
 

Alle sette in punto Mattia è sotto casa mia a prendermi. Siccome sono in ritardo, lo faccio salire. Sono arrivata a casa presto, ma mi sono persa in mille pensieri su Nicholas, la mia mente ormai è occupata solo da lui.
«Scusa il ritardo.», m’infilo le scarpe con il tacco reggendomi al termosifone.
«Non ti preoccupare. C'è tempo.», mi rassicura sedendosi sul divano.
«Ti senti più rilassato ora?», chiedo raggiungendolo.
«In un certo senso sì.», risponde alzandosi e piazzandosi di fronte a me, la sua bocca a pochi centimetri dalla mia.
«In che senso?», aggrotto le sopracciglia.
«Credo che questa sia la mia ultima carta da giocare.».
Mi attira a sé e mi bacia sulle labbra.
«Ti amo Emma.», prova a baciarmi nuovamente, ma questa volta lo allontano con una mano.
«Scusami, non dovevo.», dice portandosi le mani alla testa. «È stato più forte di me.».
«La colpa è anche mia, non ti devi scusare.», mi stringo nelle spalle.
«Sarà dura fare a meno di te.», mi attirai a sé e mi avvolge in un abbraccio.
«Non ti mancheranno le ammiratrici ora.», lo prendo in giro.
«Nessuna sarà te però.», sospira sconsolato.
«Sono certa troverai una donna perfino migliore di me, fidati.», gli faccio notare.
«Ne dubito, ma farò finta di crederti.».
Continua a stringermi forte e sospira ancora una volta, chiudendo gli occhi.
«Non voglio lasciarti andare.».
«Se vogliamo uscire, devi farlo per forza.», gli faccio notare ridendo.
«Scema ma straordinaria. Andiamo prima di cambiare idea e rapirti.», si stacca a malincuore da me.
Andiamo in un pub poco lontano dalla libreria. Festeggiare con una buona birra è quello che ci vuole, o per lo meno spero che un po’ di alcol in corpo possa servirmi a pensare meno a lui. Dubito possa sortire l’effetto sperato, ma la speranza è l’ultima a morire.
«Dove andrai ora?», chiede Jessica a Mattia dopo un po'.
Credo si sia rassegnata al fatto che lui non la degnerà mai di uno sguardo. Mi dispiace davvero molto per lei, ma forse è meglio così. Non vorrei mai che la facesse soffrire come ha fatto con me.
«Tornerò dai miei per qualche settimana e poi penso di andare a Milano. Non ho ancora deciso a essere sincero.», risponde sorseggiando la sua birra bionda.
«Non hai nessun programma?», domanda Davide addentando una patatina fritta.
«Li avevo solo fino a questo punto. Non sono andati come speravo e ora non so cosa farò.», ammette guardandomi con la coda dell'occhio.
«Non riuscirai a farmi sentire in colpa anche per questo.», borbotto dandogli un pugno sul braccio.
«E io che ci speravo così tanto!», dice strizzandomi l'occhio.
«Ora che te ne vai, avrò di nuovo qualche possibilità con lei.», commenta Davide indicando me con un cenno del capo.
Mattia trattiene a stento una risata.
«Credo ne abbia abbastanza di voi.», gli fa notare Jessica venendo in mio soccorso.
«Decisamente.», infierisco io stando al suo gioco.
«Insomma, lo sfigato sono sempre io!», brontola Davide sbuffando.
«E l'hai capito solo ora?», Jessica scoppia a ridere.
Ridiamo tutti con lei e ogni possibile tensione svanisce. Andiamo avanti così fino alle undici e mezzo. Siamo tutti rilassati e un po' brilli a causa della birra. Mattia parte lunedì pomeriggio, sarà in giro ancora un giorno e mezzo. Non so per quale motivo, ma a dirla tutta non ho alcuna voglia di indagare. L’alcol non ha annebbiato tutti i miei pensieri e l’ansia da mancato incontro riprende ad assalirsi, mi sembra di avere una morsa che mi stringe lo stomaco.
Saluto tutti e mi dirigo al parco. Volevano accompagnarmi a casa, ma ho detto loro che avevo voglia di fare due passi. Non ho mai raccontato a nessuno dell'ultimatum dato a Nicholas, solo mio fratello Marco ne è al corrente.
Mi siedo su una panchina e aspetto. Odio aspettare. Farlo da sola in un parco semi buio a quest'ora della notte, mi piace ancora meno. Non verrà mai. Non avrebbe mai aspettato l'ultimo secondo per farmi sentire rifiutata, sarebbe troppo anche per lui.
Mezzanotte sembra arrivare in fretta, ma di lui nemmeno l'ombra. Aspetto l'ultimo rintocco della campana e mi alzo. Sento gli occhi riempirsi di lacrime e m’incammino verso casa. Lo sapevo che non sarei dovuta venire. Mi sarei risparmiata questo dolore che provo dentro, è straziante. Avrei dovuto seguire il mio istinto e non dare ascolto a Magda. Tutta questa storia non ha alcun senso.
Sento dei passi dietro di me. Che sia soltanto in ritardo? Il cuore mi si riempie di nuovo di speranza, ma quando mi giro, mi accorgo che è soltanto un tizio che porta a spasso il suo pastore tedesco.
Mi asciugo gli occhi con la mano e vado a testa bassa verso casa.
È tutto finito. Alla fine mi ero davvero illusa che potesse farsi vivo stasera. Sapevo di non doverlo fare. Non mi sono mai sentita così da schifo in tutta la mia vita.
Davanti alla porta d'ingresso non c’è alcuna rosa ad aspettarmi. Credevo davvero potesse lasciarmene una prima di darmi buca? Sarebbe stato pure di cattivo gusto.
Mi scoppia la testa, ma dubito sia colpa della birra che ho bevuto. Lancio il vestito a terra con furia e mi butto a pancia in giù sul letto. Sbatto le ginocchia sul legno della struttura, ma non m'importa. Non m'importa più di niente. Ho smesso anche di piangere. Non vale la pena versare ancora lacrime per un uomo che non mi vuole.
Com'è difficile non pensare a lui! L'uomo che amo, ma che allo stesso tempo mi ha spezzato il cuore in tanti piccoli pezzetti e li ha dati in pasto ai piranha! Nascondo la testa sotto il cuscino. Non sento più nemmeno il caldo. Sono completamente svuotata e non so come venirne fuori. Annuso il cuscino accanto al mio, ancora in cerca del suo profumo, ma ormai se n'è andato. Sento solo il profumo di Mattia nell'aria. Non è quello che voglio però. Mi manca da morire!
Ho spento perfino il telefono e staccato la spina a quello fisso, non ho voglia di sentire proprio nessuno. Non chiudo occhio tutta notte e passo l'intera domenica chiusa in casa. Che senso ha andarmene in giro da sola. Ciondolo senza meta, non so cosa fare. Non mi va di leggere, non mi va di mangiare, non mi va di fare niente. Mi sdraio a letto e guardo il soffitto per ore. Senza mai un attimo smettere di pensare a lui. Di pensare a cosa starà facendo in quel momento. Se sarà con lei. Perché mi sto facendo del male da sola? L'immagine di loro due insieme mi fa venire il voltastomaco. Non può essere davvero tornato con lei!
Non ce la faccio più a stare chiusa qui dentro. La testa mi scoppia e ho bisogno di una boccata d'aria. Tanto per farmi ancora un po' di male vado a sedermi al parco. Dubito che passerebbe di qui oggi, o qualsiasi altro giorno d'ora in poi. Guardo la gente passare: la maggior parte porta a spasso il cane, poi ci sono i nonni con i nipotini. Quello che proprio non riesco a sopportare sono le coppiette felici che passeggiano mano nella mano e si sbaciucchiano sulle panchine. La boccata d'aria l'ho presa, meglio tornare a casa perché comincio a sentirmi male di nuovo.
Mi metto a letto e spero che questa giornata finisca in fretta, non ne posso davvero più. Per puro miracolo riesco ad addormentarmi, non so come possa essere successo, ma ne sono felice.
 
 
Il mattino seguente mi sento più a pezzi che mai. Riesco comunque a darmi una sistemata e a prepararmi per il lavoro. Sto andando avanti per inerzia. Non ricordo nemmeno cosa ho tirato fuori dall'armadio, non ricordo nemmeno se mi sono pettinata o se ho lavato i denti. Non ci sono proprio con la testa. Devo darmi una mossa, non posso andare avanti in questo stato ancora a lungo.
Quando arrivo in libreria, Enrico sembra turbato. Non è l'Enrico sorridente che ho sempre visto da quando mi ha assunta.
«È successo qualcosa?», chiedo preoccupata.
«Non so come dirtelo.», risponde serio evitando il mio sguardo.
«Dirmi cosa Enrico? Così mi agito ancora di più.», gli faccio notare.
«È morta la nonna di Nicholas. C'è il funerale stamattina. A quest'ora sarà già finito.», dice cupo.
«Oh mio Dio.», sbotto portandomi le mani alla bocca.
«Va da lui Emma.».
«Non credo mi voglia lì.», gli occhi s’inumidiscono senza alcun controllo.
«Io credo di sì. Corri da lui.», mi sprona indicando la porta con il braccio.
Perché non me l'ha detto? E se ci avesse provato? I miei telefoni sono tuttora spenti. Sarei andata al funerale se l’avessi saputo. Almeno credo, non so cosa avrei fatto. Ora penso solamente a correre. Raggiungo la chiesa il più velocemente possibile. Ho rischiato di cadere parecchie volte, ma non mi sono fermata. Arrivo con il fiatone, non sono abituata a correre in questo modo.
C'è parecchia gente fuori, ma in mezzo a tutta quella gente riesco a vedere solo lui. Indossa degli occhiali scuri e stringe la mano a tutte le persone che gli vanno incontro per le condoglianze. C'è una signora sulla sessantina al suo fianco, credo sia sua madre. Mi avvicino titubante. Non so come comportarmi, non so se abbia voglia di vedermi in un momento del genere. Allo stesso tempo non potevo solamente fregarmene e fare finta di non sapere di sua nonna. Sembrava una brava persona quando l'ho conosciuta e teneva molto a lei. Mi vede solo quando sono a pochi passi da lui.
«Emma.», mormora con un filo di voce.
«Mi dispiace tanto Nicholas. Enrico me l'ha appena detto.», una lacrima mi riga il viso.
«Sei arrivata qua di corsa?», chiede con la voce roca.
Deve aver pianto parecchio e mi si spezza il cuore a vederlo così fragile.
«Non sono molto allenata, come noterai, ma ho fatto del mio meglio.», mi stringo nelle spalle cercando di sdrammatizzare.
Si avvicina a me e mi avvolge in un abbraccio.
«Sono felice tu sia qui.», sussurra al mio orecchio.
«Sarei venuta anche al funerale se l'avessi saputo.».
«Ho provato a chiamarti, ma non fa niente, l'importante è che tu sia qui ora.», mi dice dolcemente.
«Posso fare qualcosa per te?», gli domando in un sussurro.
Scuote la testa.
Vorrei tanto dirgli che andrà tutto bene, ma mi sembra fuori luogo in questo momento.
«Mi dispiace per come sono andate le cose. Per l’altra sera...», prova a dirmi sfiorandomi la mano, ma lo interrompo prima che possa finire il suo discorso. Non ho voglia di sentire finte scuse, non voglio sentire che ha preferito lei a me, non voglio sentire proprio niente. Meglio chiudere qui la storia e metterci una pietra sopra.
«Non importa, hai fatto la tua scelta, sono felice per te Nicholas.», mento con le lacrime che mi rigano il viso.
«Ma Emma…», lo blocco ancora una volta.
«Addio Nicholas, d'ora in poi ti lascerò in pace.» lo bacio sulla guancia e gli volto le spalle.
Sento sua madre chiedergli: «Chi è quella ragazza?».
Mi sembra di aver sentito qualcosa del tipo È l'amore della mia vita. Dubito l'abbia detto davvero, deve essere stato solo il frutto della mia immaginazione. Mi allontano da lì il più velocemente possibile, Mi asciugo gli occhi e il naso sulle mani, non ho più alcun ritegno. Voglio andarmene via di qui, non ci voglio più stare in questo paese. Non muoio dalla voglia di tornare dai miei, però ho bisogno di sparire. Non posso vederlo tutti i giorni, morirei dentro, sto già morendo dentro. Mattia parte fra poche ore, tentar non nuoce.
«Emma! Che succede?», chiede il mio ex all'altro capo del telefono.
«Mi daresti un passaggio? Voglio andare dai miei.».
«Come mai?», ora sembra ancora più preoccupato.
«Non riesco più a stare qui, mi fa troppo male.», trattengo a stento le lacrime.
«Passo a prenderti fra un'ora. Ti basta per prepararti?».
«Va benissimo. A dopo e grazie mille.».
«Figurati piccola.».
Sicuramente non vede l'ora di portarmi via di qua. Non m'importa, non più, basta lasciare questo posto. Non so se tornerò, manderò qualcuno a prendere le mie cose. Mi dispiace per il lavoro alla libreria, mi trovavo bene e mi mancherà. Mi fermo lì a salutarli. Enrico è seduto alla cassa.
«Enrico posso parlarle?», mi rivolgo a lui con un groppo in gola grosso come un macigno.
«Certo cara.», cerca di sorridermi.
«Devo licenziarmi. Torno dai miei genitori.».
«È per lui non è vero?».
Annuisco.
«Non ce la faccio a rimanere.», sbotto tra le lacrime.
«Questo posto sarà sempre tuo Emma, se mai volessi tornare.», mi fa sapere con gli occhi lucidi.
Non so cosa dire. Corro dietro al bancone e lo abbraccio.
«Mi dispiace non abbia funzionato.», mi parla con dolcezza, accarezzandomi lievemente la schiena.
«Anche a me.», commento asciugandomi le lacrime con la mano.
«Saluti lei i ragazzi da parte mia, non me la sento di farlo ora.».
«Lo farò, te lo prometto. Fa buon viaggio e abbi cura di te.», mi dice mogiamente.
«Grazie di tutto Enrico.».
La giornata è cominciata davvero bene direi, sta andando tutto a rotoli e io mi sento uno schifo. Ho detto addio all'uomo che amo ed è stata la cosa più difficile io abbia mai fatto in tutta la mia vita. Cercherò di dimenticarlo, anche se so già che sarà impossibile.
Butto tutto quello che mi capita a tiro dentro a dei borsoni e un'ora dopo Mattia è già qui a prendermi.
«Sei sicura di quello che stai facendo?», mi domanda preoccupato.
«Sicura. Abbastanza. Ok, non tanto, ma sento che devo farlo.», rispondo con una scrollata di spalle.
«Lo sanno i tuoi che stai tornando a casa?», prende entrambi i miei borsoni.
«No, non gli ho avvisati. Non ho detto niente nemmeno a Marco, non volevo si preoccupassero.».
 Chiudo a chiave la porta alle mie spalle e sospiro rumorosamente.
«Come farai con il lavoro?», chiede caricando le borse nel bagagliaio della sua auto.
«Ho detto a Enrico che mi licenziavo, ma lui non ne ha voluto sapere. Ha detto che il posto sarebbe sempre stato mio.».
Mi siedo nel lato del passeggero e appoggia la testa sul finestrino.
«È davvero una brava persona.».
Mattia si siede al posto di guida e mette in moto.
«Lo è. Grazie per il tuo aiuto Mattia, non avevo alcuna voglia di prendere il treno.», chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi un po’.
«Sai che ci sarò sempre per te Emma. Qualsiasi cosa tu abbia bisogno, io ci sono.», mi prende la mano e la bacia.
Mi sento un po' in colpa a essere sincera: lui mi ama ancora e io ne approfitto in questo modo. So che a lui non dà fastidio, però non è bello da parte mia.
Mi tiene la mano per quasi tutto il viaggio. Non sono di grande compagnia, non ho voglia di fare conversazione, ma lui non me lo fa pesare.
«Siamo arrivati.», mi accarezza il viso. Devo essermi addormentata durante il viaggio.
«Scusami, devo averti sbavato sulla macchina.», dico con una smorfia.
«Che scena romantica.», scoppia a ridere.
«Davvero molto!», confermo ridendo anch'io.
«Ti aiuto a portare le borse in casa.», si offre.
«Non serve che ti disturbi, hai già fatto abbastanza.», prendo una delle borse e barcollo sotto il suo peso.
«Direi che te la stai cavando benissimo anche da sola!», mi prende in giro.
«Smettila di prendermi in giro e aiutami! Non vedi che sono in difficoltà?», sbotto infastidita.
«Certo che lo vedo. È per questo che è così divertente!».
«Ti prenderei a schiaffi se avessi le mani libere.».
«Sono fortunato allora.».
Mi prende la borsa dalle mani e la appoggia a terra.
«Meglio ora?», chiede attirandomi a sé.
«Direi di sì.», evito il suo sguardo.
«In questo momento vorrei tanto baciarti, ma non ne saresti felice, vero?».
«No, mi dispiace.», mi stacco da lui.
«Scusami, prometto che non ci proverò più.», scarica anche l'altra borsa.
Le prende entrambe e ci incamminiamo verso casa dei miei. Quando suono il campanello, mia madre esce di corsa.
«Che succede? Che ci fai qui?».
«Grazie dell'accoglienza mamma.», mi fingo offesa.
«Oh tesoro, sono sempre felice di vederti. È che non vieni mai senza avvisare. È successo qualcosa?».
«Avevo solo bisogno di cambiare aria.», rispondo mogia.
«Vado a prepararti la tua stanza. Sarai stanca.».
La osservo allontanarsi e poi chiedo a Mattia: «Ti va di entrare?».
«Meglio di no. Se hai bisogno di me, sai dove trovarmi.», mi bacia sulla guancia.
«Grazie ancora.», lo saluto con la mano. Mi strizza l'occhio mentre raggiunge la sua macchina.
Nel frattempo mio padre è arrivato ad aiutarmi con le borse.
«Non siete tornati insieme, vero?».
«No papà, non ti preoccupare.».
Sembra sollevato da questa rivelazione.
«Mi sembravate, come dire, intimi.», mi fa notare con un sopracciglio inarcato.
«Non sono interessata a tornare con lui.», lo rassicuro.
C'è solo una persona con cui io voglia stare. Peccato che lui non voglia me. Devo smettere di pensarci o impazzirò davvero.
«Sai se Marco è in casa?», chiedo prima di varcare la soglia dei miei.
«Dovrebbe essere appena tornato dal lavoro.».
«Vado a salutarlo.».
Non devo fare molta strada, solo qualche metro separa i due ingressi.
Suono il campanello e viene ad aprirmi Elisa, la mia nipotina di cinque anni.
«Ciao amore della zia!», la saluto spalancando le braccia.
«Zia Emma!», esclama lei fiondandosi tra le mie braccia alla velocità della luce.
«Come stai piccolina?», domando baciandole la punta del naso.
«Io sto bene. Marta ha la tosse però.», risponde riferendosi alla sua sorellina di tre anni.
«Oh povera piccola. Mi porti da lei?».
Mi prende per mano e mi accompagna in casa.
«Dov'è la mia malaticcia?», urlo dall’ingresso.
«Tia Emma!», mi corre incontro.
Ha i codini tutti storti e il naso rosso, ma rimane un amore di bimba.
«Elisa mi ha detto che hai la tosse.», mi dipingo un’espressione triste in volto.
Tossisce per farmi sentire quanto è malata. Mi viene da sorridere.
«Lo dai lo stesso un bacio alla tua zietta preferita?».
Mi bacia sulla guancia tutta felice. Quanto adoro queste bimbe, sono una meraviglia.
«Ma ciao sorellina! Ho visto che hai avuto il comitato di benvenuto al completo.», saluta mio fratello entrando in salotto.
«Almeno loro sono sempre felici di vedermi.», gli vado incontro e lo avvolgo in un abbraccio.
«Che succede?», chiede dolcemente.
«Non è venuto, come potrai immaginare. È morta pure sua nonna.», lo aggiorno sugli ultimi avvenimenti.
«Oh cavolo, mi dispiace.», commenta triste.
«Sono andata da lui dopo il funerale e gli ho detto addio.», gli occhi mi si riempiono nuovamente di lacrime.
«Credi di aver fatto la cosa giusta?», mi osserva con la fronte corrugata.
«Non lo so Marco, ma non potevo più andare avanti in questo modo.», mi siedo con un tonfo sul divano.
«Senza sapere se ti ama o no?», si siede accanto a me.
Elisa si mette cavalcioni su di lui e lo abbraccia forte. Marta viene a sedersi in braccio mio e la stringo forte baciandole la testa.
«Spero tanto possa essere felice, voglio solo il meglio per lui, nonostante tutto il dolore che mi ha procurato.», appoggio la guancia sul capo di mia nipote e la cullo dolcemente.
«Ti fa male il cuoricino?», domanda Elisa con l’innocenza dei suoi anni.
«Sì piccola, mi fa tanto male.», le dico cercando di sorriderle.
«Un bacino e passa tutto.», esclama Marta girandosi e baciandomi sulla guancia.
Mi viene da ridere e piangere allo stesso tempo, non so nemmeno io cosa fare.
«Vi voglio bene piccoline mie.», una lacrima scende incontrollata sulla mia guancia.
«E io chi sono?», brontola mio fratello mettendomi il broncio.
«Voglio bene anche a te fratellone.», lo bacio sulla guancia.
Coccolo le mie nipotine ancora un po' e me ne torno dai miei genitori. Ciondolo fin lì, mi sento le gambe pesanti e l'unica cosa vorrei fare è dormire. Se lo faccio, probabilmente, non penserò a lui.
«La tua camera è pronta», mi avverte mia madre appena entro in casa.
«Grazie mamma, credo che ne approfitterò subito.», la abbraccio forte.
«Non vuoi mangiare qualcosa prima?», chiede in ansia.
«Non ho fame.».
«Ma devi mangiare qualcosa!».
«Mangerò quando me la sentirò mamma.», le sorrido debolmente.
La bacio sulla guancia e raggiungo la mia stanza. Non ho mai fatto così fatica a fare questa rampa di scale in vita mia, sto diventando vecchia forse. Indosso un pigiama malridotto che trovo nel cassetto del comò e mi lancio sul letto. Chiudo gli occhi, respiro a fondo e cerco di calmarmi.
Appena chiudo gli occhi, vedo lui e non va bene per niente. Ho bisogno di lui più di ogni altra cosa al mondo, più del cibo e, probabilmente, più dell'aria. Lo immagino camminare mano nella mano con Elena, sorridenti e felici. Perché continuo a farmi del male? Perché non posso essere felice? Devo smetterla di pensare a loro due insieme. Devo smettere di pensare a lui.
Mi addormento tra le lacrime e faccio brutti sogni che non voglio nemmeno ricordare. Ovviamente lui ne era sempre il protagonista, e io non ero mai con lui. 




 
*Spazio autrice*
Eccoci al penultimo capitolo. Nicholas non si è presentato all’appuntamento al parco, avevate dubbi a riguardo? Emma non lo ha lasciato nemmeno parlare, lui era sconvolto per la morte di sua nonna… forse se lei gli avesse dato il tempo, le cose sarebbero andate diversamente, ma non tutto è perduto! C’è ancora il capitolo finale e come promesso lo pubblicherò giovedì, non posso farvi aspettare due settimane per sapere come andrà a finire. Spero ne varrà la pena :)
Grazie a tutti quelli che passano di qua, tutti tutti :)



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