Capitolo
2
3
anni dopo
Il
professore di Pozioni era sempre fiero di come la sua allieva
prediletta
imparasse in fretta e trovasse sempre delle migliorie
intuitive da poter apportare alla pozione su cui lavorava per renderla
più
perfetta di quanto già non fosse.
Anche
quel giorno se ne andò soddisfatto, dicendo che oramai non
aveva
più niente da insegnarle, al massimo poteva accadere il
contrario.
Quella
frase fece molto piacere ad Estele, soprattutto perché la
sapeva
corrispondere esattamente a ciò che pensava e provava il suo
mentore.
Si
diresse da sua nonna per l’ultimo test, poi avrebbe saputo se
i tre
anni di studi e grandi sacrifici avessero dato i risultati sperati e le
sarebbe
stato concesso di tornare a scuola, dal suo Tom.
In
quegli anni, ogni volta che pensava di lasciar perdere, di non poter
reggere il ritmo forsennato delle sue giornate, si metteva a ripensare
a ciò
che aveva gridato a Tom, l’ultimo giorno in cui si erano
parlati. E ciò che,
ogni giorno, gli diceva tramite lo specchio.
Lui
non rispondeva mai, ma sapeva che ogni cosa detta allo specchio,
dopo aver detto l’incantesimo che attivava la connessione,
sarebbe arrivato
dall’altra parte sotto forma di biglietto.
“Ciao,
nonna.” Salutò entrando nel salotto dove era
arrivata quella
notte di inizio estate, tre anni fa.
“Buongiorno!
Vedo che il tuo professore è molto soddisfatto del tuo
rendimento e, come lui, anche gli altri. Pensa che il professore di
Trasfigurazione si dice convinto che passeresti anche diretta al sesto
anno...”
si complimentò, buttando lì la notizia che forse
sarebbe tornata a scuola per
frequentare lo stesso anno del suo... sua nonna non sbagliava mai, per
quanto
aveva avuto modo di capire... amore.
“Quindi
pensi che potrei dare i G.U.F.O. e frequentare il sesto
anno?”
domandò con il fiato sospeso.
“Non
ho detto questo, il tuo professore ne è convinto, ma
c’è ancora una
cosa che al nostro patto manca...” replicò,
sorseggiando lentamente una tazza
di tè, comodamente seduta sulla sua poltrona preferita.
“Sono
perfettamente in grado di controllarmi, adesso! Posso stare tra la
gente senza che nella mia testa esplodano i pensieri di tutti quelli
che mi
stanno attorno!” esclamò con convinzione.
“Vedremo...”
concesse sua nonna, “Andiamo, se anche tu dovessi
frequentare il sesto anno, devi prendere il materiale
necessario...” aggiunse,
alzandosi dalla poltrona.
Si
diressero a Diagon Alley e, poco prima di entrare, Estele
creò
attorno alla sua testa una barriera che filtrasse i pensieri della
gente e non glieli
facesse arrivare tutti in una volta. Poi si addentrarono nella calca.
Sua
nonna la portò a comprare i libri di scuola e alcune letture
personali, a prendere gli ingredienti per le pozioni e poi la
trascinò da
Madama McClan, dove le fece fare le divise per Hogwarts e
ordinò un paio di vestiti
eleganti, sostenendo che le sarebbero serviti.
La
giovane la guardò, scettica, ma senza fare obiezioni, ormai
abituata
al suo modo di fare da sibilla.
Presero
un gelato e si accomodarono in un posto un po’ riservato,
dove
sua nonna le fece i complimenti per essere riuscita a tenere tutti
fuori dalla
sua mente e, soprattutto, dal suo cuore.
“Ricorda
sempre che le emozioni sono quanto di più forte possa
esistere
al mondo!” esclamò, raccomandandole prudenza per
quando sarebbe tornata a
scuola.
“Nonna
non devi preoccuparti, andrà tutto bene! E poi hai detto tu
stessa che avrò l’aiuto del professor Silente, se
dovessi avere bisogno di
qualcosa.” Rispose, con un gran sorriso, finendo il suo
gelato alla crema.
Il
primo di settembre era finalmente arrivato e, come era successo il
suo primo giorno di scuola di quattro anni prima, si alzò
prestissimo,
ricontrollando di aver preso tutto il necessario e di essere pronta ad
affrontare il viaggio.
Sua
nonna aveva accettato di farle la richiesta di poter dare i G.U.F.O.
e li aveva passati tutti con il massimo, o quasi, dei voti.
Il
vicepreside Silente le aveva mandato le congratulazioni per essere
riuscita a passare gli esami e si diceva molto felice del suo ritorno a
scuola.
Prese
lo specchio e sussurrò, come ogni anno, un “Buon
primo giorno a
casa!” al suo Tom, consapevole di quanto fosse importante per
lui Hogwarts.
Aveva
pensato spesso al suo caro amico e si era resa conto che più
pensava a lui come ad un amico, più si accorgeva che non era
proprio amicizia
quella che sentiva per il moro Serpeverde. Avvertiva il cuore battere
fortissimo ogni volta che pensava a quando si sarebbero rincontrati e
quando temeva
che lui l’avrebbe cacciata, offeso per averlo lasciato solo,
lo sentiva avvolto
da una morsa dolorosa.
“Sei
pronta?” le domandò sua nonna, entrando nella sua
stanza, mentre
lei metteva a posto lo specchio dentro il baule.
Annuì,
un po’ spaventata.
L’anziana
donna sorrise, avvicinandosi con un ciondolo. Era una
malachite, una pietra verde con striature bianche e nere, che
simboleggiava la
forza, ma anche la protezione dai blocchi energetici.
“Grazie!”
le disse, quando gliela mise attorno al collo. “È
bellissima!”
“Riprende
un po’ i tuoi occhi... gli occhi di mia figlia... sono dello
stesso verde intenso!” mormorò con le lacrime agli
occhi, “Tuo padre la regalò
a tua madre quando si fidanzarono, ora è arrivato il momento
che la indossi
tu.” Rivelò, facendole spalancare gli occhi dalla
sorpresa.
Strinse
il ciondolo, poggiandolo contro il cuore, sorridendo nostalgica.
L’orologio
scoccò le nove e sua nonna si avvicinò al
giacchetto che
aveva preparato sul letto.
“È
ora che tu vada! Se non vuoi perdere il treno!” le sorrise,
porgendoglielo.
“Grazie
di tutto! Tornerò per le vacanze, se vuoi...” le
sussurrò,
abbracciandola forte, ignorando momentaneamente la giacchetta che
avrebbe
dovuto indossare.
“Non
ce ne è bisogno! Ora vai!” esclamò con
convinzione, staccandosi
dall’abbraccio e mettendole in mano la giacca e la borsa dove
aveva ciò che
avrebbe tenuto a portata di mano.
Un
piccolo elfo domestico prese il baule e attese l’ordine di
andare.
“Bene,
Myki, andiamo, o rischiamo di fare tardi!” disse, salutando
con
lo sguardo l’anziana signora che la guardava con le lacrime
agli occhi.
Le
lanciò un sorriso raggiante e, con una passaporta,
andò alla
stazione.
Sul
treno venne raggiunta dalle sue amiche, che la trascinarono in uno
scompartimento e la trattennero fino alla fine del viaggio, volendo
sapere ogni
cosa che le era accaduta dal giorno della partenza fino a quel momento,
nonostante
si fossero sentite in quegli anni di lontananza.
“Ok
ragazze, calme, va bene? Ci siamo sentite in questi anni, vi ho
raccontato quello che mi è successo...” disse,
cercando di svicolare.
“Ci
hai raccontato solo una parte degli eventi! Credi che non ci siamo
accorte che nascondevi qualcosa?” domandò
Jennifer, mentre Miranda, Lucy e
Annabel annuivano, guardandola intensamente.
Estele
sorrise, poi prese un respiro profondo e cercò di richiamare
i
propri ricordi, per poter raccontare alle sue amiche quel che le era
successo.
“Allora,
diciamo che, come vi ho detto, il primo mese è stato il
peggiore... non riuscivo a fare niente, neanche nello studio normale
avevo
buoni risultati. Quindi, mia nonna mi disse di mettermi
l’anima in pace e
lasciar perdere il mio obbiettivo...” cominciò,
sentendo nuovamente il dolore
provato quei primi giorni, l’odio che aveva provato per la
donna che la stava
facendo soffrire e la voleva segregare in una gabbia dorata, tenendola
lontana
dal mondo e, soprattutto, da Tom. “Poi le cose sono cambiate,
da quel giorno è
stato come se il mio cervello avesse cambiato marcia... sono sempre
stata molto
intelligente, ma non ero in grado di studiare tutto quello che mia
nonna voleva
imparassi... invece, riuscii a cambiare la situazione, mi portai, anzi,
avanti
con alcuni programmi, facendo pratica e avvantaggiandomi quando non
dovevo
seguire nessuna lezione... dopo quel periodo no, è andato
tutto come vi ho
raccontato...” finì, timorosa di dire che aveva
finalmente scoperto e ammesso i
suoi sentimenti per Tom.
“E
come hai fatto a mantenerti così in forma? Sei ancora
più bella di
quanto non fossi in quelle foto!” disse Annabel, guardando
con invidia e
ammirazione il suo fisico praticamente perfetto.
Alta
poco meno di un metro e settanta, slanciata e formosa. La maglia
azzurro chiaro aderente che indossava le faceva risaltare le curve
senza essere
volgare, mentre la minigonna e gli stivaletti bassi con qualche
centimetro di
tacco le slanciavano ancora di più le gambe.
“Adesso,
sicuramente avrai la scuola ai tuoi piedi! Sembri una
principessa, miss Demon!” scherzò Miranda.
Ridacchiò
alla battuta della sua amica, mentre pensava a cosa avrebbe
detto lui. Arrossì nel
pensare che
forse avrebbe potuto trovarla bella e, magari, anche qualcosa in
più.
“Ehi,
che ti prende?” le domandò Lucy, notando il suo
improvviso
rossore. Spalancò gli occhi, accorgendosi del suo stato.
“Si,
è vero! Sei tutta rossa… non ci sarà
forse qualcosa che non ci hai
detto, vero?” insinuò Miranda, rigirando il
coltello nella piaga e facendola
arrossire ancora di più.
“Ma
no che non c’è! Conoscete tutto di
me…” provò a dire, ma loro le
scoccarono delle occhiate molto eloquenti, che le fecero capire che
avevano
capito.
“Non
ti devi preoccupare, siamo tue amiche! Non ti abbandoniamo mica se
ci informi di qualcosa di oscuro e pericoloso!” disse
scherzosamente Annabel,
per cercare di tirarle su il morale.
“Ok,
allora… il mio segreto è che sono... sono
innamorata di Tom
Riddle...” disse un po’ tentennante, sorprendendo
tutte le altre, che la
guardarono con gli occhi di fuori.
“Tu
cosa? Ma credevo fosse solo un amico... e poi non lo
conosci!”
esclamò Miranda, scuotendo la testa con fare preoccupato,
facendo scappare
qualche capello dalla coda perfetta.
“Certo
che lo conosco!” ribatté Estele, tirandosi contro
lo schienale e
incrociando le braccia al petto per enfatizzare il concetto.
“No,
Mir ha ragione! Sono passati tre anni e lui non è
più come prima!
Succedono strani incidenti a chi lo fa arrabbiare o lo offende in
qualche modo
e nessuno sa come accada esattamente.” Aggiunse Lucy.
“Forse
dovresti prima capire se è ancora lo stesso Tom che hai
conosciuto tu, perché potrebbe rivelarsi molto
cambiato.” Le disse la rossa
Annabel, con sguardo timoroso.
Estele
sospirò, ma volle cercare di capire di cosa parlassero,
così si
concentrò per abbassare la barriera che teneva la sua mente
isolata e si
proiettò nei loro pensieri, provando a vedere dai loro
ricordi in che modo era
cambiato Tom.
Quando
vide la sua “corte”, formata tutta da serpi del suo
anno e di
quello di Tom stesso, come Abraxas Malfoy e i cugini Black, Cygnus e
Orion, che
lo idolatravano come se fosse un dio e lo osservavano ogni secondo in
cerca di
approvazione; rimase sorpresa, ma ricordò anche una
conversazione che aveva
origliato tra sua nonna e diversi ritratti di suoi antenati.
Flashback
“Se
dovessero tornare insieme sai anche tu cosa accadrebbe!”
stava
dicendo sua nonna.
Estele,
non capendo a chi si riferisse, decise di rimanere in ascolto.
“Non
puoi tenerli separati per sempre! Un giorno lui verrà a
prenderla e
tutte e due sappiamo che può finire in due soli modi: morte
o amore!” rispose
una voce femminile, facendo sospirare l’anziana donna.
“Non
hai altra scelta! Lascia andare la tua nipotina e il suo destino
potrebbe non essere segnato come credi!” aggiunse una voce
maschile.
La
piccola rimase sorpresa nel sentirsi nominare nel discorso. Stavano
parlando di lei. Ma non solo, parlavano di lei e Tom. Si
appoggiò con
l’orecchio alla porta per sentire meglio.
“È
mia nipote! Tutto quello che mi rimane di mia figlia! Della mia
famiglia! E non voglio rischiare di perderla, non per
quell’essere!” esclamò
con rabbia e disperazione insieme.
Però
quelle parole fecero arrabbiare la biondina: aveva insultato Tom e
voleva tenerla rinchiusa. Se davvero non voleva perderla, tenerla
segregata non
era il modo giusto.
Stava
per decidere di entrare e urlare contro la donna, ma si
fermò,
sentendo una voce maschile, baritonale e profonda, dire.
“Se
desideri tenerla al sicuro, questo non è il modo giusto per
farlo.
Mandala a scuola, fidati di lei. Non dovete prestare attenzione solo
alla parte
negativa della visione.” Fece, prima di chiamare Estele e
dirle di uscire allo
scoperto.
Sua
nonna la guardò entrare, rossa in viso, ma determinata e
fiera, come
sua madre.
“Da
quanto eri lì nascosta?” le domandò,
cercando di capire quanto
avesse sentito.
“Abbastanza.
Perché odi così tanto Tom? Non lo conosci
nemmeno!” ribatté
decisa.
“Forse
sei tu quella che non lo conosce. Lui non è
l’angelo che tu pensi
sia! E peggiorerà!” si intromise la donna che per
prima aveva sentito parlare.
“Voi
non sapete di cosa state parlando!” esclamò
Estele, battendo i
piedi a terra, cercando di fargli capire quel concetto che le sembrava
così
facile.
“Piccola
mia, vieni qui un momento. Voglio spiegarti perché diciamo
questo.” Le disse sua nonna, sorridendo triste e facendole
cenno di andare a
sedersi accanto a lei sul divanetto davanti al camino.
La
giovane, spostando la treccia bionda dietro le spalle, si
accomodò
sulla poltrona, rannicchiandosi sopra di essa, abbracciandosi le gambe
e
posando il mento sulle ginocchia.
Elisabeth
sospirò, le sembrava di essere tornata indietro nel tempo e
di
avere a che fare di nuovo con sua figlia.
“Diversi
anni prima della tua nascita, un’amica di famiglia disse a
Isabel che qualcuno le avrebbe portato via sua figlia. Lei allora
cercò di
scoprire esattamente cosa sarebbe accaduto, decidendo di consultare un
veggente
che fosse in grado di darle informazioni più precise. Dopo
aver conosciuto tuo
padre, trovarono insieme la persona giusta.”
Spiegò, attirando l’attenzione
totale della ragazza, che ora la guardava con gli occhioni verdi
spalancati.
I
quadri ridacchiarono, rivedendo in lei la madre, che quando ascoltava
qualcosa che le piaceva o la interessava non c’era modo di
distrarla.
“Quell’uomo
era stato, come tuo padre, fedele seguace di Grindelwald e
si era tirato indietro per aver visto la disfatta del suo signore.
L’aveva
avvertito che sarebbe stato sconfitto dalla persona a lui
più cara e lui lo
cacciò via, minacciandolo di morte. Lui spiegò ai
tuoi genitori quale sarebbe
stata la loro vita insieme e poi aggiunse: “la magia oscura
sarà sempre parte
della vostra famiglia”. Loro non credo avessero capito
esattamente cosa
volessero dire quelle parole. Solo quando tu iniziasti a manifestare i
tuoi
poteri, tua madre cominciò a capire cosa volesse
dire...” continuò il racconto.
“Perché,
lui cosa intendeva? Cosa hanno i miei poteri di tanto
strano?”
si intromise, cercando di comprendere.
“Il
poter entrare nelle emozioni altrui è un potere molto raro e
pericoloso. Potresti far si che tutti facciano quello che desideri e io
non
voglio che il tuo amico ti usi per i tuoi poteri. Ho avuto una visione
riguardo
a voi due e le possibilità sono due. O io ti lascio tornare
a scuola, con il
rischio che lui utilizzi i tuoi poteri per i suoi scopi, sfruttando il
tuo
attaccamento per lui; oppure ti impedisco di andare e lui, finita la
scuola...”
disse, bloccandosi e pensando, senza accorgersi che Estele era
così concentrata
su di lei che l’avrebbe sentita comunque. – E dopo
essersi macchiato di
numerosi crimini... uccidere quella povera ragazza, la sua famiglia...
verrà ad
uccidere anche te... o a renderti il suo burattino – la
piccola sgranò gli
occhi inorridita.
Vedendo
quella reazione, l’anziana strega comprese che aveva sentito
i
suoi pensieri.
“So
che è spaventoso e inconcepibile ai tuoi occhi, ma purtroppo
è ciò
che ho visto.” Aggiunse, incrociando le mani davanti al petto.
“Non
credo a quello che hai visto, perché farò in modo
che non accada!”
esclamò l’altra con convinzione. “Io so
che lui non è cattivo e posso evitare
che compia quelle azioni, ma tu devi lasciarmi andare!”
La
nonna sospirò.
“Sapevo
che avresti detto questo. Sei tale e quale a tua madre!”
disse,
sconfitta. “Anche lei avrebbe fatto di tutto pur di salvare
il suo amore.”
Fine
flashback
Tornò
alla realtà e rimase un secondo in silenzio, mentre le altre
aspettavano una sua risposta e pregavano fosse in linea con quello che
le
avevano rivelato.
“Proverò
a parlarci, anche se dovesse essere cambiato, sono certa che
dentro di sé non è così.”
Disse sicura, facendo sospirare le sue amiche che
comunque sorrisero, accettando la risposta.
“Fai
come vuoi. Ma adesso dobbiamo cambiarci, prima di arrivare a
scuola.” Suggerì Annabel.
Si
cambiarono e ricominciarono a parlare del più e del meno
fino
all’arrivo. In stazione non riuscì a vederlo, ma
non si perse d’animo, certa
che lo avrebbe visto a cena.
Giunti
in Sala Grande, si sedettero vicine e si ritrovarono ad avere
tutti gli occhi puntati addosso.
“Ma
cosa hanno da fissare tutti?” domandò Miranda
scocciata.
“Ah,
chi non muore si rivede! Che c’è gli insegnanti
privati non ti
sopportavano più e ti hanno fatto ritornare a scuola? O
è stata tua nonna?” la
accolse la voce acida di Walburga Black, che si andava a sedere accanto
a Tom,
mentre rideva stridula.
Tutti
quanti la guardarono, mentre i Serpeverde della
“corte” di Riddle
ridevano insieme alla mora.
Sbuffò,
ignorandoli.
Le
sue amiche li guardarono male, poi intavolarono una discussione su
quello che si era persa a scuola e non erano sicure di avergliene
parlato,
facendo intervenire anche altri studenti del loro anno che, nonostante
l’astio
della Black, le volevano rivolgere la parola.
Parlarono
durante la cena, ridendo e scherzando, finché il prefessor
Lumacorno non le disse che il vice preside aveva piacere di parlarle
prima di
andare a lezione, la mattina seguente.
Annuì,
con un sorriso in direzione del professore, poi si alzò per
andare in dormitorio.
“Aspetta,
veniamo anche noi!” disse Lucy, facendo segno alle altre di
sbrigarsi, ma lei scosse la testa.
“Fate
con calma, ci rivediamo in Dormitorio.” Disse Estele,
avviandosi
senza prestare molta attenzione a ciò che le accadeva
intorno.
Almeno
fin quando qualcuno non le prese un polso e la trascinò
dentro un
aula vuota.
“Ehi,
ma che vuoi?” si lamentò, massaggiandosi la parte
lesa.
“Sei
tornata. Perché?” domandò la persona
che l’aveva sequestrata
rivelando la sua identità.
“Tom?
Che vuol dire perché sono tornata? Non volevo neanche
partire.
Avrei preferito rimanere con...” si alterò lei,
chiedendosi come potesse non
capire.
“Te
ne sei andata! Prima della fine di scuola! Sei andata dalla tua cara
nonnina!” le sputò addosso con odio.
Al
sentire e vedere nei suoi occhi tutto quell’odio e quella
rabbia a
Estele vennero le lacrime agli occhi.
Tirò
fuori una busta bianca e la consegnò a Tom, che rimase
interdetto
per qualche secondo.
“Che
cosa c’è dentro?” chiese, prendendola e
aprendola, tirando fuori un
fascicolo.
“La
tua famiglia!” sussurrò lei, giocando con una
ciocca di capelli
biondi.
A
quelle parole lui spalancò gli occhi, guardandola come se la
vedesse
per la prima volta.
“Come...
come hai fatto? Ho cercato dovunque e non ho trovato niente!”
disse sconvolto. Abbassò lo sguardo sui documenti, sgranando
gli occhi nel
leggere ciò che vi era scritto. ”Mia... mia
madre... lei era una strega! Ed era
addirittura così debole da morire! Da lasciarmi solo dopo
avermi dato il nome
di quel babbano di mio padre! L’ha abbandonata!
L’ha lasciata morire in uno
squallido orfanatrofio!” gridò, sconvolto e
arrabbiato per la notizia.
“Tom!
Calmati! Ti prego! Non devi condannarli così senza neanche
incontrarli!” provò a dire Estele, aggrappandosi
al suo braccio.
“Non
mi leggere i pensieri! Sta fuori da questa storia!” le disse,
allontanandola bruscamente.
La
giovane degli occhi verdi lo guardò senza vederlo per
qualche attimo,
prima di lasciarsi cadere a terra, immersa in un mondo che non le
apparteneva e
che la teneva bloccata, incapace di fare qualunque cosa.
-Stai
qui, là fuori nessuno ti capisce, ma noi si! Non te ne
andare!-
Tom
non si accorse subito di cosa stava accadendo, ancora troppo
accecato dalla rabbia, perciò quando Nagini gli
strusciò lungo la gamba il suo
primo impulso fu quello di allontanarla, prima di accorgersi che
c’era qualcosa
di strano.
Si
girò verso Estele, che sedeva in terra, con la schiena
poggiata
contro le gambe di uno dei banchi e teneva le mani ai lati del corpo e
guardava
fisso un punto con occhi vacui, la testa leggermente china da un lato
come
fosse una marionetta senza fili.
La si
avvicinò e la scosse, tenendole per le spalle.
“Demon!
Demon! Svegliati!” la chiamò, ma l’unica
reazione che ottenne
furono delle lacrime, che silenziose e brucianti caddero dalle giade
nei suoi
occhi.
Tom
spalancò gli occhi ossidiana, pieni di preoccupazione per la
sua
piccola Estele, la sua principessina.
“Ehi,
principessa? Ti prego rispondimi! Principessina!” disse
abbracciandola e carezzandole dolcemente i capelli.
Dal
buio ovattato in cui si trovava, la giovane Serpeverde
avvertì il
calore dell’abbraccio dell’altro e il calore
emanato dalle sue emozioni, la
preoccupazione, la paura, l’affetto. Prese un respiro
profondo per uscire dal
bozzolo e ricambiare la stretta.
“Sono
qui! Sono tornata!” sussurrò, mentre lui
continuava a chiamarla.
“Scusami,
principessa. Non avrei dovuto, ma…”
Mormorò con un filo di
voce, carezzandole i capelli.
“Tranquillo,
è tutto a posto! Adesso sono qui e non ho intenzione di
andarmene tanto presto! Non ti lascerò più! Mi ha
solo colpito l’intensità
della tua rabbia...” promise, tenendolo ancora più
vicino a sé.
Il
giovane moro posò un bacio sul capo biondo, allontanandola
con
riluttanza.
Estele
sospirò, consapevole che avrebbe ricominciato ad urlare
entro
poco, o comunque, avrebbe continuato a sputare insulti ai suoi
genitori,
soprattutto a suo padre.
“Tom...
senti, so che è un colpo apprendere tutto questo, ma vorrei
tu
pensassi ad una cosa...” fece, tenendo su di sé
l’attenzione del giovane. “Non
correre a conclusioni affrettate, so che quello che tuo padre ha fatto
è
imperdonabile, ma vorrei che tu provassi a parlarci. Se non con lui,
almeno con
i tuoi nonni.”
“Ci
penserò!” disse, spostando lo sguardo.
-Non
posso perdonarlo!-
“Tom!
Non mentire con me, almeno tu!” lo riprese, ripetendo le
parole
del loro primo incontro.
-Temo
sia la forza dell’abitudine! Non posso essere sincero con
nessuno,
non più. Nessuno ne è degno!- pensò,
con divertita amarezza.
“Ok,
come vuoi. Ci vediamo a lezione, Tom. Sappi solo una cosa. Io non
ti abbandonerò! Per me sei ancora il mio migliore
amico” affermò prima di
uscire dall’aula, lasciando Riddle a terra a osservarla andar
via, anche se
stavolta sapeva esattamente dove trovarla.
Estele
si chiuse dietro le tende del baldacchino, lasciando che le
lacrime che tratteneva da quando era entrata in quella classe cadessero
dai
suoi occhi come un fiume in piena.
Le
parole di Tom e le sue reazioni avevano confermato quello che sia le
sue amiche, sia sua nonna le avevano detto di lui.
Iniziavano
a temere di essere stata troppo presuntuosa nel dire che
l’avrebbe salvato, nell’essere convinta che avrebbe
potuto aiutarlo a non
cadere nel baratro dove si stava dirigendo. Sperava che con lei si
sarebbe
comportato diversamente, visto che, come aveva detto lui stesso, era la
sua
unica amica ma forse si sentiva ancora tradito del fatto che aveva
deciso di
andare con sua
nonna, senza fare troppi
reclami.
Prese
lo specchio e sussurrò quasi senza voce.
“Ti
amo, Tom! Perché ti comporti così?
Perché devi farmi soffrire così?”
non pensando che lui poteva essere in ascolto, dall’altra
parte, quasi in
attesa che lei dicesse qualcosa.
Aveva
imparato da tempo che evitando di aprirlo aveva più
possibilità di
tenere con sé i biglietti che quel ciondolo creava per
passare il messaggio.
Tuttavia
quella sera se ne rimase in attesa che lei dicesse qualcosa,
qualunque cosa, anche che adesso lo odiava, purché si
facesse sentire.
Ma di
certo non si aspettava di udire quelle parole.
Lui
non poteva essere amato!
Era
un essere senza emozioni, non poteva venire amato, non da un angelo
come lei.
Chiuse
gli occhi, stringendo il ciondolo al petto e cercando di non
pensare al fatto che, al sentire quelle parole, il suo cuore aveva
cominciato a
battere velocissimo e la sua mente non riusciva ad immaginare
nient’altro che
lei, come era cambiata e come era quando l’aveva conosciuta.
Era
diventata ancora più bella, se non avesse visto i suoi
occhi,
guardarlo come facevano sempre, avrebbe pensato fosse una dea
incarnata. Non
poteva essere lei. Ma poi, quegli occhi, che lo scrutavano dentro,
così come
faceva lui con coloro che voleva manipolare.
Quelle
pietre preziose che lo fissavano limpidi, fiduciosi e pieni
d’amo...
Spalancò
gli occhi improvvisamente, realizzando che lei l’aveva sempre
guardato così, allora da quanto era innamorata di lui, la
sua piccola
principessa? Perché non glielo aveva mai detto?
Perché allora, se lo amava, lo
avrebbe lasciato solo?
Teneva
ancora il ciondolo aperto e continuava a pensare a lei, alle
tante domande che non potevano avere risposta, a meno che lei non
avesse deciso
di rispondere.
“Perché
mi hai lasciato solo se mi amavi?” chiese al vento, sperando
di
avere una risposta o un segnale.
Estele
spalancò gli occhi nel sentire quella voce, sussurrare
quelle
parole con quel tono così disperato e arrabbiato insieme.
Aprì la bocca per
rispondere, ma poi ci ripensò. Anche se desiderava
ardentemente che lui
tornasse ad essere il suo Tom, non riusciva a trovare il coraggio di
dire
qualcosa, poté solo posare lo specchio e coprirlo con un
panno di seta.
Si
strinse nelle spalle, lasciando che la sua mente raggiungesse quella
del ragazzo, senza che lui se ne rendesse conto. Poi cercò
di entrare nella sua
mente, trovandolo addormentato, perso nei ricordi.
Si
sorprese di vedere che stava sognando tutti momenti in cui erano
insieme e ridevano, o meglio, lei rideva e lui al massimo stirava le
labbra in
un sorriso.
Si
lasciò cullare dai suoi ricordi per poter riposare in un
sonno
tranquillo.
°°°
Si
svegliò la mattina dopo sentendo suonare la sveglia e
ricordandosi
che doveva incontrare il vicepreside.
Si
preparò velocemente, per poter fare anche una chiacchierata
con
qualche compagno di casa.
Salì
in Sala Grande, trovando il professor Silente che usciva.
“Buongiorno,
Professore!” disse la giovane, portandosi una ciocca dietro
l’orecchio.
“Buongiorno,
signorina Demon! Venga con me, ancora non ha fatto
colazione, giusto?” la salutò il mago gioviale,
avviandosi verso il suo
ufficio.
Lì,
la invitò a sedersi e le offrì qualcosa per fare
colazione.
“Un
po’ di the? O caffè?”
“Del
caffè va benissimo, grazie!” rispose con un
sorriso, accettando la
tazza che le porgeva il professore di Trasfigurazione.
“Gradisce
anche un biscotto o qualcos’altro?” chiese,
ricevendo un cenno
del capo.
“Un
biscotto, grazie mille.” Dopo aver trascorso qualche momento
in
silenzio, il professore posò la sua tazza e
incrociò le mani, portandole
davanti al viso.
“Allora,
sua nonna mi ha mandato tutti i documenti e i risultati dei
suoi G.U.F.O., devo ammettere che sono rimasto molto
sorpreso!” esclamò.
“Già...
mi sono impegnata molto per raggiungere il mio obbiettivo!”
spiegò con decisione.
“Si,
ho visto! Ma vorrei sapere una cosa, come ha reagito Tom
vedendola?” domandò indagatore. Al sentire quelle
parole, Estele si irrigidì.
“Cosa
vuole sapere esattamente? Non abbiamo ancora parlato!” disse,
fingendosi indifferente, prendendo un altro biscotto.
“Oh,
davvero? Avrei giurato di averlo visto uscire poco dopo di lei,
ieri sera a cena, ma probabilmente mi sbaglio.”
Suggerì.
“Posso
sapere dove vuole arrivare?” chiese diretta, non riuscendo a
comprendere cosa volesse esattamente.
“Voglio
evitare, come lei, signorina Demon, che il signor Riddle prenda
una strada sbagliata.” rispose passando una mano sulla barba
rossiccia.
Il
modo in cui disse quella frase le mise i brividi. Non era stato
minaccioso o simile, ma le aveva fatto venire in mente
l’assurda idea che il
professore potesse fare del male a Tom.
“Non
so di cosa stia parlando, professore, ma devo proprio andare, le
lezioni inizieranno presto e non voglio arrivare tardi il primo
giorno.” Disse,
alzandosi e salutando velocemente il vicepreside.
Prese
un respiro profondo quando fu sufficientemente lontana
dall’ufficio poi si avviò a passo svelto verso la
classe di Pozioni Avanzate.
Arrivò
per prima e si sedette al primo banco, tirando fuori il libro di
Pozioni e cominciando a leggerlo.
Stava
modificando le procedure di una pozione, quando le si parò
davanti
una persona. La ignorò, continuando a concentrare tutta la
sua attenzione a
quello che stava facendo.
“Ehi,
mocciosa? Tu non sei in questa classe. Perché non te ne vai
dalle
tue amichette?” domandò con la sua solita
gentilezza Walburga Black, mentre le
spintonava una spalla, rischiando di farla sbagliare a scrivere.
“Veramente
sono nel posto giusto. Ho già dato i G.U.F.O., per cui non
c’è alcun motivo per cui dovrei ripetere
l’anno!” rispose, pacata e tranquilla,
mentre pregava che il professore arrivasse presto e la costringesse
almeno a
fare finta di non assillarla.
Walburga
aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse subito,
intercettando un’occhiataccia che Tom le stava lanciando,
sedendosi accanto a
Estele.
“Buongiorno
Tom!” gli disse con un sorriso triste, tornando a correggere
la procedure della pozione.
“Demon!
Anche se ha passato i G.U.F.O., non ho intenzione di far
abbassare la mia media o di lavorare per entrambi,
quest’anno, è chiaro? Perciò
se desideri rimanere qui, sarà meglio che tu sia in grado di
fare quello che
devi!” mise in chiaro, facendola arrossire per la rabbia, ma
non gli diede
spago.
“Se
sono passata e mi hanno permesso di passare avanti di un anno
sarà
perché ha le capacità, non credi? E se temi per
la tua media, sarò ben felice
di togliermi di torno, visto che sembri non sopportare la mia
presenza.” Disse
solo, prendendo le sue cose e alzandosi.
“No!
Puoi restare. Non mi dai fastidio!” la fermò lui
immediatamente,
afferrandola per un polso.
“Benissimo!
E sta tranquillo, se sono potuta passare avanti è solo
perché ho le capacità!” mise in chiaro,
strattonando appena il polso che
l’altro teneva ancora imprigionato.
In
quel momento entrò il professor Lumacorno, che appena la
vide, la
riempì di complimenti per aver passato i G.U.F.O. con
così grande bravura.
Poi
si rivolse a Tom.
“Beh,
signor Riddle, quest’anno avrà una degna rivale!
Dovrà impegnarsi
parecchio per mantenere la sua posizione di primo della
classe.” Scherzò il
professore, prima di iniziare la lezione.
Testò
le conoscenze della classe, assegnando 30 punti a Serpeverde,
grazie a Estele e Tom, che sembravano conoscere tutte le risposte. Poco
prima
della fine della lezione, Tom le si avvicinò per poterle
parlare senza essere
sentito, né dall’insegnante, né da uno
studente.
“Mi
dispiace per ieri! Possiamo continuare a parlare. Farò in
modo che
non ti infastidiscano più!” disse, sorprendendola.
“Non
preoccuparti! So difendermi e il tuo comportamento l’ho
già
perdonato; ho capito che forse mi ero sbagliata. Io non posso
salvarti!”
rispose, cupa, finendo la pozione e sistemando le sue cose per andare
alla
prossima lezione.
Si
allontanò da lui e, mentre lei era ancora a portata
d’orecchio, Abraxas
Malfoy, Orion Black e Marcus Avery si avvicinarono al moro Serpeverde,
per
chiedergli se voleva che le fosse data una lezione.
Lui
scosse la testa, dicendo che ci avrebbe pensato da solo a rimettere
la signorina al suo posto.
Nei
giorni seguenti lei gli parlò solo quando non poteva farne a
meno,
stando con le sue amiche tutto il tempo e iniziando a stare anche con
alcuni
membri dei Cavalieri di Walpurga, che la trovavano un soggetto
interessante.
Tom
si sentì come se fosse tornato al secondo anno, in cui tutto
il suo
mondo girava attorno a lei e non poteva fare a meno di seguire la sua
figura
ogni volta che passava.
Voleva
parlarle, ma non credeva di poter reggere alla sua freddezza. Per
evitare di pensare a lei, si gettò a capofitto nelle
ricerche per trovare la
famosa Camera dei Segreti, dove poteva entrare solo l’Erede
di Salazar
Serpeverde. E grazie ai documenti
che
gli aveva fornito, aveva scoperto che i Gaunt, la famiglia di sua
madre, erano
discendenti diretti del fondatore verde argento.
Di
conseguenza, lui era l’Erede di Serpeverde.
Per
questo parlava con i serpenti, per questo capiva il loro linguaggio.
Era
un rettilofono come il fondatore della sua casa.