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Autore: Crystal eye    05/08/2014    2 recensioni
Salve!!! Eccomi qui con un'altra storia, è nata per caso... pensando "e se Tom Riddle si fosse innamorato?" e questo è il risultato!!!
"Tom la guardò con occhi infuocati cercando di attirare la sua attenzione, detestava essere ignorato, se poi a non prestargli attenzione era lei si sentiva come invisibile agli occhi del mondo intero, come se il suo sguardo fosse l’unico importante nell’intero universo."
Può una bambina risvegliare un cuore che non ha mai provato amore? E può una persona cambiare per Amore?
leggete e scopritelo!!!
Crystal
Genere: Dark, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abraxas Malfoy, Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort, Walburga Black
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Più contesti
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Capitolo 2

 

3 anni dopo

 

Il professore di Pozioni era sempre fiero di come la sua allieva

prediletta imparasse in fretta e trovasse sempre delle migliorie intuitive da poter apportare alla pozione su cui lavorava per renderla più perfetta di quanto già non fosse.

Anche quel giorno se ne andò soddisfatto, dicendo che oramai non aveva più niente da insegnarle, al massimo poteva accadere il contrario.

Quella frase fece molto piacere ad Estele, soprattutto perché la sapeva corrispondere esattamente a ciò che pensava e provava il suo mentore.

Si diresse da sua nonna per l’ultimo test, poi avrebbe saputo se i tre anni di studi e grandi sacrifici avessero dato i risultati sperati e le sarebbe stato concesso di tornare a scuola, dal suo Tom.

In quegli anni, ogni volta che pensava di lasciar perdere, di non poter reggere il ritmo forsennato delle sue giornate, si metteva a ripensare a ciò che aveva gridato a Tom, l’ultimo giorno in cui si erano parlati. E ciò che, ogni giorno, gli diceva tramite lo specchio.

Lui non rispondeva mai, ma sapeva che ogni cosa detta allo specchio, dopo aver detto l’incantesimo che attivava la connessione, sarebbe arrivato dall’altra parte sotto forma di biglietto.

“Ciao, nonna.” Salutò entrando nel salotto dove era arrivata quella notte di inizio estate, tre anni fa.

“Buongiorno! Vedo che il tuo professore è molto soddisfatto del tuo rendimento e, come lui, anche gli altri. Pensa che il professore di Trasfigurazione si dice convinto che passeresti anche diretta al sesto anno...” si complimentò, buttando lì la notizia che forse sarebbe tornata a scuola per frequentare lo stesso anno del suo... sua nonna non sbagliava mai, per quanto aveva avuto modo di capire... amore.

“Quindi pensi che potrei dare i G.U.F.O. e frequentare il sesto anno?” domandò con il fiato sospeso.

“Non ho detto questo, il tuo professore ne è convinto, ma c’è ancora una cosa che al nostro patto manca...” replicò, sorseggiando lentamente una tazza di tè, comodamente seduta sulla sua poltrona preferita.

“Sono perfettamente in grado di controllarmi, adesso! Posso stare tra la gente senza che nella mia testa esplodano i pensieri di tutti quelli che mi stanno attorno!” esclamò con convinzione.

“Vedremo...” concesse sua nonna, “Andiamo, se anche tu dovessi frequentare il sesto anno, devi prendere il materiale necessario...” aggiunse, alzandosi dalla poltrona.

Si diressero a Diagon Alley e, poco prima di entrare, Estele creò attorno alla sua testa una barriera che filtrasse i pensieri della gente e non glieli facesse arrivare tutti in una volta. Poi si addentrarono nella calca.

Sua nonna la portò a comprare i libri di scuola e alcune letture personali, a prendere gli ingredienti per le pozioni e poi la trascinò da Madama McClan, dove le fece fare le divise per Hogwarts e ordinò un paio di vestiti eleganti, sostenendo che le sarebbero serviti.

La giovane la guardò, scettica, ma senza fare obiezioni, ormai abituata al suo modo di fare da sibilla.

Presero un gelato e si accomodarono in un posto un po’ riservato, dove sua nonna le fece i complimenti per essere riuscita a tenere tutti fuori dalla sua mente e, soprattutto, dal suo cuore.

“Ricorda sempre che le emozioni sono quanto di più forte possa esistere al mondo!” esclamò, raccomandandole prudenza per quando sarebbe tornata a scuola.

“Nonna non devi preoccuparti, andrà tutto bene! E poi hai detto tu stessa che avrò l’aiuto del professor Silente, se dovessi avere bisogno di qualcosa.” Rispose, con un gran sorriso, finendo il suo gelato alla crema.

 

Il primo di settembre era finalmente arrivato e, come era successo il suo primo giorno di scuola di quattro anni prima, si alzò prestissimo, ricontrollando di aver preso tutto il necessario e di essere pronta ad affrontare il viaggio.

Sua nonna aveva accettato di farle la richiesta di poter dare i G.U.F.O. e li aveva passati tutti con il massimo, o quasi, dei voti.

Il vicepreside Silente le aveva mandato le congratulazioni per essere riuscita a passare gli esami e si diceva molto felice del suo ritorno a scuola.

Prese lo specchio e sussurrò, come ogni anno, un “Buon primo giorno a casa!” al suo Tom, consapevole di quanto fosse importante per lui Hogwarts.

 

Aveva pensato spesso al suo caro amico e si era resa conto che più pensava a lui come ad un amico, più si accorgeva che non era proprio amicizia quella che sentiva per il moro Serpeverde. Avvertiva il cuore battere fortissimo ogni volta che pensava a quando si sarebbero rincontrati e quando temeva che lui l’avrebbe cacciata, offeso per averlo lasciato solo, lo sentiva avvolto da una morsa dolorosa.

 

“Sei pronta?” le domandò sua nonna, entrando nella sua stanza, mentre lei metteva a posto lo specchio dentro il baule.

Annuì, un po’ spaventata.

L’anziana donna sorrise, avvicinandosi con un ciondolo. Era una malachite, una pietra verde con striature bianche e nere, che simboleggiava la forza, ma anche la protezione dai blocchi energetici.

“Grazie!” le disse, quando gliela mise attorno al collo. “È bellissima!”

“Riprende un po’ i tuoi occhi... gli occhi di mia figlia... sono dello stesso verde intenso!” mormorò con le lacrime agli occhi, “Tuo padre la regalò a tua madre quando si fidanzarono, ora è arrivato il momento che la indossi tu.” Rivelò, facendole spalancare gli occhi dalla sorpresa.

Strinse il ciondolo, poggiandolo contro il cuore, sorridendo nostalgica.

L’orologio scoccò le nove e sua nonna si avvicinò al giacchetto che aveva preparato sul letto.

“È ora che tu vada! Se non vuoi perdere il treno!” le sorrise, porgendoglielo.

“Grazie di tutto! Tornerò per le vacanze, se vuoi...” le sussurrò, abbracciandola forte, ignorando momentaneamente la giacchetta che avrebbe dovuto indossare.

“Non ce ne è bisogno! Ora vai!” esclamò con convinzione, staccandosi dall’abbraccio e mettendole in mano la giacca e la borsa dove aveva ciò che avrebbe tenuto a portata di mano.

Un piccolo elfo domestico prese il baule e attese l’ordine di andare.

“Bene, Myki, andiamo, o rischiamo di fare tardi!” disse, salutando con lo sguardo l’anziana signora che la guardava con le lacrime agli occhi.

Le lanciò un sorriso raggiante e, con una passaporta, andò alla stazione.

 

Sul treno venne raggiunta dalle sue amiche, che la trascinarono in uno scompartimento e la trattennero fino alla fine del viaggio, volendo sapere ogni cosa che le era accaduta dal giorno della partenza fino a quel momento, nonostante si fossero sentite in quegli anni di lontananza.

“Ok ragazze, calme, va bene? Ci siamo sentite in questi anni, vi ho raccontato quello che mi è successo...” disse, cercando di svicolare.

“Ci hai raccontato solo una parte degli eventi! Credi che non ci siamo accorte che nascondevi qualcosa?” domandò Jennifer, mentre Miranda, Lucy e Annabel annuivano, guardandola intensamente.

Estele sorrise, poi prese un respiro profondo e cercò di richiamare i propri ricordi, per poter raccontare alle sue amiche quel che le era successo.

“Allora, diciamo che, come vi ho detto, il primo mese è stato il peggiore... non riuscivo a fare niente, neanche nello studio normale avevo buoni risultati. Quindi, mia nonna mi disse di mettermi l’anima in pace e lasciar perdere il mio obbiettivo...” cominciò, sentendo nuovamente il dolore provato quei primi giorni, l’odio che aveva provato per la donna che la stava facendo soffrire e la voleva segregare in una gabbia dorata, tenendola lontana dal mondo e, soprattutto, da Tom. “Poi le cose sono cambiate, da quel giorno è stato come se il mio cervello avesse cambiato marcia... sono sempre stata molto intelligente, ma non ero in grado di studiare tutto quello che mia nonna voleva imparassi... invece, riuscii a cambiare la situazione, mi portai, anzi, avanti con alcuni programmi, facendo pratica e avvantaggiandomi quando non dovevo seguire nessuna lezione... dopo quel periodo no, è andato tutto come vi ho raccontato...” finì, timorosa di dire che aveva finalmente scoperto e ammesso i suoi sentimenti per Tom.

“E come hai fatto a mantenerti così in forma? Sei ancora più bella di quanto non fossi in quelle foto!” disse Annabel, guardando con invidia e ammirazione il suo fisico praticamente perfetto.

Alta poco meno di un metro e settanta, slanciata e formosa. La maglia azzurro chiaro aderente che indossava le faceva risaltare le curve senza essere volgare, mentre la minigonna e gli stivaletti bassi con qualche centimetro di tacco le slanciavano ancora di più le gambe.

“Adesso, sicuramente avrai la scuola ai tuoi piedi! Sembri una principessa, miss Demon!” scherzò Miranda.

Ridacchiò alla battuta della sua amica, mentre pensava a cosa avrebbe detto lui. Arrossì nel pensare che forse avrebbe potuto trovarla bella e, magari, anche qualcosa in più.

“Ehi, che ti prende?” le domandò Lucy, notando il suo improvviso rossore. Spalancò gli occhi, accorgendosi del suo stato.

“Si, è vero! Sei tutta rossa… non ci sarà forse qualcosa che non ci hai detto, vero?” insinuò Miranda, rigirando il coltello nella piaga e facendola arrossire ancora di più.

“Ma no che non c’è! Conoscete tutto di me…” provò a dire, ma loro le scoccarono delle occhiate molto eloquenti, che le fecero capire che avevano capito.

“Non ti devi preoccupare, siamo tue amiche! Non ti abbandoniamo mica se ci informi di qualcosa di oscuro e pericoloso!” disse scherzosamente Annabel, per cercare di tirarle su il morale.

“Ok, allora… il mio segreto è che sono... sono innamorata di Tom Riddle...” disse un po’ tentennante, sorprendendo tutte le altre, che la guardarono con gli occhi di fuori.

“Tu cosa? Ma credevo fosse solo un amico... e poi non lo conosci!” esclamò Miranda, scuotendo la testa con fare preoccupato, facendo scappare qualche capello dalla coda perfetta.

“Certo che lo conosco!” ribatté Estele, tirandosi contro lo schienale e incrociando le braccia al petto per enfatizzare il concetto.

“No, Mir ha ragione! Sono passati tre anni e lui non è più come prima! Succedono strani incidenti a chi lo fa arrabbiare o lo offende in qualche modo e nessuno sa come accada esattamente.” Aggiunse Lucy.

“Forse dovresti prima capire se è ancora lo stesso Tom che hai conosciuto tu, perché potrebbe rivelarsi molto cambiato.” Le disse la rossa Annabel, con sguardo timoroso.

Estele sospirò, ma volle cercare di capire di cosa parlassero, così si concentrò per abbassare la barriera che teneva la sua mente isolata e si proiettò nei loro pensieri, provando a vedere dai loro ricordi in che modo era cambiato Tom.

Quando vide la sua “corte”, formata tutta da serpi del suo anno e di quello di Tom stesso, come Abraxas Malfoy e i cugini Black, Cygnus e Orion, che lo idolatravano come se fosse un dio e lo osservavano ogni secondo in cerca di approvazione; rimase sorpresa, ma ricordò anche una conversazione che aveva origliato tra sua nonna e diversi ritratti di suoi antenati.

 

Flashback

 

“Se dovessero tornare insieme sai anche tu cosa accadrebbe!” stava dicendo sua nonna.

Estele, non capendo a chi si riferisse, decise di rimanere in ascolto.

“Non puoi tenerli separati per sempre! Un giorno lui verrà a prenderla e tutte e due sappiamo che può finire in due soli modi: morte o amore!” rispose una voce femminile, facendo sospirare l’anziana donna.

“Non hai altra scelta! Lascia andare la tua nipotina e il suo destino potrebbe non essere segnato come credi!” aggiunse una voce maschile.

La piccola rimase sorpresa nel sentirsi nominare nel discorso. Stavano parlando di lei. Ma non solo, parlavano di lei e Tom. Si appoggiò con l’orecchio alla porta per sentire meglio.

“È mia nipote! Tutto quello che mi rimane di mia figlia! Della mia famiglia! E non voglio rischiare di perderla, non per quell’essere!” esclamò con rabbia e disperazione insieme.

Però quelle parole fecero arrabbiare la biondina: aveva insultato Tom e voleva tenerla rinchiusa. Se davvero non voleva perderla, tenerla segregata non era il modo giusto.

Stava per decidere di entrare e urlare contro la donna, ma si fermò, sentendo una voce maschile, baritonale e profonda, dire.

“Se desideri tenerla al sicuro, questo non è il modo giusto per farlo. Mandala a scuola, fidati di lei. Non dovete prestare attenzione solo alla parte negativa della visione.” Fece, prima di chiamare Estele e dirle di uscire allo scoperto.

Sua nonna la guardò entrare, rossa in viso, ma determinata e fiera, come sua madre.

“Da quanto eri lì nascosta?” le domandò, cercando di capire quanto avesse sentito.

“Abbastanza. Perché odi così tanto Tom? Non lo conosci nemmeno!” ribatté decisa.

“Forse sei tu quella che non lo conosce. Lui non è l’angelo che tu pensi sia! E peggiorerà!” si intromise la donna che per prima aveva sentito parlare.

“Voi non sapete di cosa state parlando!” esclamò Estele, battendo i piedi a terra, cercando di fargli capire quel concetto che le sembrava così facile.

“Piccola mia, vieni qui un momento. Voglio spiegarti perché diciamo questo.” Le disse sua nonna, sorridendo triste e facendole cenno di andare a sedersi accanto a lei sul divanetto davanti al camino.

La giovane, spostando la treccia bionda dietro le spalle, si accomodò sulla poltrona, rannicchiandosi sopra di essa, abbracciandosi le gambe e posando il mento sulle ginocchia.

Elisabeth sospirò, le sembrava di essere tornata indietro nel tempo e di avere a che fare di nuovo con sua figlia.

“Diversi anni prima della tua nascita, un’amica di famiglia disse a Isabel che qualcuno le avrebbe portato via sua figlia. Lei allora cercò di scoprire esattamente cosa sarebbe accaduto, decidendo di consultare un veggente che fosse in grado di darle informazioni più precise. Dopo aver conosciuto tuo padre, trovarono insieme la persona giusta.” Spiegò, attirando l’attenzione totale della ragazza, che ora la guardava con gli occhioni verdi spalancati.

I quadri ridacchiarono, rivedendo in lei la madre, che quando ascoltava qualcosa che le piaceva o la interessava non c’era modo di distrarla.

“Quell’uomo era stato, come tuo padre, fedele seguace di Grindelwald e si era tirato indietro per aver visto la disfatta del suo signore. L’aveva avvertito che sarebbe stato sconfitto dalla persona a lui più cara e lui lo cacciò via, minacciandolo di morte. Lui spiegò ai tuoi genitori quale sarebbe stata la loro vita insieme e poi aggiunse: “la magia oscura sarà sempre parte della vostra famiglia”. Loro non credo avessero capito esattamente cosa volessero dire quelle parole. Solo quando tu iniziasti a manifestare i tuoi poteri, tua madre cominciò a capire cosa volesse dire...” continuò il racconto.

“Perché, lui cosa intendeva? Cosa hanno i miei poteri di tanto strano?” si intromise, cercando di comprendere.

“Il poter entrare nelle emozioni altrui è un potere molto raro e pericoloso. Potresti far si che tutti facciano quello che desideri e io non voglio che il tuo amico ti usi per i tuoi poteri. Ho avuto una visione riguardo a voi due e le possibilità sono due. O io ti lascio tornare a scuola, con il rischio che lui utilizzi i tuoi poteri per i suoi scopi, sfruttando il tuo attaccamento per lui; oppure ti impedisco di andare e lui, finita la scuola...” disse, bloccandosi e pensando, senza accorgersi che Estele era così concentrata su di lei che l’avrebbe sentita comunque. – E dopo essersi macchiato di numerosi crimini... uccidere quella povera ragazza, la sua famiglia... verrà ad uccidere anche te... o a renderti il suo burattino – la piccola sgranò gli occhi inorridita.

Vedendo quella reazione, l’anziana strega comprese che aveva sentito i suoi pensieri.

“So che è spaventoso e inconcepibile ai tuoi occhi, ma purtroppo è ciò che ho visto.” Aggiunse, incrociando le mani davanti al petto.

“Non credo a quello che hai visto, perché farò in modo che non accada!” esclamò l’altra con convinzione. “Io so che lui non è cattivo e posso evitare che compia quelle azioni, ma tu devi lasciarmi andare!”

La nonna sospirò.

“Sapevo che avresti detto questo. Sei tale e quale a tua madre!” disse, sconfitta. “Anche lei avrebbe fatto di tutto pur di salvare il suo amore.”

 

Fine flashback

 

Tornò alla realtà e rimase un secondo in silenzio, mentre le altre aspettavano una sua risposta e pregavano fosse in linea con quello che le avevano rivelato.

“Proverò a parlarci, anche se dovesse essere cambiato, sono certa che dentro di sé non è così.” Disse sicura, facendo sospirare le sue amiche che comunque sorrisero, accettando la risposta.

“Fai come vuoi. Ma adesso dobbiamo cambiarci, prima di arrivare a scuola.” Suggerì Annabel.

Si cambiarono e ricominciarono a parlare del più e del meno fino all’arrivo. In stazione non riuscì a vederlo, ma non si perse d’animo, certa che lo avrebbe visto a cena.

Giunti in Sala Grande, si sedettero vicine e si ritrovarono ad avere tutti gli occhi puntati addosso.

“Ma cosa hanno da fissare tutti?” domandò Miranda scocciata.

“Ah, chi non muore si rivede! Che c’è gli insegnanti privati non ti sopportavano più e ti hanno fatto ritornare a scuola? O è stata tua nonna?” la accolse la voce acida di Walburga Black, che si andava a sedere accanto a Tom, mentre rideva stridula.

Tutti quanti la guardarono, mentre i Serpeverde della “corte” di Riddle ridevano insieme alla mora.

Sbuffò, ignorandoli.

Le sue amiche li guardarono male, poi intavolarono una discussione su quello che si era persa a scuola e non erano sicure di avergliene parlato, facendo intervenire anche altri studenti del loro anno che, nonostante l’astio della Black, le volevano rivolgere la parola.

Parlarono durante la cena, ridendo e scherzando, finché il prefessor Lumacorno non le disse che il vice preside aveva piacere di parlarle prima di andare a lezione, la mattina seguente.

Annuì, con un sorriso in direzione del professore, poi si alzò per andare in dormitorio.

“Aspetta, veniamo anche noi!” disse Lucy, facendo segno alle altre di sbrigarsi, ma lei scosse la testa.

“Fate con calma, ci rivediamo in Dormitorio.” Disse Estele, avviandosi senza prestare molta attenzione a ciò che le accadeva intorno.

Almeno fin quando qualcuno non le prese un polso e la trascinò dentro un aula vuota.

“Ehi, ma che vuoi?” si lamentò, massaggiandosi la parte lesa.

“Sei tornata. Perché?” domandò la persona che l’aveva sequestrata rivelando la sua identità.

“Tom? Che vuol dire perché sono tornata? Non volevo neanche partire. Avrei preferito rimanere con...” si alterò lei, chiedendosi come potesse non capire.

“Te ne sei andata! Prima della fine di scuola! Sei andata dalla tua cara nonnina!” le sputò addosso con odio.

Al sentire e vedere nei suoi occhi tutto quell’odio e quella rabbia a Estele vennero le lacrime agli occhi.

Tirò fuori una busta bianca e la consegnò a Tom, che rimase interdetto per qualche secondo.

“Che cosa c’è dentro?” chiese, prendendola e aprendola, tirando fuori un fascicolo.

“La tua famiglia!” sussurrò lei, giocando con una ciocca di capelli biondi.

A quelle parole lui spalancò gli occhi, guardandola come se la vedesse per la prima volta.

“Come... come hai fatto? Ho cercato dovunque e non ho trovato niente!” disse sconvolto. Abbassò lo sguardo sui documenti, sgranando gli occhi nel leggere ciò che vi era scritto. ”Mia... mia madre... lei era una strega! Ed era addirittura così debole da morire! Da lasciarmi solo dopo avermi dato il nome di quel babbano di mio padre! L’ha abbandonata! L’ha lasciata morire in uno squallido orfanatrofio!” gridò, sconvolto e arrabbiato per la notizia.

“Tom! Calmati! Ti prego! Non devi condannarli così senza neanche incontrarli!” provò a dire Estele, aggrappandosi al suo braccio.

“Non mi leggere i pensieri! Sta fuori da questa storia!” le disse, allontanandola bruscamente.

La giovane degli occhi verdi lo guardò senza vederlo per qualche attimo, prima di lasciarsi cadere a terra, immersa in un mondo che non le apparteneva e che la teneva bloccata, incapace di fare qualunque cosa.

-Stai qui, là fuori nessuno ti capisce, ma noi si! Non te ne andare!-

Tom non si accorse subito di cosa stava accadendo, ancora troppo accecato dalla rabbia, perciò quando Nagini gli strusciò lungo la gamba il suo primo impulso fu quello di allontanarla, prima di accorgersi che c’era qualcosa di strano.

Si girò verso Estele, che sedeva in terra, con la schiena poggiata contro le gambe di uno dei banchi e teneva le mani ai lati del corpo e guardava fisso un punto con occhi vacui, la testa leggermente china da un lato come fosse una marionetta senza fili.

La si avvicinò e la scosse, tenendole per le spalle.

“Demon! Demon! Svegliati!” la chiamò, ma l’unica reazione che ottenne furono delle lacrime, che silenziose e brucianti caddero dalle giade nei suoi occhi.

Tom spalancò gli occhi ossidiana, pieni di preoccupazione per la sua piccola Estele, la sua principessina.

“Ehi, principessa? Ti prego rispondimi! Principessina!” disse abbracciandola e carezzandole dolcemente i capelli.

Dal buio ovattato in cui si trovava, la giovane Serpeverde avvertì il calore dell’abbraccio dell’altro e il calore emanato dalle sue emozioni, la preoccupazione, la paura, l’affetto. Prese un respiro profondo per uscire dal bozzolo e ricambiare la stretta.

“Sono qui! Sono tornata!” sussurrò, mentre lui continuava a chiamarla.

“Scusami, principessa. Non avrei dovuto, ma…” Mormorò con un filo di voce, carezzandole i capelli.

“Tranquillo, è tutto a posto! Adesso sono qui e non ho intenzione di andarmene tanto presto! Non ti lascerò più! Mi ha solo colpito l’intensità della tua rabbia...” promise, tenendolo ancora più vicino a sé.

Il giovane moro posò un bacio sul capo biondo, allontanandola con riluttanza.

Estele sospirò, consapevole che avrebbe ricominciato ad urlare entro poco, o comunque, avrebbe continuato a sputare insulti ai suoi genitori, soprattutto a suo padre.

“Tom... senti, so che è un colpo apprendere tutto questo, ma vorrei tu pensassi ad una cosa...” fece, tenendo su di sé l’attenzione del giovane. “Non correre a conclusioni affrettate, so che quello che tuo padre ha fatto è imperdonabile, ma vorrei che tu provassi a parlarci. Se non con lui, almeno con i tuoi nonni.”

“Ci penserò!” disse, spostando lo sguardo.

-Non posso perdonarlo!-

“Tom! Non mentire con me, almeno tu!” lo riprese, ripetendo le parole del loro primo incontro.

-Temo sia la forza dell’abitudine! Non posso essere sincero con nessuno, non più. Nessuno ne è degno!- pensò, con divertita amarezza.

“Ok, come vuoi. Ci vediamo a lezione, Tom. Sappi solo una cosa. Io non ti abbandonerò! Per me sei ancora il mio migliore amico” affermò prima di uscire dall’aula, lasciando Riddle a terra a osservarla andar via, anche se stavolta sapeva esattamente dove trovarla.

 

Estele si chiuse dietro le tende del baldacchino, lasciando che le lacrime che tratteneva da quando era entrata in quella classe cadessero dai suoi occhi come un fiume in piena.

Le parole di Tom e le sue reazioni avevano confermato quello che sia le sue amiche, sia sua nonna le avevano detto di lui.

Iniziavano a temere di essere stata troppo presuntuosa nel dire che l’avrebbe salvato, nell’essere convinta che avrebbe potuto aiutarlo a non cadere nel baratro dove si stava dirigendo. Sperava che con lei si sarebbe comportato diversamente, visto che, come aveva detto lui stesso, era la sua unica amica ma forse si sentiva ancora tradito del fatto che aveva deciso di andare  con sua nonna, senza fare troppi reclami.

Prese lo specchio e sussurrò quasi senza voce.

“Ti amo, Tom! Perché ti comporti così? Perché devi farmi soffrire così?” non pensando che lui poteva essere in ascolto, dall’altra parte, quasi in attesa che lei dicesse qualcosa.

Aveva imparato da tempo che evitando di aprirlo aveva più possibilità di tenere con sé i biglietti che quel ciondolo creava per passare il messaggio.

Tuttavia quella sera se ne rimase in attesa che lei dicesse qualcosa, qualunque cosa, anche che adesso lo odiava, purché si facesse sentire.

Ma di certo non si aspettava di udire quelle parole.

Lui non poteva essere amato!

Era un essere senza emozioni, non poteva venire amato, non da un angelo come lei.

Chiuse gli occhi, stringendo il ciondolo al petto e cercando di non pensare al fatto che, al sentire quelle parole, il suo cuore aveva cominciato a battere velocissimo e la sua mente non riusciva ad immaginare nient’altro che lei, come era cambiata e come era quando l’aveva conosciuta.

Era diventata ancora più bella, se non avesse visto i suoi occhi, guardarlo come facevano sempre, avrebbe pensato fosse una dea incarnata. Non poteva essere lei. Ma poi, quegli occhi, che lo scrutavano dentro, così come faceva lui con coloro che voleva manipolare.

Quelle pietre preziose che lo fissavano limpidi, fiduciosi e pieni d’amo...

Spalancò gli occhi improvvisamente, realizzando che lei l’aveva sempre guardato così, allora da quanto era innamorata di lui, la sua piccola principessa? Perché non glielo aveva mai detto? Perché allora, se lo amava, lo avrebbe lasciato solo?

Teneva ancora il ciondolo aperto e continuava a pensare a lei, alle tante domande che non potevano avere risposta, a meno che lei non avesse deciso di rispondere.

“Perché mi hai lasciato solo se mi amavi?” chiese al vento, sperando di avere una risposta o un segnale.

Estele spalancò gli occhi nel sentire quella voce, sussurrare quelle parole con quel tono così disperato e arrabbiato insieme. Aprì la bocca per rispondere, ma poi ci ripensò. Anche se desiderava ardentemente che lui tornasse ad essere il suo Tom, non riusciva a trovare il coraggio di dire qualcosa, poté solo posare lo specchio e coprirlo con un panno di seta.

Si strinse nelle spalle, lasciando che la sua mente raggiungesse quella del ragazzo, senza che lui se ne rendesse conto. Poi cercò di entrare nella sua mente, trovandolo addormentato, perso nei ricordi.

Si sorprese di vedere che stava sognando tutti momenti in cui erano insieme e ridevano, o meglio, lei rideva e lui al massimo stirava le labbra in un sorriso.

Si lasciò cullare dai suoi ricordi per poter riposare in un sonno tranquillo.

 

°°°

 

Si svegliò la mattina dopo sentendo suonare la sveglia e ricordandosi che doveva incontrare il vicepreside.

Si preparò velocemente, per poter fare anche una chiacchierata con qualche compagno di casa.

Salì in Sala Grande, trovando il professor Silente che usciva.

“Buongiorno, Professore!” disse la giovane, portandosi una ciocca dietro l’orecchio.

“Buongiorno, signorina Demon! Venga con me, ancora non ha fatto colazione, giusto?” la salutò il mago gioviale, avviandosi verso il suo ufficio.

Lì, la invitò a sedersi e le offrì qualcosa per fare colazione.

“Un po’ di the? O caffè?”

“Del caffè va benissimo, grazie!” rispose con un sorriso, accettando la tazza che le porgeva il professore di Trasfigurazione.

“Gradisce anche un biscotto o qualcos’altro?” chiese, ricevendo un cenno del capo.

“Un biscotto, grazie mille.” Dopo aver trascorso qualche momento in silenzio, il professore posò la sua tazza e incrociò le mani, portandole davanti al viso.

“Allora, sua nonna mi ha mandato tutti i documenti e i risultati dei suoi G.U.F.O., devo ammettere che sono rimasto molto sorpreso!” esclamò.

“Già... mi sono impegnata molto per raggiungere il mio obbiettivo!” spiegò con decisione.

“Si, ho visto! Ma vorrei sapere una cosa, come ha reagito Tom vedendola?” domandò indagatore. Al sentire quelle parole, Estele si irrigidì.

“Cosa vuole sapere esattamente? Non abbiamo ancora parlato!” disse, fingendosi indifferente, prendendo un altro biscotto.

“Oh, davvero? Avrei giurato di averlo visto uscire poco dopo di lei, ieri sera a cena, ma probabilmente mi sbaglio.” Suggerì.

“Posso sapere dove vuole arrivare?” chiese diretta, non riuscendo a comprendere cosa volesse esattamente.

“Voglio evitare, come lei, signorina Demon, che il signor Riddle prenda una strada sbagliata.” rispose passando una mano sulla barba rossiccia.

Il modo in cui disse quella frase le mise i brividi. Non era stato minaccioso o simile, ma le aveva fatto venire in mente l’assurda idea che il professore potesse fare del male a Tom.

“Non so di cosa stia parlando, professore, ma devo proprio andare, le lezioni inizieranno presto e non voglio arrivare tardi il primo giorno.” Disse, alzandosi e salutando velocemente il vicepreside.

Prese un respiro profondo quando fu sufficientemente lontana dall’ufficio poi si avviò a passo svelto verso la classe di Pozioni Avanzate.

Arrivò per prima e si sedette al primo banco, tirando fuori il libro di Pozioni e cominciando a leggerlo.

Stava modificando le procedure di una pozione, quando le si parò davanti una persona. La ignorò, continuando a concentrare tutta la sua attenzione a quello che stava facendo.

“Ehi, mocciosa? Tu non sei in questa classe. Perché non te ne vai dalle tue amichette?” domandò con la sua solita gentilezza Walburga Black, mentre le spintonava una spalla, rischiando di farla sbagliare a scrivere.

“Veramente sono nel posto giusto. Ho già dato i G.U.F.O., per cui non c’è alcun motivo per cui dovrei ripetere l’anno!” rispose, pacata e tranquilla, mentre pregava che il professore arrivasse presto e la costringesse almeno a fare finta di non assillarla.

Walburga aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse subito, intercettando un’occhiataccia che Tom le stava lanciando, sedendosi accanto a Estele.

“Buongiorno Tom!” gli disse con un sorriso triste, tornando a correggere la procedure della pozione.

“Demon! Anche se ha passato i G.U.F.O., non ho intenzione di far abbassare la mia media o di lavorare per entrambi, quest’anno, è chiaro? Perciò se desideri rimanere qui, sarà meglio che tu sia in grado di fare quello che devi!” mise in chiaro, facendola arrossire per la rabbia, ma non gli diede spago.

“Se sono passata e mi hanno permesso di passare avanti di un anno sarà perché ha le capacità, non credi? E se temi per la tua media, sarò ben felice di togliermi di torno, visto che sembri non sopportare la mia presenza.” Disse solo, prendendo le sue cose e alzandosi.

“No! Puoi restare. Non mi dai fastidio!” la fermò lui immediatamente, afferrandola per un polso.

“Benissimo! E sta tranquillo, se sono potuta passare avanti è solo perché ho le capacità!” mise in chiaro, strattonando appena il polso che l’altro teneva ancora imprigionato.

In quel momento entrò il professor Lumacorno, che appena la vide, la riempì di complimenti per aver passato i G.U.F.O. con così grande bravura.

Poi si rivolse a Tom.

“Beh, signor Riddle, quest’anno avrà una degna rivale! Dovrà impegnarsi parecchio per mantenere la sua posizione di primo della classe.” Scherzò il professore, prima di iniziare la lezione.

Testò le conoscenze della classe, assegnando 30 punti a Serpeverde, grazie a Estele e Tom, che sembravano conoscere tutte le risposte. Poco prima della fine della lezione, Tom le si avvicinò per poterle parlare senza essere sentito, né dall’insegnante, né da uno studente.

“Mi dispiace per ieri! Possiamo continuare a parlare. Farò in modo che non ti infastidiscano più!” disse, sorprendendola.

“Non preoccuparti! So difendermi e il tuo comportamento l’ho già perdonato; ho capito che forse mi ero sbagliata. Io non posso salvarti!” rispose, cupa, finendo la pozione e sistemando le sue cose per andare alla prossima lezione.

Si allontanò da lui e, mentre lei era ancora a portata d’orecchio, Abraxas Malfoy, Orion Black e Marcus Avery si avvicinarono al moro Serpeverde, per chiedergli se voleva che le fosse data una lezione.

Lui scosse la testa, dicendo che ci avrebbe pensato da solo a rimettere la signorina al suo posto.

Nei giorni seguenti lei gli parlò solo quando non poteva farne a meno, stando con le sue amiche tutto il tempo e iniziando a stare anche con alcuni membri dei Cavalieri di Walpurga, che la trovavano un soggetto interessante.

Tom si sentì come se fosse tornato al secondo anno, in cui tutto il suo mondo girava attorno a lei e non poteva fare a meno di seguire la sua figura ogni volta che passava.

Voleva parlarle, ma non credeva di poter reggere alla sua freddezza. Per evitare di pensare a lei, si gettò a capofitto nelle ricerche per trovare la famosa Camera dei Segreti, dove poteva entrare solo l’Erede di Salazar Serpeverde. E grazie ai  documenti che gli aveva fornito, aveva scoperto che i Gaunt, la famiglia di sua madre, erano discendenti diretti del fondatore verde argento.

Di conseguenza, lui era l’Erede di Serpeverde.

Per questo parlava con i serpenti, per questo capiva il loro linguaggio.

Era un rettilofono come il fondatore della sua casa.

 

 

  
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