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Autore: Crystal eye    30/07/2014    3 recensioni
Salve!!! Eccomi qui con un'altra storia, è nata per caso... pensando "e se Tom Riddle si fosse innamorato?" e questo è il risultato!!!
"Tom la guardò con occhi infuocati cercando di attirare la sua attenzione, detestava essere ignorato, se poi a non prestargli attenzione era lei si sentiva come invisibile agli occhi del mondo intero, come se il suo sguardo fosse l’unico importante nell’intero universo."
Può una bambina risvegliare un cuore che non ha mai provato amore? E può una persona cambiare per Amore?
leggete e scopritelo!!!
Crystal
Genere: Dark, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abraxas Malfoy, Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort, Walburga Black
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Più contesti
Capitoli:
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Capitolo 1 


Sentì bussare alla porta della sua stanza, cosa abbastanza strana, poiché la signora Cole sapeva che detestava essere disturbato. 
La ignorò, continuando a concentrarsi sul libro di Incantesimi che stava leggendo. 
Quella bussò ancora, questa volta più forte, ma lui, seppur spazientito, continuò a fare finta di niente. 
“Tom!” lo chiamò la direttrice dell’orfanotrofio, continuando a battere le nocche sul legno vecchio della porta. 
“Tom, apri!” disse ancora, con tono più alto. 
Sbuffando, si alzò dal letto e aprì la porta. Si trovò davanti alla direttrice e ad una bambina di circa undici anni, con lisci capelli biondi molto lunghi e due grandi occhioni verdi. 
“Cosa vuole? Stavo studiando!” fece annoiato, spaventandola leggermente. 
“Il professor Silente ha mandato una lettera dicendo che questa bambina verrà a scuola con te, quest’anno, e dovreste fare amicizia. Lei è Estele Demon.” Spiegò la donna, presentandoli. “Lui è Tom Riddle. Vi lascio a conoscervi meglio.” Concluse e se ne andò, lasciando la piccola e le sue cose davanti alla porta, dove un arrabbiatissimo Tom Riddle stava seriamente pensando di farla scappare con qualche brutto scherzo. 
La bambina prese la sacca che aveva appoggiato a terra e il baule e, guardandolo, chiese. 
“Posso entrare? Gli altri bambini mi hanno già guardato male tutto il tempo… perché ho abiti più belli dei loro…” sussurrò, tenendo lo sguardo basso, attirando l’attenzione del ragazzo sui suoi abiti, nuovi e di splendida fattura, di certo molto più costosi rispetto ai vestiti smessi e di seconda mano che indossavano tutti gli altri in quel posto. 
Sospirando pesantemente, il ragazzo si fece da parte e la aiutò con il baule. 
“Allora, perché il vicepreside ha mandato qui una principessina come te?” le domandò. 
Gli occhi di lei si riempirono di lacrime. 
“Nessuno mi vuole tenere con sé! Tutti dicono che sono marcia come mio padre...” disse, asciugando repentinamente una lacrima sfuggita al suo controllo. 
Il giovane mago le lanciò un’occhiata incuriosita. 
“Come mai tuo padre dovrebbe essere marcio?” chiese, con un dolce sorriso, per convincerla ad aprirsi con lui. 
“Lui è un seguace di Grindelwald e la sua famiglia lo ha sempre considerato un traditore per questo... infatti, quando la mamma è morta, nessuno mi ha voluta...” spiegò, guardandolo negli occhi, fiera, in attesa di una qualche critica. 
“E tu sei davvero come lui? Hai qualche potere oscuro, di cui nessuno è a conoscenza?” continuò, utilizzando il tono carezzevole e dolce, sorridendo incoraggiante, per cercare di farle rivelare qualche informazione in più. 
“Non c’è bisogno che ti fingi gentile, tanto lo capisco che stai mentendo... però, ti prego... almeno tu, non farlo... vorrei che fossi sincero con me...” fece la piccola, osservandolo attentamente con i grandi occhi di smeraldo che si ritrovava, che sembravano capaci di leggergli dentro il cuore. 
Lasciando cadere la maschera per cercare di ingraziarsela, lui le lanciò comunque un’occhiata curiosa. Voleva sapere perché quella ragazzina aveva attorno un’aura che attirava la sua attenzione come il miele con le api. 
“Se proprio non vuoi dirmelo, Demon, non fa nulla. Lo scoprirò da solo!” esclamò e lei gli sorrise. 
“Accomodati pure, Tom.” Gli disse, spostando faticosamente il baule ai piedi del letto inutilizzato, poi si sedette sul materasso con la sacca accanto e si tirò i bei capelli biondi da un lato, per intrecciarli in modo che non le dessero troppo fastidio. 
Tom, intanto era ritornato al suo libro di Incantesimi, e leggendo distrattamente un passaggio semplice, si chiese in quale casa sarebbe finita la piccola. Poi si diede dello stupido, quella non era cosa che lo riguardava. 
“Quanti anni hai, Tom?” gli domandò la voce cristallina di Estele, distraendolo ancora una volta dal libro. 
“Ne ho dodici.” Disse atono. 
“Oh... io ne ho compiuti undici il mese scorso... perciò tu sei al secondo anno, giusto? Com’é Hogwarts?” fece, provocando uno sbuffare infastidito al giovane che cercava di concentrarsi sulla lettura. 
“Non hai niente di meglio da fare che scocciare me? Non hai da studiare qualcosa, da leggere o qualunque altra cosa ti tenga occupata per un po’? Voglio finire questo libro!” sibilò, seccato da tutte quelle chiacchiere. 
La giovane lo guardò stringendo gli occhi in due fessure e mettendo il broncio, poi tirò fuori dalla sacca un libro di pozioni e cominciò a leggerlo, prendendo alcuni appunti sui bordi delle pagine. 
Tom la osservò qualche attimo, convinto che avrebbe ribattuto, dopo di che, ritornò al suo libro e riuscì a finirlo e a memorizzare gli incantesimi in esso contenuti in un paio d’ore. 
Una volta finito, fece scorrere distrattamente gli occhi d’onice per la stanza e vide che la bambina si era addormentata con il libro appoggiato addosso. 
Scosse la testa, alzandosi dal letto per coprirla con una coperta e toglierle il pesante tomo da sopra. Nel poggiarlo sull’unico comodino della stanza fece cadere un paio di foto, incastrate all’interno delle pagine. 
Si chinò a raccoglierle e si accorse che erano foto magiche. La prima ritraeva una giovane coppia, la donna era bellissima, con capelli lunghi e scuri e un sorriso dolcissimo le formava una fossetta sull’angolo destro della bocca. L’uomo dai capelli chiari, guardava incantato la dama tra le sue braccia, tendendole un piccolo e delicato fiore di Pesco, simbolo di... al ragazzo venne da ridere leggendo la dedica sul retro della foto. 

“ In ricordo del nostro primo incontro, come segno del mio eterno amore per te!” 

Non riusciva a capire come mai le persone credessero così tanto nell’amore... ma forse, era solo perché non ne aveva mai ricevuto, pensò malinconicamente con lo sguardo adombrato da un lampo di solitudine, scacciata via subito dopo da uno scuotimento della testa. 
L’altra foto ritraeva la donna di prima con in braccio una bambina, entrambe ridevano felici e gioiose all’obbiettivo, dove si doveva trovare l’uomo. Suo padre e sua madre. Li portava sempre con sé. Sapeva chi erano. 
I suoi occhi si tinsero di rosso per un millisecondo, colmi di gelosia e invidia e rabbia, anche se non capiva bene per cosa fossero quelle emozioni. Comprendeva la rabbia, ma il resto gli era incomprensibile, non aveva bisogno di niente di ciò che aveva perso lei. Lui stava bene così, era sempre stato bene così. 
Con questi pensieri in testa, andò a dormire, non accorgendosi di due occhi verdi che lo osservavano con aria triste. 
°°° 
Nelle settimane seguenti, la piccola Estele rimase accanto a Tom, divenendo per lui una costante, con le sue domande su svariati argomenti, tra cui anche cose che avrebbe studiato a scuola e che già stava cercando di imparare approfonditamente. 
Il giovane mago non l’avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, ma gli piaceva e si divertiva a vederla pendere dalle sue labbra mentre le spiegava concetti che le risultavano troppo difficili o la aiutava con gli incantesimi e le trasfigurazioni. 
Nel tempo libero preparavano pozioni insieme e in quel campo era lei a dare al Serpeverde degli ottimi consigli, che ogni tanto lo offendevano per la loro ovvietà. 
“Ehi, Tom! Ma quando andiamo a Diagon Alley? Non dobbiamo comprare delle divise, o ingredienti per pozioni, o altro che potrebbe servire?” gli domandò un paio di settimane prima dell’inizio della scuola. 
Lui le riservò un’occhiata scettica, aveva notato che aveva uno scomparto, all’interno del baule, dove c’era tutto l’occorrente per la scuola. 
“Non sei già ben fornita?” chiese, infatti, ironico. 
Estele si imbronciò. 
“Ma dai! Una passeggiata a Diagon Alley la possiamo sempre fare! Su! Non farti pregare troppo, Tom!” lo pregò, appoggiandosi appena al suo braccio e guardandolo con gli occhioni luccicanti. 
Scuotendo la testa, Tom accettò, promettendole che sarebbero andati nella città magica prima della fine dell’estate. 
Lei assottigliò gli occhi, minacciando terribili conseguenze se non avesse mantenuto la parola data. 
Il giorno della gita finalmente arrivò. La giovane mise un vestitino verde chiaro, legando i capelli in una treccia per farli stare apposto e attese che Tom si decidesse a sbrigarsi per andare. 
Il ragazzo la trovò fuori dalla stanza che l’aspettava con impazienza. 
“Siamo pronti, principessa?” le chiese, porgendole il gomito, inchinandosi. 
“Ma certo, Mylord.” Rispose con un sorrisetto perfido, aggrappandosi al suo braccio. 
Lungo la strada si allontanò leggermente da lui, rimanendogli comunque molto vicina, non avendo mai girato per i vicoli scuri e pericolosi di Londra. 
Arrivarono al Paiolo Magico in poco tempo, e la piccola salutò l’oste con grande cordialità. 
“Buongiorno, Tom!” disse, facendo arricciare il naso al maghetto accanto a lei. 
“Buongiorno, milady! Andate a Diagon Alley?” ricambiò, con un sorriso, mentre indaffarato preparava le ordinazioni dei suoi clienti. 
“Si! Quest’anno andrò ad Hogwarts!” lo informò. 
“Molto felice per te, piccola lady. Dovreste andare, allora, se volete sbrigare le vostre faccende prima che faccia notte!” la salutò. 
“A più tardi, Tom.” Fece lei in risposta, seguendo il suo Tom, che stava aspettando indispettito davanti al muro che portava nella città dei maghi. 
“Ti sei offeso? Ho fatto qualcosa di male?” gli domandò, vedendolo stringere le labbra in una linea sottile. 
“Certo che no! E adesso sbrighiamoci!” ribatté duramente, avviandosi nella calca di gente che si muoveva per la via principale. 
Estele, attraversato il passaggio, si illuminò, dirigendosi a passo sicuro verso la Gringott, dove chiese di poter fare un prelievo dalla sua camera personale. 
Tom spalancò gli occhi vedendo quanto ricca era quella ragazzina. 
Dopo aver preso i galeoni che, secondo lei, sarebbero bastati per quella giornata, uscirono dalla Banca e il povero Riddle si trovò trascinato da Madama McClan, dove lei si fece fare diverse divise e altri vestiti, poi lo guardò rapidamente e disse alla ragazza che le aveva preso le misure che anche lui doveva prendere le divise e dei vestiti. 
Sentendo quelle parole, il ragazzo assottigliò lo sguardo, cercando di incenerirla, mentre lei se la rideva. 
La giovane le comunicò che i vestiti sarebbero stati recapitati al suo indirizzo, ma Estele le chiese di farli avere al suo elfo domestico. 
Una volta usciti dalla sartoria, Tom esplose. “Si può sapere perché mi hai praticamente rifatto il guardaroba?” le sputò arrabbiato e umiliato. 
“Volevo solo farti un regalo, non deve essere facile stare a Serpeverde con dei vestiti di seconda mano... ma se non li vuoi puoi sempre rivenderli... considerali un regalo per il tempo che mi hai sopportata all’orfanotrofio...” rispose lei, un po’ abbattuta dalla sua reazione. 
A quelle parole il Serpeverde si sentì un vero idiota, per la prima volta in vita sua... avrebbe voluto rivedere il bel sorriso che aveva fino a qualche momento fa. – Perché hai dovuto per forza dare retta all’orgoglio? Perché? – si chiese, cercando delle parole per scusarsi, senza risultato. 
“Non fa niente! Davvero! È tutto a posto! Su, dobbiamo ancora vedere qualche libreria, sono curiosa di vedere se c’è qualcosa di interessante!” esclamò lei, ritrovando il suo entusiasmo. 
Si diresse verso il Ghirigoro e si mise a cercare dei libri a suo parere interessanti, Tom seguì il suo esempio e gironzolò per gli scaffali, guardando i titoli, cercando qualcosa che potesse aiutarlo nelle sue ricerche. 
Prese diversi libri di genealogie magiche e altri che approfondivano argomenti studiati o da studiare. 
Cercò la bambina con lo sguardo all’interno della libreria, ritrovandola intenta a leggere un libro di Erbologia. 
“Quello potresti anche comprarlo, potrebbe essere utile per la scuola.” Suggerì, andandole alle spalle. 
“Dici? Le piante mi hanno sempre affascinato, sai? E anche alla mamma piacevano tanto... nella nostra casa avevamo un giardino pieno di piantine curative e fiori colorati.” Disse con malinconia, persa nei ricordi. 
“Su, su. Ci dobbiamo sbrigare, prima che faccia sera dobbiamo essere all’orfanatrofio.” La distrasse. 
Lei gli sorrise. 
Pagarono i libri e se ne andarono. 
Sulla strada per il ritorno furono entrambi silenziosi e quando entrarono nella loro stanza, iniziarono a sistemare tutte le cose nei loro bauli. 
Estele impilò tutti i libri che aveva tirato fuori dal suo baule sul letto e cominciò a metterli nel comparto degli oggetti scolastici, dividendoli in due categorie, quelli che servivano per le lezioni e quelli che potevano servire da approfondimento. 
Per fare tutto impiegò apposta più tempo possibile, controllando tutto diverse volte, utilizzando il sistemare il baule come scusa per non parlare. 
Tom finì in poco tempo, non avendo tirato fuori troppe cose dal suo ritorno da Hogwarts e si sedette sul letto, appoggiato al muro, con un libro sulle gambe, in attesa che finisse di preparare. 
Lui la stava ancora guardando quando finì e le sorrise divertito, prima di mettersi a dormire. 
Lei arrossì leggermente per il suo comportamento infantile, ma non voleva parlare con lui in quel momento, la sua reazione l’aveva ferita a Diagon Alley, anche se non voleva ammetterlo nemmeno con se stessa. 
°°° 
Il primo settembre, Estele si alzò all’alba, troppo felice per poter dormire di più e il giovane Tom la trovò che si spazzolava i capelli davanti al piccolo specchio magico che le aveva regalato suo padre, mentre canticchiava una specie di ninna nanna sottovoce per non disturbarlo. 
Si lasciò sfuggire un sorriso dolce, sincero, che mascherò subito con uno sbadiglio. 
“Oh! Buongiorno Tom!” lo salutò, con un enorme sorriso. 
“Buongiorno, principessina.” Rispose. 
Si alzò dal letto, preparandosi in poco tempo. 
Verso le nove e trenta erano pronti per andare, la signora Cole e un altro paio di inservienti vennero a salutarli, o meglio, vennero a salutare la piccola Demon, che, nonostante non andasse d’accordo con i bambini, aveva catturato la simpatia di tutti coloro che lavoravano nell’orfanotrofio. 
Alla stazione di King’s Cross li accompagnò il giardiniere/tuttofare che lavorava all’orfanatrofio. 
Lo salutarono e si diressero, senza dare troppo nell’occhio, al binario nove e tre quarti, dove li aspettava l’Espresso per Hogwarts. 
Saliti, presero posto in uno scompartimento libero e al Serpeverde tornò in mente la domanda che si era fatto quando l’aveva conosciuta. 
“In che casa credi di finire, principessina?” le domandò senza guardarla, distrattamente, come se fosse di scarsa importanza. 
“Mh? Non so... mi hanno sempre detto che sarei una brava Corvonero, ma non sono sicura che sia la casa che fa per me... tu in che casa mi manderesti?” rispose, osservando il paesaggio che cominciava a scorrere velocemente fuori dal finestrino. 
“Corvonero potrebbe andare... ma forse... no, tu non sei abbastanza Serpe...” disse sovrappensiero. 
“Tu credi?” sussurrò, con un ghignetto appena accennato, prima di immergersi nella lettura del libro “Storia di Hogwarts”, che aveva già letto diverse volte. 
Poco prima dell’arrivo, misero le divise. 
“Ci rivediamo dentro. Forse.” Le disse, con il tono che lasciava intendere che non le avrebbe più rivolto la parola se fosse stata membro di un’altra casa, o comunque non come mentre erano all’orfanotrofio. 
Lei gli lanciò un sorriso, prima di dirigersi verso gli altri primini, sulla sponda del Lago Nero. 
“Ehi! Riddle! Chi è la mocciosa che ti ha appena salutato? Un’altra sporca Mezzosangue?” fece una voce dietro di lui. 
Un Serpeverde del settimo anno che lo guardava dall’alto in basso, indietreggiò spaventato, quando il giovane Riddle gli lanciò uno sguardo di ghiaccio e gli rispose gelido. 
“Anche fosse, non sono affari che ti riguardano. Se proprio vuoi scoprire chi è, aspetta lo Smistamento.” Poi se ne andò, seguito dalla cricca di purosangue del secondo e terzo anno, affascinati dal suo carisma e dalla sua intelligenza, nonostante fosse un Mezzosangue. 
Lo Smistamento fu molto lento, poiché arrivarono anche molti studenti che avevano frequentato da privatisti per timore della guerra contro il mago oscuro Grindelwald. 
La giovane Estele Demon era fiduciosa, sapeva che con i suoi poteri e la sua indole sarebbe riuscita a farsi mandare a Serpeverde. D’altronde era stata la casa di suo padre. 
“Estele Demon!” 
Quando venne chiamato il suo nome, molti trattennero il fiato, collegandolo immediatamente a suo padre e al mago che serviva. 
La piccola avanzò fiera fino allo sgabello, dove si sedette, in attesa che il professor Silente le mettesse il Cappello Parlante sulla testa. 
“Ah! Salve signorina Demon, benvenuta!” esordì il cappello, facendole prendere un colpo. “Vedo che desidera molto andare a Serpeverde, per suo padre, ma anche per qualcun altro... in effetti Serpeverde soddisferebbe il suo desiderio di conoscenza e la sua ambizione, ma...” ragionò, scrutando dentro di lei. 
“Mi mandi a Serpeverde!” pensò perentoria. 
“Beh, se questo è il suo modo di fare, signorina, non vedo perché non dovrebbe essere una... SERPEVERDE!” disse il cappello, smistandola nella casa che desiderava. 
Si alzò con espressione soddisfatta, dirigendosi verso il tavolo dei verde-argento. 
Tom la guardò sedersi con grazia ed eleganza poco lontano da lui, degnandolo a malapena di uno sguardo. Sorrise internamente, l’aveva sottovalutata e adesso lei si stava prendendo la sua piccola rivincita. 
Gli lanciò un’occhiata di sottecchi, venendo notata da Walburga Black, che le riservò uno sguardo velenoso. 
“Lui non è alla tua portata, Demon!” sibilò, sconvolgendo tutti coloro che l’avevano sentita e attirando l’attenzione del soggetto della conversazione. 
“Può darsi che non sia alla mia portata, ma tu il massimo che puoi fare è strisciare ai suoi piedi, in attesa che posi il suo sguardo su di te e ti faccia la grazia di non schiacciarti come un vermicolo.” Ribatté, altrettanto velenosa e altera, senza neanche guardarla in faccia. 
Un paio di ragazzi scoppiarono a ridere alla faccia rossa di rabbia della mora, che, insieme alla sua amica, Druella Rosier, lanciò occhiate di fuoco alla giovane Demon fino alla fine della cena. 
All’interno del dormitorio, alcune ragazzine del suo anno le fecero i complimenti. 
“Sei stata grande! Ma ti rendi conto che quella è una Black? La sua famiglia è una delle più antiche e potenti!” disse una ragazza, Miranda Zabini, giocando con una ciocca di capelli scuri mentre parlava. 
“I Demon lo sono anche di più!” disse un’altra, una certa Jennifer Smitherson, con altre due che annuivano in accordo. “Secondo alcune fonti, addirittura Salazar Serpeverde discende dai Demon!” 
“Credo che quella sia solo una leggenda... non ho mai trovato informazioni simili negli alberi genealogici di famiglia. Anche se alcuni membri parlano Serpentese!” si intromise nella conversazione l’interessata. “E, in ogni caso, quella non mi spaventa.” Fece, ridendo insieme alle altre. 
Nelle settimane seguenti i momenti per parlare con Tom diminuirono drasticamente; lui era sempre impegnato in qualche cosa: studio, una partita a scacchi, una lezione e i momenti per parlare erano rarissimi. 
Estele dimostrò di essere una perfetta Serpeverde, i suoi ottimi voti la portavano ad essere considerata un esempio da tutti i professori e, nonostante la parentela con un mago oscuro, molti studenti di altre case le parlavano, le chiedevano aiuto, in alcuni casi, e lei ne approfittava per ricevere dei favori in cambio. 
Non mancarono anche gli scontri verbali in sala comune con la carissima Walburga Black, convinta sarebbe diventata la preferita del loro Lord, a cui la giovane Serpe rispondeva con calma stoica, senza farsi agitare da quegli insulti e attacchi, talvolta anche molto pesanti. 
Durante le vacanze di Natale rimasero in pochi, soprattutto tra i Serpeverde. E i due ne approfittarono soprattutto per passare un po’ più di tempo insieme. 
“Ehi, principessina! Finalmente! Iniziavo a pensare avessi intenzione di non mangiare questa mattina!” disse gelido come suo solito. 
Estele si sistemò la coda alta, assicurandosi che i capelli fossero in ordine e si sedette al tavolo dei Serpeverde accanto a lui, prendendo subito una fetta di crostata. 
Tom la guardò con occhi infuocati cercando di attirare la sua attenzione, detestava essere ignorato, se poi a non prestargli attenzione era lei si sentiva come invisibile agli occhi del mondo intero, come se il suo sguardo fosse l’unico importante nell’intero universo. 
“Continuerai ad ignorarmi ancora per molto?” domandò, fingendo indifferenza sorseggiando il suo the. 
Lei sorrise appena e fece una piccola smorfia che poteva significare qualsiasi cosa. Stizzito, nascose la sua rabbia per quella non risposta bevendo il the che aveva scelto per colazione. Quasi ci si soffocò nel vedere un Tassorosso del suo anno, tale Anthony Kircke, che si avvicinava alla sua Estele e le domandava chiarimenti e aiuti sulla pozione che Lumacorno aveva dato da preparare, come compito. 
Lei a lui rispose, cordialmente e con grande disponibilità. 
Appena se ne fu andato il Tassorosso, Tom espresse la sua gelosia con un commento gelido e velenoso più di un serpente. 
“Perché non vai con lui? Sembri andarci molto d’accordo! – Potreste fare una bella coppia! Visto come sembrava interessato a usare la sua abilità in pozioni. A Serpeverde sarebbe stato benissimo quell’idiota. Un tasso troppo serpe e una serpe troppo buona! –“ disse e pensò il giovane, con gli occhi d’ossidiana che si striavano di rosso. 
La bionda Demon gli posò una mano sull’avambraccio, facendolo calmare istantaneamente, spostando i suoi pensieri su di sé. 
“Stai tranquillo, quello è solo uno studente come tanti altri. Non ha nulla di interessante o di speciale. Può cercare di sfruttare le mie doti di pozionista o sperare di conquistarmi in qualche modo, ma non ha niente che possa interessarmi.” Gli disse lei, guardandolo con quei pozzi verde Avada Kedavra che non lasciavano adito a dubbi. 
“E allora perché diavolo lo aiuti?” domandò lui, ancora arrabbiato. 
“Sono una Serpeverde, ricorda. Non faccio mai niente per niente!” ribatté, con un sorriso furbo. 
Tom la guardò intensamente dentro quegli abissi verdi e si immaginò diversi scenari in cui lei metteva in scacco quell’idiota. 
Alcune ore più tardi, erano in giro nel parco innevato ad osservare il Lago Nero semighiacciato, sotto la cui superficie si poteva intravedere, a volte, la piovra gigante che pigramente si muoveva nell’acqua scura. 
“Tu mi nascondi qualcosa!” se ne uscì ad un certo punto Tom. 
“Cosa dovrei nasconderti, sentiamo?” ribatté, scuotendo la testa e facendo ondeggiare la cosa bionda. 
“Non ne sono certo, ma sento che c’è qualcosa di importante che mi nascondi. Se non vuoi dirmelo, come gli altri tuoi segreti, lo scoprirò da solo!” disse, guardandola indagatore. 
“Bene, allora divertiti, investigatore!” lo sfidò. “Tanto non credo ci arriverai mai...” aggiunse con tono finto innocente. 
“Non ci conterei troppo e ti sarei grato se la smettessi di usare la Legilimanzia su di me! È altrettanto fastidioso!” le disse, un po’ scocciato. 
Estele spalancò gli occhi e lo guardò. “Io non sono una legilimens! Non conosco quell’incantesimo!” esclamò, irritata. 
“Quindi, sei una telepate? Puoi sentire i pensieri di chi vuoi?” le domandò per sicurezza. 
Annuì, mordendosi il labbro per allentare la tensione e cercare di non concentrarsi sulla sua mente e senza guardarlo in faccia per non vedere nella sua espressione il riflesso dei suoi pensieri. 
-Mi potrebbero essere utili, davvero tanto questo tipo di poteri! Potrei riuscire a scoprire chi sono, ciò che voglio sapere, qualsiasi cosa, facendo le domande giuste alle persone giuste, grazie al suo aiuto! Ma...” pensò, facendo riempire gli occhi della giovane di lacrime. 
Poi il tono dei suoi pensieri cambiò. 
-Ma... ma lei è l’unica che mi sta vicina per me, per quello che sono e non per vivere del riflesso del mio potere... voglio davvero perdere l’unica persona che sembra davvero tenerci a me? – si chiese, decidendo che poteva mettere da parte le sue convinzioni sull’amore e l’amicizia, ma solo per lei. 
Estele gli sorrise e lo abbracciò stretto, lasciando che una lacrima rompesse le sue difese e facendolo arrossire come non mai, mentre lui rimaneva immobile e rigido tra le sue braccia. 
Dopo quel giorno il loro rapporto divenne molto più stretto. Tanto che entrambi si avvicinarono ancora di più e tutti videro Tom Riddle sciogliere in parte la sua fredda cortesia, anche il professor Silente vide che lo studente che temeva avrebbe seguito una strada oscura e piena di crudeltà poteva essere salvato. Sembrava essere cambiato rispetto all’anno precedente, era più rilassato, più dolce addirittura, anche se solo con la piccola. 
Poco prima della fine dell’anno, il professor Silente chiamò Estele nel suo ufficio. 
“Buonasera, signorina Demon, spero abbia trascorso un buon anno qui a scuola!” la salutò. 
Lei sorridendo annuì. 
“Oh, si! Un anno splendido! Non vedo l’ora arrivi di nuovo settembre!” fece entusiasta, facendo sorridere il vice preside. 
“Sono molto contento di ciò! Gradisce del the? Dei biscotti?” le offrì gentilmente. 
“No, grazie. Sono apposto. Ma, professore, potrei chiedere perché mi ha convocata? Non credo sia solo per sapere come è stato il mio primo anno qui...” domandò la bambina con una strana sensazione. 
“Ha ragione, infatti. L’ho fatta venire perché proprio ieri sua nonna materna mi ha contattato per dirmi che ha intenzione di tenerti con sé e di diventare il tuo tutore. Per questo, non ci sarà bisogno che torni nell’orfanotrofio, con il signor Riddle.” Le comunicò, facendole spalancare gli occhi dalla sorpresa. 
Sapeva che prima o poi sarebbe andata via da quell’orfanotrofio, ma non pensava sarebbe successo tanto presto. 
Era convinta che sarebbe passato ancora un po’ di tempo prima che i parenti di sua madre venissero a reclamarla. Invece, non ci avevano messo neanche un anno. 
E adesso doveva lasciare Tom da solo in quell’orrendo posto. 
“Signorina, temo che le notizie non siano finite... sua nonna ha intenzione di ritirarla da Hogwarts, studierà come privatista e farà gli esami di fine anno alla scuola di Minerva, in Italia.” Aggiunse, e quest’ultima notizia la sconvolse più di tutto il resto. 
“Ma non può farlo! Ho appena cominciato! Non mi può ritirare, io mi trovo bene a scuola! Ho degli amici!” esclamò sconvolta da quella rivelazione. 
“Mi rendo conto, bambina, ma purtroppo, in quanto tuo tutore legale, può farlo... o meglio, l’ha già fatto, dopo la fine dell’anno andrai a vivere con lei e comincerai a studiare con degli insegnanti privati. Mi dispiace.” Disse il vicepreside. 
Estele con le lacrime agli occhi annuì, in fondo non era mica colpa del professore se sua nonna voleva tenerla vicina a sé il più possibile. 
Ora doveva trovare il modo di dirlo a Tom. Ma non voleva lasciarlo. 
Non dopo tutti i bei momenti che avevano passato assieme. 
Ripensò a diversi episodi in cui lei e il suo bel Serpeverde erano rimasti insieme. 
Come nelle fredde giornate d’inverno, quando tutti preferivano rintanarsi nelle sale comuni o in biblioteca a studiare, loro due e pochissimi altri impavidi o pazzi si mettevano sotto gli alberi spogli, freddi, ma pulsanti di vita sotto la superficie, a studiare, leggere, o semplicemente a trascorrere un po’ di tempo insieme, come facevano spesso all’orfanotrofio. 
O a Natale, quando aveva raccontato al suo amico dei suoi poteri e lui, anche se per un attimo aveva pensato che potevano essergli utili quelle capacità, aveva poi deciso che non aveva importanza quanto fossero forti o adatti ai suoi piani, era una compagnia troppo buona per poterla buttare via per “così poco”. 
O ancora di quando le aveva detto che secondo lui amicizia e amore erano solo un’invenzione dell’uomo per sentirsi meno solo e adesso invece iniziava a capire il valore di un vero amico. Anche se aveva aggiunto che lui non ne avrebbe avuti altri, lei sarebbe stata sempre l’unica. 
Si congedò dal professor Silente, continuando a pensare a tutte le giornate trascorse con Tom. 
Aveva iniziato a sentire il calore dell’amicizia, sembrava essere più dolce e meno pieno di rancore, non voleva che perdesse la fiducia che aveva in lei. Ma non poteva evitare di partire, non aveva il potere per fermare il volere di sua nonna. 
Doveva trovare Riddle e dirglielo, parlargli e sperare che capisse, ma era difficile, probabilmente l’avrebbe presa sul personale, offendendosi, sentendosi abbandonato. 
I suoi piedi procedevano in automatico verso il dormitorio di Serpeverde, anche se la sua mente era da un’altra parte, perciò non si accorse di essere in rotta di collisione con l’oggetto dei suoi pensieri, che la bloccò, posandole le mani sulle spalle, risvegliandola dalla sua trance. 
“Cosa hai principessina?” le domandò, con sguardo serio. 
Trovandoselo davanti, dopo quello che aveva saputo, non poté fare altro che buttarsi tra le sue braccia e piangere. 
Lui si irrigidì, in un primo momento, sorpreso e preoccupato per quella reazione, che era assolutamente non da lei. La strinse a sé, passandole una mano tra i capelli per cercare di farla calmare. 
Rimasero così per diversi minuti, in un corridoio deserto, durante i quali lei sfogò tutte le lacrime che non era riuscita a piangere fino a quel momento. Poi si allontanò leggermente, asciugandosi le lacrime che le solcavano ancora le guance. 
Lui la osservò un istante, per controllare che stesse bene per davvero. Infine le chiese nuovamente. 
“Cosa è successo, principessina?” 
Prendendo un bel respiro, cercò le parole per comunicargli che stava per andarsene per non sapeva quanto tempo. 
“Mia nonna ha contattato Silente... vuole che vada a vivere con lei...” iniziò. 
“Beh, è una buona cosa... l’orfanotrofio Wood’s non è proprio il posto più bello per crescere...” commentò lui, con un piccolo sorriso amaro. 
“Non è solo per l’estate... io... non verrò più a scuola... mi ha ritirato... andrò da lei… in Italia...” sussurrò, con lo sguardo basso, troppo triste e spaventata dalla sua possibile reazione per riuscire a guardarlo negli occhi. 
“Ritirata? Aspetta, ma... perché? Perché hai accettato? Vuoi andare via?” le domandò, con occhi feriti, sottintendendo il “da me” nell’ultima domanda, che lei sentì come se l’avesse urlato a squarciagola. 
“No! Certo che non me ne voglio andare! Ma non ho altra scelta... non in questo momento... ti prego cerca di capire...” cercò di spiegarsi sul punto di mettersi di nuovo a piangere nel vedere che lui si allontanava e le voltava le spalle per andarsene via. “Tom! Aspetta! Ti prego! Io non ti abbandonerò mai! Hai capito? Mai!” gli gridò dietro, senza che lui mostrasse una qualche reazione. 
Corse in dormitorio e preparò una busta, mettendoci dentro il ciondolo dove suo padre aveva fatto incastonare un frammento dello specchio e scrisse velocemente una lettera. Dopo di che nascose tutto dentro il baule. 
Le ultime settimane del suo primo e, probabilmente, ultimo anno ad Hogwarts finirono nel modo più brutto e doloroso possibile. Tom, il suo adorato Tom, girava sempre circondato dai suoi seguaci e non la degnava neanche di uno sguardo. Faceva sempre in modo di evitarla ai pasti e di non rimanere da solo nei momenti che sapeva sarebbe stata libera. 
Quella freddezza da parte sua, la portò a desiderare che il giorno della partenza arrivasse presto, così che potesse stare con qualcuno di famiglia e smettere di soffrire nel vederlo tutti i giorni. 
L’ultima sera, prima di andare a dormire, andò nella guferia, dove diede ad un gufo della scuola il compito di consegnare la sua busta a Tom solo quando fosse andata via. Sperava l’ avrebbe perdonata per quello che stava per fare, ma aveva intenzione di proporre un accordo a sua nonna e per farlo, doveva incontrarla il prima possibile. 
Così lasciò la busta e tornò nella sua stanza per salutare le sue amiche e compagne di stanza, facendogli promettere che non avrebbero detto a nessuno della sua partenza anticipata. 
Poi si diresse davanti all’ufficio del preside Dippet e, con il baule rimpicciolito nella sacca che usava per viaggiare, si apprestò a partire, tramite Metropolvere, per l’Italia. 
Sua nonna la aspettava seduta su una comoda poltrona, accanto al camino. 
“Benvenuta, cara!” la salutò. “Allora che tipo di accordo desideri propormi?” le domandò senza darle neanche il tempo di ricambiare il saluto. 
La guardò stupita. 
“Come sai che voglio proporti un accordo?” chiese di rimando, ancora sorpresa. 
“Beh, devi sapere che c’è un motivo per cui ti ho ritirata da scuola ed è che tra pochi mesi, i tuoi poteri inizieranno a svilupparsi insieme alla tua magia e se fossi rimasta lì avresti molto probabilmente perso il controllo. D’altronde l’ho visto succedere e dovevo assolutamente impedirlo.” Disse a mo’ di spiegazione, lasciandola ancora più perplessa di prima. 
“La nostra famiglia, la famiglia di tua madre, ha antiche discendenze elfiche, da lì il tuo nome, che hanno dotato quasi tutti i suoi membri di straordinarie capacità, anche per un mago.” Espose. “Così come tu sei empatica, io ho la capacità di vedere cose che potrebbero accadere. E questo tipo di poteri deve essere tenuto sotto controllo, se non si vuole finire controllati da loro.” Aggiunse. 
“Quindi c’è la possibilità che io possa tornare a Hogwarts?” domandò cautamente, pensando alla possibilità di rivedere Tom. 
“Potrebbe... ma tutto dipende da te. E dal tuo impegno! Se riuscirai a padroneggiare alla perfezione i tuoi poteri, ti prometto che potrai tornare a scuola e dal tuo amore...” giurò, facendola arrossire con l’ultima affermazione. 
“Lui non è il mio amore...” ribatté. 
“Non ancora, forse... ma lo sarà...” replicò l’anziana con un piccolo sorriso enigmatico. 







 
  
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