Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Segui la storia  |       
Autore: Axelle_    08/08/2014    7 recensioni
“Millenni fa, ancor prima che Orys fosse costruita, questa era una landa desolata. Nessuno veniva qui. Molti avevano ragione di credere che questo fosse un luogo maledetto. Il luogo della caduta.”
“Il luogo della caduta, e cioè?” ridacchiò Eva, cominciando a sentirsi a disagio. Lacey era fin troppo brava a raccontare quel genere di storie, ecco perché non lo faceva mai in sua presenza. La inquietava.
“Dove atterrò Lucifero una volta cacciato dal Paradiso, ovviamente.”
~
“Non sei costretta a farlo. Puoi ancora tornare indietro.”
In tutta risposta, la moretta sogghignò con scherno.
Il ragazzo le spezzò il collo senza pensarci due volte .
Eva sbiancò e represse un urlo. “L’hai uccisa” sussurrò tremante.
“No. L’ho solo rallentata.”
“Stammi lontano!” disse al ragazzo quando cercò di avvicinarsi.
“Hai visto anche tu che non era umana! E ce ne sono altri che ti cercano. Sto solo cercando di tenerti al sicuro, come avrai potuto notare! Ma se vuoi, ti lascio qui” sbottò il giovane, facendo per andarsene.
“Aspetta!” lo richiamò Eva.
“Ti sei decisa?”
“Meglio te che loro, no?”
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 
 
Capitolo I
Silenziosa come un gatto.
 
 

“Bella faccia” commentò  Lacey con un sorrisino appena accennato quando Eva salì nella sua auto.
“Non me ne parlare” mugugnò la mora appoggiando la testa al finestrino e socchiudendo le palpebre. Sospirò stancamente, guadagnandosi un’occhiata compassionevole dall’amica.
Lacey si mise dietro l’orecchio una ciocca dei suoi lunghi capelli neri e mise in moto l’automobile. Non che ci fosse veramente bisogno di un’automobile, a Orys. Piccola com’era, con una passeggiata potevi visitare tutta la città.
Ma Lacey era troppo viziata ed Eva troppo pigra per andare a scuola la mattina presto, così i signori Hoffort erano riusciti a procurargliene una. Anzi, più che una vera e propria auto per ragazze era una Jeep, ma nessuno si era mai lamentato.
“Un altro incubo?” indagò Lacey, guardando a tratti la sua migliore amica e a tratti la strada.
La moretta annuì. “Sempre il solito.”
“Magari stai solo impazzendo.”
“Magari.” Eva lasciò che un sorrisino le scappasse tra le labbra.
Lacey era la persona con il senso dell’umorismo più nero del paese, ma questa era solo la seconda cosa che amava più di lei. La prima in classifica era la sua innaturale schiettezza. E questo era più un male che un bene, ma nessuno aveva mai avuto il coraggio di contraddirla.
Anche perché era la ragazza più popolare della scuola, assieme a suo fratello gemello Kyle, totalmente l’opposto di lei.
In realtà non sapevano neanche loro come avevano fatto a ricevere quell’onore. Probabilmente era bastato ricevere un’occhiata da quei profondi occhi grigi e un sorriso ammiccante per i quali gli Hoffort si distinguevano dalla folla per farsi amare.
Fortunatamente, anche essendo la loro migliore amica, Eva non veniva considerata allo stesso modo.
“Sarebbe comunque la cosa più interessante, da queste parti” continuò Lacey senza ritegno.
Eva roteò gli occhi, sapendo che quel discorso stava affiorando sulle labbra della giovane Hoffort.
“Tu non sei stanca di vivere a Orys? Praticamente isolata dal mondo, intrappolata nella normalità di queste strade. Voglio un po’ di avventura, santo Goker!” sbuffò.
Goker era il fondatore di Orys, ed era l’orgoglio della cittadina, come dimostrava la statua in suo onore posizionata nella piazza, costantemente sotto gli occhi di tutti. Eva era cresciuta sentendo storie su di lui, ma anche dopo quindici anni e mezzo non riconosceva la sua gloria.
Per quanto le riguardava aveva soltanto costruito la sua città. Per tutti gli altri era un eroe antico, ma non si era mai informata molto sull’argomento.
“Facciamo così” iniziò a proporre Eva con un sorrisetto malefico. “Dato che sei così annoiata, che ne dici se andiamo in campeggio questa sera?”
“Siamo arrivate” mormorò in tutta risposta Lacey, improvvisamente silenziosa.
Scesero dall’auto e si diressero verso l’entrata della scuola.
Un folto vociare di studenti le accolse, ma una voce, quella di  
Kyle, le sovrastò.
“Ehi Nuvola, Blue” le salutò il più grande degli Hoffort, aggiustandosi la bombetta sul capo.
“Ehilà straniero” ricambiò Eva, colta dal buon umore. Adorava Kyle e Kyle adorava lei.
Quei tre erano cresciuti insieme, i gemelli Hoffort erano diventati la famiglia che Eva non aveva mai avuto (dato che viveva da sola con sua madre) ma con Kyle aveva una particolare intesa. In effetti, loro due erano molto più semplici di aspettative di quanto fosse Lacey e per questo andavano sempre d’accordo.
Eva non si ricordava esattamente quando Kyle aveva iniziato a chiamarla Nuvola, ma sapeva il perché.
 
“Sei proprio candida, come una nuvola. E guardi sempre il cielo, come se quella fosse la casa dalla quale sei stata strappata via. Ma un giorno troverai il tuo posto, Nuvola.”
 
Come in un codice silenzioso, Kyle unì il suo mignolo con quello di Eva. Era una cosa che facevano per abitudine, non aveva un senso vero e proprio, ma li faceva sentire a loro agio sapere che l’altro era lì. Quando Lacey se ne accorse chiese loro perché non si prendevano semplicemente per mano, ma loro avevano risposto che quello lo fanno solo le coppie.
“Non chiamarmi Blue” sbuffò la sorella, che odiava il suo secondo nome.
“E’ geloso perché lui non ha un secondo nome” lo prese in giro Eva, riservandogli però un occhiolino.
“Comunque questi sono per te” Kyle scaricò un pacco di fogli nelle mani di Lacey.
“Sono…?”
“I progetti per il ballo di primavera, divertiti” rispose il fratello, felice di sbarazzarsi dell’incarico.
Lacey trillò allegra, strinse i fogli al petto e si dileguò.
“Beh, se lo organizza lei almeno sapremo che sarà perfetto” commentò Eva, guardando l’amica allontanarsi.
“Da quando ti interessano queste cose?” chiese Kyle stranito, puntandole addosso gli occhi grigi e le lasciò il dito per circondarle la spalla con un braccio.
“Non mi interessano infatti.”
“Menomale, pensavo ti stessi trasformando in una ragazza” il moro simulò un finto sospiro di sollievo, guadagnandosi un pugno sul braccio.
“Questo ti sembra da ragazza?”
“No” represse un versetto dovuto al dolore e la ragazza sorrise trionfante.
La campanella interruppe il loro botta-e-risposta e si trovarono costretti a dividersi.
“E comunque preparati” Eva alzò la voce per farsi sentire dall’amico, ormai lontano. “Questa sera si va in campeggio!”
 
 
* * *
 
“Che stai facendo?” la madre di Eva assottigliò lo sguardo e osservò attentamente la figlia, che stava riempiendo il suo zaino con un paio di torce, una giacca di riserva e una coperta.
La ragazza alzò le sopracciglia e indicò con gli occhi lo zaino che teneva stretto tra le mani, come se fosse ovvio.
“Non ci pensare neanche” le proibì la madre.
Eva spalancò la bocca, sorpresa da quell’atteggiamento. Certo, la madre era sempre stata iperprotettiva nei suoi confronti, ma in quel momento stava proprio esagerando.
“Mi stai vietando di uscire?” chiese retoricamente, già sul piede di guerra.
“Ti sto vietando di andare nel bosco. C’è un motivo per cui la gente ne sta alla larga.”
“E sarebbe?”
La donna esitò un secondo, prima di ripetere: “Tu non ci andrai” e andarsene.
Eva gonfiò le guance, ma decise di non arrendersi.
Chiuse la zip dello zaino e lo nascose sotto al letto. Erano solo le sei, i ragazzi sarebbero passati a prenderla alle nove, c’era ancora tempo.
Per le tre ore rimanenti si comportò decentemente, rispose solo se interpellata  e cercò di contenere il livello di goffaggine.
Eva ammucchiò i patti in una pila e sparecchiò la tavola dove avevano appena cenato, e di tanto in tanto buttava un’occhiata all’orologio appeso sulla parete gialla della cucina.
“Eva” la richiamò la madre appoggiata al lavello.
La ragazza cercò di reprimere un sospiro e pregò silenziosamente di riuscire a concludere in fretta la faccenda. Non aveva detto niente a Kyle e Lacey e sperava che non avrebbero suonato il clacson una volta arrivati.
“Sì?” chiese a labbra strette.
“Lo so che a volte sono insistente, ma fidati di me se ti dico che faccio tutto questo perché ti voglio bene.”
La donna strinse le braccia della figlia, che rimase sorpresa da quel raro gesto d’affetto.
“Non voglio che tu vada nel bosco questa notte, d’accordo?”
“Perché no? Perché pensi che sia pericoloso?” provò Eva, senza risultati.
“D’accordo” pronunciò, concentrandosi sulle lentiggini che decoravano il viso della madre piuttosto che guardarla negli occhi.
Poi spezzò quello strano silenzio con un finto colpo di tosse.
“Ora sono veramente stanca, vorrei andare a letto. Questa notte non ho dormito molto bene” si giustificò, non mentendo completamente.
La madre annuì comprensiva e la lasciò andare.
Eva salì velocemente le scale e si intrufolò nel letto. Infondo conosceva sua madre e sapeva che non le credeva completamente: sarebbe venuta a controllarla.
Controllò nuovamente l’ora dalla sveglia sul comodino accanto a lei. 20: 49. Undici minuti. Gli Hoffort erano terribilmente puntuali, si ricordò con orrore.
Lo scricchiolio della porta diede alla ragazza la conferma che le serviva.
Anche se era girata dalla parte opposta, poteva percepire lo sguardo della madre addosso. Iniziò ad ansimare silenziosamente, un po’ per l’agitazione e un po’ per il calore delle coperte nelle quali si era avvolta.
Aspettò ancora un paio di minuti prima di alzarsi.
Sentiva la televisione accesa al piano di sotto, ma aveva già escluso di poter uscire dalla porta.
Tirò fuori lo zaino e se lo mise in spalla. Aggiustò alla meno peggio dei cuscini sotto le coperte, come aveva visto fare in numerosi film e pregò che funzionasse.
Poi il suo sguardo si rivolse alla finestra che dava sul giardino. Sei minuti.
La aprì il più silenziosamente possibile e pensò attentamente a quale osso teneva di meno e che poteva quindi sacrificare per il salto.
Fortunatamente quel giorno non aveva piovuto e quindi non avrebbe corso il rischio di scivolare da qualche parte.
Per primo buttò lo zaino, che atterrò con un tonfo.
Eva si premette le labbra e corrugò il viso. Aguzzò le orecchie ma sembrava ancora tutto tranquillo. Tre minuti.
Portò una gamba fuori e rimase aggrappata al bordo della finestra con entrambe le mani mentre portò fuori anche l’altra.
Un sospiro tremolante le sfuggì dalle labbra quando si trovò a penzolare a diversi metri da terra.
Chiuse gli occhi e pregò il cielo, le stelle, la luna e persino Gorke di uscirne indenne.
Poi lasciò la presa. Al contrario delle sue aspettative, atterrò perfettamente sui suoi piedi, silenziosa e aggraziata come un gatto.
Represse una risata di sollievo, raccolse lo zaino e si buttò in mezzo alla strada dove per poco non fu investita da una Jeep con i fari spenti.
“Tempismo perfetto” sospirò pesantemente Eva dopo lo spavento iniziale.
Si avvicinò al finestrino semi abbassato e ordinò a Lacey, prima che lei potesse farle la ramanzina per essere stata così poco attenta alle leggi della strada, di fare retromarcia con l’auto e parcheggiare in fondo alla via.
“Perché lo abbiamo fatto?” chiese la mora una volta fuori e lontano da casa Bennet.
“Perché tecnicamente io non potrei uscire di casa” spiegò Eva con un sorrisino.
“Ma che ragazza trasgressiva” commentò divertito Kyle scompigliandole i capelli.
“Quindi ci tocca andare a piedi?” chiese retoricamente Lacey, già stanca.
“Non vorremmo avere qualche testimone della nostra uscita proibita no?” la stuzzicò Eva.
“Io pensavo che oggi scherzassi” si lamentò la moretta.
“Hai detto tu che volevi un po’ di avventura o sbaglio?”
“Okay, che dite se andiamo ora?” s’intromise Kyle, scaricando dall’auto un borsone.
“E ai vostri genitori che avete detto?” cambiò ancora discorso Eva.
“Riunione scolastica dell’ultimo momento” scrollò le spalle Lacey, così abituata a mentire che non si sentiva minimamente in colpa.
Un sorriso affiorò sulle labbra della giovane Bennet, che scosse la testa lievemente divertita dall’intera situazione.
“Allora sbrighiamoci” li spronò, e i tre sgattaiolarono via per le strade buie e silenziose di Orys.
 










Author’s wall.
Come promesso, eccomi con il primo capitolo. Spero vi sia piaciuto!
Ringrazio di cuore le ragazze che hanno recensito il prologo e quelle che hanno messo la storia tra le preferite/ seguite/ ricordate.
Significa molto per me e mi fa piacere che il mio lavoro sia apprezzato ^-^
Mi farebbe piacere se lasciaste una recensione, per sapere cosa ve ne pare del capitolo.
A venerdì prossimo, allora.
xx
Axelle.

 
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: Axelle_