Libri > Sherlock Holmes
Segui la storia  |       
Autore: Padmini    10/08/2014    1 recensioni
{Fan fiction sulla serie di libri Sherlock Lupin e Io}
Dopo mesi e mesi di lontananza, Arsène finalmente riesce a raggiungere i suoi amici, Irene e Sherlock, a Londra, con il circo del padre. I tre ragazzi, che proprio non sanno tenersi fuori dai guai, verranno coinvolti in un mistero che avrà per teatro proprio il circo di Theophraste e dovranno cavarsela tra trapezisti, domatori, maghi e i loro sentimenti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Irene Adler, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il furto



 

Tenevo ancora la mano di Sherlock quando comparve, al centro della pista, Teophraste Lupin. Era vestito elegantemente ma in modo eccessivo, con abiti scelti per attirare l'attenzione, dai colori sgargianti e carichi di lustrini. Rimasi affascinata osservandolo e lasciai la mano di Sherlock, attirata da tutti quei colori e da quelle luci che, come per incanto, mi trascinarono nella magia del circo.

“Benvenuti!” esclamò di nuovo “Stasera vedrete qualcosa che mai in vita vostra vi siete sognati, qualcosa di incredibile e strabiliante!”

Sentii mormorii eccitati attorno a me e notai che, in mezzo alla folla, c'erano molte persone che non averei esitato a definire benestanti. Evidentemente l'aspettativa di vedere le mirabolanti esibizioni degli artisti di Teophraste aveva attirato persone da tutte le classi sociali. La visione di tutte quelle persone insieme mozzava davvero il fiato, ma non quanto ciò a cui stavamo per assistere.

“Per prima cosa voglio presentarvi i miei migliori amici! Vengono direttamente dall'Africa e sono ansiosi di conoscervi!! Vi presento i Re della Savana! I Leoni!!”

Trattenni il fiato e afferrai nuovamente la mano di Sherlock senza guardare, tanto ero presa da ciò che stavo vedendo. Richiamati dalla voce di Teophraste, un leone e una leonessa entrarono in pista e, dopo una serie di passeggiate in cerchio per farsi ammirare in tutta la loro bellezza dagli spettatori, andarono a sedersi ai fianchi del loro Maestro.

“Vi presento Adamma e Aftab!” gridò e i due, come se capissero che stava parlando di loro, si alzarono su due zampe per salutare il pubblico.

Era uno spettacolo fantastico. Teophraste riusciva ad ammantare di magia anche il più piccolo gesto, ammaliandoci.

Fece esibire i suoi leoni facendo sembrare i suoi gesti e i suoi comandi tanto semplici da far pensare allo spettatore che non potesse esserci niente di più naturale e ovvio che comunicare con quelle bestie feroci solo con gli sguardi e i movimenti delle mani. I felini infatti lo seguivano obbedienti e docili come cagnolini, pur mantenendo la loro aura di mistero e pericolo.

Lo spettacolo era quindi iniziato alla grande, ma l'esibizione dei leoni non era che una briciola di ciò che avremo visto, infatti subito dopo si esibirono i trapezisti, i pagliacci, due contorsioniste e un domatore che condusse in pista e fece giocare mezza dozzina di elefanti. Alla fine, come coronamento della serata, durante la quale tutti erano rimasti con il fiato sospeso, arrivò Arsène. Non lo avevo mai visto così bello. Il suo fisico scolpito era messo in evidenza da una tuta aderente e il suo sorriso era il solito, furbo e affascinante. Trasportava un carrello sul quale erano infilzati delle clave e dei bastoni con degli stracci avvolti sulla sommità. Iniziò con dei “banali” esercizi con le clave, facendole volare in alto per poi afferrarle in pose sempre più estreme, le posò e continuò lo stesso gioco con le palle e poi con dei cerchi. Solo alla fine, quando ormai il pubblico si era assuefatto da quello spettacolo, tirò fuori la sua carta migliore. Raccose le torce, prese un fiammifero e, attirando la nostra attenzione con quel suo sguardo magnetico, le accese tutte insieme, per continuare il suo esercizio di giocoleria.

Fu meraviglioso. Mi voltai un attimo e vidi che anche Sherlock, al mio fianco, era rimasto affascinato da quei giochi fatti con il fuoco. Le torce volavano dalle mani di Arsène come strane farfalle e ricadevano nelle sue mani obbedienti. Di tanto in tanto poi il nostro amico si esibiva anche come mangiafuoco e allora trattenevamo il fiato vedendo quelle lingue di fuoco ferire l'aria.

Quello ovviamente era il numero conclusivo, che ci fece battere le mani per buoni dieci minuti.

Avrei continuato ad applaudire ancora e ancora, mentre gli artisti continuavano a inchinarsi tutti insieme sul palco. Ad un certo punto però notai, non molto distante da me, una donna in evidente difficoltà. Si guardava attorno alla ricerca di qualcosa, infine lanciò un grido disperato, che non lasciava presagire nulla di buono.

“Al ladro! Al ladro! Mi hanno derubata!!”

L'uomo al suo fianco, che probabilmente era il suo fidanzato, cercava di consolarla e di convincerla che forse aveva solo perso ciò che riteneva rubato, ma era evidente che anche lui ormai si era reso conto dell'evidenza. Come un virus infettivo, la paura del furto contagiò quasi tutti i presenti che si erano recati lì con oggetti di valore o denaro e infatti altre grida di orrore si levarono all'interno del tendone, segno che la donna sfortunata che aveva urlato per prima non era l'unica vittima del ladro. Fu proprio lei, furiosa, a richiamare gli agenti di polizia disposti attorno alle uscite i quali, sentendo ciò che era accaduto, si erano prontamente attivati per impedire al fantomatico ladro di uscire dal tendone. Nel giro di pochi minuti le uscite furono sbarrate dagli uomini di Scotland Yard. Io e Sherlock, seduti ai nostri posti, sbuffammo e anche Orazio iniziò a dare segni di cedimento. Eravamo stanchi e, nonostante l'eccitazione per lo spettacolo, avevamo solo voglia di tornare a casa. Quel contrattempo era veramente seccante ma, per nostra fortuna, non durò a lungo. Un Ispettore arrivò una mezz'ora più tardi e, aiutato dagli agenti, diresse le operazioni. Prese la parola dal centro della pista, come aveva fatto Teophraste solo un paio d'ora prima, e spiegò che tutti i derubati avrebbero dovuto recarsi a Scotland Yard il giorno successivo per sporgere denuncia e loro avrebbero fatto di tutto per recuperare il maltolto.

Dal momento che noi non avevamo nulla che potesse essere rubato scivolammo fuori dal tendone assieme a tutti quelli che erano nella nostra stessa situazione. Avrei voluto salutare Arsène ma lui, così come tutti gli altri artisti del circo, era tenuto sotto controllo da alcuni agenti armati di manganello, che li fissavano come se avessero scritto “colpevole” in fronte. Sapevo che lui e i suoi compagni erano abituati a simili trattamenti, ma non potei non provare rabbia per ciò che erano costretti a subire. Lo salutai con un cenno della mano e un sorriso, che lui ricambiò, spavaldo come suo solito.

Una volta fuori Orazio chiamò una carrozza per farci portare a casa, ma sia io che Sherlock eravamo troppo concentrati su ciò che era appena accaduto per accorgercene. Lui lo notò e richiamò la nostra attenzione posando le sue grandi mani sulle nostre spalle.

“Ragazzi, tornate in voi, dobbiamo tornare a casa. So che volete aiutare il vostro amico, ma per il momento non potete fare altro che lasciar lavorare gli agenti di Scotland Yard. Agendo impulsivamente non fareste altro che peggiorare la sua situazione, credetemi. Se dovessero accusarlo di furto potrete sempre pensare di scagionarlo, ma per il momento la situazione è davvero troppo caotica perché voi possiate gestirla.”

Lo guardammo sorpresi perché, come al solito, era riuscito a leggere i nostri pensieri. Tuttavia aveva altre sorprese in serbo per noi.

“Domani mattina torneremo qui, così potrete trovare le informazioni di cui avete bisogno per aiutare il vostro amico.

Io e Sherlock ci guardammo negli occhi, annuimmo e restituimmo lo sguardo a Orazio.

“Come al solito ci capisci più di chiunque altro, Orazio” mormorò il mio amico con un sorriso “In effetti stasera sarebbe inutile indagare, c'è troppa gente in giro.

Come per confermare le sue parole salì a bordo della carrozza, seguito da Orazio e da me. Quando fummo soli, isolati dal mondo esterno dal rumore degli zoccoli del cavallo sul selciato, Orazio decise di rivolgergli finalmente una domanda che, da quello che potevo vedere dal suo viso, aveva trattenuto per tutta la sera.

“Hai ragione a dire che vi capisco più di chiunque altro, Sherlock” disse, guardandolo severamente negli occhi “Perciò vorrei che ti confidassi con noi. È da oggi pomeriggio che sei strano e nemmeno durante lo spettacolo mi sei sembrato mai veramente rilassato. Vuoi dirci se c'è qualcosa che non va?”

Guardai prima Orazio, poi Sherlock, terrorizzata. Pensai immediatamente alla sorellina del mio amico, che sapevo malata, e mi chiesi se non ci stesse nascondendo qualcosa. Gli rivolsi anch'io uno sguardo arrabbiato e gli presi una mano, animata dall'urgenza di sapere.

“Avanti, Sherlock!” lo esortai, stringendo più forte “Qualcosa non va? Si tratta di tua sorella?”

Lui non rispose subito. Arrossì vistosamente e distolse lo sguardo, rimuginando chissà quali brutti pensieri rivolti a Orazio che aveva svelato il suo malessere che io, con mio sommo disappunto, non ero riuscita a individuare. Solo dopo qualche minuto, quando ormai eravamo quasi giunti davanti a casa sua, si decise a farci sentire la sua voce.

“Non ho nulla che non vada. Oggi ero solo un po' stanco per il carico di studio scolastico. Tutto qui”

Sospirai perché era evidente che era una bugia. Sherlock, sempre rivolto a scoprire la verità, era un ottimo attore ma un pessimo bugiardo, almeno per le cose che lo riguardavano personalmente, e ogni menzogna poteva facilmente essere smascherata. Tuttavia, per nostra sfortuna, non ci fu possibile indagare oltre. La carrozza si fermò davanti a casa sua e lui scese rapidamente degnandoci solo di un rapido “A domani”, prima di correre via.

Io e Orazio ci scambiammo uno sguardo perplesso, ma decidemmo di lasciarlo stare almeno per quella sera. Se avesse voluto sarebbe venuto lui da noi … o da me, pensai con un sorriso. In fin dei conti eravamo amici e gli amici si dicono sempre tutto … o almeno era ciò che credevo quella sera.

Orazio diede il nostro indirizzo al cocchiere così raggiungemmo a nostra volta casa, dove fummo accolti dalla cameriera e da mio padre, visibilmente preoccupati per il ritardo. Fu facile spiegare il perché di quel rientro tardivo e, nonostante entrambi avessero ancora tante domande da farci, ci lasciarono andare a dormire, vedendoci esausti per la giornata appena trascorsa.

Salutai mio padre e Orazio e mi chiusi in camera mia. Mezz'ora più tardi ero distesa supina sul letto con lo sguardo fisso sulla parete, incapace di dormire. Continuavo a ripensare ad Arsène, al suo spettacolo e a come poi era stato trattato dagli agenti di polizia. Nonostante la situazione non fosse delle più rosee mi aveva sorriso, sicuro di potersela cavare, come sempre, sapendo anche di poter contare sui suoi amici. Solo alla fine, poco prima di prendere definitivamente sonno, ripensai a Sherlock e al suo sguardo triste, che lo aveva accompagnato durante tutto il giorno e che solo Orazio aveva notato, ma a quel punto ero troppo stanca ed erano successe troppe cose, così finii per addormentarmi senza pensare più a nulla.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Sherlock Holmes / Vai alla pagina dell'autore: Padmini