Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: skippingstone    14/08/2014    1 recensioni
"Mi avevano detto che pensare troppo fa male, mi avevano detto che sarebbe passato tutto eppure la testa mi scoppia, gli occhi bruciano e respirare sembra la cosa più difficile da fare. Rifletto sulla mia probabile morte e sorrido, almeno potremmo stare vicino. Posso affermare di aver combattuto per tutti quelli che non sono riusciti a farlo: ho combattuto anche per te.
Se, invece, riuscirò ad uscire da questa Arena, non sarò più lo stesso: tutte le cicatrici si stanno aprendo nell'interno della mia bocca lasciando un retrogusto di sangue e troppe sono nel cuore. Anche se uscissi da questa Arena, non ne uscirei vincitore. Ho già perso tutto.
Tutto tranne una cosa: la voglia di vendetta.
Possa la luce essere, ora, a mio favore!"
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Presidente Snow, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
24. La bomba
 
«Svegliati!» Sia io sia Falloppio continuiamo ad agitare il corpo immobile di Søren, speriamo che si svegli da un momento o l’altro, ma lei non lo fa. Lei resta con gli occhi chiusi e non intende aprirli.
«Spostatevi!» – Falloppio, subito, si sposta lasciando piena fiducia a Chimio che dà l’impressione di sapere quello che fa. Io lo guardo e mi affido alla lucentezza di quegli occhi ma non mi sposto.
«Non è morta ancora. Avremmo sentito il cannone.» - Chimio si inginocchia e abbassa la zip della tuta di Søren.
«La spoglio perché… faccio così per la posizione delle mani e per aver contatto con il torace.» – Chimio arrossisce e si giustifica con noi che stiamo penando per lei.
«Chimio, fa quel che vuoi. Solo… sbrigati!» – urlo.
«Ok, contate tre secondi ogni volta che compio una compressione.» - Chimio intreccia le dita delle mani mantenendole leggermente sollevate e inizia a fare pressione sul torace. Si muove, su e giù, con braccia rigidamente dritte. Io e Falloppio contiamo ad alta voce e, allo scadere dei tre secondi, Chimio ritorna a fare pressione. Anch'egli, però, conta. Conta ad alta voce quante compressioni compie. Dopo un po’ tappa il naso di Søren con una mano mentre con l’altra le tiene aperta la bocca. Così inizia a soffiare. Velocemente ritorna al torace e riposiziona le mani nel modo in cui le teneva prima. Io ritorno a contare i secondi e Chimio le compressioni.
«Ragazzi!» – Falloppio ci urla contro per farci notare che, finalmente, Søren ha aperto gli occhi.
La guardo e mi sento leggero, sollevato, felice.
«Chimio…» – lo guardo. - «…l’hai salvata!»
«Io…» - lui, come sempre, sembra essere sorpreso dalle sue stesse abilità.
«Soren!» – lei è spaesata ma, almeno, ha gli occhi aperti.
«Ha bisogno di riposo… e dovrebbe mangiare e bere.»
«Se non ci fossi stato, io non so come avremmo fatto.» - Chimio arrossisce, di nuovo, ma è la verità. Subito, dal mio zaino, caccio una delle due bottigliette d’acqua e la carne essiccata presa dalla casa rossa. Ci preoccupiamo di far mangiare prima lei e, poi, mangiamo e beviamo un po’ anche noi altri.
«Hai bisogno di riposo anche te.» – mi dice Chimio. - «Resteremo di guardia io e Falloppio.»
«Ma… non ne ho bisogno.»
«Invece si! Vai, Snow!» – Falloppio sorride e, allora, mi sdraio accanto a Søren.
Lei, sentendo qualcuno vicino, apre subito gli occhi ma, quando vede che sono io, si tranquillizza e sorride.
 
Mi risveglio che è mattina. Non mi ha svegliato neanche l’inno di Panem.
«Ciao.»
«Buongiorno, Snow!» – Chimio sorride.
«Ora andate a dormire voi.» – ordino loro.
«Ma…»
«No, ne avete bisogno.»
Falloppio mi vuole dare arco e frecce ma non le so usare e, quindi, gliele lascio. Io impugno il pugnale che ho nello zaino: sarà questa la mia difesa. Si risveglia anche Søren. Ci mettiamo, così, a fare da guardia mentre gli altri due dormono.
«Snow?»
«Si…»
«Secondo te, era vero?» – Søren sta guardando verso la foresta.
«Sei tu che mi hai detto che non era vero.»
«Lo so… ma… lui mi ha toccato e la sua mano era forte, calda, vera.»
«Anche Livius era… vivo.»
«Ma non è possibile, giusto?»
«È l’Arena.»
« Dove cavolo ci troviamo?» – Chiede Søren guardandosi attorno. - «Non posso credere che questo sia un distretto. Nei nostri distretti, o almeno nel mio, i morti restano morti.»
«Anche nel distretto 2 i morti non tornano a parlare e respirare.»
«Allora che gioco è questo?»
Vorrei rispondere, ma non ho una vera risposta da dare. Quest’Arena è davvero strana. Oltre la recinzione elettrica, c’è questa foresta in cui vi sono i morti e appaiono Pacificatori. A me, inoltre, non sembra di ricordare esseri umani, che non siano i tributi, nell’Arena. Questi Pacificatori cosa fanno qua? Oltre a questi pericoli, ci sono case di color grigio, porte rosse o gialle, i tetti sono tutti di un nero lucido. Alcune finestre si aprono e si chiudono. Le strade sono composte di altro materiale lucido. Sui rami degli alberi c’è una moltitudine di foglie rosse, gialle e marroni. L’unica cosa carina è che questi alberi si ripetono come se fossimo in un viale autunnale che invita le persone a passeggiare. Strano fatto, però, è che gli alberi della foresta sono tutti verdi.
«Siamo finiti in qualche città del futuro?» – azzarda Søren.
«Non credo che il futuro sia così. In verità non ne ho la più pallida idea.» - nella mia testa iniziano a susseguirsi più immagini con una caratteristica predominante: la morte. - «So solo che questo è l’inferno!»
«Non mi piace l’inferno.» – Søren cerca di riscaldarsi stringendosi.
«Hai freddo?»
«Già… non credevo che, di mattina, facesse così freddo nell’Arena.»
«Sono contento che tu sia viva.»
«Anch’io sono contenta di essere viva. Insomma, voglio assistere al grande disastro finale dell’Arena.»
«Non scherzare su queste cose, Søren. Mi sono sentito strano, preoccupato per te mentre eri a terra, svenuta. Ho già perso una persona importantissima nella mia vita e, stranamente, sento di perderne altre mille, anche se non ne conosco. Tu brilli tra queste mille e…»
«Ricordi la promessa? Io sì. Sono rimasta per combattere al tuo fianco.»
Sorrido e m’illudo che quella sia la verità. È sempre gratificante credere alle belle cose, no?
Ma non c’è tempo. Non c’è tempo di riposare, di chiudere occhio, di poggiarsi sugli allori che, subito, un rumore si propaga per tutta l’Arena. Vediamo un pezzo di terra alzarsi fino a toccare quasi il cielo. Esce qualcosa da quel polverone alzatosi.
«Cosa merda ci fa un aereo qua dentro?»
Falloppio e Chimio si svegliano improvvisamente e balzano in piedi cercando di capire cosa cavolo stia succedendo.
«Per i nemici di Panem! Panem oggi, Panem domani, Panem per sempre!» - una voce computerizzata urla dall’alto queste parole e, aprendosi un portellone, cade qualcosa dal cielo.
«È una bomba, cazzo!»
Iniziamo a correre. Fortunatamente abbiamo mangiato, riposato (almeno io e Søren) sennò sarebbe stata la fine per me, noi tutti. La paura mi assale ma, al tempo stesso, mi regala l’energia e l’adrenalina per correre in modo più veloce del solito. Devo evitare la bomba, scansarla, allontanarmi il più possibile. Lo stesso devono fare i miei compagni.
«Dove andiamo?» – urla Søren. Io non so proprio cosa risponderle e sento la bomba sempre più vicina al suolo. Tocca suolo, però, anche Chimio. È inciampato. Lo vedo, mi dice di correre, di procedere e lasciarlo là ma sto già correndo verso di lui. Sta imprecando perché mi vede arrivare da lui, ma io non posso lasciarlo a terra, solo.  Quando sono proprio accanto a lui, gli porgo la mano ma lui scivola mentre si rialza. La bomba non è più un puntino nel cielo ed io faccio una sola cosa. Mi piombo sul suo corpo e, con le mani, cerco di coprirgli il capo. Tra me e lui, quello più utile al gruppo è lui.
Al cadere dell’esplosivo, la terra trema come se dovesse, da un momento o l’altro, aprirsi e spaccarsi in mille pezzi. Della polvere invade i miei occhi e si mischia all’ossigeno che, paurosamente, respiro. Chiudo gli occhi.
Quando li riapro, tra la nube di polvere e le piccole pietre che ritornano a schiantarsi a terra, qualcuno si avvicina a me, combatte l’Arena.
 «Dovresti capirlo da te. È per questo che mi sei sempre piaciuto: sei così inadatto in questo mondo che non ci provi nemmeno ad adattarti. Non lasci che i panni si adattino al tuo corpo ma corri, corri e corri. Te lo dico anche adesso: inizia a correre, è l’unica cosa che potrebbe farti sopravvivere!»
Livius, inginocchiandosi, mi sta spostando una ciocca di capelli e mi sorride.
«Non fate docce nell’Arena?» – ride. - «Ti sei fatto dei nuovi amici, vedo. Mi sta simpatica la ragazza, anche i ragazzi. Hai scelto una bella squadra. Peccato per lui che stia andando via.»
Io non riesco a parlare, anzi. Nella bocca c’è qualcosa. Con la lingua capisco che ho della terra. Questa, a causa del sangue che fuoriesce dalle ferite che ho all’interno della bocca stessa, si mischia, appunto, con il sangue. Il tutto diventa un disgustoso impasto umido. Come se non bastasse, la testa torna a essere fonte di attrazione per dolori lancinanti. Chiudo gli occhi e mi stringo le tempie come se avessi paura che la testa, da un momento o l’altro, possa scappare.
«Allora, resti a terra o inizi a correre? Perché temo che da lassù…» – Livius indica il cielo. – «…possa cadere altro!»
Con un po’ di razionalità penso di essere stato scaraventato, di nuovo, nella foresta, oltre la recinzione. Solo così posso spiegarmi l’arrivo del mio migliore amico. O forse no. So solo che mi sento malissimo, soprattutto quando la figura di Livius scompare per dar spazio a quella di Søren. Sono anche bloccato dal dolore. Sotto di me c’è Chimio e non so se è vivo o morto. Temo, però, sia morto a causa delle parole di Livius, o del suo fantasma, o dell’ibrido creato da Capitol City per potermi tormentare.
Non ci capisco un cazzo. So solo che la situazione è assurda, assurda davvero.
Come se fossi un sacco, Søren mi rialza da terra ma mi sento pesante. Mentre mi inginocchio al fianco dei due, un filo di sangue scende lungo il mio viso. Subito, poi, lei si avvicina a Chimio. Il ragazzo ha le pupille dilatate, respira in modo veloce e balbetta qualcosa.
Nella mia testa iniziano a scorrere immagini vivide, con colori accessi e toni forti: è la morte di Livius. Ricordo e rivivo il sangue che schizza dalle sue tempie, i suoi occhi senza vita.
Mi guardo le mani: sono sporche del sangue di Livius. No, adesso no. Adesso non c’è il sangue di Livius sulle mie di mani ma c’è quello di qualcun altro.
Chimio non si muove da terra sebbene Søren lo stia spronando ad alzarsi. Lui resta là. Sta guardando la punta dei suoi piedi.
Altro flashback che sembra realtà: Søren, la sera prima, che sta morendo. Ecco, poi, gli occhi inespressivi di Loto che mi guardano ma, mentre sta cadendo Loto, appare la ragazza bionda del distretto 8. Mi dice qualcosa ma poi si accascia al suolo. Qui scompare lei e c’è la ragazza del distretto 6. Anche i suoi occhi sono spenti, assenti. Tutti gli occhi dei morti sono inespressivi.
Chimio trema, ansima. Comincia a urlare. Le sue urla aumentano il mio dolore. Chiudo gli occhi, stringo i denti e desidero essere sordo. Søren, stranamente, lo abbraccia. Ha preso Chimio e lo abbraccia come una madre farebbe con un figlio dopo essersi chiuso nella stanza a piangere. Mia madre, figurarsi mio padre, non lo avrebbe mai fatto con me. Questa, però, è altra storia.  
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: skippingstone