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Autore: WankyHastings    16/08/2014    5 recensioni
Meredith O'Brien è una studentessa comune un po' troppo nerd; è migliore amica della regina indiscussa del Liceo, Georgina Atwood. La sua vita sembra proseguire tranquilla per la sua strada verso il diploma, finché due occhi neri non metteranno in discussione i suoi gusti. Perché a quanto pare a Meredith piacciono le donne, a Meredith piace Juliette Wolls.
Come la prenderà sua maestà Georgina a questa rivelazione?
Una storia sulla scoperta di sé stessi mantenendo una buona dose di ironia.
Ispirata ad una storia vera.
Dal testo:
"Stamattina mi sentivo in vena di trovare tutto ciò che non andava nella mia vita, e cazzo, ne stavo trovando fin troppo. Forse avevo sbagliato tutto dall'inizio, forse stavo vivendo una vita che non mi piaceva, forse avevo fatto scelte impulsive che non sentivo mie, facevo la ragazza della porta accanto pur sentendomi un centauro tatuato. Prima o poi sarei implosa."
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Atwood Series : Finding True Love'
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Capitolo 1

The first time ever I saw your face



 

Ero rimasta incantata da quel viso, senza via di scampo. Non avevo nemmeno sentito la mia amica Georgina salutarmi. Lei mi parlava mentre io pensavo ad un qualsiasi modo per avvicinarmi a quella ragazza. 
Avrei potuto chiederle una sigaretta, un semplice modo per andarle più vicino e poterla guardare meglio. Ero già pronta ad alzarmi per dirigermi da lei senza tener conto di Georgina, quando la campanella di inizio lezione non ruppe il contatto visivo che mantenevo con quella ragazza.

- Andiamo Mer, dobbiamo entrare. Alla prima ora abbiamo quella pazza psicopatica della Keef e se ritardiamo anche di un solo minuto quella ci ammazza- mi sentii afferrare da un braccio e inerme la seguii senza poter fare niente.

- Aveva dato esercizi la stronza?- Georgina continuava nei suoi monologhi infiniti senza che io le rispondessi, a lei bastava semplicemente la presenza di due orecchie da massacrare a suon di parole. Al resto ci pensava lei.

- Sai, oggi io e Lena andiamo a prendere un caffè, vuoi venire anche tu?-

- Certo, Jo -

Entrammo in classe e ci dirigemmo verso la fine dell'aula. Io mi buttai di peso morto sulla sedia mentre lasciavo andare la testa contro il banco, chiudendo gli occhi, in sottofondo Georgina parlava di qualche ragazzo conosciuto durante una serata in discoteca. Non riuscivo ancora a cancellare dalla mente il viso di quella ragazza. Avrei voluto almeno sapere il suo nome, solo per curiosità personale, che male c'è a voler sapere il nome di una ragazza? Bisogna socializzare. Non risultava una scusa credibile nemmeno con me stessa. Maledizione.

Fortunatamente la Keef entrò in classe impegnandomi la mente nel seguire la lezione, nel prendere appunti per il test che avremmo avuto due settimane dopo.

La giornata proseguì come gli altri giorni, lentamente, molto lentamente. Al suono dell'ultima campanella cominciai a ringraziare Voldemort, Sauron, Allah, Buddha o chi per lui per questa grazia divina. La testa mi scoppiava e mi sarei fatta trascinare da un carretto se solo avessi potuto. Georgina in tutto ciò invece aveva ancora la forza di ciarlare, ma dico io ogni tanto la sua lingua non sentiva il bisogno di starsene ferma? 
- Jo, dov'è Lena? Vorrei tornare a casa per un orario decente. -

- Dio Mer, come sei pesante. Ora la chiamo Lena. - sbuffai sonoramente mentre Georgina prendeva il telefono per chiamare Lena.

Così ne approfittai per allontanarmi con la scusa di guardare una vetrina di un negozio anonimo, avevo bisogno di un attimo per me; non l'avessi mai fatto. Il mio pensiero ritornò a quella ragazza in un attimo. Cosa diamine stava succedendo alla mia mente? Non la conoscevo, non sapevo chi fosse, non ci avevo parlato nemmeno una volta e io mi fissavo in questa maniera. Scossi la testa sperando che, come nei cartoni, il pensiero uscisse dalle orecchie. Ovviamente non ebbi successo, l'immagine di quelle labbra piegate in quel dolce sorriso si susseguivano nella mia mente come tante fotografie, cominciavo ad odiarmi, non potevo fissarmi non su una ragazza, sconosciuta per di più. Guardai la mia immagine riflessa sulla vetrina: i capelli biondi erano scompigliati sembrava che una famiglia di scoiattoli avesse deciso di farci un nido sopra, e gli occhi solitamente azzurri, ora mi parevano piombo fuso cerchiati di viola, maledette occhiaie. Mi passai una mano sulla faccia pigramente. Avevo un aspetto orribile, forse avrei dovuto saltare quel caffè e andare a casa, mangiare qualcosa e mettermi a dormire. 

Avrei seriamente cominciato a somigliare ad una vecchia zitella acida per poi finire a collezionare gatti.

- Meredith! - mi voltai spaventata. Lena era finalmente arrivata con i suoi capelli neri e crespi e i suoi occhi da pesce lesso. Non mi stava molto simpatica a dir la verità, ci uscivo solo perché era amica di Georgina. Mi avvicinai per salutarla, anche se avrei preferito dirle che l'aria da bambina smarrita nel bosco non s'addiceva alla sua persona, visto le storie che giravano sul suo conto. Georgina la buona samaritana.

- Hey Lena, come va? - il tono che avevo usato era annoiato, e Georgina mi lanciò un'occhiataccia delle sue, e vi assicuro che quegli occhi verdi avrebbero fatto paura a chiunque. Ma Lena sembrò non accorgersene, ma infondo a Lena Mestfield interessava solo di se stessa e del suo stupido ragazzo.

- Bene, ti ringrazio. Ieri io e Paul abbiamo fatto sei mesi è stato bellissimo, mi ha portato a cena offrendo tutto lui. Quanto può essere dolce il mio orsacchiotto amoroso... - alle parole “orsacchiotto e amoroso” il mio cervello si era rifiutato di continuare ad ascoltarla, mi limitai a guardare il suo sorriso stucchevole e ogni tanto annuivo senza sforzarmi di fare altro; Georgina ogni tanto le chiedeva qualcosa mentre ci dirigevamo al bar sotto i portici. Arrivate ci sedemmo al solito tavolo, sala fumatori vicino alla grande vetrata che affacciava sul viale alberato. Mi piaceva quel posto, io e Georgina ci abbiamo passato ogni mattina quando eravamo troppo svogliate per entrare a scuola. Era tranquillo e nessuno veniva a scocciarti per nessuna ragione, ognuno si faceva i fatti suoi.

Presi la cartella per cercare il pacchetto delle sigarette, per poi ricordarmi che quella mattina ero troppo impegnata a guardare quella ragazza per andare a comprarle. Sbuffai, ormai non facevo altro che sbuffare, quando gli occhi della ragazza mi si presentarono nella mente con forza facendomi mancare l'aria. 
La mia mente stava cercando di uccidermi.
 Ci si può infatuare della bellezza di un viso?

- Jo, mi daresti una sigaretta? Mi sono scordata di comprare il pacchetto-

- Tu che scordi le sigarette M? Che hai la febbre? - mi sorrise e non potei fare a meno di rispondere al sorriso della mia amica.

- Che ci puoi fare? La tua bellezza accecante mi ha fatto dimenticare tutto. - cominciammo a ridere, lasciando Lena in disparte per un momento, non che mi importasse.

- Sì, sì, lo so. Faccio questo effetto a tutti. Toh, prendi brutta stronza. - mi porse il suo pacchetto che io afferrai come se fosse il santo Graal. Presi una sigaretta portandomela alle labbra, l'accesi e aspirai la prima boccata chiudendo gli occhi. Avrei dovuto smettere un giorno, un giorno che non era questo... sicuramente.

- Scendi dal piedistallo, princicessa. - e facendole l'occhiolino le lanciai contro il pacchetto che lei prese al volo.

- Zitta, che senza di me non puoi stare. - adoravo scherzarci. Riusciva sempre a rispondermi a tono, non avrei potuto volere un'amica diversa, aveva i suoi difetti insopportabili, ma nessuno è perfetto.

- Cosa vi porto? - l'arrivo del cameriere interruppe il nostro scambio di battute.

- Un caffè al ghiaccio, un tè nero e un caffè con latte, grazie. - Georgina non ci chiese nemmeno cosa volevamo, eravamo così abituarie che aveva imparato i nostri gusti a memoria. Ci fu un momento di silenzio, Lena era impegnata a scambiarsi messaggi con Paul, mentre io e Jo ci stavamo guardando. Georgina aveva percepito che qualcosa non andava, lo capivo dal modo in cui si mordeva le labbra per evitare di farmi domande, sapeva che se avessi voluto parlarne lo avrei già fatto. Apprezzai i suoi sforzi, sapendo quanto fosse curiosa e apprensiva, e le donai un sorriso mentre continuavo a fumare stravaccata sul divanetto del bar.

- Questo sabato Mary Portam dà una festa, volete venire? -

- Mi dispiace Lena, ma devo dare da mangiare ai ricciocorni che vivono nel mio giardino – il tempo di finire la frase che mi arrivò uno schiaffo sulla nuca.

- Jo! E che cazzo, mi fai male!-

- Te lo sei meritato - la guardai di traverso, mentre Lena impassibile aspettava una qualsiasi risposta. - No Lena, grazie. Sai che non sopporto Mary, e poi io e Meredith sabato abbiamo la festa di Marck. - ed ecco a voi la perfetta Georgina Atwood, suono di trombe e tappeto rosso per lei.

- Oh, peccato Georgie. Sai, sarebbe venuto anche Shane. -

Shane Livingston, il bello e impossibile della scuola. Tutta la fauna femminile ci sbavava dietro e lui le usava semplicemente come sfogo dei suoi ormoni in piena pubertà, e purtroppo piaceva anche a Georgina. Un momento, ma che nomignolo era GEORGIE?

- Sarà per un'altra volta Len, non posso non andare da Marck è il nostro migliore amico. -

- Come vuoi. - nel dirlo aveva mosso la mano come a voler scacciare una mosca. Santo cielo, era una stupida oca che nessuno si calcolava e si comportava come la regina quando era per Jo se aveva un misero di visibilità. L'avrei strangolata nel sonno o appesa al soffitto come una scamorza per frustarla, non so, ma avrei trovato qualcosa per farle togliere dalla faccia quell'espressione da diva.

- Ecco a voi ragazze, le vostre ordinazioni -

- Grazie – risposi io per tutte, come se fosse una legge scritta su qualche manuale. Avvicinai al mio cospetto la mia tazza fumante di tè nero e cominciai a soffiarci sopra. Il silenzio scese di nuovo sul tavolo ma questa volta era dovuto al fatto che avevamo tutte la bocca occupata, bevvi un piccolo sorso per poi passarmi la lingua sulle labbra togliendo qualsiasi residuo di tè che fosse rimasto.

- Meredith,allora, nessun ragazzo ancora? - “come distruggere un momento catartico con una frase” un libro di Lena Mestfield.

- No, Lena. Nessun ragazzo. - la guardai malamente sperando che non aggiungesse altro, di fronte al mio posto Georgina se la rideva sotto i baffi.

- Davvero? Eppure non sei così malaccio. - “non sei così malaccio”, ma per Sauron ballerino, si era mai vista allo specchio? O la madre per evitare spargimenti di vetri aveva bandito qualsiasi superficie che riflettesse la sua immagine?

- Malaccio? -

- Sì, nel senso che sei carina, se solo ti curassi di più. - stavo per lanciarle contro il cucchiaino o il piattino, ma sentii la gamba di Jo colpire la mia da sotto il tavolo.

- Lena, tesoro. Meredith non ha il ragazzo semplicemente perché non ha trovato quello giusto, non la diamo tutte gratis. - Diedi un calcio leggero sulle caviglie per attirare la sua attenzio e le sillabai un grazie.

- Quello che è, ma si dovrebbe dare una svegliata. -

- Decido io quando svegliarmi Lenuccia – stava per continuare ad insistere sull'argomento “fidanzato” se non fosse stato per qualcosa di caldo, cioccolata dall'odore, che mi arrivò sulla gamba macchiando i miei jeans.

- Ma per la miseria! È venerdì 17, per caso? - Georgina cominciò a ridere sguaiatamente perdendo la sua solita classe, mentre io cercavo di tamponare il liquido e il cameriere da cui era caduto si scusava a ripetizione – Smettila di ridere, maledetta – ma un sorriso cominciò a spuntare anche sulle mie labbra, sentendola grugnire per trattenersi. Guardai il cameriere preoccupato per poi tranquillizzarlo.

Mi piegai sulla mia cartella, frugai tra quaderni e fogli alla ricerca dell'unico pacco di fazzoletti che avevo, una ricerca davvero difficile visto il caos che regnava nello zaino. Una volta trovato mi diressi al bagno e passando vicino a Jo, le diedi uno schiaffo sulla spalla facendole emettere uno strillo acuto. Esagerata.

Odiavo i bagni pubblici, avevano quell'odore acre di urina che mi infastidiva facendomi rivoltare lo stomaco. Ma li pulivano mai?

Andai dritta al lavandino per provare a cancellare il di più di quella macchia scura che avevo sulla coscia. Ero china, concentrata a sfregare il fazzoletto bagnato sulla macchia senza molto successo, quando sentii la porta del bagno aprirsi alle mie spalle, ma da quella posizione non riuscii a vedere chi fosse entrato e quando mi misi dritta era già sparita dentro al cubicolo puzzolente. 
Donna coraggiosa.

Arresa all'idea che quella macchia non sarebbe scomparsa e nemmeno scolorita, buttai il fazzoletto nel cestino per poi sciacquarmi le mani sporche. I miei pensieri nel silenzio del bagno ne approfittarono per sbucare nuovamente, avrei avuto una crisi mistica se non avessi smesso di pensare a quella tipa. Infondo non era niente di ché, e a te piacciono i maschi.

Convinta sei.

Non posso crederci, sto davvero discutendo con me stessa?

Mi appoggiai alla ceramica fredda del lavandino con le braccia. Non poteva piacermi una ragazza, perché io sono una ragazza.

Da quando pensi che una donna possa stare solo con un uomo?

Non ho nessuno problema con i gay, semplicemente io non lo sono.

Non lo eri nemmeno la scorsa estate?

È stato solo un incidente di percorso, due ragazze curiose.

Allora perché continui a pensare ad una sconosciuta?

Dio! Perché... perché... i suoi occhi avevano qualcosa di … magnetico.

Un “scusami” proveniente alle mie spalle interruppe, per fortuna, la chiacchierata solitaria. Forse avevo davvero bisogno di una perizia psichiatrica. Mi girai per poi spostarmi dall'unico lavandino presente in quel bagno angusto, quando i miei occhi incontrarono due pozzi neri intensi.

Aprii la bocca per prendere più aria possibile, il cuore cominciò a spingere contro lo sterno e i miei arti non rispondevano a nessun comando, ogni parte di me era in contemplazione di quella ragazza che aveva occupato i miei pensieri per tutta la mattinata.

Idiota, muoviti! Ti prenderà per pazza o una con seri problemi cognitivi.

Ero convinta di star facendo una megagalattica figura di merda ma, guardandola mi accorsi che anche lei mi fissava, forse non aveva un espressione da procione rincoglionito come la mia, ma stava guardando me. Ci stavamo osservando, sentii i suoi occhi scivolarmi addosso in una lenta radiografia e io cominciai a guardarla meglio: la sua pelle sembrava morbidissima e al naso mi arrivava un profumo nettamente maschile mischiato all'odore di sigarette. Le labbra erano piccole, sottili e rosse per il freddo, erano così invitanti.

Avrei voluto passarci la lingua sopra per assaporarne il sapore per poi sbatterla al muro e baciarla.

Scioccata per questi pensieri inopportuni spostai il mio sguardo dalle sue labbra, arrossendo, per guardare il complesso. Era minuta, più bassa di me. I capelli castani lunghissimi erano portati su una spalla, in testa aveva un berretto di lana grigio che le conferiva un'aria tenera. Mi venne da sorridere. Stavo per parlare, per rompere quel silenzio, quando la porta del bagno si spalancò.

- Hai deciso di metterci radici qua dentro? Forza, Lena deve andarsene e io domani devo essere interrogata. -

- Arrivo Jo. - guardai per l'ultima volta la ragazza, che questa volta mi dava le spalle e uscii da quel bagno più confusa di come ci ero entrata.

Etero,giusto?

Stai un po' zitta.

Arrivai a casa che ormai erano le sette di sera, domani non avrei avuto nessuna interrogazione, quindi per oggi avrei fatto a meno di aprire i libri. Salutai mia madre che era intenta a preparare la cena, dal buon profumo capii che fosse una pizza, che bontà.

- Come è andata oggi? - un completo delirio.

- Bene, mamma. -

- Cosa hai fatto? - il giorno che avrebbe cambiato repertorio, io avrei vinto un milione, avrei comprato un attico con piscina e avrei avuto una schiera di servi pronti a riverirmi.

- Niente. - mia madre mi guardò con scetticismo un secondo per poi controllare la cottura della pizza che cuoceva nel forno.

- Mai niente fai. Che materie hai avuto? - aprii il frigo per prendere una bottiglietta d'acqua e bere, avevo bisogno di prendere tempo, visto e considerato che qualcosa l'avevo fatta. Ho pensato tutto il tempo ad un sorriso.

- Ho avuto due ore di chimica, una di fisica, una di inglese e una di matematica. Ho pranzato a mensa, seguito i miei corsi pomeridiani avanzati e preso un caffè con Jo e Lena. -

- Interrogata? -

- No. - la vidi annuire, guardando davanti a sé e capii che ero finalmente libera di andarmene. Andai in camera mia a lasciare la cartella e spogliarmi per una doccia veloce. Presi il pigiama dall'armadio e l'intimo dai cassetti, il telefono vibrò ma non ci feci caso non avevo voglia di rispondere al momento, avevo bisogno di rilassare i miei nervi.

Entrai in bagno, aprii l'acqua regolandola, mi spogliai dei miei indumenti buttando i jeans nel cesto della roba sporca, per poi entrare in doccia lasciando che l'acqua scivolasse su di me per qualche minuto.

...Avrei voluto assaggiare quelle labbra.....

...sbatterla al muro e baciarla..

...passare le mani tra i suoi capelli...

...sentirla sospirare nella mia bocca...

...avrei voluto che la sua pelle profumata lasciasse tracce su di me...

Aprii gli occhi di scatto quando realizzai che la mia mano era arrivata a toccare il monte di venere, delle immagini non molto caste si stavano formando nella mia mente, così presi il bagnoschiuma e mi lavai velocemente. La doccia non era un buon posto per sostare.

Le 23,10.

Finalmente il mio caro, bellissimo e comodissimo letto. Avevo fatto dormite così intense e soddisfacenti, che ogni tanto il mio cuscino si permetteva il lusso di fumarsi una sigaretta. Ok, stavo nuovamente degenerando.

Mi stesi comodamente, cercando la posizione, per poi ricordarmi del messaggio non letto sul telefono. Allungai la mano cercandolo nel buio, trovato lo sbloccai.

Jojo 19.17

M, che hai? Ti ho vista strana oggi...

Sospirai. Sembrava bello per essere vero. Decisi di non risponderle, tanto sarebbe venuta all'attacco domani mattina. Spensi il telefono e lo rimisi sul comodino. Ripresi posizione sperando che Morfeo arrivasse subito a trascinarmi nel suo oblio, ma così non fu. Rimasi sveglia un'ora a ripensare alla scena del bagno, per poi continuarla nella mia mente; mi immaginai dialoghi, sorrisi, sguardi e continuando la mia storia personale il buio mi avvolse.

Io non sono lesbica.

 
 
   
 
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