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Autore: Kimmy_chan    19/08/2014    4 recensioni
Erano ormai passati 22 anni dalla fine degli ultimi Hunger Games; Peeta e Katniss avevano formato una loro famiglia ed erano tornati nel distretto 12. Una mattina autunnale Katniss si sveglia, causa dell'ennesimo incubo, e non trovando suo marito accanto a sè va a cercarlo...ma quando esce di casa trova una sorpresa.
Qualcuno che lei conosce molto bene è tornato.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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                                                                                        Epilogo

Pov Johanna

-Dena! Muoviti a sistemare la tua cameretta! Tra poco saranno qui gli zii!- urlai dalla cucina.

Feci qualche passo indietro, per osservare meglio la camera da pranzo e la cucina. Era tutto in ordine. Ogni cosa era al proprio 

posto. Anche quella volta ero riuscita a sistemare tutto in tempo.

Mi asciugai le mani, ancora bagnate dall'acqua con la quale avevo lavato gli ultimi piatti della sera prima, e mi tolsi il grembiule. 
Sul mio volto spuntò un sorrisino soddisfatto, mi girai e salii le scale. Sperando che i nostri ospiti non facessero tardi, se il cibo si 

fosse raffreddato sarebbe stato tremendo. 

Quando giunsi davanti alla porta chiusa della mia camera, spuntò la folta chioma nera di Dena dalla porta accanto -Mamma, ho sistemato la mia camera e anche quella dei gemelli. Ora mi vado a cambiare. Ci pensi tu a vestire Feliscity e August?- 
-Va bene. Grazie per aver ordinato anche la camera di quei due demonietti, me ne ero completamente dimenticata.- ringraziai la mia amata figlioletta di tredici anni e le rivolsi un sorriso d'assenso, per farle capire che avrei pensato io al resto.
In un'istante, come era apparsa, quel turbine nero scomparse all'interno della sua cameretta. 
La mia piccola era cresciuta così tanto.. Ormai aveva quattordici anni compiuti e la sua pelle bianca come il latte, i suoi capelli neri come la notte ed i suoi tempestosi occhi grigi ammaliavano ogni essere vivente che posasse il suo sguardo sulla sua esile, ma forte, figura. 
Spesso mi divertivo ad appostarmi, di nascosto, fuori dalla scuola e rimanevo lì, immobile, ad osservarla giocare e chiacchierare con i suoi amici. Ogni ragazzo della scuola le andava dietro, ma lei non li considerava affatto e questo mi faceva sempre ridere come una matta. Poveri piccoli. Quella meravigliosa creatura che era mia figlia, nascondeva un bel caratterino. Era sì intelligente ma anche arguta, allegra e spesso parlava senza pensare. Quel suo dare aria a ciò che le passava per la testa mi ricordava tanto me da giovane. 

-Mamma! Mamma!- 
August? La vocetta del mio piccolo di appena quattro anni mi fece abbandonare i pensieri che mi stavano vorticando in mente. 
-Eccomi!- quasi urlai, dirigendomi con passo veloce nella cameretta dei miei piccoli gemelli, dove li avevo lasciati addormentati nel box giallo ocra.
La notte prima i piccoli non avevano dormito tanto bene a causa di un'incubo e di conseguenza avevano del sonno arretrato da recuperare, perciò avevo preferito fargli fare un pisolino prima del pranzo e dell'arrivo dei loro amati zii acquisiti.

Quando misi piede nella stanza fui lieta di avere una così brava figlia come Dena, perchè se in quel momento avessi dovuto ordinare quella stanza non ce l'avrei mai fatta. 
-Mamma!- esclamarono divertiti i miei due demonietti, saltellando, tenendosi ben saldi con le loro manine paffutelle alla ringhiera del box.
-Sì, è ora di cambiarsi e dopo c'è la pappa.- dissi avvinandomi a loro.
-Zio Peeta?- 
-Zia Katniss?- chiesero quasi all'unisono i due pargoli.
-Sì, arriveranno presto, ma ora vi dovete cambiare.- dissi con tono fermo, ogni volta che si dovevano cambiare era una battaglia. Se fosse stato per loro avrebbero vissuto tutta la vita con un solo paio di pantaloni ed una magliettina, ma beh.. d'altronde a loro non interessava minimamente se ad ogni passo che facevano, chissà come, riuscivano a sporcarsi.
-Nooo!- iniziarono a crepitare e a ribellarsi ma io sapevo come prenderli... 
-Se non vi sbrigate e vi fate cambiare oggi niente dolce!- e di colpo, dopo questa mia semplice affermazione, entrambi si bloccarono, come se fossero divenuti di pietra. -Bene.. ora che avete ricorda che i bambini cattivi, che fanno arrabbiare la mamma, non hanno il dolce, è ora di decidere: Chi si fa cambiare per primo?-
I piccoli voltarono le loro piccole testoline e si guardarono negli occhi. Chissà come ogni volta con una semplice occhiata quei due riuscivano a decidere chi sarebbe venuto per primo tra le mie braccia per farsi cambiare d'abito.


Pov Gale

Erano le tredici del pomeriggio, ero in ritardo, in tremendo ritardo. Speravo, con tutto il mio cuore, soltanto che Jo non se ne fosse accorta e che pensasse che fossi in camera a riposarmi, dopo la nottata al quartier generale...
Davanti alla porta della mia dimora mi levai i pesanti scarponi ed aprii lentamente la porta di essa. Feci capolino con la testa e controllai che in giro non ci fosse nessuno. Ormai constatato che nei paraggi non ci fosse anima viva mi feci coraggio e salii le scale, cercando di non far alcun rumore e pregando che nessuna delle assi di legno scricchiolasse al mio passaggio. Giunto al piano superiore, con poche e veloci falcate giunsi dinanzi alla camera da letto mia e di mia moglie. 
Trattenni il respiro e cercai di sentire se mia moglie fosse nella stanza, ma fortunatamente udii la sua voce lontana.. Probabilmente stava combattendo con i gemelli, per fortuna quel giorno toccava a lei cambiarli. 
Ripresi a respirare ed aprii la porta della camera, continuando a fare molta attenzione, ancora non ero in salvo; dovevo ancora lavarmi e cambiarmi d'abito. Ero tutto sporco di fango, a causa della mia veloce scappatella nei boschi. 


Pov Katniss

A settimane alterne la mia famiglia e quella Hawthorne ci incontravamo, ogni domenica, in una delle nostre case. E lì, tra dolci risate e affettuosi sorrisi, passavamo una splendida giornata in famiglia. 
Nei primi anni in cui questa nostra tradizione stava mettendo radici nelle nostre famiglie, di tanto in tanto si faceva vivo anche il nostro caro Haymitch, il nonno acquisito dei nostri pargoli. 
Però.. da quando era venuto a mancare giusto qualche anno prima, tutto era più freddo. Quel vecchio burbero sarebbe riuscito a tirar su di morale persino un orso in depressione. E poi... quel suo particolare modo di farci capire che ci voleva bene ci mancava ogni giorno di più. 

Uno dei ricordi che mi rimase impresso a vita fu quando il nostro vecchio mentore insieme a Caterina, ormai adolescente, e Feen, di appena sette anni, si era recato in "gita" al lago vicino casa.

Era una calda ed afosa giornata d'Agosto ed Haymitch aveva deciso di portare i miei piccoli Feen e Caterina al lago, per farli giocare un po'. Peeta aveva dato il suo consenso con estrema facilità ma io ero rimasta un po' titubante fino all'ultimo.

-State attenti mi raccomando!- avevo continuato a raccomandarmi con Haymitch e Caty. 
Il nostro piccolo Feen ancora non sapeva nuotare ed era difficile riuscire a convincerlo a fare qualcosa che non aveva intenzione di fare. Perciò era ormai arrivato all'età di sette anni senza mai imparare a nuotare; per questo motivo ero terribilmente in ansia. Ma il vecchio Haym mi aveva assicurato che non gli sarebbe accaduto nulla, e chissà come gli avevo creduto. 
Erano passati svariati anni ed il mio vecchio mentore era invecchiato ma rimaneva pur sempre un'uomo ben allenato. Si era mantenuto in forma; infatti, ogni giorno andava a correre per il bosco. Le prime volte si era persino perso e non vedendolo tornare ero accorsa in suo aiuto. Una volta lo avevo trovato su di un'albero, intento a canticchiare felicemente con un uccellino che si era posato su di un ramo accanto a lui. Era stato così divertente. Avevo riso per delle ore.

-Mamma, sta tranquilla. Staremo bene con il nonno.- esclamò, ormai esasperata dai miei continui avvertimenti, Caterina.
-Va bene.- cercai di darmi un contegno, diedi un bacio sulla fronte ai miei piccoli e gli misi in spalla uno zainetto per uno, ed aggiunsi -Non fate arrabbiare Haymitch.-
I miei figlioletti fecero un cenno con la testa e mi rivolsero un meraviglioso sorriso. Uno di quelli che Peeta mi faceva sempre. Per fortuna avevano preso dal padre. I miei sorrisi, quando li facevo, erano così brutti; anche se a sentire Peeta erano bellissimi, ma del resto quel matto di mio marito si era innamorato di me. Ed ancora dopo anni non mi capacitavo di essere riuscita ad avere una così meravigliosa famiglia. 

-Dolcezza, tranquilla! Ci penso io ai piccoli.- disse l'uomo facendomi uno dei suoi solito occhiolini e senza dire altro il piccolo gruppo prese il sentiero che portava al lago Swon.


Erano passate tre ore dalla loro partenza ed ero terribilmente in ansia.
-Peeta! Andiamo a controllarli?- chiesi disperata a mio marito, che stava asciugando i piatti, mentre io stavo seduta al bancone della cucina e lo osservavo, continuando ad annodare un vecchio pezzo di corda che tenevo tra le mani.
-No. Fidati di loro. E poi sono con Haymitch!- esclamò ormai sul punto dell'esaurimento il mio povero Peeta.
-Per favore! Giuro che stiamo solo cinque minuti e poi andiamo via. Giusto il tempo di vedere come stanno!- chiesi, tentando di fare gli occhi dolci, come faceva sempre lui quando mi chiedeva qualcosa che non avevo intenzione di fare. Quando lui mi faceva quella faccetta da cucciolo funzionava sempre, perciò avevo tentato ad usarla contro di lui.
Il suo  sguardo si posò il mio volto e dopo alcuni attimi di esitazione si arrese e asciugando l'ultimo piatto di porcellana disse -Va bene. Ma solo cinque minuti.- 
-Sì!- risposi, quasi saltando sulla sedia come una bambina di dieci anni a cui hanno comprato un giocattolo nuovo.


Dopo quasi in quarto d'ora di cammino giungemmo sulle rive del lago Swon. Per non far notare la nostra presenza ai nostri cari, io e mio marito, ci nascondemmo dietro degli arbusti e, facendo molta attenzione a non farci scoprire, sbirciammo sulla riva nord dello specchio d'acqua che si poneva dinanzi a noi. Lì, su quelle rive composte da sassolini lisci e bianchi come perle vi sarebbero dovuti essere i nostri figlioletti ed il nostro vecchio Haymitch, ma dei nostri bambini non vi era nemmeno l'ombra.

Tutto era tranquillo e di loro non vi era la minima traccia... Niente asciugamani, niente zainetti, niente.
Appurata questa mia orribile sensazione, cioè che qualcosa non andasse, strinsi forte il braccio a Peeta. I nostri sguardi si incontrarono, immediatamente, ed entrambi potemmo osservare nei nostri animi il terrore e l'ansia che si faceva sempre più velocemente strada in noi. 
Cosa poteva mai essere successo?, mi chiesi ansiosa.

Uscimmo velocemente dal nostro nascondiglio e corremmo verso le rive. Aguzzammo lo sguardo, tentando di capire dove si fossero cacciati i nostri fuggiaschi, ma niente. 
-Haymitch! Caterina! Feen!- urlò Peeta. La sua voce era ferma e decisa ma sapevo che era in ansia anche lui. 
Ci scambiammo un veloce sguardo e tacitamente ci mettemmo d'accordo.
Io avrei continuato a cercarli avanzando verso est e lui avrebbe fatto lo stesso andando dall'altra parte. 
-Feen! Haymitch! Caterina!- urlai, iniziando a camminare sulla riva. Ero impaurita e indolenzita; forse, andare in giro con dei sandali scomodi come quelli che portavo ai piedi e per di più con un pancione di tre chili era difficile.

D'un tratto, mentre continuavo ad avanzare, accarezzandomi il pancione scalciante, sentii il rumore dell'acqua. Mi girai velocemente più e più volte, come in preda a delle convulsioni, e dopo aver messo a fuoco riuscii ad individuare tre teste che spuntavano dall'acqua. 
Il mio cuore iniziò a battere velocemente, come se pochi attimi prima si fosse fermato ed in quel momento tentasse di recuperare i battiti persi. Con passo veloce, cercando di non inciampare o cadere, mi avvicinai alla riva davanti a loro ed urlai nuovamente i loro nomi, per cercare di attirare la loro attenzione. Ma loro non riuscivano a sentirmi. Li osservai con attenzione. Non sembrava che fossero in pericolo. Feci un respiro profondo e mi sedetti su di un grosso masso liscio posto sotto ad un'enorme cipresso. 

Si stava bene all'ombra e poi c'era anche un piacevole venticello che mi faceva svolazzare le poche ciocche di capelli che erano sfuggite al mio chignon mal legato. 
Rimasi lì ad osservare la mia progenie divertirsi spensierata tra le acque fresche e lipide del lago incontaminato...
Osservai la mia figlia maggiore e mi dissi tra me e me con entusiasmo, Caterina nuota così bene, sono così fiera di lei! 
Anche Feen non se la cava male.., aggiunsi osservando il mio piccolo pasticcere ossessionato dalle torte. Ma appena registrai quel pensiero rimasi di stucco. 
-Feen sta nuotando?- sussurrai come se ciò che vedevo con i miei stessi occhi non fosse la realtà. Non riuscivo a crederci..

Qualche settimana prima eravamo stati tutti insieme in quello stesso lago ma Feen era rimasto alla larga dall'acqua. Ero certa che lui fosse terrorizzato da quel fluido trasparente; ma quanto pareva mi sbagliavo, e anche di grosso.

Ero in estasi. Osservare il mio piccolo divertirsi così tanto mi aveva fatta imbambolare..

-Feen sta nuotando?- 
Le mie stessa parole.. ma questa volta quella domanda retorica non era uscita dalle mie labbra. Non avevo aperto bocca, perciò senza neanche girarmi per constatare ciò che per me era così ovvio risposi all'evidenza. -A quanto pare, sì.- 
-Ma.. quando siamo stati qui l'altra settimana è rimasto alla larga dall'acqua.- affermò stupito mio marito.
-Infatti. Possibile che abbia imparato a nuotare così bene in così poco tempo? Cioè, saranno poco più di dure ore che sono qui.- Non riuscivamo a capacitarci di ciò che stava avendo sotto i nostri occhi. 
-Forse ha imparato durante quelle lunghe "passeggiate" che faceva nel pomeriggio..- disse pensieroso Peeta, mentre si sedeva tranquillamente accanto a me.
-Forse hai ragione. Trovavo strano che se ne andasse tutto tranquillo da solo in giro, per passeggiare.- 
-Probabilmente ci sta lavorando su da tempo. Guarda quanto è bravo!- affermò con orgoglio mio marito. Senza dire alcun che strinsi la sua mano sinistra. Restammo per qualche minuto ad osservali, in silenzio, senza proferire parole.

Era così bello quel luogo.. 
Quella distesa d'acqua incontaminata, circondata da una folta vegetazione, veniva resa più magica dal cinguettare degli uccellini che avevano fatto il loro nido tra gli alti rami degli alberi secolari che troneggiavano le foreste che si incontravano in quel luogo. 

Infatti il lago Swon si trovava nel punto d'incontro di tre enormi foreste: La Foresta del Riposo, La Foresta delle Marmore e La Foresta del Saggio. 
Ogni cosa in quel luogo era meravigliosa ma essa veniva a completarsi con le risate felici dei nostri figlioletti che giocavano scherzosamente con il loro Nonno adorato; grazie alle loro voci gioiose quel luogo era divenuto perfetto ai miei occhi.

-Ah! Comunque scusa per non averti chiamato.- dissi d'un tratto, mantenendo gli occhi fissi verso le tre teste che continuavo ad immergersi ed a ritornare a galla.
-Cosa?- chiese distrattamente Peeta.
-Scusa se quando ho visto che era tutto apposto non ti ho cercato. Ero un po' stanca e poi.. sono rimasta incantata.- dissi, cercando i non fargli notare il mio imbarazzo. Era difficile per la me orgogliosa chiedere scusa, ma avevo sbagliato. Peeta era in ansia quanto me e lo avevo continuato a far cercare i nostri piccoli pur avendoli già trovati.
Egli si avvicinò e pochi attimi prima di darmi un dolce bacio sulla fronte, sussurrò -Tranquilla.- 

Peeta si mise ancora più vicino a me ed io appoggiai la mia testa sulla sua spalla ed insieme continuammo ad osservare estasiati i nostri pargoli divertirsi.

-Forse dovremmo andare, non vorrei che ci beccassero qui.. Penserebbero che non ci fidiamo di loro.- dissi. cercando di alzarmi ma era.. difficile. 
Il mio equilibrio era di nuovo tornato ad essere pessimo. 
Quando le mie condizioni erano "interessanti", come aveva detto la prima volta che il medico mi aveva visitata quando ero incinta di Caty, il mio equilibrio diventava tremendo. C'era sempre il pericolo per me di cadere e fare del male al nascituro che portavo in grembo o a me stessa. Perciò, i miei movimenti in quei mesi erano drasticamente limitati dal mio apprensivo marito. Infatti non mi stupii quando mi ritrovai una mano allungarsi verso di me. -Su, non fare la testarda e prendi la mia mano, so che non riesci ad alzarti.- disse dolcemente mio marito.
Con un segno del capo acconsentii e mi aggrappai a lui. 

Quando ci girammo vedemmo che gli unici bagnanti del lago stavano tornando rumorosamente a riva. Le loro risate si facevano sempre più vicine e contemporaneamente il mio cuore iniziava a battere sempre più forte. 
-Ci dobbiamo nascondere.- mormorò Peeta, e con estrema delicatezza, ma con passo veloce, mi prese mi condusse vicino ad un arbusto li vicino. 
Per fortuna la vegetazione era molto folta e questo ci aveva nascosto dagli sguardi indagatori dei nostri figlioletti.

Stavamo per andarcene quando udii la voce di Feen provenire a pochi metri da noi. -Nonno, grazie!-
-E di cosa pesciolino?- 
-Di avermi insegnato a nuotare. So che non è stato facile nascondere ai miei genitori che mi stavi dando lezioni di nuoto.- 
All'udire di quelle parole mi bloccai, come se fossi divenuta ghiaccio. 
-Ma che dici! Non è stato affatto un problema! Volevi fare una sorpresa a tua madre per il suo compleanno, no? Volevi non farla più preoccupare perchè non sai nuotare. Perciò detto e fatto! Io sono qui per voi, se avete bisogno di qualcosa; come ve lo devo dire?- 

Sbirciai da dietro delle foglie e vidi Haymitch stringere tra le sue braccia, ancora muscolose dopo anni e anni, i miei due figlioletti.
-Nonno! Così ci strangoli!- quasi urlò divertita Caty. Immediatamente l'uomo li lascio andare e vidi sul suo volto una faccia preoccupata -Scusate. State bene?- chiese un po' ansioso.
- Sì!- disse Feen, scambiandosi uno sguardo loquace con la sua sorellona e poco prima di aggiungere -Ma questo ci fa sentire mille volte meglio.- i miei due pestiferi figlioletti spinsero il loro nonnino acquisito nuovamente nell'acqua. Ma dopo un'istante si buttarono tra le braccia dell'uomo che era rimasto basito ma decisamente divertito da quella loro azione repentina.
-Ti vogliamo tanto tanto bene nonno!- urlarono i giovani.
-Anche io ve ne voglio, e tanto!- rispose, mostrando un bel sorriso sereno il vecchio Haymitch.

I tre, tra le fresche acque del lago si scambiarono un veloce sguardo e scoppiarono contemporaneamente in una fragorosa risata, che echeggiò per tutta la zona del lago.

-Forse è meglio andare. Ora.- sussurrò Peeta, evidenziando l'ultima parola, come se non ammettesse repliche; ed infatti non ne feci. 

Io e mio marito ce ne tornammo tranquillamente a casa, mantenendo ben impresso nella nostra mente quello splendido ricordo.



Dopo qualche ora dalla nostra partenza dalla stazione del Distretto 12 giungemmo nell'11 senza problemi. Anzi, il viaggio era stato decisamente piacevole. 

Mia figlia Caterina, ormai ventenne, era in procinto di sposarsi con il suo amato Josh; mancavano poche settimane alle loro nozze ed io avevo dovuto partecipare ai preparativi. Certo, non avevo nulla contro quel meraviglioso matrimonio che la mia piccola aveva allestito, e non ero nemmeno contraria alla scelta del futuro marito, perchè d'altronde dopo numerosi prendi e lascia Caty era sempre stata con Joshua e ormai avevo dato per scontato la loro unione. Però.. non avevo mai amato particolarmente i matrimoni.. 

Chissà perchè avevo sempre covato una strana avversione per queste cerimonie. Ma per la mia piccola Caterina potevo anche sopportare di trovarmi circondata da fronzoli e pizzi per un po'... 
Invece, il mio piccolo Feen era ormai un bell'ometto di quindici anni e, come avevamo previsto, lasciava dietro di sè una sfilza di cuori infranti. Lui riusciva solo a pensare alla sua cara amica Dana ed ai dolci, che tanto amava preparare. 
Aveva deciso ormai da tempo che sarebbe andato a lavorare con il padre in panetteria, ma che avrebbe espanso il locale per accostargli una pasticceria specializzata nella preparazione di torte nuziali. E infine.. tra le mie braccia avevo stretto per tutto il tempo la mia piccola Rose. Occhi color tempesta e capelli color notte rendevano lei la mia piccola una rosa scarlatta, di appena cinque anni.

Insomma, io, Peeta, Feen, Rose, Caterina ed il suo promesso sposo, Josh, che veniva invitato ogni tanto a queste riunioni famigliari, arrivammo alla stazione del Distretto dove vivevano gli Hawthorne alle dodici in punto. Ma giungemmo dinanzi alla villetta di famiglia soltanto dopo una buona mezz'ora. 

-Dai suona!- quasi urlai a Peeta che era giunto per prima davanti alla porta di mogano intagliato finemente.
Senza esitare ulteriormente mio marito suonò il campanello della casa dei nostri migliori amici. In un'istante vidi la porta di casa spalancarsi e notai che ad accoglierci, come ogni volta, c'era Jo, con il suo solito grembiulino vecchio di anni con su scritto "Sono una feroce, attenti alle mani, potrei mordere!" 
Ogni volta che guardavo quello straccio consumato, ma diligentemente rattoppato dalla padrona di casa, mi venivano in mente numerosi ricordi... 

Come ad esempio: le prime parole dei piccoli gemelli di Jo e quelle della mia Roseline. 

Roseline, essendo più grande di un'anno dei gemelli ha detto la sua prima parola, ancor prima della loro venuta al mondo. 
Era una domenica di primavera, quel pomeriggio, dopo l'abbondante pranzo a casa Hawthorne, tutte le donne avevano deciso di preparare un dolce da presentare agli amati uomini. Era stato difficile tenere lontano Feen dalla cucina ma ce l'avevamo fatta. 
Dopo anni ancora mi chiedevo se volesse così ardentemente stare con noi per fare i dolci o per stare con la sua adorata Dana. 

Johanna era incinta all'ottavo mese perciò gli avevo permesso di stare in cucina e di mettersi il grembiule ma le avevo vietato categoricamente di alzarsi dalla poltrona che avevamo posto in un'angolo della stanza, per farla stare comoda, in quelle ore di lavoro. 
Dana, Rose ed io avevamo deciso di fare una torta con panna e cioccolato. Tutto stava andando bene fino a quando la piccola Rose non si buttò tutto il composto per il pan di spagna sul vestitino color pesca. 
-Rosie! Ma dai! Era tanto carino quel vestitino!- dissi esasperata, prendendola in braccio, cercando di non sporcarmi anch'io. Anche se avevo il grembiule non ci tenevo proprio a puzzare d'uovo. 
-Katniss cambiala nel nuovo fasciatoio che c'è nella camera che presto sarà dei gemelli.- mi consigliò Jo, accarezzandosi il pancione con sguardo trasognante.
Era proprio felice di avere altri due figli, io sinceramente dopo averne fatti tre ero definitivamente apposto, e non solo perchè ormai avevo una certa età ma proprio perchè i miei nervi erano al limite. 
Tutti i miei figli erano stati impegnativi a modo loro ma Roseline era quella che mi dava più problemi. Era si intelligente e furba ma anche molto sbadata e pasticciona. Insomma, quando faceva qualcosa finiva sempre che si impiastricciava tutta. Aveva compiuto da poco un'anno ma era come se il mondo fosse nelle sue piccole manine. Capiva tutto, pur rimanendo nel suo mondo silenzioso.
Desideravo tanto sentire la sua vocina ma lei si rifiutava di parlare. Era inutile. Mi ero arresa, alla fine avrebbe deciso lei quando parlare, bisognava solo aspettare.
Ed infatti, finalmente, quel giorno parlò. Cioè non è che disse una frase o chissà che, ma la mia piccola Rosellina parlò. 

Dopo averla cambiata riportai al piano di sotto la piccola pasticciona e quando rimisi piede nella cucina rimasi incantata dalla bellezza delle primule poste in un capiente vaso di ceramica verde, posto sul bancone di lavoro. 
Poprio nel momento in cui misi piede nella stanza un petalo cadde sul grembiule di Jo.

Quei semplici ma meravigliosi fiori fecero riaffiorare alla mia mente innumerevoli ricordi.. Felicità, rabbia, paura e dolore mi invasero il cuore.
Ogni ricordo era nitido e distinto nella mia mente. Essi erano tutti diversi tra loro ma erano accomunati solamente da una piccola e gracile figura che portava il nome di quei delicati fiori che avevo sotto i miei occhi..
Sentii sul mio volto scendere amare lacrime e le mie labbra sussurrarono -Prim..- senza neanche accorgermene mi ritrovai a tenere stretta al collo la mia piccola Rosie, con le lacrime agli occhi.
Chiusi gli occhi e rimasi così.. a piangere, tenendo tra le braccia la mia piccola bambina.
La mia mente vagò nel mare di ricordi che tenevo chiusi nel mio cuore, e piano piano mi lasciai andare. Iniziai a singhiozzare ed ha sussurrare soltanto il suo nome -Prim. Prim. Prim.- 
Dicevo il suo nome come una cantilena, come se il solo pronunciare il suo nome l'avrebbe fatta apparire dinanzi a me.
 
-Pri.. Prim.- udii dire da una piccola e delicata vocina.
Spalancai gli occhi e fissai l'unico altro essere vivente, oltre a me, che vi era in quella stanza. Chissà dov'erano finiti tutti..
Guardai con occhi sgranati la mia bambina ed il suo viso si illuminò di uno smagliante sorriso, che aveva sicuramente ereditato da Peeta, il mio di sorriso sembrava più un ghigno sadico. 
-Prim!- ripetè la piccola con più decisione e dolcezza di prima. Era così allegra... Pronunciava il nome della sua dolce zietta defunta senza neanche rendersene conto...

Non mi sarei mai aspettata che la sua prima parola sarebbe stata proprio il nome della mia amata sorellina. Sì, gli parlavo spesso di lei ma non avrei mai immaginato che avrebbe detto il suo nome. E poi avevo notato che di solito i bambini non riuscivano a pronunciare facilmente le parole con la lettera "r" eppure lei c'era riuscita. 
Mi aveva fatto attendere molto ma quella sua parolina mi aveva emozionata più di quanto immaginassi..

Mi avvicinai al bancone per guardare più da vicino i fiorellini. Stavo per prendere tra le mani il piccolo stelo di uno di quei candidi fiori, prima di essere anticipata dalla piccola Rose. Ella si girò verso di me e porgendomi il fiore disse -Prim!- 
Forse era il suo modo di farmi capire che lei aveva ben compreso cosa significassero quei suoni. 
Era davvero intelligente. 

Per ore rimanemmo ferme lì, ad osservare i fiori; come se fuori da quella stanza non esistesse nulla. 



Pov Johanna

Katniss si era imbambolata ad osservare il mio grembiule. Che tonta! Ma beh.. la capisco benissimo. Questo straccio ultra rattoppato è stato testimone di innumerevoli momenti di vita per tutti noi. Una volta Gale ha tentato di buttarlo ma l'ho quasi linciato. 
Lui non capisce, ma vabbè del resto è un'uomo. Secondo lui è inutile rimanere legati ad un oggetto perchè esso prima o poi si romperà o si usurerà, perciò quando è tempo ciò che non è più utile dovrebbe essere buttato. Dopo quella volta in cui ha provato a buttare nel cestino della spazzatura il mio adorato grembiule non gli è più passato per l'anticamera del cervello, e di questo ne sono davvero lieta.

Solo guardare questo straccetto mi fa ricordare tanti bei momenti che ho trascorso con la mia grande grande famiglia. 

Uno dei ricordi più belli è quello di quando i gemelli hanno detto le loro prime parole..

Era un freddo pomeriggio d'inverno e quella domenica, il solito pranzo famigliare, si teneva a casa Mellark; ma io mi ero portata appresso il mio adorato grembiule ed avevo aiutato la padrona di casa in cucina. 
Dopo aver consumato un'abbondante e delizioso pranzetto lasciai i miei gemellini, August e Feliscity, alle cure del loro papà per poter aiutare Katniss a lavare i piatti. Avevamo quasi finito quando udii il pianto dei miei due demonietti. 
-E' ora del pisolino Jo!- quasi urlò Gal, dal solone.
Velocemente presi i piccoli ed andai nella stanza che prontamente la mia amica mi indicò.

I gemelli avevano deciso di non volerne sapere di fare il pisolino ma continuavano a piangere e a dimenarsi. 

-Per favore, dormite! Non ce la faccio più!- dissi esasperata cercando di farli addormentare, continuando a cullarli nel lettino di Rose, che però si era già addormentata sul lettone dei propri genitori. 
Beati loro che avevano una figlia che dormiva senza problemi, a me invece erano toccati due demonietti che non ne volevano sapere di fare il loro pisolino.
I piccoli continuavano a dimenarsi nel lettino e piangevano e piangevano. Ero preoccupata per le loro corde vocali ma il pediatra aveva detto che "gli faceva i polmoni piangere un po' ", parole sue. 


-Per favore, riposate! Dopo che avrete fatto il pisolino andremo a casa su!- continuavo a dondolarli, cercando di farli addormentare quando pensai di cantagli qualcosa. 
-Ninna nanna, ninna oh,
questo bimbo a chi lo do?
Lo darò alla Befana
Che lo tiene una settimana
Lo darò all'Uomo Nero
Che lo tiene un anno intero
Lo darò all'Uomo Bianco
Che le tiene finché è stanco
Lo darò al Saggio Folletto
Che lo renda Uomo perfetto!

Finalmente i piccoli smisero di piangere. Li guardai per un'istante e loro attaccarono a farfugliare le loro solite mezze paroline.
Continuai a cantare ed a dondolarli, sperando che presto si sarebbero stancati e sarebbero capitombolati tra le braccia di Morfeo.
Dopo più di tre quarti d'ora non ce la facevo più ma i piccoli niente! Continuavano a farfugliare tra di loro.
-Noooo! Per favore, dormite! Fatelo per la mamma!- quasi urlai in preda alla disperazione.
Gale era venuto più volte per aiutarmi a farli addormentare ma a quanto pareva lui riusciva solo a svegliarli ancora di più, perciò lo avevo pregato di rimanere lontano dalla stanza. Eravamo solo noi tre. Io e quei due demonietti di August e  Feliscity.

Dopo quel mezzo urlo i piccoli si zittirono. Lì guardai ed entrambi si scambiarono un veloce sguardo poi sorridendo allegramente August disse -No!- e  Feliscity aggiunse -Mamma!-
Rimasi basita. Avevano appena sette mesi. Dopo un'istante i piccoli si scambiarono un'altro sguardo complice e questa volta fu  Feliscity a parlare per prima -No!- e Gus aggiunse -Mamma!-
Quei demonietti stavano imparando a parlare e le loro prime parole avevano deciso che sarebbero state "No. Mamma!" che vita mi si prospettava davanti... 
Piena di litigi e di tremende emicrania. 
A quel punto mi arresi e con un sorriso dolce, che nascondeva una bella dose di arrendevolezza e paura per il futuro, stampato sul volto, presi tra le braccia i pargoli -Va bene. Per questa volta niente pisolino. Ma non credevi che vincerete sempre così facilmente.- 

E così con qualche passo veloce andai dagli altri, stringendomi tra le braccia i piccoli marmocchi ribelli che avevo generato.
Non c'era dubbio erano proprio miei figli.



Ancora vedevo quel bel ricordo nella mia mente quando mi resi conto che ero ancora sulla soglia della parta e guardavo la famiglia 

Mellark. Mi feci coraggio, misi da parte i bei ricordi ed urlai con tutto il fiato che avevo in corpo -Entrate su! Il pranzo si sta raffreddando!- pochi attimi prima di voltarmi verso le scale per andare a chiamare Gale e prendere i gemelli.


Pov Katniss

-Entrate su! Il pranzo si stà raffreddando!- urlò Johanna, dandoci le spalle per dirigersi al piano superiore, sicuramente per avvisare i suoi famigliari del nostro arrivo.
Il suo grido mi riportò alla realtà.
Sfoggiando uno dei sorrisi migliori, uno dei meno peggio, ed io e la mia famiglia entrammo nella casa dei nostri cari amici. Ci sistemammo in salotto per attendere l'arrivo degli altri con molta tranquillità. Però nella stanza ci stava già aspettando qualcuno... 

Dena, la figlia maggiore degli Hawthorne, era seduta su di una grande poltrona verde smeraldo.

La giovane appena vide Feen balzò in piedi e si buttò tra le sue braccia -Finalmente siete arrivati!- 
-Sì, Dede! Ma sta tranquilla, quasi mi facevi cadere.- disse sorridendo il mio piccolo ometto, tenendo stretta a sè la sua amichetta.

Quei due, ormai da tempo, non me la raccontavano giusta.. Perciò, durante una delle nostre riunioni domenicali, chiesi a Johanna cosa ne pensasse e mi stupii molto nel rendermi conto che anche lei vedeva che tra i nostri figlioletti c'era qualcosa di più di una semplice amicizia. 
E chissà come, dopo una chiacchierata c'eravamo ritrovate a scommettere su quando i due si sarebbero messi ufficialmente insieme.
Io avevo scommesso più o meno quando lui avrebbe avuto 16-17 anni ma Johanna era di altro avviso. Infatti, la mora era convinta che i nostri due tonti non si sarebbero dichiarati prima dei vent'anni di lei. Chissà chi avrebbe vinto. Ma beh.. solo il tempo avrebbe potuto decretare la vincitrice.
 
Il tempo trascorreva inesorabile ormai da anni e sicuramente non si sarebbe mai fermato. Perchè dopotutto.. la vita va avanti. 

 
Angolino di Kimmy_chan
Allora okay... avevo tante cose da dire spero che mi tornino in mente ^^" 
Allora mmmh..Ah sì! GRAZIE A TUTTI PER ESSERE ARRIVATI FINO A QUI ED AVER LETTO LA MIA PRIMA LONG SU HUNGER GAMES :*
Avete visto che questo capitolo supera le 5 mila parole?! *O* non ci credevo nemmeno io quando sono andata a vedere :'D 
Ma in particolare voglio ringraziare coloro che almeno una volta hanno recensito questa mia storia: BelladorCry_Stal17, Ale_Mellark, TheJessShow, OopsShoot, beberina_tribute, LALY_, magicadark007, pindow_wane_17, fallen_in_the_ocean, chicca_10, ile223, FedeRicaaStyles, HPK_HP_PJ_HG, Mistysky, HarryPercyAnnab, Garash, Ilgladiatore999, the_girl_on_fire7, Arianne_96, LOVE_sucks, Kategale97, WeareInfinite99, giuyoipoi77, RANFYC, Ryu Shibuya, Mydreamofthestory, X3CamillaXD
Si, mi ci sono impegnata per scrivere tutti i nomi u.u                                                  

                       
Domande o pareri? 
Cosa ne pensate di questo finale? Vi aspettavate altro? 
Se vi piace come scrivo vi consiglio vivamente di passare qui: Peeta e Katniss attimi di vita >http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2587103&i=1 (è una raccolta di One Shot su Peeta e Katniss)
  
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