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Autore: PinkBiatch    20/08/2014    0 recensioni
"Ti amo, Remus. E questo è. Fattene una ragione. Non sono più una ragazzina e vorrei che tu lo capissi, sono un'Auror, sono una donna. I tempi passati tra le sottane della mamma o con la divisa di scuola sono passati per me e non è stando con te che perderei tutto quello che sono. E' stando senza di te che pian piano mi distruggo. Guardami, guardami e dimmi se sembro la stessa persona di un anno fa, di qualche mese fa. Rispondimi, e non mentire.”
“Ninfadora, io..” le aveva sussurrato, un sibilo tra le labbra strette in una smorfia di puro dolore.
Lei aveva riso piano, la risata nervosa che le cresceva in gola fino ad echeggiare nelle pareti di quell'aula vuota in cui l'aveva trascinato per parlare.
“C-che c'è?” balbettò, guardandola senza capire.
“Mi hai chiamata Ninfadora..” rise lei, incapace di domare quelle risate che le riecheggiavano in petto, “ed io non ci ho nemmeno fatto caso.”
Ogni capitolo contiene una oneshot su una coppia canon e non di Harry Potter, hope you'll enjoy!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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This world has only one sweet moment set aside for us.




Era buio là fuori, la strega vagava sola sul prato, in attesa. Le aveva detto che sarebbe venuto, gliel'aveva promesso. Ma non stava arrivando.
Si chiedeva chi potesse essere. Le aveva detto che se si fosse mostrato a lei, lei avrebbe smesso di andare da lui. Avrebbe smesso di consolarlo ed ascoltarlo ed aiutarlo come le era possibile. E allora lei gli aveva detto di non mostrarsi, ma gli aveva chiesto di prometterle che un giorno si sarebbe rivelato a lei per chi era davvero, e non solo un ragazzo senza volto e senza nome.
La sua voce era familiare, e come poteva non esserlo? Conosceva tutti ad Hogwarts adesso, specialmente quelli del suo anno. Ed era sicura che lui fosse del suo anno.
Era una voce familiare, ma allo stesso tempo del tutto nuova, come se suonasse in modo diverso quando si apriva a lei.
Era successo per caso, la prima volta. Lei si era chiusa in bagno a piangere e lui aveva fatto lo stesso. Destino, direbbero molti. Fortuna, direbbe lei. Le piaceva. Le piaceva più di Ron e il suo pomiciare continuo con Lavanda, più di quanto le fosse mai piaciuto Viktor, due anni prima. Le piaceva perché lui era diverso, era così.. vero.
Non aveva paura. Non aveva paura di piangere anche se dentro al bagno vicino al suo c'era una ragazza. Non aveva paura di ammettere che ne aveva, e questa era una cosa che lei apprezzava, dopo aver passato sei anni con Harry e la sua testardaggine che non volevano mai ammettere di aver paura anche quando era ovvio e naturale.
Aveva imparato a capire quando lui sorrideva, quando piangeva, quando voleva stare in silenzio ed ascoltarla e quando invece voleva parlare, anche se aspettava sempre pazientemente che lei finisse di sfogarsi.
Le aveva detto che c'era qualcuno che voleva che lui facesse qualcosa, ma che nonostante questo lui non era capace di farlo. Era qualcosa di insostenibile per lui, non voleva farlo. Ma non aveva scelta.
Lei gli aveva detto che c'era sempre una scelta, che non poteva semplicemente accettare gli ordini a testa bassa. E lui gli aveva risposto che l'altra strada era il pericolo, forse addirittura la morte.
“Sarebbe comunque una morte da eroe.”
“E una morte che non risolverebbe niente. Sarebbe da egoista perfino lasciare che venga ucciso, capisci? Non posso lasciare tutti in questa situazione, non voglio..”
Era spaventata, era vero. Chissà in cosa si era cacciato il suo giovane amante abbastanza coraggioso da piangere vicino ad un'altra persona, ad ammettere le sue lacrime, a non vergognarsene. Lui la conosceva, le aveva detto. L'aveva riconosciuta quasi subito, ed era per questo che all'inizio non voleva aprirsi a lei. Ma lei aveva fatto il primo passo, e alla fine anche lui aveva camminato, piano piano, verso di lei.
“Devi pensarci bene”, gli aveva risposto, sentendolo cominciare a piangere piano, “c'è sempre una scelta.”
E lui aveva singhiozzato senza più dire una parola per più di mezz'ora, poi se n'era andato. Lei aveva aspettato dieci minuti, come si erano accordati per evitare che lei scoprisse chi era, e poi era uscita a sua volta.


La scuola era quasi finita. Mancava poco, molto poco. Harry era sparito con Silente, era preoccupata per lui, ma il sentimento che provava adesso nell'attesa era più palpabile della paura per Harry, per Silente, per l'intera scuola. Questo non era il sentimento da eroina che provava sempre, quello di voler salvare tutto e tutti che Harry le aveva attaccato come una malattia. Questo era qualcosa di maledettamente frivolo e qualcosa che le era sempre mancato. Era sempre troppo occupata a togliere dai guai i suoi due amici per potersi soffermare su se stessa, sui suoi sentimenti di adolescente. E si era innamorata. Si era innamorata di una voce, di espressioni mai viste, sussurri, respiri, sospiri. Si era innamorata di parole, di urli nel vuoto, si era innamorata di un'idea, dell'idea dell'amore stesso. Si era innamorata dell'idea di potersi innamorare davvero. Si era innamorata dell'idea che un giorno anche lui avrebbe potuto amarla. Si era innamorata della sua voce e delle sue parole senza nemmeno mai vedere da che bocca uscivano per arrivare dentro al suo cuore.


Dei passi, dietro di lei. Timidi. Incerti.
“Non voltarti”, la sua voce tremava leggermente.
Sentì due mani affusolate e fredde posarsi sui suoi occhi, delicate, quasi come se fosse fatta di cristallo e temessero di sciuparla al minimo tocco.
Ma c'era anche qualcosa di più, in quelle mani, in quel tocco. C'era il loro primo contatto.
“Promettimi..” ansimò, così vicino al suo orecchio che poteva sentire i suoi respiri veloci sul collo, “promettimi che non fuggirai quando mi vedrai e capirai chi sono.”
“Ehi, non lo farei mai..”
“Promettilo.” Le mani fecero una piccola pressione sui suoi occhi mentre lui la implorava di farlo.
“Lo prometto.”
Lui trasse come un piccolo sospiro di sollievo, poi piano piano abbassò le mani, finché lei non fu libera e poté girarsi. Si girò di scatto per la curiosità, tanto che lui fu quasi impaurito da questo e la prima cosa che vide di lui fu il suo tremito di paura.
Una chioma bionda, chiarissima. Due occhi chiari che riflettevano il pallido colore della luna. La pelle, pallida anch'essa, liscia, lucida. E gli occhi gonfi di pianto.
L'aveva visto così tante volte prima di allora, e nonostante questo le sembrava ancora di vederlo per la prima volta nella sua vita. Le era passato tante volte accanto, ci aveva parlato talmente tante altre volte... eppure non l'aveva mai visto davvero, non ci aveva mai parlato davvero. Non aveva mai sentito ciò che aveva da dire, mai visto qualcosa dietro allo sguardo freddo che indossava quando era il mondo intero a guardarlo. Sempre sotto i riflettori, sempre quell'aria insolente, sempre così strafottente, così arrogante, così cattivo.
Eppure non riusciva ad odiarlo adesso. Non riusciva a smettere di provare ciò che provava per lui, e pensava che non ci sarebbe riuscita, né ora né mai. Comunque andasse a finire, sarebbe sempre stato il suo primo amore.
Non riusciva nemmeno ad essere risentita con lui, non dopo tutto ciò che le aveva detto, dopo il tempo passato a parlare, ad ascoltarsi respirare separati da un'unica, piccola parete. Non dopo averlo sentito piangere, togliere la maschera che indossava sempre e mostrarsi a lei così com'era, nudo come il giorno della sua nascita, ancora un bambino in fasce nonostante i sedici anni che gli gravavano in petto.
Il primo istinto fu quello di abbracciarlo. E così fece.
Lui era stupito, tanto che per un attimo non seppe come reagire a lei, al suo tocco gentile, sincero. A quell'abbraccio che significava “non m'importa come ti chiami o chi sei o tutte le volte che mi hai offesa e che in quel bagno ci sono stata per colpa tua, a piangere per le tue stupide offese. Adesso so chi sei e conosco il tuo volto e ancora non m'importa, perché ti voglio davvero tanto bene e tengo a te e sei la stessa bellissima persona che credevo tu fossi cinque minuti fa, prima di conoscere il tuo volto e il tuo nome.”
La strinse forte, la strinse come se fosse un salvagente e lui stesse per annegare, la strinse come se fosse l'unica fonte di salvezza, la strinse come la luce forte che appare dopo tanto tempo di buio sconfinato, la strinse come fosse l'unica cosa bella della sua vita, la prima, e forse anche l'ultima. La strinse come se stesse per morire e volesse morire con il suo odore nelle narici, con il battito del suo cuore ancora premuto contro il suo, contro i suoi capelli in cui affondava il naso e le sue piccole mani strette intorno a lui.
La strinse e non importava chi fosse, non importava che fosse Hermione Granger e lui Draco Malfoy e il mondo intero avrebbe riso loro in faccia se avesse saputo di quello che stavano facendo in quel momento, non importava niente di niente. Loro si amavano, e forse da sempre, forse da un anno, forse da un minuto, e non importava nemmeno questo. Importavano soltanto le sue dolci mani intorno a lui, le sue fredde mani intorno a lei che si riscaldavano col calore del suo corpo caldo e pulsante sotto di lui, quel corpo vivo che stava risvegliando anche il suo.
“Io...” disse lui dopo un po'.
Hermione si staccò da lui e lui quasi rimpianse di aver parlato, di aver rovinato quell'abbraccio, di aver rovinato quel momento in cui erano soltanto due persone che si volevano davvero tanto bene e si stringevano, come vecchi amici, come amanti, non importava.
Adesso c'era la sua faccia davanti a lui e non era più possibile ignorare chi fosse lei e chi fosse lui e quanto improbabili fossero, per la prima volta a guardarsi negli occhi senza offendersi.
“Tu..?” Chiese lei piano, timida, incerta, col timore di poter rovinare tutto da un momento all'altro.
“Beh, grazie.”
“Grazie di cosa?”
“Di...” le parole sembravano non arrivare, adesso che lei lo guardava e lui vedeva i suoi occhi riflettere la pallida luce della luna, i suoi capelli crespi tutti intorno, il suo corpo esile davanti al suo, a così pochi centimetri. Ma poi ricordò le sue parole, le ore passate in quel bagno, e le lacrime, i sorrisi intuiti anche se separati da una parete, quella voglia di stringerla e non poterlo fare, di stringerla e guardarla negli occhi e dirle che non importava chi fosse lei o chi fosse lui e non importava niente ed era bellissima e Weasley era stato un tale idiota a non volerla stringere come voleva farlo lui in quel momento, sebbene non potesse perché lui non era Weasley. “Di avermi ascoltato. Di essermi stata vicino e volerlo fare anche adesso che sai chi sono, di non giudicarmi, di non volermi sputare in faccia come penso avrei fatto io se fossi stato al tuo posto.”
“Non credo che l'avresti voluto fare se tu fossi stato me, sai?”
“Perché no?”
“Perché ti ho visto tante volte prima di adesso e allo stesso tempo non ti ho visto mai. Ed è come se ti conoscessi per la prima volta adesso, come se fossi sempre stato lontano e in quest'anno avessimo parlato solo per lettere e adesso ci vedessimo per la prima volta. Non sei lo stesso che mi ha offesa o trattata male o lo stesso che ho preso a pugni.”
Lui sorrise al ricordo di lei che lo picchiava, pensando a come avrebbero reagito quelle loro piccole versioni di tredici anni se avessero saputo cosa avrebbero fatto tre anni dopo, quanto si sarebbero amati. “Forse hai ragione.” E sorrise di nuovo, sorrise perché era bello, per una volta, avere qualcuno che lo conoscesse davvero per quello che era e che lo apprezzasse così, imperfetto, triste, solo, impaurito, debole, incapace di fare ciò che gli era richiesto.
“Ti va di sederti?” Gli chiese lei, timida.
Lui si sedette per risposta, a gambe incrociate nell'erba umida, e le fece cenno di sedersi vicino a lui.
Sussultò debolmente quando lei posò la testa sulla sua spalla e le loro mani si sfiorarono e entrambi le lasciarono così, vicine, entrambi abbastanza intimoriti da non riuscire ad intrecciare le proprie dita a quelle dell'altro.
“Mi piaci.” Disse lei dopo un po', un sussurro nel buio, nel vuoto, un sussurro tra le farfalle nel suo stomaco.
“Anche tu.”
“Grazie.”
“E di cosa?”
“Di avermi ascoltata e capita. E di.. farmi sentire bella, per una volta.”
“Farti sentire bella?”
“Beh, sì.”
“E' perché lo sei.”
“Anche tu sei un bel ragazzo.” Sembrava che stesse per finire lì, ma lei continuò, lo sguardo perso nel vuoto alla ricerca di un ricordo lontano, “L'ho sempre pensato. Fin da quando ti ho visto per la prima volta. Ti vidi sul treno per Hogwarts, attraverso la porta del vagone. Eri distratto, stavi parlando con qualcuno e stavi facendo vedere un incantesimo che avevi imparato a fare. Sembra stupido, ma mi sentii come se fossimo simili. Avevo appena riparato gli occhiali di Harry con la bacchetta e lo sguardo stupito di Ron era così stupido che mi ero convinta di essere circondata da un branco di idioti. Poi ti ho visto ed ho pensato, 'lui sì che ci sa fare!' e mi sono ripromessa di indagare sulla tua identità, sperando di finire nella tua stessa casa.” Rise piano, la sua mano che oscillava vicino alla sua. “Non è stato esattamente così. Mi sono affezionata agli sguardi stupiti di Ron, all'ingenuità di Harry, all'odio tra le nostre case. Al disprezzo che provavi nei miei confronti, finendo per disprezzarti anch'io. Però c'era sempre una piccola parte di me che ti ricordava come quel ragazzino che faceva vedere il suo primo incantesimo ad un gruppo di compagni pavoneggiandosi, proprio come me.”
“Sai perché ti disprezzavo tanto?” Sorrise anche lui, e lei lo sentì. “Ti ammiravo. Ti ammiravo ed ero geloso di te, estremamente geloso di te. Ero sempre stato bravo, i professori mi lodavano, ma non ero comunque te. Era te che tutti definivano la più brava del nostro anno, eri tu quella che riusciva a fare tutte le pozioni e gli incantesimi alla perfezione e conosceva le risposte a tutte le domande.”
“Sul serio?”
“Sì..”
“Ad averlo saputo avrei fatto i salti di gioia per un anno intero e mi sarei impegnata per fare ancora meglio solo per farti un dispiacere. Senza offesa, ovviamente.”
“L'avrei fatto anch'io.” Rise, di gusto, di cuore, perché non importava il mondo intorno a lui, non importava niente, c'era lei, c'era lui, ed era tutto quel che contava. E sentì qualcosa nascergli dentro, il desiderio di stringerla, stringerla ancora, più forte. Sentirla sua, da capo a piedi, sentirla sua e sua soltanto. Chissà cosa avrebbe potuto fare..
Le prese la mano. Un istante, un soffio, un movimento lieve. Attorcigliò le dita a alle sue come se fossero state create solo per questo. Per diminuire ancora un po' la distanza tra i loro cuori che battevano all'impazzata desiderandosi così tanto.
Gli piaceva, gli piaceva così tanto.. e Merlino solo sapeva cosa avrebbe dato perché potesse durare per sempre, perché potessero stare lì, per mano, a respirare così vicini nella notte, nel tempo fermo per sempre perché loro potessero amarsi finché morte non li avrebbe separati. Chissà cosa avrebbe fatto perché lei potesse davvero essere sua, sua per sempre. Perché non dovesse andare via, fuggire lontano, dopo aver fatto quel che gli era stato detto di fare.
Lei rispose alla sua stretta, la mano calda e piccola dentro la sua.
“Vorrei che potesse durare per sempre.” Le sussurrò lui.
“Forse potrebbe.”
“No.. no.”
“Perché no?” Sussultò contro di lui quando lui le disse di no, quando la rifiutò impercettibilmente.
“Perché sono Draco Malfoy, e tu Hermione Granger. E mio padre è ad Azkaban e...”
“Non importa.” Lo interruppe lei, “Non importa, Draco. Non importa se sei tu e sono io e ci rideranno in faccia e non vorranno crederci, possiamo affrontarlo. Possiamo farli ricredere tutti, e un giorno ci invidieranno anche se dovesse durare un giorno, perché per quel giorno siamo stati capaci di buttarci alle spalle cinque anni di disprezzo e siamo stati disposti a creare qualcosa di nuovo, o almeno a provarci. Non importa, non capisci? Credi che ti abbia abbracciato per prenderti in giro? Avrei avuto la stessa reazione anche se tu fossi stato Goyle, dopo averti sentito parlare per un anno, e piangere, e sorridere, e dopo essermi sentita così simile a te. Non puoi arrenderti così.”
“Non si tratta di questo... non posso farlo. Io ti farei del male, e se solo tu sapessi cosa sto per fare io... fuggiresti. Capisci? Fuggiresti. Non voglio vederti fuggire da me.”
“E per non vedere me fuggire allora sei tu che fuggi?”
“Non è questo! Tu non capisci..” una lacrima scivolò silenziosa sulla sua guancia, ma non era una lacrima come lo erano state quelle in bagno, destinate a perdersi sulla sua cravatta verde e argento e perdersi in altri milioni che vi erano cadute prima di allora. Lei la raccolse, l'asciugò con le sue dita calde e dolci e delicate.
“Allora aiutami a capire.”
“Ti ricordi cosa mi hai promesso?”
“Che non sarei fuggita?”
“Sì. Promettilo di nuovo.”
“Lo prometto.”
“Sto per uccidere Silente.”
Un grido nel vuoto.
Un fulmine a ciel sereno.
Una bomba che esplode nella calma delle tre del pomeriggio.
Un pugno nello stomaco mentre dormi.
Un..
Una cazzata.
Lei sussultò, si voltò di scatto verso di lui.
“Stai mentendo...”
“No. Tu-Sai-Chi vuole che lo faccia. Mi ucciderà se non lo faccio. Bellatrix mi inseguirà e mi torturerà finché non farò la stessa fine dei genitori di Paciock, e così farai coi miei genitori. Moriremo. Impazziremo. Se io stasera non faccio quello che devo fare.”
“Non è vero. Non può essere vero. C'è sempre un'altra strada. Possiamo proteggerti, i membri dell'Ordine ti terranno al sicuro finché non sarà finito..”
“Non finirà mai! Lui... lui è troppo potente. Non fallirà. Non stavolta. Stavolta è più sicuro, stavolta è più potente, ha infiltrati ovunque, ha...”
“Va bene.” Lo interruppe lei, risoluta, cercando disperatamente di incrociare lo sguardo col suo.
“Cosa?” Chiese lui, voltandosi verso di lei, incredulo.
“E' giusto. Non hai scelta. Va bene così.”
“Dici sul serio?”
“Sì.” Sospirò, senza staccare lo sguardo dal suo. “E' stupido, Draco Malfoy, eppure ti amo. Mi sono innamorata di te e sono stata disposta a perdonare sei anni di offese e disprezzo e perdonerò anche questo, anche se ucciderai Silente, anche se farai tutto quel che ti sarà chiesto di fare senza obiettare, con lo sguardo basso e la coda tra le gambe. E' la cosa giusta da fare anche se non lo è. Chiunque vorrebbe cercare di salvare se stesso e la propria famiglia se fosse in grado di farlo, anch'io immagino che lo farei. E anche se... anche se stanotte lo farai, anche se io sarò a capo di un esercito che tenterà di sconfiggerti, non ce l'avrò con te. Non ti biasimerò mai né penserò che tu abbia fatto la cosa sbagliata. Non sarai solo una pedina di Lord Voldemort pronta ad uccidermi al suo comando. Sarai il mio primo amore, la prima persona che mi ha stretta perché voleva farlo e senza che niente e nessuno lo obbligasse a farlo. Sarai la prima persona che mi ha fatta sentire bella. E questo non cambierà mai.”
Le due lacrime scesero dai loro occhi contemporaneamente.
Contemporaneamente le loro mani si alzarono per andare a cancellare quella silenziosa lacrima sul volto di entrambi, e stettero così, il volto dell'altro tra le proprie mani, gli sguardi incollati, il corpo pieno di quel desiderio che li aveva portati fino a lì.
Si mosse per primo, delicatamente, senza fretta, gli occhi già chiusi e la testa già inclinata.
Se poi, raccontandolo, avesse detto che era stato come se gli fossero scoppiati dei fuochi d'artificio dentro, avrebbe mentito. Non è stato affatto così.
Era stato un gesto naturale, come se l'avesse fatto altri milioni di volte. Le loro labbra si erano schiuse e chiuse all'unisono, si erano stretti all'unisono, lasciati all'unisono, ed era come se quel bacio dovesse durare per sempre. Come se non si dovessero mai separare l'uno dall'altro. Come se fossero nati così, le labbra incollate a quelle dell'altro.
Invece finì, ed era come se da quelle labbra fosse uscito un pezzo del suo cuore per andare dentro di lei, come se lui non potesse più essere completo dopo quel primo e ultimo bacio d'addio.
“Devo andare.” Disse, staccandosi da lei, desideroso di andare via prima di finire del tutto nella sua trappola. Come se non ci fosse già finito, poi, buttandosi a capofitto tra le sue braccia.
“Lo so.”
“Ti amo anch'io.”
Lei si riallacciò a lui e lo strinse come se potesse fermarlo, come se potesse evitare tutto questo, trasformarlo in un'altra persona e mandare qualcun altro a fare quel che lui doveva fare. E lui la strinse come se potesse essere vero, come se potessero passare la sera lì e poi il giorno dopo svegliarsi e andare nella Sala Grande insieme, per mano, e dire a tutti “sì, stiamo insieme”, e sorridere quando loro rideranno o scuoteranno la testa increduli.
“Vorrei che potesse essere così per sempre..” Le sussurrò nell'orecchio.
“Forse, un giorno, quando tutto questo sarà finito..”
“Lo spero.”
“Anch'io.”
Nessuno dei due disse ad alta voce ciò che entrambi pensarono, ovvero che per la sopravvivenza dell'altro forse loro stessi sarebbero dovuti morire. Nessuno dei due disse nemmeno “addio”, né “ciao”, né una qualsiasi altra parola. Si guardarono, e quello sguardo bastò. Sapevano che era l'ora di separarsi. Che doveva essere così.
E si separarono.



Nota dell'autrice: vi ringrazio per aver di nuovo letto un'altra mia oneshot, sperando che sia così, e sperando anche che vi sia piaciuta. Mi frullava quest'idea in testa da un po' ed ho voluto metterla in pratica così come potevo. Non ho badato troppo al tempo, considerando che Hermione nel libro in realtà doveva già essere con Ginny nel castello a sorvegliare tutto e Draco a far entrare i Mangiamorte, ma non ho trovato un momento migliore per collocarci la vicenda e l'ho fatto anche un po' volutamente, come se ci fosse stato un tempo ritagliato solo per loro due anche nella tempesta che stava per arrivare.
Di nuovo, spero vi sia piaciuto, e grazie per avermi dedicato un po' del vostro tempo!
Un abbraccio,
Ester_Oldman.
P.s. il titolo del capitolo è tratto dalla mia canzone preferita, Who wants to live forever :)

 

  
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