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Salve!!! Spero abbiate passato delle
ottime vacanze. Di ritorno dalle ferie annuncio con piacere che non sono
stata pigra, ho scritto (sulla spiaggia) anche una buona parte del
capitolo successivo. Quindi mi
impegnerò per ristabilire il ritmo per quanto possibile, anche se la vedo
dura dato che domani devo lasciare il pc di nuovo in riparazione, speriamo in bene.
Ne approfitto per dire che ho ripreso a disegnare (una mia grande
passione, un poco trascurata recentemente) ed ho tutta l'intenzione di
fare molti disegni di Sev con il bambino, anzi qualcuno l'ho già fatto
^___^
Ma ho un progetto ambizioso! Se riesco a trovare tempo ed ispirazione
voglio fare un disegno a tema per ogni capitolo scritto fino ad ora,
quindi chiedo l'aiuto di tutti coloro che hanno letto questa storia. Se
avete voglia fatemi sapere quale scena scegliereste nei capitoli scritti
fino ad ora, ovviamente citarne anche soltanto uno è più che bene accetto,
ecco, fatemi sapere se ci sono alcune scene che vi hanno colpito
particolarmente e come le immaginate.
Tornando ai disegni già fatti ho pubblicato sul mio Livejournal un paio di
disegni per la serie Babies. Uno è un Draco Malfoy baby, l'altro un Harry
baby. Il post è aperto a tutti quindi potete andare a vederlo senza
problemi, ne sarei felicissima. Ecco il link per Draco:
http://mel-kaine.livejournal.com/1117.html ed il link per Harry:
http://mel-kaine.livejournal.com/1415.html
E adesso dopo tanto tempo le risposte a tutti i
commenti. Chiedo scusa se mi limito all'ultimo capitolo e basta, ma sono
veramente tanti. Grazie mille, di cuore.
nihal93: Grazie per il sostegno psicologico, in
effetti sto quasi per metterci 4 mesi, il che non è bello... chiedo
venia... e grazie ancora
dark89: Purtroppo non sono stata molto veloce con
questo aggiornamento, mi spiace. Mmh più che un incidente io suggerirei la
casuale possibilità che Severus, Sirius, Remus e Minerva passino un
pomeriggio, per caso ovviamente, davanti a casa dei Dursley e che uno di
loro sollevi la questione di Harry, per una banale associazione di
memoria, non certo per altro e che quindi decidano di andare a salutare la
felice famigliola e regalargli uno splendido, per niente confortevole,
soggiorno all'inferno. Subito dopo aver finito con loro, per sicurezza,
manderanno un mail a Voldemort e gli diranno che i Dursley sono i segreti
possessori della profezia che lui tanto brama, il resto non sarà
umanamente descrivibile... può bastare? ^__^
hocuspocus: Grazie mille, sono felice di non
essere incorsa nel terribile OOC più di tanto, è sempre una cosa molto
positiva. Concordo che Vernon non sia provvisto non solo di attributi
maschili, ma neanche di un qualsivoglia attributo positivo. Oh, la sua ora
giungerà presto, credo. Ma prima sarà necessario informare Black, temo. In
due si tortura meglio.
Amrlide: Mitico Sevvie. Mi piace dipingerlo 'meno
spigoloso', anche se alcuni tratti sono irrinunciabili... ehm, confesso
sinceramente che prima non avevo riflettuto sulla possibilità del
documento di non arrivare al Ministero, adesso invece un piano diabolico
si è formato nella mia testa... *__* forse non sarai felice all'inizio, ma
dopo certamente sì, il momento di scontro di fuoco fra Sev e Sirius si
avvicina!
titimaci: Wow, sono felice di averti reso felice
la giornata con l'aggiornamento, spero di replicare con questo ^_^
briciola88: Eh eh eh come dicevo più su ad
Amrlide, in realtà non volevo intendere niente con quel 'se', ma adesso ho
formulato un nuovo piano diabolico. Ma non posso dire niente ancora, anche
perché deciderò mentre scrivo, come sempre. L'unica cosa certa è che
presto ci sarà l'attesissimo scontro Severus vs. Sirius. *_*
antote:
Mel_fugge_molto_molto_lontano_mentre_antote_parla_di_carneficina............
^^'''''''' non penso mi convenga dire niente, ci tengo alla mia pelle, nel
frattempo per consolarti posso mandarti a vedere i disegni di baby Harry
sul mio livejournal, trovi il link in alto ^__^ spero ti piacciano (e che
tu prossimamente ti ricordi di non uccidere l'autrice ^^'''''')
ferao: Confesso che anch'io lo aspettavo e mi
sono sentita molto sollevata nel scriverlo, quasi come se avessi ripagato
il piccolo Harry di tutte le cose cattive che gli ho fatto capitare
nei primi cap. Sono felice che ti sia piaciuto. Penso che anche questo, in
quanto a tenerezza, probabilmente non ti deluderà. ^__^
bellatrix18: Ho cercato strenuamente di mantenee
sia Harry che Sev 'in character' e mi rendi felice se mi confermi
che ci sono riuscita, personalmente, come te immagino, non condivido le
storie in cui tutto si risolve subito o si risolve a metà, mi fanno venire
il nervoso e non sono credibili, però questo è il mio punto di vista e
quindi avendo la possibilità di scrivere la storia ho cercato di
mantenermi fedele a questi principi e speriamo di continuare così...
grazie ancora per la recensione
bic: Ciao, non sono stata veloce come speravo, ma
non ho abbandonato la storia e non lo farò fin quando non sarà finita.
Quando scrivo vedo davvero le sequenze nella mia testa (sembra una cosa da
malati, ma è così) e mi piace descriverla come se la vedessi, per
l'appunto, che chi legge possa condividere la mia visione mi rende molto
felice e realizzata. Grazie per il tuo commento.
WingsHP: Ciao. Ancora molto va detto sul rapporto
fra Harry e Sev, non so se tratterò gli anni della scuola di Harry, ma ho
già in mente un paio di oneshot tipo side-story da aggiungere alla fine e
forse qualcosa su Harry grande si può fare, dopotutto. Potrebbe essere
interessante ^_^ grazie del suggerimento.
jame: Innanzitutto grazie per esserti iscritta
alla fanlisting. L'immagine è opera di bombottosa, che puoi trovare su
livejournal (è una bravissima autrice di avatar su Harry Potter,
soprattutto Draco/Hermione). La tua recensione mi ha letteralmente fatto
arrossire e non ho parole per ringraziarti (cosa buffa, visto che sono
un'autrice ^__^) mi hai incoraggiata molto e spronata a dare il meglio
anche in questo cap. Ammetto che far 'vivere' Snape in una storia non è
cosa facile, dato il soggetto, ma la sfida mi attraeva e cercherò di
portarla fino in fondo. Grazie per il sostegno e per la recensione. Mel
Ron Von Bokky: Eh eh eh, capisco cosa hai
provato, capita anche a me quando una fic che leggo viene aggiornata,
soprattutto se mi piace e quindi grazie mille per il complimento ^__^ No,
dai, niente infarti e niente ictus anche se non posso promettere niente su
quel documento. In realtà non volevo intendere niente con quel 'se', ma
adesso ho formulato un nuovo piano diabolico. Ma come sempre giuro che
finirà tutto bene. ^__^
stellabrilla: Ammetto che un Severus tutto
preoccupato ad imparare come fare il padre ha il suo fascino, io mi sono
innamorata di lui già tanto tempo fa, ma lo condivido con gioia. Spero che
anche questo nuovo capitolo non ti deluda, Severus è ancora in
modalità_padre_perfetto ^__^
Aloysia Piton: Ciao! Diciamo che io personalmente
apprezzo quasi tutti i pg di mamma Row (a parte poche eccezioni come
l'inutile Ron e la lucciola Ginny, ma queste sono mie opinioni quindi non
ci fare caso...^__^) e Severus ha da subito esercitato un grandissimo
fascino su di me. Harry al contrario mi piace perché lo capisco nelle sue
emozioni anche se nei libri è davvero un cretino il più delle volte e
almeno fino al 4° libro sono gli altri che fanno tutto per lui, almeno nel
film pareva qua e là che avesse qualche intuizione... e poi Harry e Sev li
vedo benissimo insieme, ma questa è un'altra storia... Grazie ancora
per i complimenti e per il commento, spero che questo ulteriore capitolo
con Sev_in_sweet_mode sia di tuo gradimento.
Vale Lovegood: Mi dispiace averti fatto attendere
così tanto, il capitolo nuovo finalmente è pronto, ma sono in ritardo da
morire e lo sarò ancora di più adesso che devo riportare il pc in
riparazione, nel frattempo, penso, scriverò a mano. Un bacione e
grazie per la recensione.
JDS: Non avevo mai pensato al fatto che
effettivamente concedo alla cara Poppy un ruolo non marginario per una
volta e ne sono felice. Tempo fa leggevo una storia in cui sia lei che
Minerva erano veramente molto presenti nella trama ed aiutavano Harry e
Severus a risolvere alcune difficoltà. E' stata una piacevole lettura,
quindi si vede che qualcosa mi è rimasto ^__^ Non so se è un bene od un
male che tu quasi non riconosca Sev... non vorrei aver sfondato troppo
nell' Out Of Character... speriamo in bene, non è facile tenere buoni i pg
quando si scrive una AU. Quella frase sulla tazza fece sorridere anche me
quando la scrissi. Benché capisca che non c'è niente da sorridere...
^^'''' Grazie ancora per la recensione e scusa il disagio di dover
aspettare sempre così tanto recentemente...
Nezu: Ciao! Finalmente sono tornata di nuovo, eh,
sto invecchiando anch'io non riesco più ad essere veloce come prima...
penso che fra loro le cose si svilupperanno ancora, ci vuole del tempo per
certe cose, come dici tu, quindi ne vedremo ancora delle belle... Grazie
per i complimenti ^////^
Rose_White: Grazie mille, sono felice
che questa storia ti abbia appassionata. Spero vivamente che continuerà a
piacerti.
LadySnape: Ti chiedo scusa, alla fine vi
ho fatto aspettare moltissimo ed anche il prossimo aggiornamento è in
forse dato che il pc sarà in riparazione. Ma sono ugualmente felice che il
capitolo precedente sia piaciuto e spero di dare il mio meglio anche nei
prossimi. Grazie mille per il commento.
dedy94: Oddio, scusa, alla fine sono
passati anche più di due mesi, penso, dall'ultimo aggiornamento. Mi
dispiace molto. Cercherò per quanto dipende da me di essere più veloce.
Cmq sono felice che la fic ti sia piaciuta e concordo con te che Sev_papà
è assolutamente adorabile. Beh, come già ho detto a molti certamente i
Dursley avranno presto quello che si meritano e non penso ci andrò
leggera... ^__^
Lily_Snape: Oddio, sono felicemente
imbarazzata, è la prima volta che qualcuno crea un account per mettere la
mia storia fra i preferiti e ne sono più che lusingata. Non ho parole,
davvero. Spero di renderti felice allora con questo lungo capitolo di
relazione fra Sev ed Harry, un po' come quello precedente, ma decisamente
più produttivo. Cercherò di fare l'impossibile per essere più veloce. Un
bacio, Mel.
clarissa parker: Il lieto fine con me è
sempre più che assicurato. In effetti non hai fiutato male, ma non posso
sbottonarmi ancora o rovinerei la sorpresa (per quanto, possibilmente,
sgradita). Grazie ancora per il commento e per aver seguito la mia storia.
Kary91: Meno male, spero che anche
questo cap valga i due mesi e più che avete aspettato o sarò un'autrice
morta prima di poter scrivere la parola fine ^__^ Un bacione
yoko_kage13: Sì, diciamo che tratta
anche argomenti scomodi che per noncuranza alle volte vengono dimenticati
e mette in evidenza quanto sia infinitamente più difficile riparare ad un
torto piuttosto che farlo. Sono sempre lieta di sapere che qualcosa che
scrivo invita ad una riflessione, mi fa sentire degna di scrivere. Quindi
grazie per avermelo fatto sapere.
ninive: Più che l'ispirazione mi danno
il terrore, ma la conclusione è la stessa, mi fanno scrivere, quindi va
bene ^^ in quasi sei anni che faccio l'autrice mi sono abituata alle
minacce di morte, mail minatorie e vario, ma con la cruciatus non mi
avevano ancora minacciata XDDD Cmq grazie per lo sprone ^^
Persefone Fuxia: Sì, come dicevo sopra
non è mai facile parlare di argomenti 'scomodi', perché non si sa mai
quanto si può dire e come essere duri e delicati al tempo stesso. Ci ho
provato, non sempre sono soddisfatta del risultato, ma mi impegno come
posso e sono felice che questa storia abbia ricevuto così tanti consensi.
Parlare di un Sev giovane e di un Harry bambino mi fa sempre sognare ad
occhi aperti e davvero sono contentissima di aver avuto la possibilità di
scrivere questa storia. Sì, Harry e Sev hanno bisogno l'uno dell'altro e
mano a mano che la storia andrà avanti questo diventerà sempre più chiaro,
prima a loro e poi a tutti gli altri. Ti assicuro, come ho assicurato agli
altri, che i Dursley la pagheranno e non sarò tenera con loro, vorrei
esserlo, ma mi rifiuto e li punirò severamente. Grazie ancora per la
recensione e per aver condiviso con me la tua opinione sulla storia.
Tigre94: Ciao, innanzitutto in bocca al
lupo per l'inizio della scuola, ti capisco, appena iniziato settembre già
un esame anch'io e altri tre prima della fine del mese. Insomma un
inferno. Molti hanno notato quel 'se'. In realtà non indicava niente, ma
come confessavo sopra la mia mente diabolica ha elaborato un piano
terribile e ci sarà un mega scontro Severus vs. Sirius. Ho già scritto
diversi dialoghi fra loro e fra loro e Remus, non vedo l'ora di metterli
nel loro capitolo ^__^ uh uh uh
Arrivati qua non posso che augurarvi
buona lettura e ringraziare tutti coloro che leggono, che si sono iscritti
alla fanlisting, che mi hanno mandato mail in privato per commentare o
chiedere.
Davvero mi sento felice di poter scrivere per tutti voi e donarvi
qualcosa, perché senz'altro lo meritate.
Mel
The Heart of Everything
17 - / The hands that save you /
Quella domenica mattina l’articolo in prima pagina del Profeta parlava di
Black e questo indubbiamente gli rovinò l’inizio della giornata.
Albus si era già mosso, chiaramente.
Il Wizengamot si sarebbe riunito all’inizio della prossima settimana e, in
quell’occasione, sarebbero state presentate le prove della presunta
innocenza di Black.
Nonostante tutto Severus Snape sorrise fra sé e sé.
Se anche la corte suprema dei maghi avesse scagionato quel patetico cane
pulcioso da tutte le accuse e lo avesse rilasciato immediatamente, sarebbe
comunque stato troppo tardi.
Il bambino era suo ormai.
Il documento presentato al Ministero chiedeva l’affidamento del giovane
Harry Potter ed era controfirmato da Dumbledore stesso come garante.
Il Ministero non aveva alcun motivo per rifiutare una simile richiesta.
E quando Black si sarebbe ripreso dal suo soggiorno ad Azkaban ed avrebbe
inoltrato domanda per diventare il nuovo tutore del bambino avrebbe
scoperto che qualcun altro aveva già preso il suo posto.
Snape non poté assolutamente contenere un sorriso soddisfatto, neanche
dietro un lungo sorso di tè.
Chiuse poi il giornale in tempo per vedere il bambino-Potter scivolare
silenziosamente in cucina.
“B-buongiorno, signore”.
“Buongiorno, Harry. Siedi, aspetteremo insieme la colazione”.
Il bambino ubbidì e sedette felice. Ogni mattina era così piacevole stare
al tavolo con l’uomo-Sevreus e non doversi accucciare per terra come il
piccolo Harry doveva fare ad ogni pasto in casa di Zio Vernon.
Ed il bimbo non sapeva spiegarlo bene, nemmeno a se stesso, ma quel loro
‘dividere’ il tempo ogni mattina, tutte quelle piccole, importantissime
cose che si ripetevano ogni dì, sapere cosa aspettarsi e vederlo accadere
con precisione, sapere come fare le cose perché l’uomo-Sevreus gliele
spiegava e gliele faceva vedere… tutto era così bello, era come essere in
pace, era esserlo per la prima volta. Ed ogni giorno, grazie a questo, il
piccolo Harry si sentiva un po’ più sicuro.
L’uomo-Sevreus, nonostante il suo aspetto nero e triste e spaventoso, era
l’uomo più bravo che Harry avesse mai conosciuto ed il piccolo non
riusciva a dare ancora un nome alla strana sensazione che lo avvolgeva
tutto quando lo vedeva, lì seduto al tavolo che avrebbero diviso. Non
sapeva trovare un nome per quella fortissima voglia di sorridergli, di
fargli vedere che era veramente un bravo bambino se voleva e l’infinito
desiderio delle sue parole buone, dei suoi complimenti.
Era tutto così nuovo, ma confortante.
Eppure alle volte, soprattutto la notte, l’ansia lo sconvolgeva. Niente di
così meraviglioso poteva durare, non se era del piccolo Harry che si
parlava, e l’attesa che qualcosa di orrendo capitasse a portargli via
l’uomo-Sevreus lo lasciava sempre infelice a rigirarsi fra le coperte che
l’uomo gli aveva regalato.
Eppure nel suo piccolo cuore Harry sperava che comportarsi bene sarebbe
bastato.
L’uomo-Sevreus aveva detto che tutto quello che era stato prima,
nell’altra casa di Harry, doveva essere dimenticato e quindi il piccolo
poteva ricominciare tutto da capo e comportarsi esattamente come
l’uomo-Sevreus, sembrava una splendida, splendida idea. Forse così si
sarebbe fatto voler bene, come quando Dudley cercava di imitare il suo
papà e mangiare tanti piatti quanto lui e Zio Vernon gli batteva
orgoglioso una mano sulla pancia, ridendo e lodandolo.
Sì, Harry non poteva assolutamente sprecare questa sua nuova,
meravigliosa, occasione.
E quindi, giusto per darsi un tono, dato che tutti attorno a lui lo
facevano, sospirò.
Severus alzò lo sguardo dal giornale e osservò in tralice il bambino.
Un elfo domestico apparve e servì la colazione.
Il giovane maestro prese il proprio tè e ne bevve un sorso, posando poi la
tazza rumorosamente, perché scivolatagli dalle dita. Un suono simile
echeggiò dopo il suo, un altro sguardo con la coda dell’occhio. L’uomo
sorrise fra sé e sé. Di nuovo prese la tazza e bevve due sorsi,
risucchiando volutamente un po’ d’aria e facendo rumore. Ancora una volta
due suoni simili fecero eco ai suoi. Allora l’uomo si scostò leggermente
dal tavolo e sollevò ancora la tazza, questa volta accavallando le lunghe
gambe. Tutto quello che poté fare, per trattenersi dal ridere apertamente,
fu distogliere lo sguardo dai buffi tentativi del bambino-Potter di
intrecciare le sue piccole, corte gambine. Oh, per il santo Merlino! Il
bambino lo voleva a tutti i costi imitare. E se questo da una parte lo
lusingava sfrontatamente, dall’altra non era la strada giusta.
Senza contare che, scrupolosamente attento ai dettagli, il bambino non
aveva ancora mangiato niente, così come era abitudine di ogni mattina per
il maestro di Pozioni.
L’uomo sospirò e, mentre un altro piccolo sospiro faceva di nuovo da eco
al suo, il giovane mago disse:
“Harry, avrai tutto il tempo per imitarmi dopo che avrai fatto colazione.
Non devi saltare i pasti”.
Il bambino-Potter abbassò la testolina, cercando di farsi ancora più
piccolo, come colto in flagrante.
“Mi dispiace, signore. Non lo farò più, signore”.
Severus si fece più vicino e con delicatezza e molta calma gli sollevò il
visino.
“Non c’è niente di cui scusarsi, è una cosa normale quella che volevi
fare, ma non è quello di cui hai bisogno”.
Harry lo guardava attentamente, mordendosi uno dei labbrini.
“Ma… ma Harry non è bravo a fare le cose da solo, perché Harry sbaglia
sempre e… e se fa quello che fa il signore-Sevreus forse si comporterà
bene”.
Il suo sguardo era acceso e si vedeva che credeva fermamente in quello che
stava dicendo, ovviamente ignaro del fatto che in nessun universo, nemmeno
in uno parallelo, comportarsi come Severus Snape sarebbe equivalso a
comportarsi bene.
Beh, dopo un istante di auto-denigrazione il giovane uomo rifletté.
Più tardi avrebbe dovuto affrontare con il bambino-Potter anche il
problema di quel suo dannato modo di esprimersi e parlare di se stesso in
terza persona. Come un comunissimo elfo domestico. Oh, certamente un altro
dei “regali” di Vernon Dursley.
Gli occhi verde fuoco del bimbo attendevano ancora una risposta e tornando
al presente Snape disse:
“Non è affatto necessario imitarmi, Harry, per ottenere la mia
approvazione – fece una breve pausa. – Sai cosa significa la parola
approvazione, vero?”
Il bimbo Potter annuì, poi aggiunse:
“Quando una cosa va bene”.
Severus si accontentò di quella definizione stiracchiata, replicando a sua
volta:
“Come dicevo, imitare gli altri non è ciò di cui hai bisogno”.
Si fermò. Come spiegare l’importanza dell’imparare dai propri errori ad un
bambino picchiato per ogni più piccola mancanza? Riprese, mascherando
l’incertezza.
“Devi decidere da solo come comportarti nel modo che ti sembra giusto;
sulla base di quello che imparerai di buono nella tua vita puoi fare le
tue scelte in ogni situazione”.
Quegli occhi adesso sembravano un lago verde di profondi dubbi.
“Comunque, se lo desideri, più tardi avremo occasione di parlare di ciò
che mi aspetto da te, Harry, e del tuo comportamento. Va bene?”
Il bambino-Potter annuì con chiara decisione.
Era evidente che il bimbo non era ancora in grado di gestire troppa
libertà.
In pochi minuti l’uomo attese che il piccolo Potter finisse la colazione e
lo portò con sé in sala.
“Va’ a prendere la tua scatola dei compiti, Harry”.
Subito il bimbo si affrettò a trarre la scatola di latta dall’ultimo
scaffale della libreria di destra.
Nel frattempo Snape usò quella manciata di secondi per trasfigurare
nuovamente la poltrona verde-argento nel piccolo scrittoio personale del
bambino.
Il bimbo lo guardava dal centro del salotto, la piccola lucente scatoletta
stretta in mano.
“Esercitati ancora sul foglio di ieri mattina, quando hai finito portamelo
e lo controlleremo insieme. Prima che la mattina sia finita intendevo
iniziare la prima lezione di lettura”.
Il bambino annuì, un piccolo sorriso sulle labbra e si mise al lavoro.
Snape sedette quindi alla sua scrivania e corresse i temi fin quando il
bambino-Potter non gli si presentò davanti con il frutto dei suoi sforzi.
Prima di sollevare lo sguardo sul piccolo Severus diede un occhio
all’orologio. Era quasi metà mattina, ma avevano tempo prima della visita
a Madam Pomfrey.
Severus prese il foglio di pergamena tutto stropicciato e sporco. Il
bambino-Potter abbassò gli occhi.
“Mi dispiace, signore. E’ tutto sporco, ma non volevo”.
Severus lasciò uscire un tono leggero mentre scorreva le colonne di
lettere tutte storte .
“Non importa, Harry, con il tempo imparerai a non macchiarlo – si fermò,
ma meditando sull’importanza di incoraggiarlo aggiunse. – Ne sono certo”.
Nel silenzio dei quartieri dell’uomo-Sevreus, il piccolo Harry ripeteva ad
alta voce monosillabi e dittonghi. Sinceramente pensava che ricordarseli
tutti fosse impossibile, ma l’uomo-Sevreus sembrava così sicuro che
davvero Harry non poteva fare a meno di credergli. Come anche soltanto per
il fatto che l’uomo non gli aveva mai mentito. Il piccolo Harry era così
contento. Alla fine quello che aveva sperato quando aveva saputo che il
signore-Sevreus era un professore si era avverato. Il suo
maestro-con-il-naso-da-pinguino gli stava insegnando tutte quelle cose che
Harry aveva sempre desiderato imparare a scuola. Adesso sarebbe stato come
tutti gli altri bambini e forse, dopo, anche le altre persone avrebbero
cominciato a vedere qualcosa di buono in lui.
La mattina di studio e lettura si interruppe per permettere ai due di
recarsi nuovamente da Madam Pomfrey.
Severus aveva necessità di portare alla donna le pozioni create di fresco
quell’alba e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, provava una certa,
scientifica, curiosità nei confronti del cibo Muggle che Poppy intendeva
sottoporre alla sua attenzione. Che Severus non riponesse alcuna fiducia
nelle conoscenze Muggle non era un segreto per nessuno e certamente ogni
cosa proveniente da quel mondo di esseri crudeli ed abusivi (come suo
padre, come i parenti del bambino-Potter) sarebbe stato propriamente
analizzato ed esaminato prima di un qualsiasi, eventuale uso.
Lo aspettava dunque un lungo pomeriggio nel suo laboratorio.
Snape quindi si alzò e chiamò a sé il bambino-Potter, gli applicò
l’unguento sulla cicatrice mentre gli spiegava dove sarebbero andati. Il
bimbo annuì tranquillamente.
Sospirando Snape si disse che effettivamente stabilire una routine aiutava
il figlio di Lily ad affrontare le situazioni note con maggiore serenità,
quindi per adesso era indispensabile, almeno fino a quando la sua fiducia
in Severus e nella sua nuova vita non fosse cresciuta fino ad un livello
accettabile.
Il viaggio sino alle porte dell’infermeria fu privo di eventi ed
assolutamente poco interessante.
Il solo pensiero che, quella stessa sera, i pacifici e silenziosi corridoi
di Hogwarts sarebbero stati presi d’assalto da una massa urlante di
ragazzini fece quasi vacillare la compostezza del maestro di Pozioni,
eppure affermare che egli odiasse il proprio lavoro sarebbe stato mentire.
Non che farlo, occasionalmente, lo affliggesse da un qualsiasi punto di
vista etico, ovviamente.
Madam Pomfrey li accolse con la solita benevolenza ed un sorriso.
“Severus, Harry!”
Snape la salutò con un cenno della testa.
Il bambino-Potter invece mormorò qualcosa che somigliava ad un
“Buongiorno” timido e quasi inudibile.
“Poppy ti ho portato le nuove scorte di Calming Draught”.
“Molto bene, ti ringrazio Severus. Io invece ho per te il cibo Muggle da
dare ad Harry”.
Severus sospirò esageratamente.
La donna, ignorandolo, entrò nel proprio ufficio e ne uscì porgendo al
Professore una piccola scatola bianca che stava perfettamente nel palmo di
una mano.
“E’ stato ridotto per comodità…” disse innecessariamente la donna.
Snape annuì e accettò il pacchetto, mettendolo in una delle ampie tasche
che si nascondevano fra le pieghe del suo mantello.
Madam Pomfrey si inginocchiò quindi davanti al piccolo Potter, facendo
scorrere i suoi gentili occhi sulla piccola figura.
Harry aveva seguito il passaggio della piccola scatola bianca con
malcelata curiosità fino a quel momento.
“Allora giovanotto, tutto bene oggi?”
“Sì, signora” e abbassò lo sguardo.
Poppy si rivolse all’uomo.
“Pensi sia necessario un controllo anche questa mattina?”
Snape scosse la testa, i lunghi capelli gli accarezzavano le spalle.
“No, è stato sufficiente ieri, non è accaduto nulla di rilevante durante
questo periodo”.
La donna si rialzò, soddisfatta.
“Bene. Allora immagino che avrai il tuo daffare ad analizzare quello che
ti ho portato, non ho forse ragione?”
Severus ignorò il leggero accento divertito ed il principio di sorriso
sornione sulle labbra della donna, ma non negò.
Si assicurò l’attenzione del bambino-Potter e fece per uscire. Si volse,
battendosi un colpetto sulla tasca dove aveva riposto la scatolina bianca
ed inclinò la testa.
Madam Pomfrey accolse quel silenzioso ringraziamento con un ultimo
sorriso.
Mentre attraversavano gli atri di fronte alla Great Hall Severus osservò
il tempo fuori dal castello.
Il bambino trotterellava al suo fianco, poteva vederlo con la coda
dell’occhio.
Una voce lo distrasse dalle sue elucubrazioni.
“Severus, mio caro ragazzo!”
“Albus”.
“Oh, il giovane Harry, anche”.
Il bambino-Potter si fece leggermente più indietro.
Dumbledore sorrise loro nuovamente.
“E’ quasi ora di pranzo. Non vorreste raggiungerci nella Hall?”
Severus rispose immediatamente, senza pensarci due volte.
“Non ritengo che il bambino sia pronto per questo, Albus”.
Il vecchio mago non perse il suo sorriso.
“Allora sarà per un’altra volta, miei cari ragazzi”.
“Indubbiamente”. ‘No’ aggiunse nella sua mente il giovane uomo e si
allontanò con il bambino-Potter.
Tsk! Albus che parlava loro come se niente fosse successo, che sorrideva
loro come se non avesse tentato di separarli solo qualche giorno prima.
Snape rinunciò a comprenderlo e riprese il suo silenzioso ritorno verso i
suoi quartieri.
Lui ed il bambino-Potter pranzarono. Il tempo prometteva ancora bene.
Severus sospirò. Ormai l’unguento gliel’aveva già messo…
Guardò il bimbo.
Finito di mangiare Harry era tutto intento a giocare con la forchetta. La
disponeva perpendicolarmente al cucchiaio e poi cercava di creare figure e
ricalcava il bordo di tutti gli oggetti sul vassoio con la punta stondata
dell’altro lato della forchetta.
Severus in qualche misura si rattristò che il figlio di Lily non avesse
altro con cui giocare che una posata. Da quello che sapeva i maledetti
Dursley non si erano mai preoccupati di comprare dei giochi per il
bambino, mentre il loro grasso, inutile figlio ne aveva così tanti da non
sapere quale rompere prima.
Severus si alzò, pieno di una sorta di equa indignazione ed una punta di
oltraggio.
“Harry andiamo in giardino, vestiti per bene”.
Quasi il piccolo Harry lanciò un gridolino di gioia. L’uomo-Sevreus lo
portava di nuovo fuori! Subito posò la forchetta e corse a vestirsi, non
voleva che l’uomo cambiasse idea. Snape occupò il tempo vergando un breve
messaggio su una pergamena, appose la firma della scuola e convocò un elfo
domestico.
“Assicurati di inviarla con uno dei gufi di Hogwarts, quando la missiva di
ritorno ed un pacchetto arriveranno alla Guferia fai in modo di mandarmeli
entrambi con un altro gufo”.
L’elfo s’inchinò e scomparve.
Al suo posto comparì il bambino-Potter di ritorno dalla sua camera. Snape
prese il mantello e se lo drappeggiò sulle spalle. Insieme uscirono sulla
distesa ghiacciata attorno al castello. Il camino di Hagrid sbuffava fumo
bianco, riempiendo l’aria di un sottile aroma di legna bruciata. Le cime
degli alberi erano immobili sotto il peso della neve fresca caduta durante
la notte.
Il piccolo Harry fece per chinarsi a raccogliere della neve quando parve
ripensarci e alzò il visino verso l’uomo. Snape annuì. Poi si sentì in
dovere di ricordargli:
“Non correre e non ti allontanare”.
Guardare il bimbo giocare riempì Severus di una sorta di calma.
I suoi occhi, comunque, scrutavano sempre attorno a loro, preparati a
cogliere qualsiasi anomalia, qualsiasi nascosto pericolo. Il sole brillava
debole su Hogwarts.
Il bambino gli stava ubbidendo, come ogni volta. Snape doveva ammettere
con se stesso che all’inizio, quando gli era stato detto che avrebbe
dovuto occuparsi di un bambino di sei anni, aveva realmente temuto il
peggio.
Ore ed ore di detenzione per il piccolo marmocchio dei Potter, perché
Snape ne era certo, il figlio di James non gli avrebbe ubbidito nemmeno
“per magia”.
Ed invece, per merito e colpa di Vernon Dursley, il piccolo Harry Potter
non si sentiva in diritto nemmeno di vivere senza permesso. E se da una
parte, cinicamente, il vecchio Snape era stato contento di questa spartana
educazione (pur disapprovandone sempre il lato ingiustificatamente
violento) l’uomo rinnovato, sorto dopo quella notte di prigionia, aveva
desiderato con tutto il suo nuovo cuore di aver avuto la custodia del
bambino molto prima, per allevarlo nel modo corretto, risparmiandogli gli
abusi di quell’orrore di infanzia.
Forse, concluse osservando Harry giocare tranquillo, avere cura di un
Potter non sarebbe stato affatto difficile come credeva.
Hagrid li salutò da lontano, poi prese a parlare con Snape ed offrì un
biscotto fatto in casa al bambino. Harry guardò l’uomo-Sevreus per avere
il permesso. L’uomo-Sevreus gli spiegò che avevano pranzato da poco, ma
che avrebbe conservato lui il biscotto e glielo avrebbe dato per merenda.
Il piccolo Harry gli credeva. L’uomo-Sevreus non era come Dudley, che
mangiava tutto senza lasciare niente per Harry. Ed era così confortante
sapere che se l’uomo-Sevreus aveva detto che Harry avrebbe avuto dopo il
suo biscotto Harry lo avrebbe per davvero avuto. Il primo pomeriggio volò
via su quelle note lente e tranquille. Due volte, mentre parlava con
Hagrid, Snape risistemò la sciarpina attorno al collo del bambino-Potter e
per entrambe si disse che non poteva lasciarlo lì ad ammalarsi dopo tutto
il lavoro di Madam Pomfrey. Che Albus e Minerva non sarebbero stati
contenti, che Hagrid avrebbe pensato male di lui se non lo avesse visto
preoccuparsi di tali, ‘tutoriali’, incombenze.
Anche cinque anni dopo Voldemort Snape era ancora bravo ad inventare
scuse. Sospirò, il giorno in cui avrebbe avuto genuinamente cura del
bambino-Potter senza la necessità di ripararsi dietro un muro fatto di
mattoni chiamati scuse, allora sia lui che il piccolo Harry sarebbero
stati veramente liberi.
Quando fu ora di rientrare il bambino aveva tutta l’aria di essere
infreddolito. I guantini erano completamente bagnati, come anche la
frangia della sciarpa, continuamente trascinata a terra fra la neve.
L’uomo condusse il bambino-Potter di fronte al camino e gli tolse i
vestiti bagnati. Una manina fece per toccare il suo braccio, giusto per
reggersi mentre il maestro di Pozioni gli slacciava i difficili bottoni
del mantello, ma così come si era allungata si ritrasse verso il petto,
terrorizzata all’idea di toccare l’uomo senza permesso. Severus sospirò.
Ma quello che non si aspettava furono i due grandi occhi che si alzarono a
scrutarlo, enormi e verdi come una foresta, lì sul visino inclinato di
lato.
“Il signore-Sevreus sbuffa sempre. Mi dispiace che Harry sia sempre un
fastidio, signore. Perché Harry è un fastidio, vero, signore?”
Severus non si precipitò a negare. Odiava la gente che si affrettava a
porgere rapidi dinieghi. Quelli erano proprio i momenti in cui quelle
persone mentivano più spudoratamente o quelli in cui erano completamente
sinceri.
E dato che Snape non aveva mai avuto il piacere di credere che attorno a
lui vi fosse una cerchia di conoscenti sinceri ciò che restava era
un’infame massa di bugiardi senza pudore alcuno.
“No, Harry, non sei un fastidio per me. E non ho ‘sbuffato’. Ho sospirato,
come faccio spesso quando penso”.
Un “Oh” di comprensione e sorpresa incurvò le piccole labbra. Così tante
richieste di conferma. In quel momento parve a Snape che non avrebbero mai
avuto fine.
Severus spedì a letto il bambino-Potter dopo aver acceso il fuoco nella
sua stanza e dopo avergli fatto mangiare un frutto ed il biscotto di
Hagrid inzuppato nel latte.
Finalmente con un po’ di tempo per sé fra le mani, Snape prese la
scatoletta bianca che Madam Pomfrey gli aveva consegnato quella mattina e
la posò su uno dei tavoli vuoti del suo laboratorio.
“Engorgio”.
La scatola quadruplicò rapidamente le proprie dimensioni, gonfiandosi
sempre di più.
Il giovane uomo la aprì, osservando con occhio critico la serie di
confezioni gialle e azzurre.
Con cautela ne sollevò una.
“****** Platessa e fagiolini. Solo pesce controllato e garantito in
allevamento. Dal 6° mese. Due vasetti da 125 grammi. Senza conservanti.”
Snape sollevò un sopracciglio. Si infilò i guanti di pelle di drago che
riservava per le occasioni in cui doveva maneggiare ingredienti pericolosi
e aprì un vasetto.
Qualche ora dopo ed innumerevoli esperimenti dopo, il maestro di Pozioni
aveva testato il cibo contro qualsiasi veleno, contaminazione o forma di
inquinamento.
Ne aveva studiato le componenti, il confezionamento, gli eccipienti, le
proprietà, le reazioni con altri elementi, l’odore, il tatto e per ultimo
il sapore.
Uhm, pesce. E verdure.
E arricchite di nutrienti, per giunta. Perfetto equilibrio di grassi
naturali, proteine, fibre, zuccheri. E ben sigillati.
Per molti versi, in sintesi, migliore del cappone al caramello che qualche
natale Albus chiedeva agli elfi.
Severus si arrese all’evidenza. In fondo non tutto quello che era Muggle
era da buttare e bruciare come suo padre e gli zii di Potter.
L’ultimo problema rimasto era scoprire se al bambino-Potter sarebbero
piaciuti. Ma anche questa era un’incertezza retorica considerata la mole
di gusti diversi ed i trascorsi del bambino in fatto di cibo.
Il piccolo Potter non aveva mai lasciato niente nel piatto in tutti quei
giorni. Nemmeno una volta.
Snape fece ritorno ai suoi quartieri, mancavano poco più di due ore alla
cena e forse avrebbe potuto finire le correzioni sui temi da riconsegnare
agli studenti l’indomani. Avrebbe lasciato dormire il bambino ancora un
po’…
Harry invece aveva avuto altri programmi e adesso lo guardava dal centro
del tappeto, in piedi come un soldatino.
Si era svegliato presto, non sapeva come né perché, ma non aveva dormito
bene, come se un brutto sogno non lo avesse fatto riposare. Sì, era stato
un brutto sogno, anche se adesso non lo ricordava quasi più. Aveva
semplicemente aperto gli occhi in preda al panico e non sentendo suoni era
uscito di corsa dalla sua stanza. Voleva stare dove era il
signore-Sevreus, voleva vedere il signore-Sevreus e calmarsi. E dopo dieci
minuti vissuti nel terrore che l’uomo l’avesse abbandonato, adesso se lo
trovava davanti. Voleva chiedere all’uomo-Sevreus se poteva prendere la
scatola dei compiti e fare qualcosa. Sperava che l’uomo-Sevreus non si
arrabbiasse… subito prese a tormentarsi le manine e Snape seppe che voleva
chiedergli qualcosa.
“Dimmi, Harry” lo anticipò.
Il piccolo sgranò gli occhi, come faceva l’uomo-Sevreus a sapere sempre
tutto?
Poi pensò che anche Zia Petunia pareva sempre sapere se Dudley aveva
bisogno di un altro budino dopo il secondo oppure no. Perché Zia Petunia
si occupava di Dudley e gli piaceva, e forse era vero che per
l’uomo-Sevreus Harry non era un fastidio perché, come Zia Petunia con
Dudley, se il suo uomo-Sevreus sapeva quello che Harry stava per dire o
fare era perché se ne voleva occupare veramente.
Il solo pensiero che qualcuno, soprattutto qualcuno fantastico come
l’uomo-Sevreus, si volesse occupare di lui gli regalò un calore attorno al
cuore che gli esplose nella pancia e nel petto per poi salire verso il
viso ed avvolgerlo tutto, come le coperte che finalmente poteva avere.
Che adorava il suo uomo-Sevreus lo aveva già detto, vero?
Quindi Harry si fece coraggio e chiese:
“Posso… potrei prendere la… scatola, signore? Quella dei compiti, per
favore, signore?”
Snape approvò rapidamente l’idea e lasciò il bimbo Potter ai suoi esercizi
mentre egli stesso esplicava i suoi doveri come docente.
Harry scrisse per un po’ facendo il possibile per non sporcare tutto
d’inchiostro, senza però riuscirci.
Mentre tentava di non lasciare sul foglio la settima macchia, un suono
strano gli fece alzare la testa. Era come il ticchettio della pioggia
sulla finestra, anche se il piccolo Harry sapeva perfettamente che
l’uomo-Sevreus non aveva finestre in quella stanza (e nemmeno nelle
altre). Così guardò l’uomo per vedere se anche lui aveva sentito. E il
signore-Sevreus prese la bacchetta e la agitò e da una minuscola
finestrella rettangolare, così in alto e nascosta che Harry non l’aveva
mai vista, entrò un uccello.
Il piccolo quasi fece per alzarsi e fuggire, ma al tempo stesso era così
curioso che mentre non sapeva decidersi l’uccello aveva posato un
pacchetto ed una lettera sulla scrivania e se ne era andato.
Severus alzò gli occhi. Il bambino-Potter sembrava imbambolato e fissava
con evidente stupore gli oggetti appena portati.
“Non avevi mai visto un gufo prima d’ora, Harry?” chiese l’uomo mentre
apriva velocemente la missiva e ne scrutava il breve, cortese contenuto.
“No, signore”.
“Non devi avere paura, sono animali buoni e molto utili. Portano la
posta”.
Il piccolo Harry aveva almeno un miliardo e mezzo di domande su quello, ma
annuì e dopo altri cinque minuti di muta ammirazione riprese il proprio
lavoro. In breve riempì mezzo foglio di lettere storte e sporche.
Dopo poco prese a ripetere a mezza voce le sillabe in un piacevole ritmo
sommesso che accompagnò il lavoro di Snape.
D’un tratto si fece silenzio ed il bambino-Potter emise un piccolo
sospiro.
“Hai fame?” chiese di riflesso l’uomo, un occhio all’orologio, il bambino
in effetti poteva essere affamato, erano passati più di cinquanta minuti
ed era quasi ora ormai.
Il bambino-Potter non rispose, come colto in flagrante, poi scosse la
testa ed abbassò gli occhi.
Palesemente mentiva.
Ancora non si sentiva al sicuro.
“Vieni, andiamo a cena” propose l’uomo.
Il piccolo Harry si affrettò a rimettere a posto tutta la sua roba sotto
lo sguardo d’approvazione dell’uomo-Sevreus e poi lo seguì.
Oh, lo aveva detto che l’uomo-Sevreus sapeva sempre tutto quello di cui
Harry aveva bisogno, no?
Snape ordinò espressamente per il bambino un piatto di zuppa d’avena in
bianco, per poterci aggiungere accanto il cibo Muggle. Ne prese due
confezioni diverse e le mise davanti al bambino.
“Dimmi, Harry, preferisci pollo o pesce questa sera?”
“Quello… quello che piace al signore-Sevreus…”
“Non è per me, Harry, è per te. Devi scegliere tu quello che vuoi”.
Sembrò pensarci a lungo come se quella particolare domanda non gli fosse
mai stata rivolta prima.
E probabilmente era vero.
“Oh… che sapore ha il pesce, è buono, signore?”
Snape, sopracciglio alzato, rifletté sul fatto che da quando il bambino
era arrivato, per un motivo o per l’altro, non aveva mai avuto
l’opportunità di provare un piatto a base di pesce.
“Potresti provarlo…” si poteva leggere l’incertezza del bambino sul suo
viso.
Severus pensò che una piccola spinta fosse necessaria.
“Sì, proviamolo”.
Scelse quindi il ben noto gusto platessa e fagiolini e lo servì al
bambino-Potter assieme alla zuppa bianca d’avena.
Snape non si accorse di star quasi trattenendo il fiato fin quando il
bambino-Potter non assaggiò il primo boccone.
Una sorta di sorriso si dipinse sulle sottili labbra del giovane uomo,
mentre il piccolo Potter mangiava di gusto.
Per concludere Severus scelse un altro vasetto, questa volta alla frutta,
mela e banana, e si assicurò che Harry lo mangiasse.
Adesso che quell’ultima domenica di vacanza volgeva al termine Severus
Snape seppe che non vi era più tempo per procrastinare.
Era giunto il momento di parlare al bambino.
Severus sapeva che c’erano diversi argomenti che andavano affrontati al
più presto e spero di riuscire a trovare le parole giuste.
Spiegare la differenza fra giusto e sbagliato era un qualcosa di
estremamente complesso.
Comunemente le esperienze della vita portavano ogni uomo verso la propria
personale interpretazione di quelle due realtà e quindi, in seguito,
ognuno si comportava di conseguenza, perseguendo ora il bene, ora il male.
Ma come spiegarlo ad un bambino?
Eppure il maestro di Pozioni non si sarebbe tirato indietro.
Aveva deciso che quel weekend sarebbe stata l’opportunità adatta per
conoscersi meglio, prima che il ritorno degli studenti e l’inizio della
scuola gli sottraessero gran parte del suo tempo.
Come ogni sera portò il bambino in sala, ma non lo accolse sulle proprie
ginocchia. Voleva che niente lo distraesse mentre Severus avrebbe cercato
di spiegargli come girava il mondo.
Quindi ritrasfigurò il piccolo scrittoio del bimbo nella bella poltrona
verde e argento e la indicò per fargli capire che doveva sedersi su di
essa.
Il bimbo prontamente ubbidì.
Snape si ritrovò in gola tante parole incastrate fra di loro, ma nessuna
sembrava adatta a cominciare quel lungo, intenso dialogo.
Un vasto abisso di ‘se’ lo condusse verso l’incertezza. La paura di
mentire involontariamente, così com’era abituato a fare da lungo tempo, la
responsabilità totale di quello che avrebbe detto e di come ciò avrebbe
piegato, plasmato la mente di quel piccolo, potentissimo mago. Tutto ciò
che di sbagliato poteva accadere veniva sussurrato dalla sua anima nera al
suo nuovo cuore, desideroso di gettarlo in confusione.
In un attimo di risolutezza egli rinunciò per sempre al fantasma del suo
amore per il potere e lasciò che soltanto il bambino-Potter fosse il
protagonista della sua stessa educazione, così com’era giusto che fosse.
Con un calma che ancora non sentiva pienamente propria non ebbe che la
scelta di cominciare dall’inizio.
“Hai delle domande che vuoi farmi, Harry?”
La richiesta colse di sorpresa il bimbo. Severus ipotizzò che nessuno
gliel’avesse mai rivolta prima, anzi ne aveva una discreta certezza.
“P-posso, signore?” giunse incerta la pseudo-risposta.
Inutile disquisire sulla maleducazione di rispondere ad una domanda con
una domanda adesso.
Snape si era già preparato ed esercitare tutta la pazienza di cui era
dotato e tentare di condurre per mano il bambino-Potter verso la
comprensione di alcune cose essenziali.
Quali la magia e la verità su James e Lily Potter.
Nel frattempo si ritrovò a ripetere ancora una volta quanto aveva
assicurato al bambino la sera precedente. Profondamente convinto della
veridicità del detto latino ‘Verba volant, scripta manent’ si appuntò
mentalmente di far scrivere una lista delle cose permesse al
bambino-Potter non appena ne fosse stato in grado.
Per il momento si limitò a dire:
“Ricorda sempre Harry che qui nelle mie stanze ti è sempre permesso
chiedere, qualsiasi cosa tu voglia sapere o di cui tu abbia bisogno”.
Leggermente più sollevato il bimbo annuì.
“Quindi… ci sono cose che vuoi chiedermi?”
Severus aborriva l’utilizzo di termini generici come ‘cosa’ o ‘roba’, ma
aborriva ancor di più non essere comprensibile per il piccolo Potter
quindi aggiunse questo sforzo a tutti gli altri.
In cuor suo sentiva che quella era la direzione giusta.
Un piccolo tormentarsi le manine, di breve durata questa volta ed Harry
alzò il viso.
“Quando può Harry cominciare a lavorare per il signore-Sevreus, signore?
Harry deve guadagnarsi tutte le cose belle che il signore-Sevreus gli dà…”
Severus non ricordava affatto di avergli dato cose belle, ma ponderò che
probabilmente data l’estensione degli abusi un letto, cibo, vestiti e
delle coperte fossero cose belle per il bambino-Potter. Probabilmente le
più belle che avesse mai avuto. Ormai stava perdendo la capacità di
stupirsi per ciò che il povero bimbo diceva, benché potesse essere
sorpreso da come il suo odio per quei Muggle potesse ancora crescere.
Lentamente si piegò di poco in avanti, per farsi più vicino e sottolineare
l’importanza di quello che stava per dire.
“Harry, non sei più nella casa dei tuoi zii, qui non devi lavorare né per
me né per nessun altro e non devi guadagnarti niente, tutto quello che hai
adesso e molto altro ti verrà dato perché così è giusto e non ti mancherà
niente… non ti farò mancare niente, perché lo meriti, capisci?”
Forse aveva parlato confusamente, il bambino-Potter lo guardava come fosse
stato un Thestral in equilibrio su una palla.
Evidentemente la meritocrazia non era stato l’argomento favorito di Vernon
Dursley.
Probabilmente dovevano partire ancor più dall’inizio.
Severus sospirò e prese fiato.
Accavallò le lunghe gambe e posò su di un ginocchio le mani intrecciate.
“Adesso Harry, voglio che mi ascolti con la massima attenzione. Ci sono
alcune cose di cui parleremo”.
Il bambino annuì.
I suoi enormi occhi verdi avevano un’espressione incerta, ma vigile.
“I tuoi zii, le persone con cui hai vissuto prima di arrivare qui da me,
ti hanno mentito. Per molto tempo”.
Severus prese di nuovo fiato e attese che quelle prime, sconvolgenti
parole, avessero il tempo di sedimentarsi nell’animo del bambino-Potter.
“Sei consapevole che al mondo esistono tanti tipi di persone?”
Oh, certo che Harry lo sapeva. C’erano i vecchietti come il nonnino, le
persone strane come l’omone ‘Agrid’ e i maestri-pinguino.
“Sì, signore”.
Snape annuì in assenso.
“Certe volte, durante la loro vita, alcune di queste persone diventano
cattive, Harry. Diventano persone che fanno del male agli altri senza un
motivo. I tuoi zii, Harry, sono così. Ti hanno fatto del male senza
motivo, perché tutto quello che ti hanno detto era una bugia. Una bugia
per tentare di giustificarsi. Sai cosa significa giustificarsi, Harry?”
Harry scosse la testa e Snape glielo spiegò rapidamente.
“Capisci?”
“Ma non sono bugie, signore, Harry è veramente brutto e sbaglia sempre e
non è un bambino normale e…”
“No, Harry. Sono bugie. Ti sto guardando adesso e non vedo altro che un
bambino come tutti gli altri, con gli occhi verdi di sua madre e gli
stessi capelli di suo padre, un bambino ubbidiente ed intelligente, che
sta imparando a scrivere e che ascolta quello che gli viene detto. Tu sai
che non ti ho mai mentito e non lo farò nemmeno questa volta – si fece più
vicino, i suoi occhi neri persi in quelli del bimbo. – Ti sto guardando
Harry e vedo solo un bravo bambino”.
Due lacrime, veloci come un lampo nel sereno cielo estivo, caddero su
quelle piccole guance rosate.
Snape abbozzò un sorriso.
Il piccolo Harry guardava il suo uomo-Sevreus, senza sapere cosa dire
mentre nel suo petto una sensazione fortissima lo trascinava via.
Era come stare bene dentro, come quando poteva di nuovo respirare aria
buona dopo che Zia Petunia lo lasciava uscire dalla cantina.
Era come essere stati perdonati di tutto quello che Harry pensava di aver
fatto di male nella sua vita.
Tutto perdonato, tutto insieme.
Per una parola dell’uomo-Sevreus.
Il piccolo Harry Potter avrebbe per sempre ricordato quel momento, anche
una volta diventato grande, come il momento in cui realmente Severus Snape
era divenuto tutto il suo mondo.
Snape trasse dalla tasca un fazzoletto pulito e lo porse al
bambino-Potter.
Attese che si calmasse e che tutto quello che aveva appreso diventasse la
nuova realtà che andava a cancellare il vecchio dolore.
Lentamente riprese.
“Devi dimenticare tutte quelle bugie, Harry, come se non fossero mai
esistite, come se non ti fossero mai state dette ed un giorno, quando
sarai grande, potrai decidere se perdonare i tuoi zii o no, per adesso
devi soltanto impedire che ti facciano ancora del male”.
La sola menzione di un possibile perdono gli rivoltava lo stomaco, ma
Snape si rifiutava nella maniera più assoluta di insegnare al bambino ad
odiare. Il mondo aveva già un mago di straordinaria potenza pieno d’odio e
vendetta, Merlino sapeva che non v’era bisogno di averne un altro.
Più che mai adesso Severus lo riteneva vero, molto di quello che si
diventava era la forma umana dei sentimenti che ci hanno pervasi
nell’infanzia. In quel periodo così vulnerabile ed importante il nostro
piccolo mondo diventa le mani che modellano il carattere e la possibilità
di scelte in futuro, così come un vasaio modella un vaso con la pressione
delle dita. Come era facile divenire colmi di dolore e lasciare che questo
diventasse risentimento ed invidia e desiderio di distruzione, verso se
stessi, verso gli altri; Severus questo lo sapeva e per quanto in suo
potere sperava di salvare il bambino-Potter, voleva essere le mani che lo
potevano salvare e condurre in porti sicuri che ne avrebbero fatto fiorire
la grandezza. Sperava solo che non fosse tardi, perché Severus Snape non
era bravo a pulire anime già sporche senza annegare nel sentimento
d’ipocrisia. Ma con speranza ricordava che non era come era stato per lui,
Harry conservava ancora il suo sorriso e le sue lacrime. Era ancora nella
fase in cui si sogna che qualcosa di magico porti via il male. E così
poteva essere.
Snape si fece ancora più vicino, sopprimendo l’urgenza di prendere la mano
del bambino nella sua.
“Io sarò qui per impedire che ti facciano del male, ma tu dovrai cacciarli
dalla tua testa, dai tuoi pensieri e sarai libero, Harry, libero. Libero
da tutti, libero di decidere, libero di vivere”.
Era un concetto difficile, forse, e non pensava che il bimbo ne avesse
compreso tutte le sfaccettature, ma era quello che sentiva di dover dire.
Perché Harry Potter aveva il diritto di essere libero. Di essere libero
persino dall’influenza di Severus stesso. Libero.
Il visino del piccolo Harry si alzò di scatto.
“Harry non vuole essere libero senza il signore-Sevreus. Non vuole”.
Snape a fatica contenne un sorriso.
“Mi avrai con te per tutto il tempo che vorrai, Harry, non andrò via senza
di te. Te lo prometto”.
E questa volta fermare la mano fu impossibile ed essa si posò lieve su
quella guancia ancora umida, per accoglierla nel palmo e carezzarla con il
pollice, lentamente.
Un punto di profondo contatto fra le loro esistenze veniva scritto quella
sera.
Severus ritirò la mano e la sua parte rigida ed inflessibile di insegnante
ebbe l’ardire di emergere per qualche istante, giusto per farlo uscire da
quella serata con un minimo di reputazione ancora.
“Non esistono più le regole dei tuoi zii, Harry, però questo non significa
che non ci siano le mie. Va bene? Mi puoi sempre chiedere tutto quello che
vuoi sapere o tutto quello di cui hai bisogno. Ti potrò dire di sì o ti
potrò dire di no, ma te ne spiegherò sempre la ragione. Devi ascoltare
quello che ti dico e ubbidire, anche quando non ti sembra giusto, se
vorrai potrai chiedermi il perché delle mie decisioni, ma mi aspetto
ugualmente che tu mi ubbidisca. Puoi mangiare o chiedere da mangiare
quando vuoi, quando sarai un po’ meno spaventato dalle creature magiche ti
insegnerò come chiamare gli elfi per farti portare del cibo. Puoi stare
qui con me in salotto tutte le volte che vuoi, anche quando non ci sono,
ma non nella mia stanza, a meno che tu non abbia bisogno di me ed io sia
lì. Ti è chiaro questo punto?”
Il bambino-Potter annuì fermamente poi ripeté.
“Mai nella stanza del signore-Sevreus”.
“Ma se hai bisogno di me ed io sono nella mia stanza?”
Mettere in difficoltà il bimbo, purtroppo, era sin troppo semplice. Snape
mantenne il saldo controllo della propria pazienza, in fondo il figlio di
Lily aveva passato molti brutti momenti in precedenza, anche in quelle
stanze. Severus ancora ricordava la tragedia sfiorata con la Wolfsbane…
“Se hai bisogno di me ed io sono nella mia stanza, bussi ed entri quando
ti rispondo, va bene?”
Potter annuì di nuovo.
“Entro e busso, signore”.
“Possibilmente non in quest’ordine, Harry…”
Il bimbo quasi rise dell’espressione disperata di Severus.
Il giovane uomo si ricompose brevemente.
“Tu sai che sono un professore, vero? – altro cenno positivo da parte del
piccolo. – Quindi sai che devo tenere delle lezioni con gli alunni che
frequentano questa scuola, nel fine settimana posso tenermi abbastanza
libero, Harry, ma durante la settimana posso tornare qui soltanto la sera.
Non avrò la possibilità, se non qualche rara volta, di pranzare con te.
Voglio che la mattina, anche quando non ci sono, tu venga qui in sala e
prenda la tua scatola dei compiti. Fai i tuoi esercizi tutte le mattine,
quando torno ne potremo parlare. Quando saprai leggere e scrivere ti
insegnerò molte altre cose. Dopo i tuoi compiti puoi giocare quanto vuoi”.
A quelle parole la felicità del bambino scomparve dal suo piccolo viso,
lasciando il freddo di un’infanzia negata. Severus si dispose ad ignorare
quel problema per il momento, lo avrebbe risolto prima di mandare il
bambino a letto, ma adesso voleva tenere l’attenzione del piccolo
concentrata ancora un po’ sulle informazioni fondamentali.
“E poi le cose che sai già. Mangia tutto quello che gli elfi ti portano a
metà mattina, a pranzo e a metà pomeriggio e non uscire mai da quella
porta – qui indicò la porta di pesante legno che garantiva l’accesso al di
fuori dei quartieri di Snape – senza di me, mai, per nessuna ragione.
Chiaro?”
“Sì, signore”.
“Molto bene”.
Un attimo di silenzio pervase il cambio d’argomento.
Snape sapeva che non era ancora finita. Si stava facendo tardi, doveva
sbrigarsi.
“Adesso rispondimi sinceramente, Harry, perché parleremo ancora di due
cose molto importanti”.
Severus si accostò al bordo della sedia, per farsi più vicino al
bambino-Potter.
Non che avesse paura di non essere udito, il silenzio inondava la stanza.
“Sai come i… sai qualcosa sui tuoi genitori, Harry?”
La domanda colse il piccolo Harry come un fulmine a ciel sereno. Prima
ancora che le parole arrivassero veramente alla sua testa, il suo corpo
prese a tremare ed il piccolo si lasciò quasi scivolare a terra,
raccogliendosi come una minuscola palla sull’immensa poltrona
verdeargento.
Severus immaginava che non sarebbe stato facile.
Chissà quali menzogne gli erano state raccontate e, se anche i Dursley non
avessero mentito, bastava la realtà dei fatti a rendere amaro e triste
quel momento.
“Harry, parlami. Dimmi, cosa sai?”
“Mi dispiace, mi dispiace tanto…”
Severus posò di nuovo la sua mano calda sulla guancia del bambino-Potter.
Non voleva che si perdesse nel suo mondo di dolore, voleva che parlasse,
che gli raccontasse come aveva vissuto quel lutto in quegli anni.
“Parlami, Harry, senza paura”.
Il bimbo si asciugò gli occhi che Snape non aveva visto bagnarsi,
stringendo fra le ditine il fazzoletto di Severus.
Poi lentamente si tirò su. La sua incertezza parve durare secoli ancora,
ma alla fine disse:
“Zia… Zia Petunia diceva che mamma era cattiva e papà anche peggio, ma…
ma… ma che nessuno era cattivo quanto Harry e… – infinite nuove lacrime
presero a sgorgare copiose. – E che mamma e papà erano così o-orrorizzati
da avere Harry che hanno preferito andare in cielo piuttosto che stare con
Harry”.
Snape si passò una mano sul viso.
Era sempre stato un fermo oppositore della violenza sulle donne, ma certe
idee, riteneva, presentavano le loro eccezioni.
Riempire la testa di un povero bambino orfano di tali disgustose bugie.
Davvero la crudeltà di quei Muggle non aveva fondo e non conosceva
vergogna, né rispetto per i morti. Nemmeno rispetto per il proprio sangue,
per la propria sorella.
“Tua zia ti ha mentito ancora una volta, Harry”.
Il tono uscì più duro di quanto fosse necessario, ma servì ad attirare la
completa attenzione del bimbo.
I suoi occhi verdi si specchiarono in quelli neri dell’uomo, senza
distogliersi.
Severus continuò, più pacatamente.
“Ho conosciuto i tuoi genitori, James e Lily Potter. E posso dirti con
ogni certezza e al di là di qualsiasi dubbio che non esisteva al mondo una
persona che loro amassero più di te quando sei nato, Harry. Puoi chiedere
a Madam Pomfrey, puoi chiedere al Preside, puoi chiedere persino ad
Hagrid. Ti diranno la stessa cosa, perché tutti conoscevano i tuoi
genitori qui e sapevano di quale amore erano capaci, soprattutto quando si
parlava di te, il loro unico figlio”.
Il piccolo Harry lo guardava a bocca aperta, quasi sconvolto dal pensiero
di poter essere, forse, davvero stato amato un tempo.
“Devi crederci, Harry, i tuoi genitori ti amavano e non si sarebbero mai
separati da te, se non con la forza”.
L’ironia del momento era come viva attorno a Snape.
Ma guardatelo, il nemico giurato di James Potter, l’aggressiva e
vendicativa preda dei Marauder, Severus Snivellus Snape, pronto a
difendere a spada tratta l’amore del suddetto James per Lily e per Harry.
Se il momento non fosse stato così precario ed influente probabilmente il
giovane maestro si sarebbe lasciato ad una vuota, patetica risata.
Ma il bambino-Potter lo guardava ed aveva bisogno della sua
rassicurazione, non del suo folle rimembrare tempi ormai morti.
Si stava facendo tardi. Non voleva che l’attenzione del bimbo vacillasse
per la troppa stanchezza. Dovevano assolutamente concludere i loro
argomenti quella sera stessa.
“Immaginavo che nessuno si fosse preso del tempo per spiegarti cosa è
accaduto veramente…” disse Snape scuotendo lievemente la testa. I suoi
occhi si posarono lievi sul bimbo.
Quello sguardo verde bruciava nel mal nascosto desiderio di sapere
qualcosa di più, qualsiasi cosa che potesse essere creduta come vera e
definitiva.
Severus si preparò ad enunciare un breve, sintetico resoconto, pronto a
tagliare fuori qualsiasi cosa potesse turbare il piccolo, come sapere che
quasi certamente il responsabile di tutto era ancora vivo da qualche parte
ed aveva giurato morte a tutti i Potter, soprattutto a quello ancora in
vita.
Il bambino-Potter si fece più vicino senza rendersene conto, attento e
teso come una corda di violino.
“C’era una guerra cinque anni fa, Harry, e tuo padre è stato un bravo
soldato che ha combattuto con i buoni fino alla fine”.
Era senz’altro una versione semplicistica della cosa, ma per il momento
poteva bastare come inizio.
“E tu signore-Sevreus… anche tu combattevi con i buoni?”
La domanda lo lasciò profondamente turbato. Severus si negò di trovare il
coraggio di affrontare anche quella verità quella sera, temeva che il
bimbo non avrebbe capito ed avrebbe ripreso ad aver paura, così disse
l’unica mezza verità fra tante patetiche menzogne che non aveva il
coraggio di pronunciare davanti agli occhi verdi di Lily.
“Io ho combattuto per difendere tua madre, Harry, ma non ci sono riuscito.
E me ne dispiace”.
Silenzio.
La voce dell’uomo si fece ancor più bassa, i suoi occhi neri densi e persi
nel passato.
“Me ne dispiace ogni giorno, da cinque anni”.
Il piccolo Harry provò il fortissimo desiderio di far sentire al suo
signore-Sevreus che lui c’era. Allora allungò una manina verso quella
dell’uomo, ma quasi subito si ritrasse. La paura lo prese, facendolo
irrigidire.
In quel momento la voce del suo uomo-Sevreus tornò calda e lo rassicurò.
“Puoi toccarmi, Harry. Con moderazione, ma ti è permesso”.
‘Davvero?’ si chiese il piccolo fra sé e sé.
Snape sospirò. Avevano affrontato dolore e ricordi per più di un’ora.
Pensò seriamente che entrambi avessero bisogno di conforto e senza farlo
spaventare lo prese in braccio.
Se lo posò sulle ginocchia, guardandolo con un mezzo sorriso.
“Dicevamo?”
Il bambino-Potter sorrise meravigliosamente.
E Severus si sentì meno triste di quanto non era mai stato in quelli che
parevano secoli.
Il silenzio li avvolse per un po’, esattamente come stavano facendo le
braccia di Snape con il corpicino del bimbo.
Poi la quiete venne interrotta dal sobrio apparire di un elfo domestico
che portava il latte della sera.
Il bambino-Potter sobbalzò in grembo all’uomo.
Non tanto per la creatura (che ormai aveva visto a sufficienza) quanto per
il suo improvviso e ‘magico’ apparire.
L’elfo posò il vassoio e si congedò mentre Snape ricordava l’ultimo
argomento che restava da discutere.
Guardò seriamente il bimbo e quando lo ritenne calmo chiese:
“Perché la magia ti infastidisce, Harry?”
Due cose furono subito chiare al giovane uomo. Primo, Harry non si era poi
calmato così tanto quanto sembrava. Secondo, pareva che lo avesse davvero
ascoltato quando prima gli aveva dato il permesso di toccarlo.
Le piccole manine del bambino-Potter era scattate in avanti senza
preavviso e si erano premute forte sulla bocca dell’uomo, tappandogliela.
“Non si dice quella parola, signore-Sevreus”.
Così come Snape immaginava il bimbo ci mise pochi secondi netti a rendersi
conto di quello che aveva fatto e a considerarlo, ovviamente, gravissimo.
“Mi dispiace, oh, mi dispiace, s-signore, per favore, non lo farò più, non
lo farò più, lo g-giuro, per favore, nonmifaremale…”
Severus non si scompose.
“Benché mi piacerebbe che non lo facessi più, Harry, non hai da temere,
non verrai certo punito per una cosa così sciocca e ancor più certamente
non verrai picchiato”.
Un altro sospiro mentre l’uomo gli alzava il visino rigato di nuove
lacrime.
“Ecco, parliamo anche di questo, Harry. Non posso prometterti che non mi
arrabbierò mai con te, perché ti mentirei. Devi sapere che se un giorno
dovesse accadere che mi disubbidirai senza un valido motivo, quando
espressamente ti avevo detto di non farlo, ecco, allora potrei darti una
punizione. Ma non saranno le punizioni dei tuoi zii, perché quelle erano
crudeli e senza senso. Le mie punizioni saranno molto diverse da quelle
che conoscevi. Potrò farti pulire quelle che tu chiami ‘pentole’, che sono
i miei calderoni, oppure il mio tavolo o potrò farti ricopiare una frase
per cento volte o non portarti in giardino. So che faremo di tutto insieme
per evitare questo e anche se non mi piace l’idea di punirti non posso
permettere che tu cresca senza regole, lo capisci questo, Harry? Ma ti
assicuro e ti do la mia parola che anche se fossi tremendamente arrabbiato
con te per qualsiasi motivo avrai sempre da mangiare quando vorrai ed
avrai sempre il tuo letto dove dormire. Non ti chiuderò in cantina, non ti
terrò al freddo, non ti abbandonerò e sopra ogni altra cosa non ti farò
mai del male. Harry, guardami, te lo giuro, Harry. Se io sono con te
nessuno ti picchierà mai più. Io non ti picchierò mai, mai e poi mai.
Harry, il male prima o poi finisce e qui con me ti giuro che è già finito
e che non tornerà”.
La voce concitata dell’uomo si spense in un soffio, i suoi occhi
rilucevano di determinazione.
Il bambino improvvisamente si lanciò verso il suo petto e lo abbracciò,
forte quanto poteva, seppellendo il visino contro il tessuto ruvido e
caldo. Troppo felice per dire qualcosa chiuse gli occhi in silenzio.
Il piccolo Harry aveva capito le meravigliose parole dell’uomo-Sevreus e
decise che mai lo avrebbe lasciato.
Sevreus sarebbe rimasto il suo mondo per sempre.
Snape si lasciò stringere e abbracciare per tutto il tempo che serviva al
bambino-Potter.
Poi quando si separarono pensò che il tempo fosse maturo per parlare della
magia.
“Vuoi dirmi, adesso, perché non ti piace sentirmi pronunciare quella
parola?”
Il piccolo si tormentò le manine.
“P-perché è una brutta parola che i bimbi per bene non dicono e… e se
Harry la diceva a casa Zia Petunia lo diceva a Zio Vernon che poi
picchiava Harry, perché tutti quelli che dicono quella parola vengono
picchiati e gli capitano cose brutte ed Harry non vuole che le cose brutte
capitano al signore-Sevreus”.
Mh. La situazione era relativamente semplice.
Un’ulteriore menzogna dei Dursley, dunque.
“Mi fa molto piacere sapere che non vuoi che mi capitino cose brutte,
Harry, ma devi sapere che nella realtà niente succede a chi dice ‘magia’”.
Il bambino lo guardava con due occhi tondi tondi, come in attesa che tutto
il castello cadesse loro sulla testa.
Quando ovviamente questo non avvenne il bimbo sembrò rilassarsi
infinitamente di più.
“Mi dispiace dirti che i tuoi zii ti hanno mentito ancora. Non soltanto la
parola ‘magia’ non è una brutta parola, ma la magia stessa esiste ed è
intorno a noi e dentro alcuni di noi, dentro tutti i maghi”.
Di nuovo il bambino-Potter boccheggiò scioccato.
Severus pensò fosse il caso di cominciare da capo.
Si sistemò meglio il bimbo sulle gambe e intrecciò fra di loro le dita
delle mani che teneva dietro la schiena di Harry.
“Dunque, esistono due mondi su questa Terra. Il mondo delle persone come i
tuoi zii che non hanno la magia e che non credono nella sua esistenza e ne
sono addirittura spaventati ed il mondo della magia, dove la magia
ovviamente esiste e viene usata in tanti modi diversi. Gli abitanti del
mondo delle persone vengono chiamati Muggle, mentre gli abitanti del mondo
della magia sono i maghi e le streghe. Ora, tu sei cresciuto nel mondo dei
Muggle a causa di quella guerra di cui ti parlavo prima, ma in realtà
appartieni al mondo della magia. Tu, Harry, sei un mago, così come me e
come i tuoi genitori e prima di pensare che questa sia una cosa terribile
ti do la mia parola che la magia è la cosa più bella che ti possa capitare
di avere. Sai perché?”
Il bambino-Potter scosse la testa.
“Perché puoi usare la magia per fare cose che le persone come i tuoi zii
non potranno mai fare. Cose al di là dell’immaginazione e della fantasia.
Puoi fare cose fantastiche”.
Le manine di Harry si strinsero eccitate sui vestiti dell’uomo.
“Come volare?”
Severus arricciò le labbra in un mezzo sorriso bonario.
Tratto comune nei geni dei Potter non voler tenere i piedi per terra…
“Certamente. E tanto altro, come creare la luce, diventare un animale, far
volare gli oggetti e farli diventare piccoli o grandi, scomparire in un
secondo e riapparire dall’altra parte del mondo”.
Le labbra del bimbo arricciate attorno ad un ‘Oh’ di stupore erano uno
spettacolo.
“Ma la magia è potere, Harry e va usata bene, va usata per aiutare gli
altri e non per far loro del male. Ti ho detto che nel mondo esistono
tanti tipi di persone, quelle buone e quelle cattive, come i tuoi zii. Ma
devi sapere che anche nel mondo della magia esistono maghi e streghe buoni
e maghi e streghe cattivi”.
“Come gli uomini tutti vestiti che ci hanno preso?”
“Esattamente, Harry. Quelli erano maghi cattivi che usano male la magia e
devi fare attenzione e fuggire quando li vedi, va bene?”
“Allora la magia è cattiva?”
Snape sapeva che non sarebbe stato facile e non gli aveva detto che meno
della metà di tutte le altre cose, come gli Squib, Voldemort e l’Avada
Kedavra che gli aveva procurato quella cicatrice.
“No, la magia nella sua forma originale è buona, Harry. Vediamo se posso
fare un esempio. Vedi questa tazza? Se adesso la prendo e la tiro contro
qualcuno e lo ferisco la sto usando bene o male?”
“M-male, signore”.
“Esatto, perché la tazza è stata creata per fare del bene, cioè per
poterci bere dentro. Quindi la tazza, in origine, prima di usarla male era
buona o cattiva?”
“Buona”.
“Giusto. Devi capire Harry che le cose diventano quello che noi le
facciamo diventare quando le usiamo. Anche la cosa più bella del mondo può
diventare cattiva se usata male e questo vale anche per la magia”.
Il bambino-Potter sembrava abbastanza convinto.
“Vedi la magia rende felici quando viene usata nel modo corretto. Adesso
che stavamo parlando ed il tuo latte si è raffreddato la magia ci viene in
aiuto”.
Snape prese la sua bacchetta dalla manica della sua giacca e la agitò
brevemente, prima di toccare il bordo della tazza. Un piacevole fumo
chiaro si alzò dalla superficie perlacea della bevanda, rendendo chiaro il
fatto che il latte adesso era di nuovo caldo.
Severus quasi sorrise, soddisfatto.
“Adesso bevi, prima che si raffreddi di nuovo”.
Mentre il bambino-Potter beveva avidamente, Snape concluse la sua
spiegazione.
“So che non sono ragionamenti facili da seguire, ma quando sarai più
grande e ti verrà data la tua bacchetta, sappi che avrai il dovere di
usarla bene, per la tua felicità e quella degli altri. Ne capisci
l’importanza?”
Il bimbo annuì e con lui annuirono anche i due enormi baffi di latte che
gli ornavano la bocca.
Snape soffocò l’istinto di ridere nella propria tazza di tè.
Distrattamente si disse felice anche del fatto che il bimbo sembrava
adesso rilassato abbastanza in sua compagnia da aver lasciato da parte gli
eterni ‘Sì, signore’ e ‘No, signore’ in favore di semplici cenni della
testa.
Era un altro passo avanti, rifletté ottimisticamente.
L’orologio sull’alta mensola sopra il camino risuonò, battendo le undici.
Era assolutamente tardi.
Quando il piccolo Potter ebbe finito Snape mise via la tazza e lo guardò.
“Un’ultima cosa, Harry. Mi piacerebbe che tu imparassi a parlare in prima
persona, piuttosto che come un elfo domestico. Se pensi qualcosa dovresti
dire ‘Io penso che…’ non ‘Harry pensa che…’. Lo stesso per tutte le altre
occasioni. Pensi di poterlo fare?”
Il bambino-Potter annuì per l’ennesima volta, insonnolito.
“Va bene, per stasera abbiamo parlato anche troppo. A letto”.
E così dicendo si alzò, trasportando il bimbo in camera. Lo lasciò
prepararsi per la notte, mentre lui andava a prendere la sorpresa che era
arrivata quel pomeriggio.
Quando Harry fu sul letto Snape riapparve portando un pacco colorato.
L’uomo si schiarì la voce mentre gli occhi del bimbo lo scrutavano, ma
soprattutto scrutavano il pacchetto.
“So che Natale è passato e date le spiacevoli circostanze in cui ci siamo
trovati in quel periodo non abbiamo avuto occasione di festeggiarlo. Spero
che un dono, benché in ritardo, sia ben accetto”.
E dimenticatosi che il piccolo probabilmente non aveva capito molto del
suo discorso gli porse il pacco.
“Per me, signore?” la meraviglia in quella vocina incerta stringeva il
cuore, quasi.
“Certamente”.
Lentamente e con riverenza Harry scartò il primo regalo di tutta la sua
vita.
Ed il fatto che fosse stato il suo uomo-Sevreus a farglielo rendeva tutto
ancora più speciale.
La carta venne messa da parte e dal groviglio di fili multicolore uscì una
palla di vetro grossa quanto la testa del bimbo.
Era così bella che il piccolo Harry praticamente non ci credeva. Rimase a
guardarla incantato per interi minuti.
Severus si sedette sulla sponda del letto.
“E’ una palla magica. Prova a battere le mani”.
Harry fece come gli era stato detto e batte i palmi, l’uno contro l’altro.
Immediatamente la palla si illumino e dentro, dove c’era tutta l’acqua,
dei pallini bianchi brillantinosi che sembravano neve presero a girare,
assieme a delle piccole figure volanti di gufi, attorno ad un castello.
Il bimbo alzò quindi lo sguardo e rivolse un sorriso dolcissimo all’uomo.
“Per spegnerla basta battere di nuovo le mani. E ci puoi giocare. E’
magica, quindi anche se cade non si romperà, anzi rimbalza. Guarda”.
Snape prese la palla e la fece cadere a terra. Invece che rompersi in
tanti piccoli pezzi come qualsiasi palla di vetro questa rimbalzò a terra
e tornò fra le mani del giovane uomo.
“Ti piace?”
Il bimbo annuì in estasi e poi si avvicinò, esitante, per abbracciare il
braccio del signore-Sevreus mentre ripeteva.
“Grazie, signore-Sevreus, grazie, grazie”.
Severus lo lasciò fare, soddisfatto, poi si alzò.
“Molto bene. Domani mattina, dopo i tuoi compiti, puoi giocarci quanto
vuoi qui nella tua stanza”.
Fece per augurargli buonanotte ed andare via quando si ricordò di dire:
“Per ora, se vuoi, invece che signore puoi chiamarmi maestro”.
Era ancora troppo presto per essere chiamati in un altro modo, avrebbero
avuto tempo.
“Sì, maestro”.
“Bravo. A dormire, adesso”.
Lo guardò infilarsi sotto le coperte, non senza una punta di esitazione e
si avvicinò.
Si guardarono. I grandi occhi verdi spaziarono sul viso dell’uomo dal naso
pronunciato alle labbra sottili, fino ai capelli lunghi e sottili come un
velo nero.
Irrimediabilmente spinto da una sorta di naturale sentimento d’affetto
Snape allungò una mano per carezzare quel viso un’ultima volta prima di
andare via.
E benché il piccolo Harry sapesse che il suo uomo-Sevreus era una persona
buona ed aveva detto tutte quelle cose e aveva promesso di non fargli mai
del male alcune sensazioni legate ad alcuni ricordi erano ancora più forti
di tutta la sua comprensione. E non riuscì, nemmeno volendo, ad evitare di
spostarsi leggermente e chiudere gli occhi, paurosamente.
Severus ritrasse la mano e la lasciò tornare come morta al suo fianco.
Si ripeté che non aveva senso provare tutta l’amarezza che stava provando,
era ancora presto per avere la completa fiducia del bambino. Cinque anni
di dolore non andavano via con tre ore di parole ed un regalo.
“Buonanotte, Harry” disse lentamente.
“Buonanotte, maestro”.
E se ne andò.
Mentre stava per chiudere la porta udì un battito di mani e sorrise.
Un sorriso vero.
Continua…
Nota grammaticale: per
mia decisione personale in questa fanfic tutti i nomi propri ed alcuni
altri di vario genere sono mantenuti originali, quindi con i termini
inglesi, non solo per rispetto alla signora Rowling che così li ha creati,
ma anche perché non approvo la dilagante malattia del ‛traduzionismo-sempre-e-comunque’.
Per correttezza nei confronti di chi è in disaccordo con me alla fine di
ogni capitolo metterò i termini italiani corrispondenti. Grazie mille.
Marauders: Malandrini;
Snivellus: Mocciosus
Note capitolo: La Calming Draught è una pozione che, come dice il nome,
serve a calmare chi si trova in un profondo stato d'agitazione. Engorgio è
l'incanto che permette di ingrandire gli oggetti. I Thestral
sono una sorta di scheletrici
Cavalli Alati che trainano le carrozze della scuola di magia e stregoneria
di Hogwarts. Snivellus è la forma inglese del nomignolo che i Malandrini
hanno affibbiato a Snape per prendersi gioco di lui. In italiano è stata
sostituita con Mocciosus.
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