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Autore: MissShinigami    24/08/2014    1 recensioni
La storia si svolge in Inghilterra, almeno all'inizio, dei Mezzosangue che non sanno la verità sui propri genitori, altri che sono stati inviati in missione, altri ancora che combinano casini.
Due ragazzi vogliono sovvertire l'ordine del mondo, facendo cadere gli dei ... almeno si pensa ... ma qualcuno gli metterà i bastoni fra le ruote!
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La gente si accalcava in ogni via di New York, che era diventata una specie di gigantesco formicaio: in qualsiasi luogo c’erano persone, che si trattasse di cittadini, curiosi o turisti non contava perché tutti avevano stampato in faccia un sorriso un po’ ebete, da festa nazionale.
Solo un pugno di ragazzini si aggirava tra le grandi strade newyorkesi con il volto scuro e la bocca tirata, lo sguardo concentrato.
Si fermarono all’incrocio tra la 34th Street e la Park Avenue, davanti ad un caffè con le tende verde scuro. Il marciapiede benché ampio stentava a contenerli tutti e molti passanti si lamentavano e dicevano loro di lasciar libero il passo, mentre i commessi nel locale li guardavano quasi spaventati, sperando che quella mandria confusionaria non entrasse nel caffè praticamente già pieno.
Ormai era praticamente tardo pomeriggio, quasi il tramonto. Sonny guardava in continuazione l’orologio sul polso di Ginny. “Allora è tutto a posto? Non c’è bisogno di ripetere niente, vero?” domandò con aria preoccupata e seria, la fronte tanto corrugata che le sopracciglia nere quasi si toccavano facendo risaltare gli occhi incredibilmente celesti.
 “Stige divina! Ti prego basta ripetere il piano!” Fran si portò le mani sulle orecchie con il volto contratto in una disperazione molto teatrale.
Aurea e Ginny risero della scena.
“Davvero, è tutto okay.” disse la figlia di Afrodite.
“Certo, rimembriamo tutto alla perfezione.” annuì anche l’altra.
“Rimem … heeem, sì, bene … allora mi raccomando.” Sonny si mosse un po’ a scatti mentre parlava.
Fran le porse la mano con il braccio piegato per metà ed il busto un po’ piegato in avanti.
La ragazza l’afferrò, le mani delle due si unirono con un piccolo scoppio.
“Mi raccomando.”
La figlia di Apollo sorrise beffarda. “Ci vediamo domani mattina.”
“A domani, allora!” le restituì il sorriso la biondina. “E un’altra cosa!” disse trattenendo l’amica nella stretta. “Non appena torniamo al Campo, voglio la rivincita.”
Sonny allargò ancora quel suo sorriso provocatorio. “È inutile, non mi batterai, ma va bene.”
E si staccarono.
Poco più in là Aurea stava parlando con le altre cacciatrici su come poi fare riferimento ad Artemide dei loro spostamenti, ne uscì anche qualche battuta su come i ragazzi del Campo fossero confusionari ed un poco indisciplinati.
Ginny e Javier era in un angolo, a vederli non si poteva dire chi dei due era più preoccupato per l’altro.
“Stai attento, davvero. Non voglio che ti accada niente di male!” fece lei passandogli una mano tra i capelli neri sulla nuca.
“Non ti preoccupare, con me c’è Mally. Io e lei abbiamo sempre combattuto in coppia, siamo praticamente perfetti insieme.” replicò lui in tono dolce ma deciso.
Ginny rimase un po’ pensierosa, con entrambe le mani sulle spalle di lui a fissare le auto che si muovevano lente sulla strada. “Se non sapessi che è tua sorella, sarei mostruosamente gelosa.” disse lamentosa a mezza bocca e senza guardarlo realmente in volto.
Javier rise di gusto. “Scherzi vero?”
“No, già lo sono …” mise il broncio.
“Be’, ma io con lei non faccio questo.” mormorò e la baciò lentamente.
“E meno male!” sbottò Mally dall’altro lato dei marciapiede.
Il ragazzo si voltò verso di lei. “Che fai origli?”
“Ho sentito il mio nome, così ho sentito anche il resto.”
“Che orecchie da pipistrello ...” sussurrò ancora il figlio di Ares.
“Ti sento!”
Isaak non riusciva a stare fermo e camminava tra gli altri ragazzi senza sosta, con un pensiero formulato a metà che gli ronzava in testa. Poi i suoi occhi si posarono sulla testa nera e arancio di Blackie, era quasi come se fossero destinati a farlo, poteva anche andare dall’altra parte della strada ma si sarebbe comunque voltato per assicurarsi dove quella ragazzina fastidiosa fosse.
La ragazza gli dava le spalle ed era concentratissima a finire di stringere un bullone agli stivaletti jet di Mally, che stava rimproverando il fratello per qualche motivo. Dopo poco si sentì osservata, scrutò le persone intorno a lei infine si voltò. Non inquadrò subito il ragazzo dagli scompigliati capelli biondi, vide solo i suoi occhi verdi che la fissavano. “Che vuoi?” gli chiese scontrosa.
Lui strinse le labbra, un po’ contrariato. “Niente.”
Blackie tornò ai suoi ingranaggi fingendo che non esistesse.
“Che fai?”
“Aggiusto questi affari.”
“Bene … bene.”
La ragazza alzò lo sguardo. “Quindi?”
“Che?”
“Hai qualcosa in particolare da dirmi oppure preferisci fissarmi con quell’aria da pesce fuor d’acqua?”
Isaak aprì la bocca per ribattere e dire qualcosa di pungente, poi la richiuse in fretta e divenne rosso sugli zigomi. “Resta viva. Intesi?”
Blackie allora lo guardò davvero, le labbra lievemente aperte per la sorpresa. “Vale lo stesso per te.”
“Mmmmh …” Mason osservava la scena a qualche passo di distanza.
“Ci stai pensando?” gli domandò Fran che gli era appena arrivata accanto.
“Sì …” la guardò, era la solita ragazzina che lo scrutava con il suo occhio nero e che sembrava perennemente arrabbiata, lui ci aveva sempre visto altro dietro a quell’aria da mezza teppista che si ostinava a voler mostrare. “Sono cose da pupetti alati con le frecce.”
“Non mi piaceresti con il pannolino e le gambe paffutelle.” ribatté quasi ghignando lei.
Mason rise in risposta. “Non mi piacerei neanche io.”
Fran si avvicinò e si scambiarono un bacio veloce. “Adesso noi andiamo. Stai attento. Sia a te stesso che a …” il suo sguardo fece un giro veloce in quel marasma di volti, si fermava brevemente su ognuno di essi. “Insomma, hai capito. Sta attento.” annuì, poi aggiunse: “E comportati bene!” piazzandogli l’indice sotto il mento con fare minaccioso.
Lui le abbassò la mano con la sua poi gliela posò sul volto. “Tranquilla.” la baciò ancora. “Sono preoccupato per te invece …” ammise, e il suo volto assunse un’espressione triste.
La figlia di Atena fece uno strano verso con la bocca. “Tsk! Non preoccuparti! Tanto di pazze furiose con gli artigli non ce ne dovrebbero essere più in giro!” sorrise giocosa.
Fosse stato un altro momento, Mason forse l’avrebbe rimproverata e si sarebbe sentito sprofondare nel senso di colpa per non averla protetta, ma in quell’occasione rise anche lui, probabilmente a causa della tensione e della paura che provava, e si sentì pazzo quanto lei.
Neanche cinque minuti dopo il gruppo si staccò, continuando sulla 34th verso l’East River.
Quando si allontanarono gli uni dagli altri sembrò a tutti di diventare ancora più piccoli di quanto quella città in sé non facesse sentire ognuno di loro. Quella divisione aveva un che di definitivo.
Camminando tra la folla non si poteva fare a meno di scontrarsi con gli altri, di sgomitare la fine della strada o superare quel negozio e di sentirsi spintonare da ogni direzione, tanto da sentirsi come dentro un flipper ed essere la pallina. Non solo i marciapiedi erano affollati ma anche le strade, dove le auto e i taxi si stipavano e rimanevano fermi anche per ore, alcuni ne approfittavano per alzare il volume della musica al massimo e continuare a fare festa sull’asfalto, ma i più suonavano il clacson come degli ossessi. Molto spesso il caos concitato delle feste sembrava proprio fuori controllo, non era raro vedere passare le volanti della polizia a sirene spiegate, cosa che rendeva la confusione ancora più difficile da sostenere.
Alicia correva schivando mortali e auto, si era legata i capelli in una coda di cavallo ma che le si stava già disfacendo, tanto andava veloce. Raggiunse in fretta gli altri che la stavano aspettando benché continuassero a camminare tra la folla avvicinandosi il più vicino possibile alla strada dove i carri sfilavano più o meno lenti. Le persone si accalcavano sulle transenne per vedere questo o quello oppure osservare le acrobazie di cheerleader o majorette che si dilettavano all’inizio di numerosi e rumorosi cortei.
“Trovati …” disse la cacciatrice ansimante. “Sono più avanti … dopo quella sfilata di strani personaggi in costume …”
“Come hanno fatto a far passare la Spirale per un carro celebrativo?” domandò piuttosto esterrefatto Javier.
Alicia tentennò un attimo. “Se non ho capito male: è una specie di scultura in onore di Leonardo Da Vinci, per il suo … mmmh … cinquecento sessantesimo anniversario della nascita.”
Mally scosse la testa e Pinkie rise fragorosamente.
Galene scrutò la folla con i suoi occhi verde mela. “Bene, allora noi andiamo al nostro punto e iniziamo a far evacuare la zona.”
“Allora noi ci muoviamo, prima Pinkie poi starà ad Irma.” disse Sonny riassumendo alla buona il piano.
La figlia di Ecate aveva l’espressione seria e grave anche se il volto tradiva l’agitazione con un lieve pallore. “Sì, io porterò il carro là e ci ricongiungeremo.” parlò con la voce che le tremava un po’; sapeva che quello che si apprestava a fare le sarebbe costato una grande energia spirituale. Pensò ad Isis che teletrasportava tutto e tutti con estrema facilità anche dopo aver compiuto altre magie.
Mason le posò una mano sulla spalla e le rivolse uno sguardo comprensivo. “Hei, andrà bene. Saremo tutti con te, non ti succederà niente di male.”
La ragazzina si sentì un po’ rincuorata e annuì: sì, ci sarebbe riuscita, a qualunque costo.
Il ragazzo sorrise lievemente  poi osservò tutti coloro che erano lì intorno.
Orma quella era la loro ultima chance.
Da quando Mason si era ricongiunto con Fran si sentiva strano, come se un turbinio di emozioni lo travolgesse ogni volta che si trovava in mezzo alle altre persone: agitazione, eccitazione, batticuore, angoscia, paura … quelle erano emozioni da battaglia, lo sapeva e le odiava. Non era un guerriero e non voleva esserlo. Iniziò a concentrarsi sul proprio respiro, sapeva che stava per essere sopraffatto dalla preoccupazione: doveva calmarsi. Il suo sguardo agitato si posò su Selena che si teneva in disparte con le spalle un po’ ricurve, il volto contratto in un’espressione cupa, fissava senza interesse i carri viaggiare lenti per la strada. Le si avvicinò: “Sel …”
Lei si voltò e il suo sguardo gli si conficcò nelle retine, fu travolto da una sola emozione fortissima, quasi lo schiacciò: aveva paura.
Selena si raddrizzò. “Sì?”
Tutto cessò, fu un attimo: si sentiva combattuto adesso. Gli girava la testa, si portò una mano alla testa.
“Tutto bene?” fece la ragazza.
Mason scosse la testa. “Non lo so … è strano …” poi la guardò preoccupato, il cuore attanagliato da uno strano miscuglio di sensazioni.
“Sicuro?” continuò lei.
“E tu?” fece di rimando il ragazzo. “Come ti senti?”
Il volto della ragazzina si rabbuiò, ma tentò di mostrarsi sicura. “Bene, sono pronta.”
Il figlio di Eros la osservò mentre lei abbassava lo sguardo. “Sei tu a non essere sicura, lo sento: hai paura, e tanta. Forse più di chiunque altro qui.”
Selena sgranò gli occhi. “Sì, quindi?! Non capisco cosa volete esattamente da me! Sono spaventata, e allora?! Lo sarebbero tutti!”
Mason sentiva che era la verità, ma era come se mancasse qualcosa nel discorso della ragazza: gli stava tenendo qualcosa nascosto. E ancora quella strana sensazione di tormento interiore gli prese le interiora, come se volesse giocarci come il gatto con il topo. Abbassò lo sguardo e strinse i denti mentre Selena si allontanava. Il ragazzo tornò da Irma che si stava rigirando una piccola abraxas tra le mani. “Ti dispiace farmi un favore?”
Lo guardò un attimo. “Okay.” annuì scuotendo i riccioli scuri.
“Tu dovrai pensare a qualcosa che ti piace, io terrò gli occhi chiusi poi ti sposterai in una direzione, non dirmi quale. Bene?”
“Non capisco, ma va bene.” e si portò una mano al mento.
Mason chiuse gli occhi e inspirò profondamente, sentì le voci della folla, le grida di festa e i canti ubriachi, i clacson, anche Sonny che continuava a chiarire parti del piano … espirò, pensò a Fran, in quel momento non erano insieme ma sentiva che era come se non fossero separati, non lo sarebbero stati mai più, e tutto tacque. Si accesero intorno a lui ciò che gli sembrò essere delle piccole fiammelle, sentiva il loro calore. Dietro di lui ce ne era uno piuttosto flebile ma costante, non vacillava.
Irma lo vide voltarsi ancora con gli occhi chiusi, quando le mise una mano sulla spalla rimase sorpresa.
“Non esserlo.” Mason riaprì gli occhi “Credo di essere empatico … o qualcosa del genere.”
“Della serie non ti si può nascondere niente?”
“Non lo so.” ammise e il suo sguardo cercò tra la folla Selena, che ancora una volta era in disparte immersa nei suoi pensieri. “Spero solo che possa tornare utile.”
“Avanti! Muoviamoci!” chiamò Sonny che aveva appena finito di parlare con le cacciatrici, che stavano già correndo veloci in mezzo alla folla dirette al loro punto di azione.
Un altro gruppo che si staccava.
“Andiamo anche noi.” disse Javier poi si rivolse a Pinkie. “Pronta?”
“Certo!” sorrise lei mentre faceva stretching.
“Dovrai farti più di un miglio di corsa in mezzo alla gente e alle macchine, sei sicura?”
“Sì, dovrò far pur qualcosa anche io, e poi sarò protetta prima da loro e poi da voi!”
“Sì, ma …”
Mally intervenne: “Basta, ti prego. Non sfogare su di lei le tue preoccupazioni.” fece poi sorrise rassicurante ed incoraggiante.
“Allora? Si va?” Isaak agitatissimo.
I figli di Ares annuirono.
Anche gli ultimi due gruppi si separarono, adesso non avrebbero potuto tornare indietro neanche se avessero voluto.
Pinkie saltellò sul posto un paio di volte poi respirò profondamente, il cuore che già le batteva all’impazzata. Iniziò a muoversi verso la Spirale, la vedeva bene adesso: era stata caricata su una specie di furgone o un pickup, come anche gli altri carri, il manufatto si ergeva al centro della parte posteriore, ma lasciava quel minimo di spazio per poter salire sulla vettura; su un lato, il sinistro, c’era anche una piccola scaletta in ferro, che portava sopra al cassone del guidatore, dove c’era una specie di palco arrangiato con assi di legno unite da pezzi di lamiera saldati alla meglio, sopra ad esso Isis, sempre più pallida e tendente ad un blu cadaverico che ad un rosa pallido, e Alec, con le occhiaie tanto scure che sembravano far paio con i suoi vestiti neri, osservavano tutta la folla con fare altero, si poteva però riconoscere lo sguardo di coloro che temono un attacco.
La ragazzina avanzò ancora e scavalcò i frangi folla che bloccavano la folla sui marciapiedi, attirando l’attenzione dei poliziotti, il cui scopo era di evitare che ciò accadesse, oltre che dei due personaggi sul carro. Perfetto! pensò soddisfatta che il piano procedesse alla perfezione.
Isis sollevò una mano, stava per trasportala, ma Alec la fermò vedendo che Pinkie stava puntando alla cabina dell’autista.
Alla guida c’era Efialte, completamente appoggiato al volante e completamente annoiato, quasi sul punto di addormentarsi.
Pinkie sbatté con forza un foglio sul parabrezza e urlò: “Scusa per l’altra sera! Ma è stato davvero divertente vederti cercare come un matto qualcosa che non esisteva!” rise di gusto poi schizzò via correndo velocissima, schivando e sfuggendo anche agli agenti di polizia.
Il gigante si era quasi spaventato a morte per il colpo contro il vetro davanti a lui, poi, lentamente, riuscì a mettere a fuoco ciò che gli stava davanti: un volantino, sopra c’era scritto ‘Grande apertura straordinaria Pizzeria da Luigi’
Gli ci volle un secondo per capire di cosa si trattava ed un altro secondo affinché la rabbia si impossessasse completamente di lui. Scattò fuori dall’abitacolo, per poco non divelse la portiera, urlando: “MALEDETTA RAGAZZINA! LASCIA SOLO CHE TI PRENDA!” e iniziò a correre dietro a Pinkie che si era allontanata di quasi un isolato e mezzo.
Annabeth compì un velocissimo scatto con la mano, anche lei poi scavalcò i frangi folla e si infilò alla guida della vettura. Allora il gruppo partì: sapevano che i poliziotti non ci avrebbero messo molto a tornare, desistendo dall’inseguire Pinkie che alla fine non aveva fatto nulla di male, per cui dovevano sbrigarsi.
Clarisse, Sonny e Sue avanzarono subito e si issarono sul lato delle scale del carro, pronte a salire. Alec creò immediatamente una decina di figure scure che si scagliarono contro di loro, ma, come avevano previsto, più della metà di quelle cose furono fatte cadere fuori bordo dalla figlia di Ares con un colpo veloce della sua asta.
Selena e Mason salirono sul fondo, coperti dalla mole della Spirale, e aiutarono Irma a fare lo stesso. Non appena fu sopra al veicolo, la ragazza si sedette a terra a  gambe incrociate ed iniziò a recitare ad occhi chiusi una specie di canto lamentoso in greco antico.
L’aria intorno al carro fu percorsa da piccole scariche elettriche.
Isis percepì il pericolo. “Sta recitando una formula per il teletrasporto!” urlò e si voltò verso Alec. “Fermala! Fermala assolutamente! Se ci porta lontano dal luogo per l’attivazione della Spirale non potremmo fare niente.”
Alec la guardò in silenzio, sembrava arrabbiato, non gli piaceva che quella ragazzina si rivolgesse a lui in quel modo. Molto lentamente compì un altro movimento con la mano.
In fondo alle scalette di metallo si generarono due grosse creature d’ombra armate di ascia bipenne e si scagliarono contro la figlia di Ecate.
Clarisse saltò addosso ad una e la atterrò subito, conficcandole l’asta nella testa e facendola esplodere, urlò trionfante.
Ma l’altra creatura continuò al sua avanzata, Sonny iniziò a correrle dietro in un tentativo disperato di fermarla. Mentre Sue rimase a fronteggiarne una delle ultime rimaste a protezione di Isis e Alec.
Mason si fece avanti ed estrasse la daga dal fodero, la tenne stretta davanti a sé pronto a colpire la creatura che avanzava. Poi sentì uno strano tintinnio alle sue spalle e si voltò appena in tempo per vedere Selena scagliare un piccolo fulmine facendo volere la sua dracma in aria. L’essere esplose in una nuvoletta di fumo.
La figlia di Zeus aveva un’espressione seria, la fronte aggrottata, le labbra serrate in una smorfia che sembrava quasi di dolore.
“Selena, tutto bene?” le chiese subito Mason.
Lei annuì ma non rispose.
Il ragazzo la guardò un attimo poi si rivolse verso l’amico: “Alec! Non vogliamo combattere! Ti prego ferma questo carro e vieni con noi!”
L’altro lo osservava in silenzio, più stanco e pallido che mai. “Mason, mi dispiace ma ormai è troppo tardi, ho preso la mia decisione e non posso … non voglio più tornare indietro. Non posso aspettare oltre.” Alzò entrambe le braccia e creò altre creature mostruose.
“Mi dispiace, ma allora saremo noi a fermarti!” urlò in risposta il figlio di Eros e, anche con sua grande sorpresa, abbatté uno degl’esseri che lo stavano caricando con un movimento fluido dell’arma.
Intanto Irma aveva iniziato a cantilenare più forte, a voce più alta, le parole si distinguevano bene nell’aria tanto che si vedevano delle scintille bluastre guizzare qua e là intorno alla Spirale.
Isis che non le aveva staccato gli occhi di dosso si voltò verso Alec: “Devo fermare quella stupida ragazzina! Proteggi questo corpo!”
Lui le rivolse uno sguardo di odio ma creò altri mostri da mandare contro agli avversari.
La ragazza lo guardò compiaciuta poi chiuse gli occhi e iniziò anche lei a recitare formule con voce lamentosa, e ben presto altre scintille, rosse questa volta, attraversarono lo spazio che li circondava.
Andarono avanti tutti così, chi a combattere chi a fare magie, non seppero neanche loro per quanto. All’improvviso ci fu una specie di rombo dall’eco sinistra. Irma e Isis, allo stesso tempo, spalancarono gli occhi dalle orbite rigirate mentre ancora continuavano a recitare le proprie formule. I tuoni continuava a scuotere l’aria, le scosse di energia elettrica che le due streghe rilasciavano si scontravano nell’aria, blu contro rosso, lampi viola illuminavano il metallo sotto i piedi dei guerrieri in basso.


Irma si ritrovò in piedi in quello che le sembrava uno spazio vuoto, completamente bianco.
Davanti a lei c’era Isis, la fissava piena di rabbia: poteva vederla bene adesso ed era pallidissima, dalla pelle diafana, tanto che le si potevano distinguere le vene sulle tempie; e i suoi occhi erano di un celeste indefinibile, translucido, le pupille velate di grigio, la vedevano ma non la guardavano.
Le corse un brivido gelido lungo la schiena, una sensazione mai provata prima in vita sua.
“Maledetta ragazzina!” ringhiò la strega. “Non puoi battermi qui!”
La figlia di Ecate fece un passo indietro impaurita.
Isis fece per muoversi in avanti ma si bloccò dopo qualche passo. Il suo corpo fu scosso da spasmi muscolari incontrollati. Si portò le mani al volto, urlando di dolore, un urlo disumano … infernale.
Poi tutto tacque.
Isis era ferma, il corpo bloccato in una posizione dolorosa, allungata all’indietro, i muscoli tesi allo sfinimento. Il volto in avanti guardava verso di lei, con le mani ancora a coprirlo. Ma le dita, tirate ad ossuti artigli, lasciavano intravedere una parte di bocca ghignante e un occhio terrificante e carico d'odio.
Irma sbatté le palpebre.
Ed il volto di Isis era cambiato, quasi calmo dietro a quella cella di dita, ma era spaventata. “Salvami …” sussurrò con voce sottile e stremata.
Ma Irma lo sentì.
Poi il corpo della strega crollò su sé stesso, a terra, riprese ad urlare come prima e più forte, rabbiosamente.
Il mondo iniziò a tingersi di un rosso intenso, vivo e pulsante, come se davvero del sangue sgorgasse da una ferita, partendo dal corpo contorto di Isis ancora steso al suolo.
Irma cadde in ginocchio travolta dalla forza magica sprigionata dalla ragazza, era sul punto di svenire. Strinse i tenti, non poteva cedere … ricominciò a recitare la formula per la telecinesi e si concentrò sul punto in cui sarebbe voluta andare. Sussurrò, parlò, urlò.
Un rombo scosse quel mondo bianco tinto di rosso.
E tutto fu blu.
  
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