Cicatrice
Guardo
le gocce che, lentamente, percorrono il
mio corpo fino a dissolversi giunte in prossimità
dell’asciugamano che ho
legato in vita.
Con
una sferzata di aura, le faccio evaporare, asciugandomi
nel giro di un istante. Giusto il tempo di intravedere un piccolo alone
azzurro
e bianco, attorno ai miei muscoli.
Ormai
è un anno che risiedo qui, sulla terra. Fra
questa bizzarra famiglia ho condotto allenamenti estenuanti e
stressanti, ma l’oro
di cui mi voglio ricoprire, il livello che voglio raggiungere,
è ancora lontano
da me.
Anche
oggi ho passato la maggior parte delle ore
diurne chiuso nella navicella che funge da trainer room, laddove il
vecchio
scienziato ha installato un dispositivo che permette alla
gravità di
raggiungere livelli inimmaginabili, persino trecento volte superiori a
quella
della terra. Il principio è semplice e molto efficace, direi.
Mi
osservo, con una punta di orgoglio, riflesso
nell’enorme specchio del bagno. Fra le varie robacce che la
donna appoggia sul
mobile e sulle mensole, i cui usi e costumi mi sono sconosciuti, riesco
a
scorgere buona parte del mio fisico scolpito.
Anni
e anni di battaglie hanno portato ad un
intenso sviluppo della massa muscolare, rendendomi più
grosso di qualche anno
fa. La cosa non mi dispiace, anzi, è per me moto di orgoglio
mostrare i
risultati delle mie giornate passate a combattere per sopravvivere e
per
vincere. Si, perché io ho sempre vinto sul campo di
battaglia. Nessuno è mai
riuscito a far sgorgare anche solo una goccia di sangue, dal mio corpo,
tranne
loro…
Ai
tempi di Freezer, nessuno osava toccarmi.
Nemmeno quella bestia di Dodoria o quell’effeminato di Zarbon
e tutto perché io
ero e sono stato il pupillo prediletto di quella lucertola albina che
avrei
tanto voluto far fuori con le mie mani.
Con
i miei sottoposti, invece, non c’era storia.
Semplicemente non si sarebbero mai permessi di toccarmi, nemmeno per
scherzo o
per complicità. Mi temevano e facevano bene,
poiché al primo sgarro, io li
facevo fuori senza troppe remore.
Eppure,
guardandomi allo specchio, vedo un’unica,
grande, viscida, cicatrice.
Non
è da molto che c’è e il suo significato
è la
cosa che più mi ferisce a questo mondo.
È
la cosa che mi spinge ad andare avanti, senza
mai mollare.
È
la cosa che non mi frena quando mi alleno e
quando cerco di spingermi al di là dei miei limiti; seppur
la ragione vuole
mettere un freno alla mia follia, quella stupida cicatrice mi ricorda
quei due
peculiari momenti in cui hanno osato colpirmi… in cui hanno
osato versare il
mio sangue e, successivamente, nel momento in cui sono morto.
La
cicatrice si estende per buona parte del
petto, obliquamente, passando sopra il cuore. In origine era
più centrale,
causata da questi sciocchi terrestri, la prima volta che misi piede su
questo
sciocco, bellissimo, pianeta.
Ma
chi poteva saperlo, allora che il mio tempo da
mercenario stava per esaurirsi? Chi avrebbe mai solo pensato che, di
lì a poco,
la mia vita sarebbe cambiata radicalmente, che mi sarei stabilito per
più di
qualche mese su un pianeta e che avrei persino accettato di combattere
al
fianco di un’inetta terza classe? Ovviamente dopo i cyborg
distruggerò anche
lui, ma non mi ero mai schierato in vita mia dalla parte di qualcuno.
Nessuno
poteva immaginare tutto questo. Tanto
meno io! E che smacco! Battuto da un manipolo di terrestri e da colui
che
pensavo di far fuori in meno di trenta secondi. Eppure la batosta
più grande,
la ferita più profonda è stato quando non mi
hanno finito…
Stavo
battendo in ritirata, per la prima volta in
vita mia! E per la prima volta ho avuto paura di restare un secondo di
più sul
terreno nemico… non provavo una simile sensazione da quando,
da piccolo, ero
succube di Freezer e delle sue minacce per tenermi buono nel suo
esercito.
Dio!
Io non volevo morire. Non senza potermi
vendicare di quella lucertola. Non prima di aver appagato il mio
orgoglio,
cresciuto in anni di falsità e di sopportazione verso colui
che aveva un potere
più vasto del mio.
Ma
no! Kakaroth mi ha risparmiato, lui e il suo
cuore puro! Che schifezza! Che nausea! Avrei preferito morire se solo
avessi
saputo che di lì a qualche mese avrei perso la vita per
colpa di Freezer! Quel
bastardo l’aveva vinta di nuovo. Per sempre.
Kakaroth
mi ha negato la vendetta, facendosi
persino beffa di me, che sono il principe della razza più
potente e più… morta…
della galassia! Si è ricoperto dell’oro
leggendario e ha vendicato tutti: i
terrestri, i saiyan e persino me.
Che
patetico sono stato! Chiedergli addirittura
di ucciderlo anche per me e per il mio popolo ormai scomparso; di
sicuro stavo
delirando! Non ci credo di aver anche solo pensato una simile
diavoleria;
eppure l’ho chiesto, pensando di morire per sempre. Scalfendo
ancora una volta
il mio orgoglio, credendo di non rivedere mai più la luce
della vita!
Tuttavia
mi sono risvegliato dal mio sonno
eterno. Sono risorto fra le macerie di una terra che veniva sventrata,
distrutta e avrei presto scoperto che, ormai, non potevo più
fare nulla, perché
qualcuno mi aveva rubato il sogno e la ragione si un‘intera
vita.
Quel
giorno, in cui con un semplice dito, una
piccola scarica di un colpo ben mirato, mi hanno dato la mazzata
finale, la mia
cicatrice si è ampliata, deformata, mutata.
Cambiata,
così come lo sono io. Un principe che
non è più quello di un tempo. Un sovrano che deve
qualcosa ad un suo suddito,
ma che non ripagherà mai il suo debito per l’ego
smisurato di cui è ancora
dotato. Un uomo che è stato privato della sua
dignità. Del suo orgoglio.
Con
la punta di un dito, ripercorro quella strana
superficie deformata del mio petto; è lucida e leggermente
più scura del resto
della pelle. All’altezza del cuore, lo sento battere, forte,
deciso.
Questi
ricordi moriranno con me, per l’eternità.
Nel mio inferno. Ma nel frattempo, saranno soltanto rinchiusi in questa
cicatrice; marchiati a fuoco sulla mia pelle, per ricordarmi, ogni
giorno,
quello che ho passato.
La
mia promessa, è ancora valida Kakaroth, e tu
lo sai bene.
Un
giorno, quando raggiungerò i miei sogni ed il mio
orgoglio verrà risanato, tornerò a cercarti.
Per
combattere.
Per
vendicarmi.
Per
ucciderti.
Per
far fuori te e la tua misericordia che mi ha
causato solamente nuove sofferenze.
Perché
tu, terza classe, non hai vissuto sulla
pelle l’inferno che ho patito in anni e anni di servizio al
cospetto di colui
che più di tutti odiavo. Tu non hai mai visto la morte in
faccia, il sangue
delle vittime e la dannazione eterna.
Non
potrai mai capirmi.
Per
questo ti sfiderò di nuovo. Perché sono
cambiato. Perché ho racchiuso il dolore in questa cicatrice
che porterò sul
petto con risentimento e con orgoglio nuovo. Un ego che non morirà mai.
Fine.