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Autore: MV_Raven    28/08/2014    2 recensioni
Questa, più che una fan fiction, è una raccolta di piccole One shot che hanno tutte un tema comune: la mente di Vegeta. Sarà un viaggio introspettivo nella sua testa, in cui mi diletterò a dar "voce" ai pensieri del taciturno Principe dei Saiyan. Perché a volte un'espressione vale più di mille parole ed io ho solo cercato di interpretarle.
«Tornando al motivo del mio soggiorno terrestre, la cosa che mi trattiene qui è una sola… beh… forse sono due ma la seconda la lascio perdere per restare fedele ai miei principi e, soprattutto, sano di mente.» (Elucubrazioni Notturne)
«Ma chi poteva saperlo, allora che il mio tempo da mercenario stava per esaurirsi? Chi avrebbe mai solo pensato che, di lì a poco, la mia vita sarebbe cambiata radicalmente, che mi sarei stabilito per più di qualche mese su un pianeta e che avrei persino accettato di combattere al fianco di un’inetta terza classe? Ovviamente dopo i cyborg distruggerò anche lui, ma non mi ero mai schierato in vita mia dalla parte di qualcuno.» (Cicatrice)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Nelle menti di Bulma e Vegeta'
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In Vegeta’s Mind
Cicatrice

Guardo le gocce che, lentamente, percorrono il mio corpo fino a dissolversi giunte in prossimità dell’asciugamano che ho legato in vita.

Con una sferzata di aura, le faccio evaporare, asciugandomi nel giro di un istante. Giusto il tempo di intravedere un piccolo alone azzurro e bianco, attorno ai miei muscoli.

Ormai è un anno che risiedo qui, sulla terra. Fra questa bizzarra famiglia ho condotto allenamenti estenuanti e stressanti, ma l’oro di cui mi voglio ricoprire, il livello che voglio raggiungere, è ancora lontano da me.

Anche oggi ho passato la maggior parte delle ore diurne chiuso nella navicella che funge da trainer room, laddove il vecchio scienziato ha installato un dispositivo che permette alla gravità di raggiungere livelli inimmaginabili, persino trecento volte superiori a quella della terra. Il principio è semplice e molto efficace, direi.

Mi osservo, con una punta di orgoglio, riflesso nell’enorme specchio del bagno. Fra le varie robacce che la donna appoggia sul mobile e sulle mensole, i cui usi e costumi mi sono sconosciuti, riesco a scorgere buona parte del mio fisico scolpito.

Anni e anni di battaglie hanno portato ad un intenso sviluppo della massa muscolare, rendendomi più grosso di qualche anno fa. La cosa non mi dispiace, anzi, è per me moto di orgoglio mostrare i risultati delle mie giornate passate a combattere per sopravvivere e per vincere. Si, perché io ho sempre vinto sul campo di battaglia. Nessuno è mai riuscito a far sgorgare anche solo una goccia di sangue, dal mio corpo, tranne loro…

Ai tempi di Freezer, nessuno osava toccarmi. Nemmeno quella bestia di Dodoria o quell’effeminato di Zarbon e tutto perché io ero e sono stato il pupillo prediletto di quella lucertola albina che avrei tanto voluto far fuori con le mie mani.

Con i miei sottoposti, invece, non c’era storia. Semplicemente non si sarebbero mai permessi di toccarmi, nemmeno per scherzo o per complicità. Mi temevano e facevano bene, poiché al primo sgarro, io li facevo fuori senza troppe remore.

Eppure, guardandomi allo specchio, vedo un’unica, grande, viscida, cicatrice.

Non è da molto che c’è e il suo significato è la cosa che più mi ferisce a questo mondo.

È la cosa che mi spinge ad andare avanti, senza mai mollare.

È la cosa che non mi frena quando mi alleno e quando cerco di spingermi al di là dei miei limiti; seppur la ragione vuole mettere un freno alla mia follia, quella stupida cicatrice mi ricorda quei due peculiari momenti in cui hanno osato colpirmi… in cui hanno osato versare il mio sangue e, successivamente, nel momento in cui sono morto.

La cicatrice si estende per buona parte del petto, obliquamente, passando sopra il cuore. In origine era più centrale, causata da questi sciocchi terrestri, la prima volta che misi piede su questo sciocco, bellissimo, pianeta.

Ma chi poteva saperlo, allora che il mio tempo da mercenario stava per esaurirsi? Chi avrebbe mai solo pensato che, di lì a poco, la mia vita sarebbe cambiata radicalmente, che mi sarei stabilito per più di qualche mese su un pianeta e che avrei persino accettato di combattere al fianco di un’inetta terza classe? Ovviamente dopo i cyborg distruggerò anche lui, ma non mi ero mai schierato in vita mia dalla parte di qualcuno.

Nessuno poteva immaginare tutto questo. Tanto meno io! E che smacco! Battuto da un manipolo di terrestri e da colui che pensavo di far fuori in meno di trenta secondi. Eppure la batosta più grande, la ferita più profonda è stato quando non mi hanno finito…

Stavo battendo in ritirata, per la prima volta in vita mia! E per la prima volta ho avuto paura di restare un secondo di più sul terreno nemico… non provavo una simile sensazione da quando, da piccolo, ero succube di Freezer e delle sue minacce per tenermi buono nel suo esercito.

Dio! Io non volevo morire. Non senza potermi vendicare di quella lucertola. Non prima di aver appagato il mio orgoglio, cresciuto in anni di falsità e di sopportazione verso colui che aveva un potere più vasto del mio.

Ma no! Kakaroth mi ha risparmiato, lui e il suo cuore puro! Che schifezza! Che nausea! Avrei preferito morire se solo avessi saputo che di lì a qualche mese avrei perso la vita per colpa di Freezer! Quel bastardo l’aveva vinta di nuovo. Per sempre.

Kakaroth mi ha negato la vendetta, facendosi persino beffa di me, che sono il principe della razza più potente e più… morta… della galassia! Si è ricoperto dell’oro leggendario e ha vendicato tutti: i terrestri, i saiyan e persino me.

Che patetico sono stato! Chiedergli addirittura di ucciderlo anche per me e per il mio popolo ormai scomparso; di sicuro stavo delirando! Non ci credo di aver anche solo pensato una simile diavoleria; eppure l’ho chiesto, pensando di morire per sempre. Scalfendo ancora una volta il mio orgoglio, credendo di non rivedere mai più la luce della vita!

Tuttavia mi sono risvegliato dal mio sonno eterno. Sono risorto fra le macerie di una terra che veniva sventrata, distrutta e avrei presto scoperto che, ormai, non potevo più fare nulla, perché qualcuno mi aveva rubato il sogno e la ragione si un‘intera vita.

Quel giorno, in cui con un semplice dito, una piccola scarica di un colpo ben mirato, mi hanno dato la mazzata finale, la mia cicatrice si è ampliata, deformata, mutata.

Cambiata, così come lo sono io. Un principe che non è più quello di un tempo. Un sovrano che deve qualcosa ad un suo suddito, ma che non ripagherà mai il suo debito per l’ego smisurato di cui è ancora dotato. Un uomo che è stato privato della sua dignità. Del suo orgoglio.

Con la punta di un dito, ripercorro quella strana superficie deformata del mio petto; è lucida e leggermente più scura del resto della pelle. All’altezza del cuore, lo sento battere, forte, deciso.

Questi ricordi moriranno con me, per l’eternità. Nel mio inferno. Ma nel frattempo, saranno soltanto rinchiusi in questa cicatrice; marchiati a fuoco sulla mia pelle, per ricordarmi, ogni giorno, quello che ho passato.

La mia promessa, è ancora valida Kakaroth, e tu lo sai bene.

Un giorno, quando raggiungerò i miei sogni ed il mio orgoglio verrà risanato, tornerò a cercarti.

Per combattere.

Per vendicarmi.

Per ucciderti.

Per far fuori te e la tua misericordia che mi ha causato solamente nuove sofferenze.

Perché tu, terza classe, non hai vissuto sulla pelle l’inferno che ho patito in anni e anni di servizio al cospetto di colui che più di tutti odiavo. Tu non hai mai visto la morte in faccia, il sangue delle vittime e la dannazione eterna.

Non potrai mai capirmi.

Per questo ti sfiderò di nuovo. Perché sono cambiato. Perché ho racchiuso il dolore in questa cicatrice che porterò sul petto con risentimento e con orgoglio nuovo. Un ego che non morirà mai.

Almeno quello…

Fine.

   
 
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