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Autore: Kilian_Softballer_Ro    06/09/2014    4 recensioni
Immaginate il tipico scenario post-apocalittico. Il frutto di un esperimento ha ucciso praticamente tutta la popolazione della Terra, e soltanto un riccio è sopravvissuto.
O forse non solo....
Cercando di ignorare i ricordi del passato, Shadow si ritrova a dover combattere e indagare su cosa è accaduto e cosa sta ancora accadendo.
Storia liberamente ispirata a un libro di Stephen King e con una forte presenza di OC, miei e di altri autori.
Spero apprezziate. Buona lettura!
Genere: Drammatico, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Shadow the Hedgehog, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Perché hai voluto che restassi? – Chiese Sonic, dopo che ebbero trascorso alcuni minuti senza aprire bocca.
- Perché sentivo di doverti dare una spiegazione – rispose Shadow lasciandosi cadere sul divano accanto a lui. – Sempre che tu voglia ancora ascoltarmi, contando quanto coglione devo esserti sembrato.
- Beh, si da il caso che io voglia ascoltarti . – Il riccio blu sorrise appena. – E poi sembra che non avremo più molte occasioni per parlarne, no? Sputa il rospo.
- Sicuro?
- Parla, o ruberò qualche tattica offensiva a quell’Alice. Ho sentito che ha un’ottima mira per le parti delicate.
- Bene. – Avevano iniziato la conversazione in un tono leggero, quasi a voler dimenticare ciò che sarebbe successo di lì a poche ore, ma ora Shadow scivolò in una voce monocorde, sforzandosi di non lasciar trasparire nessuna emozione. Sperava che sarebbe rimasta tale anche per il resto del discorso. – Ma non interrompermi, o non credo che riuscirò a finire.
Sonic annuì, mettendogli una mano sulla gamba. – Vai.
- Ero un soldato. – Cominciò il riccio nero. – Presumo lo sapessi già, visto come circolano le voci in questo posto. Soter era un mio commilitone, ma non eravamo di stanza in nessun luogo di guerra. Non negli ultimi mesi, in ogni caso. Eravamo a Washington.
- Lavoravamo in un istituto di ricerca, dove cercavano le conseguenze dell’epidemia e, se possibile, una cura. Perché fosse piena di militari era un mistero anche per noi. Probabilmente perché nessuna notizia, e nessuna persona, anche,  uscisse da lì. Gli unici ad entrare, oltre ai medici e a noi, erano stati alcuni contagiati, perché venissero analizzati da ogni parte. Teoricamente erano chiusi in camere sterili da cui non sarebbe dovuto uscire alcun germe. Teoricamente.
- Era una struttura governativa, perciò, in una parte di essa, si trovavano anche le famiglie di coloro che ci lavoravano, per la sicurezza loro e degli stessi ricercatori. Nessuno avrebbe potuto essere ricattato  perché fornisse notizie o compisse azioni pericolose. Io non avevo nessuno che dovesse essere ospitato lì, e così, Soter, ma molti altri avevano mogli, mariti, figli, nipoti...i più giovani anche dei genitori. Uno degli scienziati con cui andavo più d’accordo, il dottor Robotnik, aveva perso tutta la sua famiglia da anni, eccetto sua nipote, una ragazzina. Si chiamava Maria. – Dio, quanto faceva ancora male pronunciare il suo nome.
- Il dottor Robotnik era molto anziano, e lo sentivo più come un padre che non come un amico. Quanto a Maria...era qualcosa di meno che una figlia. Molto di meno, forse,ma non era importante. Le volevo bene, punto. Nient’altro. Ma era cagionevole di salute, e sia io, sia suo nonno temevamo che se la malattia l’avesse raggiunta, non ci sarebbe stata nessuna speranza. Allora credevamo che per qualcuno ci fosse speranza. Pensavamo si trattasse di qualcosa come la peste, in cui qualcuno, di rado, guariva e sopravviveva. Illusi.
- L’epidemia penetrò anche nel nostro istituto, come ovunque. Non so se venisse da fuori o se qualche germe fosse uscito dalle camere sterili, ma era irrilevante. Tanto sarebbe arrivato comunque. Robotnik si ammalò poco tempo prima che l’istituto venisse messo in quarantena e chiuso fuori dal mondo, e mi fece promettere che avrei tenuto Maria al sicuro, più che potevo. Ma non ci riuscii. Ovviamente. Fu contagiata e morì ancora più in fretta di quanto avessero fatto gli altri, perché era troppo debole, mentre io cercavo di uscire da quel posto. Avremmo dovuto fare come Soter, che era scappato prima della quarantena cercando di portare fuori un gruppo di civili. – La mano di Sonic gli si strinse intorno alla gamba:se per tensione o conforto, non sapeva dirlo.Era già tanto sapere che il riccio blu aveva capito cosa stesse dicendo, in mezzo a quelle frasi confuse che stava tirando fuori.
- Sono uscito da lì solo quando tutte le guardie che circondavano il perimetro sono morte. Ero fuori di me. Lo sono ancora. Continuo a pensare che è stata colpa mia se Maria è morta e in ogni caso, ho distrutto qualunque cosa su cui ho messo le mani da quel momento in poi. Ho rischiato di fare del male a Dodgeball più di una volta, e la città di cui avevo la responsabilità ha subito decine di lutti per mano di una donna che viveva qui accanto. Perciò dammi ascolto se ti dico che era solo per il tuo bene se volevo respingerti, anche se  adesso sembra una cazzata, dopo quello che è successo. Era un rischio troppo...
La frase fu interrotta da un paio di labbra che si posavano sulle sue, dolcemente ma con fermezza. Sonic lo stava baciando, tenendolo per la nuca e impedendogli di staccarsi. Fu lui a scegliere quando allontanarsi, con un sorriso mezzo sardonico e mezzo triste.
- Sei un idiota, lo sai? – Disse. – Le uniche cazzate che ho sentito sono state quelle che hai inventato tu. E sono tante.  – Gli mise una mano sulla bocca per bloccare ogni tentativo di protesta.
- Ascoltami. Capisco che hai passato dei brutti momenti e posso solo immaginare quanto sia stato doloroso, ma ricordati quello che ha detto Tikal. Non è colpa nostra.
- Parlava della bomba... – Mugugnò Shadow contro le sue dita.
- Già, e io sto parlando di tutto. Tu non avevi il potere di salvare la tua amica come nessuno aveva il potere di fermare la bomba. O l’epidemia,se è per questo. Eravamo e siamo tutti impotenti. E anche solo dal fatto che non ho usato la parola impotente per fare doppi sensi dovresti capire che sto parlando seriamente. Sono un medico, hai presente quante persone ho cercato di curare? Quanti bambini? Anche se nessuno mi era vicino come lo era quella ragazzina per te, anche io avevo delle responsabilità su di loro. Ma erano responsabilità che non avrei dovuto avere, perché non potevo fare niente. Come non potevi farlo tu. Se Wave non stava solo delirando, allora c’è questo uomo bianco a capo di tutto. La colpa è sua.
- E prova a dirmi che hai maltrattato Dodgeball e ti lancerò da quella finestra. Ho visto dei bambini maltrattati nel mio ambulatorio, con le ossa rotte e lividi sulla faccia, e i genitori che continuavano a dirmi che erano caduti giocando. Il tuo bambino non è uno di quelli. E’ estremamente tranquillo con te, non ha paura di te, ti sta attaccato come una cozza allo scoglio. E non ha lividi da nessuna parte, se non quelli normali che qualunque moccioso ha sulle gambe.  La situazione sarebbe molto diversa se tu l’avessi maltrattato. Magari gli hai dato un ceffone, okay. O una sculacciata. O ti sei incazzato troppo. Conosco un sacco di uomini che avrebbero fatto peggio. Perciò smettila di autocommiserarti, okay? Non hai colpe.
- Ma...- Shadow voleva spiegargli quello che non era riuscito a dire, la voce che insisteva a riempirlo di sensi di colpa, il ricordo di quell’immenso labirinto di stanze che era l’istituto di ricerca, pieno solo di morti e della sua voce che chiamava aiuto, la sensazione di follia che lo aveva perseguitato durante tutte le settimane passate da solo, e anche dopo. Ma alzando lo sguardo si rese conto che l’altro lo sapeva. Magari non nel dettaglio, ma capiva. Capiva tutto. Per questo non oppose resistenza quando Sonic si avvicinò per baciarlo di nuovo, anzi lo strinse a sè.
- Da quel che avevo capito le opzioni erano due....Ultima notte o ultima cena – mormorò il riccio blu nel suo orecchio, staccandosi per un breve momento e insinuandogli una mano sotto i vestiti. – Tu hai fame?
- Per niente – rispose lui cominciando a slacciargli i pantaloni.
E in definitiva, ultima notte fu.
 
Fu una passione lunga e lenta, dolce come sdraiarsi su un morbido cuscino. C’era un dolore che non aveva mai provato portando a letto delle ragazze, che non gli sarebbe stato possibile provare in quei casi, ma non avrebbe potuto desiderare un altro modo in cui passare le ultime ore a Metal city.
Non potevano permettersi di urlare, non con tre persone addormentate poche stanze più in là, ma riuscirono a godersela lo stesso. E se anche Sonic aveva morso Shadow su una spalla per soffocare le urla, non sarebbe stato un problema.
Tanto tendenzialmente presto avrebbe avuto ben altre ferite di cui preoccuparsi.
 
Sonic sprofondò nel sonno molto in fretta dopo l’amplesso. Dopotutto aveva lavorato quasi ininterrottamente per trentasei ore o giù di lì, ed era esausto. Shadow lo coprì con la coperta del divano e gli diede un ultimo bacio,rapidissimo, sulle labbra, poi andò a prepararsi.
Non sarebbe riuscito a dormire, non con l’adrenalina che circolava allegramente per le sue vene, e approfittò del tempo rimasto per vestirsi con abiti adatti a camminare (sarebbero andati a piedi, per cercare di essere notati il meno possibile) e preparare uno zaino con tutto quello che gli sarebbe potuto servire,dal sacco a pelo (ancora quello con cui era arrivato a Metal city) a varie scatolette. Poi abbandonò i bagagli in corridoio ed entrò in camera di Dodgeball.
La casa era al buio, dopo l’esplosione della centrale, ma qualcuno aveva lasciato una torcia accesa sul comodino, data l’alta probabilità che qualcuno si svegliasse nel cuore della notte. Tikal era sdraiata sul tappeto, con un cuscino sotto la testa. Dormiva profondamente, ma aveva in volto i segni di chi aveva pianto a lungo. Cosmo e Dodge dividevano il letto, l’uno raggomitolato fra le braccia dell’altra, anche loro addormentati. Shadow rimase lì fermo per un pezzo, indeciso sul da farsi, poi si chinò e baciò la guancia del piccolo riccio. Non aveva mai fatto una cosa del genere e si sentiva vagamente stupido, ma ora come ora non era il momento di pensarci.
Il bambino si  voltò e socchiuse gli occhi assonnati. – ‘Adow?
- Dormi, Dodge. E’ ancora presto.
Lui annuì e si rigirò nel letto, accoccolandosi addosso a Cosmo, che nel sonno gli mise un braccio intorno alla vita. Shadow gli passò una mano sulla testa.
- Fai il bravo, okay? Non far disperare Cosmo e Tikal.
Dodgeball si era addormentato di nuovo. Il riccio nero lo guardò per un istante, poi lasciò la stanza. Raccolse lo zaino e uscì dalla casa, chiudendosi la porta alle spalle. Avrebbe aspettato gli altri fuori.
Non sopportava l’idea di restare lì dentro un minuto di più.
 
Alice aveva camminato a passo di marcia per un pezzo, senza dire una parola. Aidan le  teneva dietro passo passo, poco dietro di lei, sempre in silenzio. Avevano attraversato strade su strade, tutte al buio, punteggiate solo da rare luci di torce o lampade dietro le finestre, e stavano camminando da quelle che sembravano ore quando il lupo aprì bocca.
- Alice.
- No. – La ragazza allungò il passo. – Puoi dire quel che vuoi, tanto sarò io a partire. Voglio uccidere quella baldracca prima che possa arrivare alla prima notte di nozze con il suo sposo. E poi pensare a lui. Quindi no.
- Molto bene. – Aidan la superò e le si parò davanti,continuando a camminare all’indietro. – Mi avverti se vado a sbattere contro qualcosa?
- No.
- Okay, allora è a mio rischio e pericolo. – Si fece serio. – Alice, tu non puoi partire.
- Taci.
- Va bene. Mettiamo il caso che tu parta. Esci dalla città e vai a prendere a calci il culo dell’uomo bianco. E poi?
- E poi cosa, figlio di un...di un Dalek?
- Tu parti. Le probabilità dicono che o lui ti uccide, o i suoi amichetti ti uccidono prima ancora che tu lo raggiunga, oppure tu muori mentre cerchi di farlo fuori. Non fare quella faccia. Lo so che sei forte, hai cercato di portarmi via i gioielli di famiglia con un calcio, ma quello là è un’entità superiore. Satana, o uno dei demoni che saltellano intorno a Satana. Comunque. Tu parti e al novantanove per cento non torni più. Io resto qui. Anche  se Tikal non mi uccidesse perché non sono riuscito a fermarti, non mi rivolgerebbe più la parola. Sarebbe distrutta. Così come quel bambino scatenato. E a me cosa resterebbe?
- Spiegati.
- Io non ho nessuno qui in città. Sono l’esempio perfetto di lupo solitario, anche se fa ridere detto di me. Sì, okay, vado d’accordo con gli uomini della squadra, ma nessuno sarebbe disperato se sparissi. Hanno tutti le loro famiglie. Io ho solo...te. Lo so che tu non mi vuoi come fidanzato, però mi piaci tantissimo e provarci con te è una cosa divertente. Il massimo. Perciò se parti tu e io resto...Io non ho niente. E tu lasceresti indietro Tikal, che credo ti voglia più bene di quanto non ne volesse a quella rondine del cazzo, e Dodgeball, che ti adora. Ne soffrirebbero loro e ne soffriresti tu, anche se ti fingeresti impassibile come al solito.
- Moriremo tutti, se voi fallite. Cosa cambia?
- Finché c’è una piccola speranza, perché non sfruttarla? Andiamo, lo sai che ho ragione. Non puoi negarlo.
Alice distolse lo sguardo, la bocca serrata. Aidan sorrise, ma era un sorriso amaro, triste. – Abbiamo deciso, quindi.
Sempre nessuna risposta. Il lupo la prese per il mento e le tirò su delicatamente la testa, e bisognava ringraziare il fatto che fosse una situazione particolare e che Alice stesse usando tutto il proprio autocontrollo se non gli staccava qualche dito con un morso.
- Devo andare. Devo prepararmi per il viaggio. Ma prima...mi lasci fare una cosa? Tanto credo che non ci vedremo mai più.
La ragazza continuava a tacere, fissandolo ai limiti del nervosismo. Aidan doveva essere della scuola del “chi tace, acconsente”. Prese l’iniziativa e fece quello che aveva intenzione di fare: si chinò e la baciò sulle labbra.
Alice spalancò gli occhi, sbalordita. Stava per dargli un pugno e fare il bis della sera prima, poi ci ripensò. Sarebbe stata la prima e ultima volta, in tutti i sensi. Poteva sopportare. Poteva lasciar correre. Richiuse gli occhi e aspettò che finisse, immobile.
Non fu il bacio migliore che avesse mai ricevuto, ma nemmeno il più spiacevole. Fu intenso e caldo e se avesse saputo che Shadow stava facendo la stessa cosa in quel momento, probabilmente Alice gli avrebbe detto che lei era più fortunata. Fra Sonic e lo sbandato che aveva davanti, messa alle strette,avrebbe scelto lo sbandato.
Aidan le infilò un mano sotto maglione e maglietta, appoggiandogliela sul seno. – Non andrò più avanti – le sussurrò, prima di baciarla di nuovo. – Lo so che non sono il suo tipo.
La lasciò andare dopo quello che a lei parve un secolo, e a lui un secondo. Alice sprofondò le mani nelle tasche, mentre il lupo alzava la testa e sospirava. – Wow. Desideravo farlo da mesi.
Tornò a guardarla. – Promettimi che non partirai appena Tikal ti darà le spalle.
- Neanche per sogno.
- Alice. Per favore. Guarda che ti bacio di nuovo se non me lo prometti.
- ...okay, d’accordo. Prometto.
- Okay. Ora posso stare tranquillo. A meno che tu non abbia le dita incrociate, lì in quelle tasche. – Aidan rise, un riso spezzato. Alice tirò fuori la mano destra e gli diede un pugno sulla spalla con tutte le sue forze. Sentiva che qualche lacrima stava iniziando a bruciarle negli occhi e non andava bene. Non andava bene proprio un cazzo.
Il ragazzo rise più forte, ritraendosi. – Mi mancherai un sacco, capo. Davvero. – Si passò una mano fra i capelli, come indeciso, poi si girò di scatto. – Addio, Alice.
E si allontanò in fretta, quasi avesse paura di cambiare idea se fosse andato troppo piano. Alice restò dov’era, in mezzo al marciapiede, a guardarlo andarsene finché non fu scomparso in mezzo al buio, i denti stretti e gli occhi umidi. Poi tirò fuori l’altra mano dalla tasca.
Indice e medio erano ancora incrociati.
 
Incredibile dictu, ho scritto il capitolo in una settimana. Io. Che a volte impiego mesi per metter giù due paragrafi. Lo so. E' un miracolo. Un altro, visto che questa storia sembra fare miriadi di miracoli, ultimamente.
Va beh, è corto. So anche questo. E probabilmente dopo questo ci sarà una lunga pausa. Perché...Perché inizia la scuola. E perché devo ancora ragionare bene cosa succederà dopo tutte le partenze. Siamo a un punto cruciale. In tutti i sensi. Perciò se ci metto un po' di più....chiedo venia.
Ragazzi, non so che dire. Non ho idea di come sia uscito questo capitolo, ma volevate tutti lo yaoi, quasi più di me. Bene. ECCO LO YAOI. Come dice una mia amica, "Nel mulino che vorrei, pace amore e sesso gay". Tutti contenti? Spero di sì.Anche perché tutto il mondo voleva sapere cosa facesse Shadow prima di arrivare a Metal city, e finalmente è venuto fuori. Alleluia.
Al nostro prossimo incontro,
^RO
 
  
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