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Autore: Defective Queen    26/09/2008    2 recensioni
Due ragazze, con diverse personalità e passato, si incontrano e diventano amiche, anche se sono entrambe due bugiarde e il loro rapporto non è mai quello che sembra.
Kate è straordinariamente bella, viziata, popolare con il sesso opposto e la reginetta (solo apparentemente) superficiale della scuola. Si dimostra gentile e amichevole con tutti, ma in realtà cova dentro di sè rancore verso gran parte delle persone e una glaciale freddezza nei rapporti umani. Roxanne ama disegnare ed essere eccentrica. Imbranata, testarda e sensibile, appena trasferitasi dalla Florida conquista al primo colpo tutti gli amici di Kate, e quest'ultima non può fare a meno di sentirsi minacciata dalla sua crescente popolarità.
Una volta che Roxanne entra nella sua vita, però, Kate cerca più di ogni altra cosa di continuare ad odiarla, ma i suoi sforzi ben presto si rivelano vani.
Questo, e molto altro, è "Beauty is the Beast".
Genere: Drammatico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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26 aprile

26 aprile

 

 

Come previsto, ho incontrato Nathan, il commesso, alla festa dei Lansom, sabato sera. Ho finto di avvicinarmi a lui per caso, ma lui mi ha notata non appena sono entrata nel suo campo visivo, e così abbiamo iniziato a parlare. Ricordava ancora la prima volta che ci siamo incontrati, come d’altronde la ricordo anche io, visto che è passata a mala pena una settimana. Mi ha detto che l’avevo colpito dal primo sguardo.

“Classico modo di abbordare una ragazza”, ho pensato, ma lui era carino e simpatico quanto bastava e io l’ho lasciato fare. Non siamo finiti a letto assieme, ma abbiamo parlato, parlato, parlato e…parlato. Anche se, devo precisarlo, essendo un tipo alquanto logorroico, è stato proprio lui ad affrontare la maggior parte dei discorsi.

Terminata la festa poi, mi ha riaccompagnato, lasciandomi sulla soglia di casa con le labbra rosse e gonfie del suo bacio. Non mi dispiace che le cose vadano di questo passo.

E’ tutto molto più godibile, no?

Quando lunedì sono tornata a scuola, tutti erano in fermento. Mancano esattamente 5 giorni all’evento clou per cui ci stiamo preparando da un mese e quasi non ci sembra vero che accada così presto.

Ovviamente, avvicinandosi la serata e il Gran Ballo (questo è il nome che qualche fanatico di Cenerentola gli ha dato), Mike, Jason e Jeff si sono fatti sempre più pressanti. Io, d'altro canto, non riesco a fare altro che rimandare la mia risposta, ma mi piacerebbe trovare una scappatoia a questa situazione.

I preparativi per l’accoglienza degli stranieri, vanno avanti in maniera piuttosto liscia. Roxanne Miller ha tutto uno staff a disposizione (che ho reclutato io, naturalmente, visto che sosteneva di potersela cavare da sola) nell’aiutarla a finire i cartelloni in tempo. Lei si è occupata delle scritte, mentre gli altri della colorazione di queste, sotto le sue direttive.

Io, invece, mi sono data da fare con la creazione dei biglietti di invito da spedire a professori e ospiti d’onore della serata. Ovviamente, non sono stata io a realizzarli, sia chiaro. Semplicemente mi sono rivolta a Larry Picks, uno di quei secchioni con gli occhiali spessi a fondo di bottiglia, specializzato in computer grafica. Quando mi sono avvicinata a lui, poco ci mancava che svenisse sul posto. Era da un bel po’ che non causavo un tale “shock”; vedere qualcuno che casca ai miei piedi in quel modo, comunque, fa sempre piacere.

Ho fatto in modo che i bigliettini fossero stampati tutti con dei puntini da riempire in seguito con il nome del destinatario, visto che molto probabilmente alla lista degli invitati se ne aggiungeranno altri, di cui ancora non conosciamo il nome. Questo mi sembrava un compromesso ragionevole.

Dopo l’orario scolastico poi, io, Roxanne, Patty Mason e la sua amichetta innominata, ci siamo trattenute per riempire ad uno ad uno tutti gli inviti. Per evitare di dover lavorare anche io, ci mettevo secoli solo per scrivere una lettera, in modo da far sembrare che mi stavo dando da fare, anche senza far nulla.

Dopo poco più di un quarto d’ora, però, le altre due si sono congedate, asserendo di aver una commissione da fare.

Quando sono scomparse dalla mia vista, non ho potuto fare a meno di commentare: «Devo ammettere che sono proprio delle ragazze furbe, le tue amichette. Prima si offrono di aiutarci, apparendo come delle bambine brave e volenterose, poi si dileguano per andarsene via chissà dove.»

Non mi sono fatta nessun scrupolo a parlare male delle sue amiche, di fronte a Roxanne. Da una parte intendevo anche provocarla: se lei mi avesse dato ragione avrei anche dimostrato la sua falsità.

Ma Roxanne, come prevedibile, non ha fatto niente di quello che mi aspettavo. Non mi ha né rimproverata, né mi ha dato ragione. Se n’è rimasta con lo sguardo basso e un’espressione mesta.

«Non giudicarle male», ha detto flebilmente, «avevano da fare.»

Come prevedibile, non l’ho ascoltata e ho continuato a maledirle nella mia mente per tutto il tempo. Adesso, per colpa loro, mi toccava lavorare sul serio, altrimenti avremmo perso tutto il pomeriggio per compilare i biglietti.

Siamo state in silenzio per un po’, assorte nella nostra attività, poi Roxanne si è animata tutto ad un tratto e mi ha chiesto: «Con chi andrai al Gran Ballo?»

Io l’ho guardata perplessa. Non si era mai permessa di farmi una domanda così diretta e personale, prima di allora.

«Non lo so», ho risposto, tagliando corto.

«Beh…sai, in giro ci sono un bel po’ di voci su di te. Più che altro tutti stanno scommettendo su chi sceglierai come accompagnatore per la serata.», ha aggiunto Roxanne. Sembrava divertita, ma al tempo stesso restia a continuare.

«Ah sì?», ho commentato, per nulla sorpresa, «E chi sono i favoriti nelle quotazioni?»

Roxanne ha fatto un risolino, spontaneo e per nulla derisorio, e ha detto: «Jason Roberts, di sicuro. Tutti sostengono che facciate una bella coppia.»

«Mhm», ho mugugnato, come se ci stessi pensando sul serio.

Se non stessimo bene insieme, non avrei mai il coraggio di farmi vedere con lui. Le persone con cui esco sono come un accessorio per me: esattamente come una borsa, se non si intona alle scarpe, la lascio a marcire nel mio armadio.

«E tu che ne pensi?»

«Io?», ha chiesto Roxanne, sorpresa, posando la penna con la quale stava compilando gli inviti, per indicarsi.

«Sì. Secondo te facciamo una bella coppia?»

Roxanne mi ha guardato perplessa ancora per qualche secondo e poi ha risposto: «Sì, ovviamente, siete entrambi due bellissimi ragazzi, ma non andate all’unisono.»

Come la maggior parte delle volte, Roxanne Miller era riuscita a confondermi con le sue strane considerazioni.

«Non andiamo all’unisono? In che senso?»

«Nel senso che, andiamo, ho notato che lui è totalmente perso di te, ma per te non è lo stesso. E’ palese. E’ questo l’unisono che manca. Siete una coppia favolosa, fisicamente parlando, ma manca quella complicità che c’è tra chi si ama a vicenda.»

Io l’ho guardata stupefatta.

«Ovviamente non è colpa tua, se Jason è innamorato di te e tu no; semplicemente non hai ancora trovato il ragazzo giusto. Ma è anche vero che certe cose come l’amore crescono col tempo e quindi un giorno, magari, riuscirai a ricambiare pienamente i suoi sentimenti e imparerai ad amarlo col tempo, e…»

Mi sentivo girare la testa per tutte le affermazioni che lei aveva fatto sulla mia vita e al tempo stesso avevo voglia di ridere, perché lei credeva possibile che con il tempo io sarei riuscita ad amare davvero qualcuno.

 Tuttavia, ho cercato abilmente di evitare l’argomento, spostando la conversazione su di lei.

«ROXanne, sei mai stata innamorata? Visto che sembri parlare dell’amore con tanta esperienza.», ho detto, guardandola fisso negli occhi. Il tono duro nella mia voce era facilmente riconoscibile.

I suoi occhi blu si sono spalancati per un secondo, la sua mascella si è contratta.

Era anche la prima volta che la chiamavo per nome direttamente, evitando di usare il diminutivo decrepito che le sue amichette le avevano affibbiato (“Anne”) ed evidenziando, invece, la parte del suo nome che mi piaceva.

Prima di oggi, avevo sempre evitato di chiamarla in modo così diretto. Era diventato quasi un riflesso. Ma oggi il contesto in cui ci trovavamo era ben diverso: la distanza tra noi si era drasticamente ridotta.

Io sono Kate, lei è Roxanne. Non esiste un altro modo per nominarci.

«Io…sì, sono stata innamorata», ha confessato in un soffio. Sembrava all’improvviso molto abbattuta. «E so anche che non è un argomento che è possibile prendere con leggerezza, a dire il vero…perciò scusami se mi sono impicciata, senza conoscere i dettagli personali tra te e Jason.»

Era una risposta ragionevole e ha fatto diventare ragionevole anche me.

Ho annuito lievemente: «Diciamo solo che è meglio non parlare di ciò che non si conosce.»

Piccola pausa, silenzio imbarazzato.

«Tu, invece, con chi andrai al ballo?», le ho chiesto poi.

«Con nessuno», ha risposto Roxanne, continuando a scrivere sui biglietti di invito, «oggi due o tre ragazzi mi hanno invitata, ma io ho rifiutato perché non li conoscevo.»

Io ho aggrottato le sopracciglia, confusa: «Ma il ballo non è un’occasione di conoscenza? Li avresti conosciuti durante la serata, che problema c’è in questo?»

«Nessun problema, infatti. Ma mi conosco e so bene che avrei accettato il loro invito solo perché non sono capace di negare il mio aiuto a qualcuno. Sarebbe stato quasi un atto di pietà, capisci? E non credo che loro avrebbero voluto questo da me…»

C’era ancora qualcosa che non riuscivo ad afferrare: «E non avresti potuto fare lo stesso che hai consigliato a me? Innamorarti di uno di loro col tempo…», ho suggerito, tanto per mantenere aperto l’argomento e vedere se riuscivo a scoprire qualcosa di più.

Roxanne ha riso con amarezza, agitando le mani, come per negare tutto. «Okay, okay. Ammetto di aver parlato di cose che non conosco. E’ impossibile amare a comando, questo lo so bene, però. Sarebbe tutto molto più pratico se ciò fosse possibile: un sacco di cuori spezzati, adesso, sarebbero ancora interi.»

Ho percepito chiaramente il rimpianto nella sua voce, come se fosse qualcosa di tangibile, di solido.

«Ma i cuori spezzati, per quanto siano miserabili, per lo meno sono una realtà vissuta e vera. Non è solo l’amore l’unica cosa in grado di spezzarci il cuore», ho detto, senza pensarci due volte.

Mentre parlavo, le mie parole non sembravano avere alcun senso. A cosa mi riferivo? Di chi stavo parlando?

Io sono sempre stata una spacca cuori, non un cuore spezzato. Perché stavo compatendo le mie vittime?

«No, ma è l’unica cosa in grado di risanarlo», ha risposto Roxanne, sorridendo timorosa.

Poi in un lampo, c’è stata la mia realizzazione.

Quello era il sorriso di un cuore spezzato e rattoppato alla bell’e meglio.

Ma era pur sempre un sorriso.

Un sorriso vero.

 

 

28 aprile

 

 

Mancano ufficialmente tre giorni, e poi tutto sarà finito. Che sollievo! Non vedo l’ora che quei dannati stranieri arrivino, abbiano la loro stramaledetta festa e se ne vadano il più presto possibile. Inoltre, spero che Gutierez la smetta di pressare me e la Miller il più presto possibile.

Si è preso persino il nostro numero di cellulare - per contattarci se dovessero esserci problemi, ha detto lui, ma sono certa che le sue intenzioni fossero altre.

Quando l’ho fatto presente a Roxanne, lei si è messa a ridere di gusto.

Io, d’altra parte, ero mortalmente seria.

«Allora, tu pensi che ci stesse provando? Un professore con le sue alunne?», mi ha chiesto alla fine della lezione di spagnolo.

«Non lo penso semplicemente, ne sono sicura.», ho precisato.

Lei ha scosso la testa, incredula.

«No, no, è troppo strano…non voglio nemmeno pensarci…»

Ho intravisto una piccola incertezza, una debolezza in lei.

Era il momento giusto per colpire.

«Cosa è strano?», ho indagato, cercando di sembrare casuale, «E’ piuttosto comune che un uomo dimostri un interesse verso una ragazza più giovane.»

Al che, non so se sia stata solo colpa o meno di una goffaggine momentanea, tutti i libri che Roxanne teneva stretti al petto, sono rovinati a terra, creando un gran caos in tutto il corridoio.

Non ho idea di quanti «Scusa» e «Mi dispiace» abbia ripetuto appena dopo quell’avvenimento, ma so solo che erano fin troppi per i miei gusti.

Dopo aver raccolto tutti i volumi che erano caduti – io chiaramente non l’ho aiutata; mi divertivo semplicemente nel vederla inginocchiata a terra, sotto gli sguardi di tutti, imbarazzata come non mai – è corsa via, asserendo di avere una lezione di letteratura con un professore piuttosto inflessibile sulla puntualità.

Ho fissato per un po’, con sguardo vacuo, il posto che aveva occupato fino a qualche minuto prima.

E poi, come comparso dal nulla, Jason ha chiamato il mio nome e io sono riemersa da quel momento di trance. Sul suo viso allungato si rifletteva un’espressione di ferrea determinazione.

Prima ancora che aprisse bocca, sapevo già di cosa voleva parlarmi. Come lo sapeva persino tutto il pubblico che si era radunato attorno a noi. Stavo quasi per indietreggiare, prima di ricordarmi che una come Kate Hudson non indietreggia mai, ma affronta tutto a testa alta. Spingendo il mento all’insù, quindi, ho guardato dritto negli occhi Jason. Lui era pronto, io ero pronta. Gli altri attendevano trepidanti.

«Kate, vuoi venire al ballo con me?», mi ha chiesto allora.

Ecco la fatidica domanda.

Leggevo nei suoi occhi chiari, nell’atteggiamento spavaldo che quelli del suo rango si concedono sempre, nella compostezza con cui aveva formulato la frase, che non si aspettava un no. Eppure, c’era una piccola debolezza in lui. Una debolezza che conoscevo bene e di cui mi approfittavo spesso. Lui era innamorato di me, o quanto meno era abbastanza cotto di me, da essere alla mia completa mercé.

Naturalmente, però, lui non l’avrebbe mai ammesso davanti a tutta quella platea.

Avevo la mia carta vincente in mano.

«Non sei certo il primo che me lo chiede. Perché dovrei venirci proprio con te?», ho domandato allora, fingendo di essere ignara della motivazione.

Sapevo che con quelle parole l’avrei messo in difficoltà.

E di fatti ci sono riuscita: Jason ha tentennato. Potevo chiaramente osservare, come se vedessi i suoi pensieri attraverso uno schermo, che era combattuto tra l’ipotesi di scongiurarmi di accompagnarlo al ballo, dichiarandomi spassionatamente il suo amore, e quella di fingersi superiore, come se la situazione non gli importasse per davvero.

Il suo orgoglio e la consapevolezza che tutti ci stavano guardando, lo ha fatto propendere verso la seconda opzione.

«Intendi dire che ci andrai con qualcun altro? Come vuoi. Non ho intenzione di pregare nessuno.»

Malgrado quelle parole, lui non accennava a spostarsi di un millimetro.

«Bene: non sono mica un santo, d’altronde. Mi risolleva sapere di non essere l’oggetto delle tue preghiere», ho risposto, stando ben attenta ad assumere un tono acido e antipatico.

Di solito non sono mai così stronza con Jason. Lui è un tipo schietto, sincero, assieme ci divertiamo e suppongo anche che sia una delle pochissime persone a cui ho fatto vedere almeno un pezzettino della vera me stessa. Ho giocato con i suoi sentimenti, e lo faccio ancora, ma i ricordi che possiedo assieme a lui sono tutti memorie che custodisco dentro di me con un sorriso.

A volte, quando mi stringe tra le sue braccia, smetto anche di pensare. Peccato duri tutto così poco.

Oppure queste sono solo mie illusioni: magari ho smesso di essere obiettiva come lo ero prima. Forse sto cercando solo un modo per giustificarmi, quando in realtà, modi per discolparmi non ce ne sono.

D’altronde, di cosa dovrei discolparmi? Non gli ho mica chiesto io di innamorarsi di me!

Il masochismo degli uomini va oltre la mia immaginazione. Se vedono davanti a loro un muro incrollabile, ci andranno a sbattere comunque, perché dentro di loro c’è sempre l’assurda convinzione che saranno i primi ad abbatterlo.

Allo stesso modo, Jason ha cercato di superare il muro che separa me stessa dagli altri. Sapeva perfettamente di non potercela fare, ma ha tentato comunque, rafforzato dalla sua testardaggine.

Sapeva di fallire, certo, quello che ignorava, però, era che l’urto sarebbe stato così forte.

Proprio per questo, la sua espressione totalmente scioccata non mi ha affatto stupita.

«Se non hai altro da dirmi, allora, io andrei. Ho lezione.», ho dichiarato secca, lasciando lui e gli spettatori tutt’attorno a noi, a corto di parole.

Quando al termine delle lezioni, oggi pomeriggio, sono andata in palestra, per controllare a che punto erano i preparativi per l’accoglienza degli stranieri, tutti i presenti, vedendomi entrare, si sono azzittiti. Era come se li avessi colti sul fatto, come se non avessero fatto altro che parlare di me per tutto il tempo.

Non mi è mai dispiaciuto essere osservata, ammirata, adulata, ma chiaramente odio essere fissata in quella maniera.

Ho resistito all’impulso irrefrenabile di gridare: “SE AVETE QUALCOSA DA DIRE, DITEMELO ALMENO IN FACCIA!”, solo per preservare il mio contegno ed evitare una disastrosa figura di merda.

Ho guardato per tutto il tempo con sfida Roxanne Miller, sperando che si azzardasse a chiedermi qualcosa, per poter riversare la mia rabbia tutta su di lei, ma le mie sono state speranze vane.

Incapace di trattenermi, allora, le ho chiesto direttamente cosa ne pensasse: «Dai, non dirmi che sei ignara del pettegolezzo che sta dilagando per l’intera scuola…»

Roxanne ha alzato i suoi tondi occhi blu su di me, il volto trasfigurato in un vero e proprio punto interrogativo.

«Me e Jason», ho suggerito, irritata di doverle spiegare una cosa così elementare.

E’ impressionante notare quanto sia costantemente “fuori dal mondo”, questa ragazza!

Dal movimento repentino dei suoi occhi, ho capito che aveva afferrato il punto.

Mi ha scrutato per qualche secondo e poi ha detto semplicemente in tono pacato: «Ho apprezzato la tua onestà.»

L’ho guardata confusa, totalmente smarrita da quelle parole. Se c’è una cosa che so di per certo nella mia vita è questa: non è mai possibile prevedere le parole di Roxanne Miller.

Per di più, il suo modo sibillino di esprimersi, non mi aiuta di certo ad avvicinarmi alla comprensione.

A dire il vero, devo ancora capire se le sue parole siano solo un mucchio di baggianate o la pura e semplice verità.

Ho aspettato, invano, che aggiungesse qualcos’altro. Alla fine, incapace di restarmene zitta, ho fatto sentire la mia presenza. Non volevo che si scordasse nuovamente che ero lì.

«Non mi farai la paternale corredata dall’immancabile: “Oh! Povero Jason!”?», ho domandato, assumendo un tono melodrammatico.

Con mia grande sorpresa, Roxanne è scoppiata a ridere.

Probabilmente, sentirmi dire delle parole così inusuali alla mia persona, aveva scatenato la sua ilarità. Quella risata ha trasmesso una certa allegria anche a me.

«No, nessuna paternale. Piuttosto, te l’avrei fatta se avessi accettato il suo invito.», ha risposto pacatamente.

Il mio sopracciglio elevato ad altezze stratosferiche, deve averle fatto sicuramente capire la mia muta opinione.

«Non fare quella faccia. Sarebbe stato più meschino da parte tua, se avessi accettato l’invito, pur non provando niente per lui.»

Ecco, ci risiamo. Mi aveva fraintesa. Il motivo dietro la mia scelta non aveva niente a che fare con la mia onestà. D’altronde, non mi sarei fatta scrupoli ad andare con Jason al ballo, se ciò non avesse scatenato le ire di decine di altri ragazzi. Non è nemmeno la prima volta che mi approfitto di lui, a dire il vero.

Chiaramente, però, non potevo rivelare ciò alla pura e dolce Roxanne, anche se la sua innocenza è semplicemente una finzione. Se lei ha intenzione di continuare a comportarsi come una brava bambina, lo farò anche io. Che male c’è ad accreditare le sue idealistiche convinzioni?

«E’ esattamente il motivo per cui ho rifiutato, infatti», ho confermato, annuendo, simulando una reazione accorata.

Roxanne, allora, mi ha guardata dritta in faccia, ma diversamente da prima. Io le ho restituito lo sguardo, confusa.

Quando stava per aprir bocca, infine, Patty Mason le è spuntata alle spalle e l’ha abbracciata di slancio.

«Anne!», ha squittito e io ho voltato le spalle a quel ridicolo teatrino, disgustata.

«Kate, aspetta!», mi ha chiamato.

Io mi sono girata di scatto, sobbalzando quasi. Sentirle pronunciare il mio nome mi fa un certo effetto.

Patty Mason le stava ancorata addosso, ma Roxanne non sembrava farci caso. Evidentemente, era abituata ad essere scambiata per un albero di eucalipto da “koala” come Patty.

«Bisogna andare a comprare della carta velina e degli altri materiali per i festoni…vorresti venirci con me?»

Ho sbattuto le palpebre, confusa. L’idea di fare shopping, anche se per materiali scolastici, con Roxanne Miller, non mi aveva mai nemmeno sfiorata.

Stavo per lavarmene le mani, in fondo non sono mai stata un tipo che ama assumersi un certo tipo di impegni. Poi, però, riflettendoci, ho visto l’occasione presentarsi davanti ai miei occhi: passare del tempo con Roxanne significava scoprire qualcosa in più su di lei, permettermi di avvicinarmi alla verità. E poi non avevo intenzione di diventare sua “amica”?

La mia missione è appena incominciata.

«Certo, va benissimo», ho detto, cercando di sembrare abbastanza entusiasta.

«Ok, allora domani alle 18 per te va bene?»

«Naturalmente», ho acconsentito.

Un dolce sorriso, un breve cenno con la mano, e poi via, ignorando Patty Mason dimenarsi come un orangotango, piuttosto che un koala, per rispondere al mio saluto.

Ti ho in pugno, Roxanne Miller. A domani.

 

 

***

 

 

Ancora un altro capitolo. Mi dispiace di non aver potuto aggiornare prima, ma i compiti sono tanti e il tempo libero sempre poco. Voglio solo precisare che, adesso che il materiale già scritto è terminato, sarò un po’ più lenta nel pubblicare i nuovi capitoli, anche se tenterò di aggiornare ogni settimana.
Ringrazio, inoltre, Pigna e Luine per i commenti!
Luine, le tue previsioni sulla storia sono interessanti, ma mi pare ovvio che non posso rivelare nulla...per il momento ;). Spero con i prossimi capitoli di riuscire a rispondere ai tuoi dubbi...ma per ora, preferisco mantenere l'alone di mistero! :P Ti posso solo dire che in questo capitolo c'erano altri indizi su Roxanne...
Okay, basta adesso, altrimenti finisco per spifferare tutto! Chi vivrà vedrà U_U

 

   
 
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