CAPITOLO 4
Swaden era una città di ridotte dimensioni e poco caotica. Era
distante dal caos di Arus, situata sempre nelle province settentrionali
dell’impero, e lontanissima dalla capitale Fortwar, situata nelle province
meridionali dell’omonimo impero.
Era stata fondata centinaia d’anni fa dagli elfi, e poi
successivamente abitata e ricostruita dagli esseri umani.
Infatti, la parte più a nord est dell’Impero di Fortwar era
abitato, in passato, solo da creature non umane. Gli umani vivevano nel sud,
sulle coste del grande oceano e nella provincia di Fortwar, e poi avevano
cacciato tutti i non umani.
Ma Swaden era una
città particolare; aveva un porto antichissimo e custodiva grandi segreti. Gli
elfi, prima di andarsene, con un ultimo atto benevolo verso uno dei pochi umani
loro amici, avevano lasciato un segreto considerato come la chiave di salvezza
dell’impero. Da allora, per secoli, d’in generazione in generazione, un vecchio
saggio sceglieva un giovane per lui adatto, e gli consegnava il segreto, e così
via.
A distanza di secoli
dal primo, in quell’istante il ragazzo scelto dall’anziano maestro, si stava
dirigendo, tutto infreddolito, verso l’antico tempio, dove poco distante viveva
il vecchio.
Sam, il giovane prescelto, pensava di essere un ragazzo
normalissimo; un pò tarchiato, scuro di capelli e dagli occhi castani, con un
carattere un po’ introverso.
Aveva appena vent’anni ma sapeva fare cose che altri a stenti
facevano, aveva una mente aperta, era volenteroso ed aveva buone capacità
matematiche e lessicali. Non era proprio normalissimo. Il suo maestro lo
definiva come uno studente eccezionale e in grado di apprendere molto in
fretta, cosa importante per i destinatari del segreto, che dovevano essere
anche colti.
Grazie al fatto di essere stato scelto tra i tanti ragazzi
della città, Sam aveva potuto ricevere un’ottima educazione che,altrimenti, gli
sarebbe stata preclusa. I suoi genitori erano contadini e vivevano in
condizioni miserevoli, tanto da non potersi pagare neppure una visita medica. Infatti
i suoi genitori erano morti entrambi un paio d’anni fa durante un epidemia di
febbre, lasciando Sam solo al mondo e nella disperazione. Dopo poco era stato
scelto dal maestro.
Ora viveva abbastanza bene, il cibo e un tetto sulla testa
non gli mancavano ed era stimato da tutta la comunità.
Sam era stato fatto chiamare da poco dal suo maestro. Era
urgente. Il servo che portava il messaggio diceva di aver visto il maestro
molto scosso, cosa veramente rara.
Anche a Swaden erano giunte notizie dell’invasione, e si
diceva che i nemici non fossero tanto distanti da lì e che ormai avessero
sottomesso la maggior parte dell’impero senza che l’imperatore avesse mosso un
solo dito per fermarli. Forse era quella la causa di tanta fretta. Comunque, tra
poco lo avrebbe scoperto.
In pochi passi si trovò di fronte alla porta del maestro.
Bussò vigorosamente. Il vecchio maestro lo aprì. La lunga barba e l’aspetto
trasandato gli davano di solito un aspetto da uomo tranquillo, mentre quel
giorno era particolarmente trascurato e spaventato. Il vecchio tremava tutto, e
Sam rimase colpito dal suo aspetto, talmente tanto da non riuscire più ad
immaginarsi cosa potesse volere il maestro da lui.
Il maestro prese Sam per un braccio e lo trascinò in casa,
per poi sbattere di fretta la parta dietro di lui. Appena si entrava c’era
subito una camera disadorna con al centro un tavolo ed alcune sedie, dove Sam
in passato si sedeva intanto che il maestro gli spiegava qualcosa. Si accomodò,
ed il vecchio decise di non attendere altro tempo.
‘’Devi andartene. Devi partire subito. E’ già tutto pronto’’.
Sam non capiva le frasi incomplete che il vecchio gli diceva
con fare agitato.
‘’Ma partire e andare dove? Non capisco..’’.
‘’E’ presto detto. Ora ti spiegherò tutto, anche se c’è poco
da spiegare. Devi semplicemente eseguire la missione per cui sei stato
preparato e per cui centinaia di persone hanno tramandato il segreto per secoli’’.
Un barlume di lucidità era ricomparso sul volto del maestro.
Sam si adagiò meglio sulla sedia, e si preparò attentamente per ascoltare il
seguito.
’’Sam,
devi capire che siamo arrivati all’epilogo. Tutto sta
per cambiare, nulla sarà più come prima. Non sono
riuscito a insegnarti tutto
ciò che dovevo, ma ciò che sai è sufficiente per
poter affrontare il tuo
destino.’’. Deglutì, e riprese a parlare, un
po’ più tranquillo. ‘’La tua ora è
giunta. Partirai sulla piccola imbarcazione da me preparata e con due
schiavi
ai remi, ed affronterai l’oceano e la Tempesta perenne. Ti prego
di ascoltarmi
e di non fare troppe domande, non c’è più tempo.
Devi sbrigarti, i nemici sono
a pochi giorni da qui’’.
La breve pausa del maestro permise a Sam di esprimere le sue
perplessità.
’’ Ma.. scusi, maestro, ma come può pensare che io possa
affrontare la Tempesta permanente con una bagnarola e due schiavi, se non ci
riescono neppure i marinai più esperti con le loro grandi imbarcazioni? E poi,
perché mai..’’. Non gli fu lasciata finire la frase. Il vecchio riprese con
foga crescente.
‘’Smettila ragazzo. Tu non lo sai ancora, ma la tempesta
aspetta solo te, e ti custodirà.. non devi temerla, valle incontro e affronta
le sue terribili onde a testa alta. Al di là di essa troverai l’unico modo per
salvare Fortwar e le sue genti dal male che sta per distruggere l’umanità e il
nostro mondo. Due cose sole devi fare, capito? Affronta la tempesta, fai remare
gli uomini verso ad essa, loro obbediranno. Poi convinci ad intervenire e a
salvare Fortwar coloro che troverai sul tuo nuovo percorso. Seguimi, è ora di
partire’’. Il tono non ammetteva repliche.
Sam seguì il vecchio
nel retro dell’abitazione, che era proprio sulla spiaggia, e vide la sua
bagnarola con due uomini già ai remi. Sam si tirò su i calzoni, stava per
entrare in acqua ed andare incontro a morte certa. Si girò un ultimo istante, e
vide il suo maestro con le lacrime agli occhi.
’’E lei maestro? Mi aspetterà qui?’’ disse, titubante. Il maestro
lo fissò intensamente.
’’No, le nostre strade si dividono qui. Ho piena fiducia in
te e nelle tue capacità, e so che seguirai alla lettera le mie indicazioni. Mi
fido di te, e ricorda che la tua missione era già stata programmata secoli fa,
non puoi scappare di fronte al tuo destino. Segui i miei consigli e il tuo
istinto, e troverai la strada giusta. Non morirai prima di aver compiuto la tua
missione’’. Una lacrima scese rapidamente tra le rughe del vecchio volto e
scomparve tra la barba bianca ancora folta.’’ In quanto a me, tra poco mi
avvelenerò, così nessun nemico potrà catturarmi e scoprire la tua missione.
Invierò una lettera all’imperatore in cui spiegherò tutto, lui sì che ti
aspetterà. Il mio ultimo consiglio è questo; anzi, prendilo come un ordine. In
qualsiasi luogo tu ti troverai dopo aver superato la tempesta non sarà reale.
Ricordalo; ti troverai quasi sicuramente in un luogo stupendo dove non esiste
il tempo. Tu non farti ingannare e svolgi la tua missione nel più breve tempo
possibile, perché nel reale il tempo continuerà a scorrere, e tu potresti
tornare troppo tardi. Intesi?’’. Il maestro gli fece l’occhiolino, mentre altre
lacrime scorrevano nel suo viso, per poi essere nascoste dalla barba.
Sam capì che era ora di congedarsi.
Accennò un saluto con il capo, ed entrò in acqua. Salì sulla
bagnarola scricchiolante. Gli schiavi ai remi si misero subito a remare con
foga. Sam si girò per un attimo indietro; il maestro lo stava ancora
osservando. Consapevole che al suo ritorno, sempre che ci fosse stato, nulla
sarebbe stato più come prima, si accorse che stava piangendo. Rosso in volto,
si girò in avanti e non guardò più dietro di sé.
Ora lo aspettava la Tempesta permanente.
Di lì a poche ore ore Sam si trovò a fissare l’immensa
tempesta.
L’immensa massa di nuvole nere che si estendeva all’infinito
all’orizzonte scagliava innumerevoli fulmini, mentre generava forti venti e
immense onde. Tuoni violenti come esplosioni risuonavano nel cielo. Gli schiavi
remavano dritto verso quell’incubo.
Senza titubare un attimo, quegli esseri umani, muti come
pesci, lo stavano portando verso il cuore della tempesta. L’oceano si stava
facendo sempre più mosso, e le onde iniziavano a sovrastare la bagnarola,
mentre il giorno scompariva, coperto dalle nubi. Sam chiuse gli occhi per un
po’, e li riaprì solo quando gli scossoni e gli spruzzi d’acqua non lo
spaventarono a morte.
Aprì gli occhi e vide di essere all’interno della tempesta.
Tutto attorno a lui era buio, illuminato ogni tanto da fulmini. Poi, un immensa
onda si abbatté su di lui, e notò che i due schiavi non erano più ai loro posti
mentre la bagnarola stava affondando. Stringendo forte il legno
dell’imbarcazione, cacciò un urlo di terrore mentre veniva inghiottito da
un'altra onda. Le sue mani non trattennero oltre il legno e Sam fu scaraventato
in acqua, mentre l’imbarcazione si frantumava in mille pezzi.
Cercò disperatamente di respirare, mentre si accorgeva che
stava sprofondando negli abissi oceanici, trascinato da una grande forza. Non
poteva più resistere senza ossigeno. Per un istante pensò che stava per morire
senza aver compiuto la missione.
Poi, la sua mente si offuscò e perse i sensi, mentre
sprofondava nell’oceano in tempesta.
Intanto, sulla terraferma, i nove cavalieri stavano per
raggiungere l’esercito del Gran Re dopo giorni e giorni di trotto continuo.
I cavalli erano sfiniti, mente i loro cavalieri erano
impassibili. Ma, all’interno di essi, la loro fame stava crescendo. Erano
giorni che non si erano nutriti decentemente, poiché fin tanto che non avevano
avuto corpo bastavano pochi vegetali per tenerli in vita nel loro letargo. Ma
ora volevano cibarsi dei loro piatti preferiti. Entrarono nell’immenso
accampamento di mattina presto, ma già alcuni soldati erano impegnati davanti
alle loro tende a prepararsi per la lunga giornata.
A pochi chilometri dall’accampamento, i cavalieri avevano
attraversato le rovine di Frampul, e avevano notato che la distruzione era
stata feroce, proprio come piaceva a loro. I soldati fuori dalle tende
iniziarono improvvisamente a guardarli, prima con un espressione stupita, poi
con una disgustata e impaurita.
I nove Demoni, dall’alto delle loro cavalcature, osservavano
con interesse gli umani, a tal punto che
riuscirono a rompere il silenzio, e nelle loro menti diaboliche risuonava
un'unica parola; cibo. Si diressero rapidamente verso la tenda imperiale,
cercando di non cadere in tentazione con i soldati. Non volevano giocarsi le
loro carte subito. Volevano solo divertirsi un po’ con quegli esseri inferiori.
La sentinella, impaurita, li annunciò subito al Gran Re, che
non li fece attendere e li ricevette subito.
Fermei per un istante era felice. Shon era tornato, e
comunque fosse andata la missione, la sua opera di conquista avrebbe potuto
continuare. Poi notò che la sentinella era atterrita. Fermei non comprese
subito. Fece accomodare Shon, ma a sorpresa entrarono nove soggetti, tutti insieme.
Non fece caso all’etichetta e si avvicinò per abbracciare il buon guerriero,
uno dei suoi migliori uomini.
’’Shon, sei tornato finalmente..’’. Non riuscì a dire altro.
Le figure che aveva davanti non erano umane, anche se ne mostravano le
sembianze. Un brivido di terrore percosse il suo corpo, e si allontanò con un
balzo dai soggetti.
’’Cosa siete?’’, chiese con una vocina tremolante. Gli
rispose una voce forte e potente, ma che non usciva da nessuna bocca in
particolare. Anzi, le bocche non si muovevano proprio e i corpi erano pallidi
come quelli dei morti.
’’Shon è morto. Noi siamo chi cercavi. Saremo tuoi alleati in
questa guerra’’, disse brevemente la voce.
Fermei era impaurito come mai prima; cosa aveva ordinato di
rievocare?. Come se avesse potuto leggere nella sua mente, la voce rispose alle
sue domande.
’’Non temerci, siamo tuoi alleati. Siamo i nove Demoni che in
un tempo lontano furono imprigionati dagli esseri fantastici nei monti Akras.
Ma ora grazie a te, siamo tornati. Siamo nove corpi ma ragioniamo come uno
solo. Ti siamo grati per averci salvati. Ma ora, per favore, nutrici’’. Fermei
era lievemente rassicurato, ma non molto.
’’C’è tutto il cibo che volete. Pane e carne non mancano,
e..’’.
’’Fermati Re. Noi non mangiamo carne o pane… ma anime’’,
disse la voce, e i volti impassibili lasciarono trapelare un sogghigno
malefico.
‘’Ti prego, nutrici; non hai degli schiavi? A noi possono
bastare solo 30 schiavi, per oggi’’. Fermei tremava. Doveva sbarazzarsi di
quelli. Ma come? In fondo gli sarebbero potuti essere utili. Chiamò la
sentinella e gli disse di portare 30 schiavi. La sentinella partì di gran
corsa, e dopo pochi minuti di uno strano silenzio, alcune guardie proruppero
nella tenda reale con i prigionieri. Fermei andò per contarli. Non voleva
offrirgliene troppi, a quei mostri.
Gli schiavi furono messi rapidamente in fila. Fermei iniziò a
contarli. A metà della sua conta, si trovò davanti a una ragazza magnifica. Era
semplicemente stupenda, era alta, mora e con dei bei capelli raccolti in una
lunga treccia, lievemente sporca di fango. Non resistette alla tentazione, e si
fermò un attimo. Sfruttando il fatto che aveva imparato un po’ di linguaggio
basilare dell’impero, facendoselo insegnare da dei dotti prigionieri, Fermei
non resistette.
’’Come ti chiami?’’, chiese in un linguaggio stentato.
’’Ilse’’, rispose la bella. Fermei passò oltre. Doveva
salvarla da morte certa. Finì rapidamente la conta, e constatò, con infinito
sollievo, che i prigionieri erano trentuno. Si fermo un istante.
‘’Non sapete neppure contare?’’, chiese ai suoi soldati. ‘’Sono
trentuno, riportatene via uno’’. I soldati si guardarono con fare circospetto.
’’Naturalmente scelgo io. Riportate indietro la ragazza’’ e
indicò Ilse, che fu subito allontanata dal gruppo. ‘’Bene, ora potete nutrirvi’’,
disse ai Demoni.
I nove non si fecero
ripetere l’invito. Senza alcun movimento esteriore, iniziarono il pasto.
Rapidamente, i 30 prigionieri, resi schiavi dal Gran Re, iniziarono a dimenarsi
e a urlare. I loro volti si fecero prima rossi e poi sempre più pallidi, mentre
smettevano di dimenarsi. La scena era raccapricciante e aveva lasciato
sconvolto sia Fermei che i suoi uomini, ancora presenti nella tenda.
Ora i 30 corpi giacevano senza vita nel pavimento, con la
loro anima dannata per sempre. Era uno scenario orribile. I nove Demoni non
attesero altro tempo, e si congedarono ringraziando del pasto e dicendo che
l’indomani si sarebbero ripresentati per essere sfamati.
Fermei ascoltò distratto, troppo scosso per capire bene. Solo
quando furono usciti dalla tenda poté tirare un sospiro di sollievo. E se
avessero fatto la stessa cosa con lui? No dai non doveva pensare così, erano
alleati, avevano detto. Mah, ora non voleva più pensarci. Si sedette e ripensò
all’unica cosa bella che gli era capitato di vedere nell’ultimo mese. Ilse.
Naturalmente, ai demoni non era sfuggita la debolezza del Re
per la prigioniera. Quello era un punto a loro favore che prima o poi avrebbero
sfruttato. Giusto per divertirsi un po’, prima della loro grande vittoria.
NOTA DELL’AUTORE.
Vorrei ringraziarvi per la lettura. E’ la mia prima storia,
spero vogliate continuare a seguirla. Mi piacerebbe conoscere le vostre
opinioni, e naturalmente le recensioni sono ben accette. Alla prossima.