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Autore: Serpentina    07/09/2014    8 recensioni
Dopo quattro anni Faith Irving e Franz Weil hanno preso strade diverse, professionalmente. Il loro amore, al contrario, è più solido che mai, tanto che, sulla scia degli amici che hanno già messo su famiglia, o ci stanno provando, decidono di compiere un grande passo: sperimentare la convivenza. I due piccioncini sono convinti che l'esperienza rafforzerà ulteriormente il rapporto, che, invece, verrà messo a dura prova da un "terremoto" che rischierà di farlo naufragare definitivamente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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Aloha! Prima di lasciarvi al capitolo, voglio inondare di grazie abracadabra, che ha recensito, Bijouttina, Calliope Austen, chariottina, DarkViolet92, che hanno recensito e seguono la storia, e Chiarap, elev, Eli12, gabrilisa, Justine, _maryan_, Minelli, Minerva McGonagall, pat69, prettyvitto, roncatella e tigrotta81, che pure seguono la storia! <3 <3 <3
 
Luna storta

Il coraggio è solo la paura di essere considerati vigliacchi.
Horace Smith
 
Bernard Cartridge, comunemente noto come Ben, si recò dal fratello maggiore Brian di buon mattino, bramoso di aria fresca e tranquillità, cose che, da qualche mese a quella parte, era costretto a cercare fuori casa: la sua dolce metà, Abigail, era in attesa del secondo figlio, il che rendeva il suo umore labile quanto un alito di vento; inoltre la primogenita, Kaori, non era affatto entusiasta del fratellino o sorellina in arrivo, e lo manifestava con scoppi d’ira che mettevano a dura prova i nervi suoi e di sua moglie. Purtroppo per lui, il buonumore si infranse non appena incrociò lo sguardo iniettato di sangue di Brian, che grugnì un iroso “Buongiorno”.
Nella speranza di contagiarlo con la propria giovialità, ridacchiò –Se ti sei svegliato con la luna storta, raddrizzala!
Se si aspettava di rallegrarlo, fallì miseramente: Brian, infatti, si alzò di scatto, lo afferrò per la cravatta, rischiando di strangolarlo, e ringhiò –Non. Dire. Quella. Parola!
–Quale? Storta?- chiese Ben, esterrefatto dal comportamento del fratello: da che ne aveva memoria, non l’aveva mai visto in quello stato.
–Luna!- sbraitò. –Non la voglio sentir nominare!
–Il tuo animo da uomo d’affari non è toccato dalla poesia dell’astro d’argento?
–No, finché il suddetto astro mi impedirà di dormire e scopare!
“Aha! Adesso si spiega tutto!”, pensò l’altro, sforzandosi di reprimere il sorrisetto compiaciuto che lottava per affiorare sulle sue labbra.
–Cosa è successo? La tua ultima conquista ti ha mandato in bianco per contemplare la luna?
–Spiritoso!- sbuffò Brian. –Per tua informazione, successe qualche anno fa: iniziò a farmi una lezione sullo spazio profondo che ebbe l’effetto di una doccia fredda. Morale della favola? Se hai intenzione di concludere la serata in bellezza, non uscire con un’astronoma!
–Non starai dicendo che l’hai rivista e pensare a lei ti tiene sveglio la notte!- esclamò allora Ben, preoccupato per la salute mentale del suo unico fratello.
–Per chi mi hai preso? E’ mio figlio che mi tiene sveglio e disturba le mie… attività, se capisci cosa intendo.
–Porti a casa donne conosciute nel bagno di locali alla moda e che non vedrai mai più dopo esserci andato a letto? Sei un incosciente!
–Secondo te perché la cameretta del bambino è all’estremità opposta del corridoio, rispetto alla mia?- rispose sornione Brian. –AJ viene al primo posto, ma non posso negare un po’ di divertimento all’amichetto laggiù, ti pare? Già è tanto che mi sia trattenuto dal provarci con la sua maestra…
–Ecco, bravo, almeno lei lasciala stare- gli raccomandò Ben in tono paterno.
–Non sai quanto mi costa… è talmente gnocca!
–Ehm… lasciamo perdere la maestrina sexy. Cos’ha Aidan? Sta male? L’hai portato da un dottore?
–Non ancora- ammise Brian. –In realtà, non so se sia il caso; fisicamente gode di ottima salute, solo… soffre di incubi. Si sveglia, corre da me e, se la porta della camera da letto è chiusa, bussa finché non apro. Gli apro, lo tranquillizzo, lo riporto a letto, gli rimbocco le coperte, mi assicuro che dorma e, finalmente, riprendo il sonno interrotto. Talvolta, come stanotte, non ero solo, quando ha bussato alla mia porta, e la scalogna ha voluto che al mio ritorno trovassi il letto vuoto perché quella stupida gallina fertile si era scocciata di aspettarmi!
–Tralasciando la “gallina fertile”… dovresti parlarne con Aidan e, se necessario, portarlo dal medico- asserì il minore dei fratelli Cartridge.
–Non voglio che pensi di avere qualcosa che non va!- rifiutò recisamente l’altro. –Anche se, effettivamente, non fa dei sogni normali; a quattro anni, di solito, si ha paura dei mostri, delle belve feroci… lui sogna, cito testuali parole, “che la luna cade e ci spiaccica tutti”.
–Ma è terribile!- esalò Ben, sconcertato: ne aveva viste e sentite di cotte e di crude, quanto a paure infantili, ma questa era una novità assoluta!
–Lo so! Provo a inculcargli l’uso corretto dei tempi verbali, ma non gli entra in testa! Mi manda in bestia!- gnaulò Brian.
–Ehm… intendevo che è terribile che mio nipote sogni che Luna cada sulla Terra- chiarì Ben.
–Oh, beh, certo… anche i verbi usati a casaccio, però… Ad ogni modo, mi domando: come gli è venuto in mente? Fantasia eccessivamente fervida? Programmi televisivi? Qualche film non adatto alla sua età?
–Niente di tutto ciò. I bambini hanno una curiosità incredibile: si sarà posto il dubbio su cosa tiene la Luna ferma in cielo e, non avendo trovato risposta, sarà giunto alla conclusione che può caderci addosso da un momento all’altro. Fossi in te, invece di preoccuparmi, gongolerei: il pargolo mostra una mente scientifica.
–Sono orgoglioso di lui a prescindere - se poi si rivelasse un piccolo Einstein, figurati! - però gradirei che la “mente scientifica” mi concedesse un tranquillo riposo notturno. E’ forse chiedere troppo?- sbottò il papà assonnato.
–Vuoi un consiglio? Spiegagli perché il suo incubo non può realizzarsi, vedrai che la paura svanirà.
Brian alzò gli occhi al cielo e replicò –La spieghi tu la fisica a un bambino di quattro anni?
Ben aprì bocca per ribattere, poi, in mancanza di argomentazioni convincenti, la richiuse, si grattò il mento con aria pensosa, infine gridò –Eureka! Si dice così quando si ha una grande idea, no?- l’altro annuì, perplesso. –Hai ragione, tuo figlio ha bisogno di qualcosa che non puoi dargli… una lezione di astronomia!

 
***

Faith rientrava in quel folto gruppo di persone che etichettano l’intera giornata in base allo stato d’animo in cui si trovano appena sveglie. Quel giorno era particolarmente irritabile - al punto che nemmeno gli Who sortirono il consueto effetto calmante - ragion per cui evitò il caffellatte, optando per un tè freddo con molto ghiaccio.
Timbrato il cartellino, decise di passare a salutare Serle, la simpatica moglie del fratello di Franz, con cui aveva stretto una salda amicizia. Uno dei tanti motivi che avevano reso meno traumatico l’addio al Queen Victoria Hospital era, appunto, la possibilità di fare quattro chiacchiere con Serle ogniqualvolta ne avesse occasione.
–Buondì, Faith!- trillò la bionda. –Luna storta, o ennesima lite col mio unico cognato?
–Entrambe- sospirò la Irving. –Se avessi saputo che cercare casa è tanto stressante, avrei rifiutato la proposta di Franz; purtroppo, non posso: la padrona di casa ha bisogno dell’appartamento, e il suo è troppo piccolo per due persone, abbiamo fretta di trovare una soluzione. Le liti sono all’ordine del giorno, a volte mi domando se la situazione non peggiorerà ulteriormente quando vivremo insieme.
–Tesoro, ti stimo troppo per rifilarti patetiche frasette rassicuranti- soffiò Serle, rivolgendole una smorfia mesta. –Non farti illusioni: quando diventerete ufficialmente conviventi, la situazione precipiterà; le differenti abitudini, all’inizio, provocano attriti a non finire, ci vuole tempo per imparare a scendere a compromessi. Faith, Faith, hai intrapreso un viaggio irto di ostacoli: la convivenza è una prova difficile. Credo che, se avessi vissuto sotto lo stesso tetto con Alex prima del matrimonio, non l’avrei sposato.
La brunetta la fissò allibita: Alexander e Serle erano una coppia affiatatissima!
–Dai, non farmi ridere!
–Sul serio! Eravamo peggio di te e Franz, e, senza offesa, questo sì che è tutto dire!- ridacchiò la bionda, ravvivandosi la chioma. –Tieni conto che, quando ci siamo sposati, ci conoscevamo da dieci giorni, e questo ha accresciuto le difficoltà: non ero mentalmente abituata a tavolette alzate, rotoli di carta igienica infilati nel verso sbagliato…
–Esiste un verso sbagliato?- esclamò esterrefatta Faith, per poi zittirsi. –Scusa. Taccio.
–E’ stata dura, ma, è il caso di dirlo, l’amore vince ogni cosa. Il tutto sta nel ridimensionarsi e accettare che l’altro occupi un posto non soltanto nel nostro cuore, ma anche nell’armadio, in bagno, nella libreria…
–Penso che incontrerò meno difficoltà di Franz; al contrario di lui, ho già diviso casa col mio ragazzo.
Avendo notato il velo di tristezza che aveva offuscato lo sguardo di Faith nel menzionare il suo ex, Serle non indagò oltre, limitandosi a suggerirle di rivolgersi a un amico di Alexander, che aveva abbandonato bacchetta e cilindro per un posto stabile in un’agenzia immobiliare.
La conversazione venne interrotta da un collega di Serle, che salutò le due come ogni mattina.
–Guarda, guarda chi si vede: le Rizzoli e Isles dei poveri!
–Sai, Sherman, prima di vederti ero convinta che questa giornata non potesse peggiorare… ora so che al peggio non c’è mai fine- rispose Faith, perfida. Quell’uomo la mandava fuori dai gangheri! Avrebbe voluto aggiungere qualcosa di ancor più velenoso, ma il suo folle capo, il dottor Noyce, la richiamò all’ordine. Mentre attendevano l’ascensore, Sherman commentò –Ecco, bravi, scendete nell’Ade, è quello il vostro posto!
–Chissà che un giorno non diventi pure il tuo- replicò Noyce con impeccabile aplomb, e insieme alla Irving uscì trionfalmente di scena.

 
***

Nel frattempo, al Queen Victoria Hospital, Robert Patterson stava sorridendo per il cielo inaspettatamente sereno, con un sole caldo e luminoso. “Altro che tempo inglese!”, pensava, rallegrandosi dell’errore dei meteorologi. Il tepore riusciva persino a fargli dimenticare con chi era stato appaiato per il turno mattutino.
Peccato che quel qualcuno, una rossa tutto pepe, fosse determinato a guastargli la giornata.
–Ehilà, Patterson!- squittì, caracollando verso di lui su un paio di scarpe griffate dai tacchi vertiginosi, che il precedente primario, il dottor Harvey, non avrebbe mai ammesso; non che il suo successore, il dottor Brenner, li ammettesse, ma per la sua protetta vigevano regole diverse di quelle che erano tenuti a rispettare i comuni mortali.
Dottoressa Meigs- sibilò Robert, infondendo in quell’appellativo tutto il proprio disprezzo. A differenza dei colleghi, i quali fingevano di sopportarla e sparlavano di lei alle sue spalle, non aveva mai fatto mistero dell’astio che provava per la “vacca arrivista” che gli aveva “fregato l’ufficio e i pazienti”. Tuttavia, per paura di ritorsioni, aveva sempre cercato di tenere a freno la lingua.
–Splendida giornata, vero?
–Fino a pochi secondi fa, sì- rispose lui, storcendo il naso alla vista dei capelli di un rosso fiammante e palesemente artificiale, scolpiti in un taglio corto di tendenza, della pesante riga di eyeliner nero sui suoi occhi e del rossetto e smalto rossi. Si morse la lingua per impedirsi di urlare a quella stronza quanto fosse di cattivo gusto sfoggiare un trucco pesante quando, poche settimane prima, Brenner aveva portato alle lacrime una povera specializzanda, rea di essersi presentata con del tenue ombretto beige sulle palpebre.
–Uuuh! Qualcuno si è svegliato con la luna storta!
Robert sperava di evitare di salire in ascensore con lei, ma non poté sottrarsi al martirio: l’odiata collega gli stava tenendo la porta aperta.
–Grazie- ringhiò, a denti stretti.
–Non ringraziarmi, l’ho fatto perché questi trenta secondi in ascensore con me sono una punizione peggiore che non farti aspettare nell’atrio- rispose lei con innegabile cattiveria.
Il bel ginecologo attese che si aprissero le porte, prima di dare sfogo al proprio livore con un sommesso –Puoi atteggiarti a primadonna e andare a letto con chi ti pare, resti comunque una zitella inacidita.
Il personale di turno, attirato da strani rumori, assistette a una scena davvero comica: Robert stava usando una cartella clinica come scudo contro i pugni e calci della Meigs, che strillava –Sei un troglodita! Un maschilista! Un bastardo! Ti farò licenziare!
Una volta riportata la calma, Maggie Bell, in passato innamorata (non ricambiata) di Patterson, gli si avvicinò e disse –Congratulazioni. Conoscendola, userà il suo ascendente su Brenner per vendicarsi. Ne valeva la pena?
–Lo rifarei mille volte, perfino se ne andasse della mia vita- mentì: in realtà se la stava facendo sotto dalla paura che potessero licenziarlo sul serio, ma non lo avrebbe mai rivelato a Maggie.
–Devi chiederle scusa, e ti conviene farlo prima che ti costringa Brenner, in modo da conservare un minimo di dignità- asserì la collega con insolito sussiego. –Niente proteste: non piace neppure a me, se potessi la affogherei nel Betadine, ma non comandiamo noi, qui, perciò fai buon viso a cattivo gioco. Pensa che è inutile farsi venire un’ulcera, probabilmente se ne andrà non appena il capo si sarà stufato di lei.
–E se non succedesse?
–In quel caso, ti toccherà incanalare la rabbia in attività costruttive: giardinaggio, cucito…
Robert sbottò –Bell, in caso non te ne fossi accorta, sono un uomo!
–Allora la filatelia. Avrai un sacco di tempo per collezionare francobolli… da disoccupato!- cinguettò lei, scoccandogli un’occhiataccia.
Patterson dovette aver recepito l’antifona, perché alzò le mani in segno di resa ed esalò –Va bene, andrò a scusarmi… ma questo non la rende meno acida, né meno zitella!
–Renderà te più uomo, però! Se ti pare poco…

 
***

Tallonato dal fratello, Brian era in procinto di infrangere una delle sue regole più sacre: oltre ad essere un “uomo che non deve chiedere mai”, infatti, era anche “l’uomo che non richiama mai”.
–Pigia sul telefono verde, su, non ti si bruceranno le dita!- sbottò Ben, stufo dei tentennamenti di Brian, che faceva aleggiare le dita sul tasto di chiamata senza decidersi a premerlo.
–E se avesse cambiato numero?- osservò il fratello, in un chiaro quanto ridicolo tentativo di sottrarsi a quella che, considerava un’ordalia.
–Non lo saprai mai, se non tenti. Adesso chiama. Subito!
Sbuffando teatralmente, irritato dai commenti di Ben sulla sua codardia, Brian spinse col dito il tasto di chiamata, e attese col fiato sospeso e il cuore in gola. Dopo qualche squillo, sollevato, esclamò –Non risponde. Sarà per un’altra volta.
In quel preciso momento, con suo enorme disappunto, una voce femminile disse –Pronto?
–Ehi.. ehm… ciao, Alyssa- pigolò Brian, che aveva assunto un malsano colorito verdognolo. Ignorando le risatine di Ben, si schiarì la voce e aggiunse, in tono più sicuro –Sono Brian. Brian Cartridge. Ti ricordi di me?
Un respiro mozzato precedette la risposta della donna, uno stizzito –Come potrei dimenticarmi del gentiluomo che mi mollò in mezzo alla campagna non appena capì che non avevo intenzione di dargliela?
–C-Complimenti, o-ottima memoria.
–Grazie- chiocciò lei. –E’ un vero dispiacere sentirti. Cosa vuoi?
–Lavori ancora all’osservatorio astronomico? Perché, ecco… vorrei chiederti un favore.
–Le risposte sono, nell’ordine: sì, e… assolutamente no!
–Ti prego, Lyss!- la supplicò Brian, giocando il tutto per tutto. –Non è per me, è per mio figlio!
–Tu hai un figlio?- esalò sconcertata Alyssa. –Da quand… oh, ma certo! Ora ricordo: lo scandalo Ryan!
–Preferirei non parlarne.
–Va bene. Capisco che per te sia un tasto dolente. Non ho ancora capito a cosa ti servo, però..
–Ehm, vedi- incrociò le dita e decise di infiorettare un po’ la verità. –Aidan - mio figlio - è fissato con stelle e pianeti, e mi è scappato di dirgli che conosco una vera astronoma, così…
Udì un gemito esasperato, poi uno sbuffo seccato, infine un sospiro di rassegnazione (che lo fece esultare).
–Portamelo venerdì, generalmente c’è poco da fare e poca gente in giro.
–Oh, Lyss, sei la migliore! Non so come ringraziarti!- trillò Brian.
–Comincia dimenticandoti della mia esistenza- replicò Alyssa in tono spiccio. –Ah, chiariamo subito: lo faccio per quella povera creatura che ha la sfortuna di averti come padre, non per te!

 
***

Il consiglio di Serle si rivelò provvidenziale: l’amico di Alexander compì la magia, mostrando a Faith e un disinteressato Franz la casa dei sogni. Ora li attendeva una seconda sfida: arredarla.
La Irving, dopo un pomeriggio trascorso a girare di negozio in negozio con sua madre - affettuosamente soprannominata Führer Rose - e Gertrud - che aveva sfoggiato la propria esperienza di interior designer riempiendole la testa con espressioni altisonanti quali “shabby chic” e “allure provençale” - si sentiva a pezzi. Non desiderava altro che poltrire sul divano con della buona musica di sottofondo, un libro in mano e la sua gatta acciambellata sulla pancia a mo’ di cuscino; peccato che il destino avesse per lei altri progetti: dovette, infatti, rinunciare alla lettura per raggiungere la sua amica Bridget, in cerca del quarto marito, e impedirle di avventarsi sui maschi arrapati che pullulavano nella palestra che frequentavano.
Una volta tornata nel piccolo appartamento che presto avrebbe lasciato, sfatta e sudata, coccolò Agatha e mugugnò una serie di improperi contro la sua migliore amica, Abigail, che a causa della gravidanza non era obbligata a vegliare su Bridget affinché non gettasse via quel minimo di contegno che le era rimasto.
Naturalmente, le telefonò subito. A cosa servono le amiche, se non a spettegolare e lamentarsi del proprio uomo? Stavolta aveva dannatamente bisogno di sfogarsi: il patologo del suo cuore si era macchiato di un crimine gravissimo… abbandono di fidanzata; accampando una scusa se l’era svignata, lasciandola sola nella sessione di shopping, in balia delle loro vulcaniche genitrici.
–Dai, dammi qualche dettaglio in più sulla nuova casa. Ti prego! Sono la madre della tua figlioccia, e…
–Una sporca ricattatrice. Ok, ti darò qualche informazione aggiuntiva. Il proprietario la svende, vuole sbarazzarsene- rispose Faith con palpabile soddisfazione. –E’ un tipo new age che sembra uscito da Woodstock, l’ha ricevuta in eredità ed è convinto che trasmetta energie negative. A me ha trasmesso soltanto la gioia di una casetta da sogno a poco prezzo. Non prendermi per pazza, ma ho capito che era quella giusta non appena ho visto la stanza che, ho deciso, diventerà la camera da letto.
–Franz lo sa?- chiese Abigail, immaginando la discussione che sarebbe scaturita quando Weil avesse scoperto che la sua amata non lo aveva consultato in merito.
–Franz non ha meritato di avere voce in capitolo- sbottò la Irving. –Si sta comportando da immaturo: prima declina ogni responsabilità, lasciando a me l’onere delle decisioni, poi si lamenta e mi accusa di essere una dittatrice. Sai che ha combinato, oggi? Mi ha data in pasto alle nostre madri! Ha caricato me del peso di scegliere i mobili per casa nostra!
Massaggiandosi le tempie, Abigail sospirò –Ho capito: avete di nuovo dato fuoco alle polveri.
–Non ancora, ma è questione di attimi, dato che il signorino ha pretese irragionevoli- replicò Faith battendo un pugno sul materasso. –Oh, un’altra delle sue: ha scelto di tinteggiare a mano - con l’aiuto di Alexander - per risparmiare. Fin qui ok, ma il cretino ha prima approvato i colori, poi si è lamentato perché voleva la cucina melanzana. Ti rendi conto? Melanzana! La cucina color ecchimosi! Vuole che ci ridano dietro? Oh, e il bagno… il bagno… marrone!
–Colore a tema- ridacchiò Abigail.
L’amica, ringhiò, brandendo il telefono come un’arma –Da che parte stai, Ab?
–Fatti una risata, F! Allunga la vita e sostiene il sistema immunitario.
–Non ce la faccio! Sono stressata, quel deficiente non mi aiuta…
–Accetta un consiglio: Franz ti ama, farebbe di tutto per te, non ti conviene tirare troppo la corda. Preferisci vivere con lui in una casa viola, o tutta sola nella dimora dei tuoi sogni?
–Ti dirò, la seconda alternativa è allettante- rispose Faith, per poi sbuffare una risatina e aggiungere –Sto scherzando, naturalmente. Il mio Franz val bene una cucina.
–Davvero? A saperlo prima, non avrei confermato l’ordine delle vernici!- esclamò il diretto interessato, prima di salutarla con un bacio.
Mai come in quel momento, Faith si pentì di avergli dato una copia delle chiavi.
–Tu cosa?
–Ho riflettuto sulla nostra pacata discussione…
–Pacata discussione?- abbaiò. –Sarebbe come dire che nel Sahara fa un pochino caldo!
–Possibile che tu debba sempre cavillare?- sbottò Franz. –Riflettendo sul nostro, ehm, bisticcio- la Irving sbuffò, scuotendo la testa esasperata. –Ho capito che mi stavo comportando da immaturo: ti contraddicevo per il puro gusto di innervosirti. Almeno, questa è l’opinione di mia madre, che mi ha obbligato a confermare le tinte che volevi tu, dice che si intoneranno perfettamente allo stile dei mobili. Spero di non ritrovarmi in un incubo animalier! A proposito dello shopping: che incantesimo le hai fatto? Era estatica come una bambina la mattina di Natale! Ti è stata d’aiuto?
–Quando ho detto che desideravo un aiuto intendevo il tuo, Franz! Il tuo! Voglio che la casa rispecchi i gusti di entrambi!
–Oh. Davvero? Pensavo voi donne preferiste metterci di fronte al fatto compiuto perché ci considerate dei cavernicoli privi di gusto!
Se si aspettava di rabbonirla, Weil aveva sbagliato i calcoli: Faith, infatti, cominciò a colpirlo violentemente e ruggì –Sei un idiota! Lo vuoi capire che il genere femminile non è composto da squinternate fanatiche di boiserie? Ti pare che, se ti considerassi un troglodita, mi starei incazzando perché non prendi parte alle scelte che riguardano casa nostra? Non usare il cervello solo in quel cazzo di laboratorio! Se ti scoccia discutere stila una lista, contrassegna con una X le figure sui cataloghi… fai qualcosa, cazzarola!
Weil si accorse che Abigail era ancora in linea e pigolò, rosso dall’imbarazzo –Ehm… scusa, Abby, Faith ti richiamerà dopo.
–Tranquillo, ormai sono abituata alle vostre “pacate discussioni”- rispose lei, prima di interrompere le comunicazioni.
 Quando si girò nuovamente verso Faith, la vide raggomitolata sul letto, e udì, sebbene flebile, l’inconfondibile suono di un singhiozzo.
Provò un fugace moto di stizza (“ E’ forse il caso di mettersi a frignare per una sciocchezza simile?”), sostituito da senso di colpa: la sua donna stava piangendo, a causa sua.
Subito gli venne in mente la massima che Alexander pronunciò al pub in un momento di ebbrezza: “Puoi capire molto di una donna da quanto e come piange. Ci sono le Fontanelle, quelle che versano lacrime per hobby, a volte senza nemmeno un motivo preciso. Una lagna tremenda. Da evitare come la peste, se non vuoi finire al manicomio. Poi ci sono le Prefiche, le ‘piangitrici’ di professione, quelle che aprono i rubinetti per ottenere dei vantaggi. In genere sono delle cocche di papà straviziate. Stanne alla larga, se non vuoi finire col cuore spezzato e il portafogli vuoto. Infine, ci sono le L.U.T., Lacrimuccia Una Tantum, le rocce, quelle che non si piegano, arrivano al punto di rottura, e solamente allora cedono e piangono. Se cerchi divertimento senza impegno, evita anche loro: ti scatta l’irreprimibile istinto di fare qualunque cosa per non vederle piangere mai più, e sei fottuto!”
Si stese accanto a lei, appoggiò il mento sulla sua spalla e sussurrò –Proprio di una L.U.T. dovevo innamorarmi?
–Che hai detto?
–Niente, niente…. Stavo solo pensando che Xandi è più saggio di come vuole apparire.
Faith non riuscì a trattenersi dal sorridere e replicare –Stiamo parlando dello stesso Alexander che voleva usare uno dei suoi figli al posto dell’assistente per il numero della donna segata in pezzi?
–Ehm… beh… ecco…. lui… lasciamo perdere, è meglio- borbottò Franz. –Senti, non so di preciso cosa ho fatto di tanto terribile da farti piangere, non era mia intenzione e mi dispiace.
–Possibile che non ci arrivi?- gnaulò la Irving, girata di spalle, strattonando il cuscino. –Sono delusa perché hai dimostrato di preferire dei fessi che corrono in tondo sulle moto a me!
–Ehi, ehi, ehi! Piano con le eresie! Innanzitutto, il circuito non è circolare…
–Me ne sbatto! E’ un altro il punto! Sarebbe bastato dirmi: “Guarda, oggi non posso, mi vedo con gli amici per guardare tutti insieme il Gran Premio”. D’accordo, va bene, me ne sarei fatta una ragione e avrei rimandato il tour da Ikea. Invece mi hai sbolognata a tua madre!
–Ho pensato che sarei stato d’intralcio, che preferivi un parere femminile…
–Ficcatelo bene in testa: lo shopping fine a se stesso, esclusi libri e scarpe, mi annoia. Me ne infischio se avremo una cucina country o ultramoderna, quello che volevo era stare con te e vederti felice quanto me delle scelte prese insieme!
Per tutta risposta, Franz le asciugò una lacrima col dito, le baciò la guancia e ripeté –Mi dispiace. Ho sbagliato a credere che ti importasse più di sedie e tavoli che di me. Non sei quel genere di persona.
–Puoi dirlo forte!- ululò Faith, assestandogli una possente gomitata al fianco.
–Certo che sei violenta!- si lamentò lui, massaggiandosi la parte lesa. –Dai, smetti di piangere e sorridi, prometto di essere il tuo schiavetto personale per almeno un mese, a cominciare da stasera. Esaudirò ogni tuo desiderio! Vuoi vedermi cucinare nudo? Cucinerò nudo! Vuoi legarmi al letto la prossima volta che lo facciamo? Mi lascerò legare al letto! O ammanettare, se preferisci, non fa differenza, per me.
–Basta che monti i mobili… senza bisogno di legarti.   
–Ti accontenti di poco- commentò Franz.
–Potrei sempre ordinarti di montare i mobili… nudo!
A quel punto le risate partirono spontanee. Franz la fece voltare e le prese il viso tra le mani.
–Vieni qui, voglio darti un’iniezione di endorfine in forma di baci!
–Non illuderti di cavartela così a buon mercato- replicò lei tra un bacio e l’altro. –Mi hai fatta veramente incazzare.
Franz prese a lasciare una scia di baci lungo la mandibola.
–Lo so.
Scese a baciarle il collo.
–Te la farò pagare.
Franz annuì mentre baciava uno ad uno i nei sul decolté della sua donna.
–So anche questo.
In un impeto di audacia, tirò giù con i denti la cerniera della maglietta da palestra di Faith.
–Siamo in ritardo per la baraonda del venerdì sera.
Franz impallidì e si alzò all’istante, come se avesse preso la scossa.
–E me lo dici adesso?- tuonò. –Sbrighiamoci, o gli altri ci ammazzeranno!

Nota dell’autrice:
Non sono soddisfatta di questo capitolo, è bene che lo sappiate, così potrete strigliarmi senza timore di ferire i miei sentimenti. Non so perché, ma non ne sono pienamente convinta… che sia troppo perfezionista?
Povero Brian, insonne per colpa degli incubi di Aidan! XD Chissà se Alyssa lo aiuterà a dormire sonni tranquilli…
Robert non è cambiato di una virgola: resta il solito stronzetto (mi riferisco a come tratta Maggie nel cap. 22 di “Dr. Irving M.D.”), e non renderà la vita facile alla nuova arrivata. D’altronde, pure lei è parecchio stronza, per cui sarà uno scontro tra titani! Staremo a vedere chi prevarrà… ;-)
Franz e Faith sono parecchio sotto stress, e questo si riflette sulle loro liti, che hanno raggiunto una quota da record. Fortuna che sanno come fare pace…  Il mio è un giudizio parziale, ma li adoro, sono perfetti insieme!
Informazioni di servizio: l’ecchimosi è il nome medico del cosiddetto livido, il Betadine è un disinfettante comunemente usato in ospedale e Brenner e Meigs sono i nomi di due malattie ginecologiche (Tumore di Brenner e Sindrome di Meigs, rispettivamente). Consideratelo un piccolo vezzo da futura dottoressa! ;-)
Se volete vedere i miei personaggi e la camera che ha fatto impazzire Faith, date un’occhiata ai miei album: https://www.facebook.com/francy.iann/photos_albums
Piccola anticipazione: nel prossimo capitolo… grande soirée a casa Cartridge! ;-)
Au revoir!
Serpentina
 
 
 
   
 
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