Prima di tutto ringrazio chi legge/recensisce/segue la storia, siete davvero carinissimi! Grazie mille!
A questo punto dire che la pubblicazione diviene settimanale ogni martedì, di notte come ora o di giorno, vedremo! :)
Capisco che la prima parte di questo capitolo potrà essere lievemente indigesta per i riferimenti politici, ma avendo cambiato l'intera storia politica degli ultimi dieci anni almeno un breve riepilogo di come l'ho impostata dovevo farlo.
Subito dopo si entra nel vivo, state tranquilli!
E... niente, io vi ringrazio ancora e vi abbraccio forte <3
Buona lettura!
Capitolo
II
Roma,
2014
Si
dice che solo gli sciocchi non cambino mai idea e, se questo fosse
vero, gli italiani potrebbero essere considerati tra gli esseri umani
meno stupidi dell'intero globo terracqueo, soliti come sono a non
restare mai più di pochi mesi sulle stesse posizioni.
Da quando
Claudia aveva lasciato Oscar, il quartiere e tutto il resto non erano
passati neanche dieci anni pieni ma già erano cambiati
cinque
governi.
Il primo, andato a scadenza naturale, era stato un
governo di centro sinistra salito come secondo durante la sua
legislatura; aveva la stessa maggioranza dell'altro, ma alla lunga i
diversi equilibri interni ai partiti che la formavano avevano
obbligato il primo esecutivo ad andare a casa.
Dopo le elezioni,
fallimentari per tutti i partiti che avevano governato fino a quel
momento, la maggioranza aveva racchiuso l'intero campo delle forze
che si definivano di destra, dagli estremisti più duri e
puri a quei
centristi forse meno idealisti e più poltronari che in
passato
avevano governato anche con il centrosinistra.
I pochi che avevano
sperato che una tale formazione avrebbe garantito stabilità
politica
per l'intero quinquennio si erano dovuti ricredere non una ma ben due
volte, tanti erano stati i cambi di esecutivo.
E la causa era
sempre la stessa, differenti rapporti di potere che per questo o quel
motivo si creavano e disfacevano tra i partiti.
Si era trattato
sempre di governi guidate da uomini e con una scarsa presenza
femminile tanto a livello numerico quanto a livello produttivo, come
se le poche donne presenti fossero più messe lì a
mo' di trofei
invece che in quanto personalità capaci di svolgere il loro
mestiere.
Malgrado la poca pace interna la maggioranza di destra
era riuscita, lasciando tutti sorpresi, a giungere fino alla fine
della legislatura senza la necessità di andare
prematuramente ad
elezioni.
Non
erano però stati in grado di soddisfare l'elettorato
abbastanza da
far ripetere l'esperienza, tanto che, per quanto apparisse
incredibile, dalle urne era uscito come primo partito non in
coalizione il PcdI, proprio quei comunisti che un tempo facevano
tanta paura ma mai troppi voti.
Era stata una sorpresa per tutti,
compresi i diretti interessati che mai si sarebbero immaginati di
raggiungere tali risultati.
Ovviamente
ciò non era bastato a dare all'estrema sinistra la
maggioranza in
parlamento, ma era nata rapidamente una coalizione con il Psu,
Partito Socialista Unitario, e la Usd, Unione Socialdemocratica.
Il
governo aveva giurato davanti a un Presidente della Repubblica appena
eletto, il conservatore laico Maurizio Gabriele Rigaretti, il giusto
ed unico compromesso tra tutte le forze presenti in parlamento.
L'esecutivo era guidato da un socialdemocratico, l'ex professore
di Sociologia dell'Università di Bologna Federico
Passalacqua, e a
fargli da vice erano stati scelti, ovviamente, un rappresentate per
ognuno degli altri due partiti di governo; il socialista Lorenzo
Cavalleri e il comunista fino al midollo, come amava definirsi,
Vincenzo Astori.
I due detenevano inoltre rispettivamente il
dicastero della Giustizia e degli Interni.
I restanti Ministeri
erano stati spartiti con un minimo di logica, secondo le percentuali
elettorali e cercando personalità capaci.
Il Ministero della
Salute era andato al PCdI, che era stato l'unico a mettere al
governo, proprio in questo dicastero e in quello per le politiche
giovanili e familiari, una componente femminile.
Più rara ancora
di quella presente nei precedenti governi, insomma, e pensare che i
rivoluzionari sarebbero dovuti essere loro, avevano commentato in
molti.
Ma certamente si era preferito far leva sulla preparazione
delle donne nell'esecutivo più che sul loro numero.
Il Presidente
del Consiglio aveva ben scelto le due giovani ministre del suo
governo, sicuro che sarebbero state ottime risorse.
Entrambi
ancora lontane dal compiere trent'anni si erano dimostrate
intelligenti e capaci.
In quel governo così di sinistra e
interessato alle politiche sociali era andato a Lucia Menghella, di
origine piemontese, il dicastero per i giovani e la famiglia,
studiato ad hoc all'inizio della legislatura, mentre per quello della
salute si era scelto una neuropsichiatria infantile romana, Claudia
Petrolini.
La giovane figlia del libraio aveva fatto carriera in
fretta da quando si era iscritta al partito, ed in soli sei anni,
ancora ventisettenne, si era trovata a giurare come Ministro al
Quirinale, anche lei incredula di come la sua vita sembrasse
finalmente appagante.
Benché l'elezione alla Camera e la
successiva nomina come membro del governo non le avessero permesso di
praticare a lungo come dottoressa si era, nel poco tempo in cui era
stata medico all'ospedale infantile della capitale, distinta per la
capacità nel mestiere e la rara umanità con si
rapportava con
tutti; i piccoli pazienti, i loro genitori e i colleghi.
E lo
sesso modo di fare l'aveva conservato tra i banchi del parlamento e
del governo, dove spesso gli atteggiamenti erano molto più
animaleschi.
Era diventata una donna forte e carismatica,
indipendente sul lavoro quanto nella vita privata, malgrado tentasse
di tenere su questa il più assoluto riserbo.
Aveva sposato
davvero Davide nella primavera dei suoi ventidue anni, a un paio di
settimane dal giorno in cui, senza neanche poterlo immaginare, cinque
anni dopo avrebbe prestato giuramento come Ministro.
A
venticinque anni, nel 2008, dopo una gravidanza tranquilla e felice
aveva messo al mondo Guido.
Era un giorno di inizio ottobre in
cui Roma era ancora immersa in un calore estivo tutto suo, un sabato
mattina in cui i parchi brulicavano di bambini e famiglie felici.
Era
già autunno, la stagione triste in cui gli alberi perdono le
foglie
e tutto sembra avere meno vita del solito, eppure alla giovane coppia
era piaciuto vedere per la prima volta il loro bambino in una
giornata simile.
Guido era nato con parto naturale e senza troppi
problemi, anche se mentre le infermiere lo portavano via un brusco
calo di pressione aveva, per pochi attimi, fatto temere per la salute
della madre. Ma tutto si era poi rapidamente risolto semplicemente
con un brutto spavento, per fortuna, e Claudia si era subito ripresa
con negli occhi la gioia di tutte le neo-mamme.
Il
bambino somigliava molto al padre nei tratti del viso, ma i colori di
occhi, pelle e capelli erano quelli chiari e delicati della mamma e
del nonno.
Per il signor Oreste si era trattato del terzo dei
quattro nipotini che i figli gli avevano dato dopo Tommaso, nato nel
2004, Leonardo, del 2007, e prima della piccola Alice, arrivata nel
2010 e quasi certamente destinata ad essere la più piccola e
l'unica
femmina di quel gruppo di cuginetti.
Arrivati
al terzo figlio, infatti, Gianluca e la moglie avevano deciso che la
loro famiglia poteva definirsi completa e Claudia, che pure avrebbe
voluto almeno un altro bambino, con l'elezione e il lavoro aveva
preferito non tentare l'impossibile ma far semplicemente conciliare
gli impegni con la voglia di crescere suo figlio.
Ci riusciva
abbastanza bene, nonostante essere ministro non fosse
semplice.
Soprattutto perché, pochi mesi prima, dopo tre anni di
legislatura, lei e gli altri ministri del suo partito avevano dato in
massa le dimissioni togliendo l'appoggio al governo e obbligando il
Presidente della Repubblica a sciogliere le camere e indire nuove
elezioni.
Non era stata una decisione presa alla leggera, come
qualcuno pensava, ma secondo i comunisti erano venuti meno i punti
fondamentali dell'alleanza che aveva dato vita al governo guidato da
Passalacqua e, dopo alcuni giorni di discussioni interne tra i
ministri e i dirigenti del partito la scelta era stata fatta senza
possibilità di tornare indietro.
Claudia aveva così passato le
ultime settimane dividendosi tra la Camera, dove ancora era deputata,
e la campagna elettorale, iniziata almeno ufficiosamente subito dopo
la perdita della fiducia del governo e le dimissioni del primo
ministro. L'Onorevole Petrolini, vicina al suo trentunesimo
compleanno, era una donna in forma fisica eccellente, non
esageratamente alta ma con un fisico perfetto che vestiva sempre
elegantemente in abiti mai troppo costosi, perché la
sobrietà era
per lei un punto imprescindibile del suo modo di vivere, a
prescindere dal legarla o meno alla sua ideologia politica.
Era,
inoltre, una persona molto attiva e tutti i giorni faceva il
possibile per fare un poco di sport, a casa o fuori, anche se il
minimo di scorta a cui era spesso sottoposta per via del suo ruolo
risultava, il più delle volte, un grosso impedimento.
Nonostante
questo l'ultimo periodo prima delle elezioni, quel periodo che stava
vivendo, era stato per lei esageratamente faticoso, tanto da farle
seriamente domandare se valesse davvero la pena di continuare con
quella vita o non fosse meglio lasciar prendere e cercare il modo di
tornare a fare il medico, occupazione che aveva abbandonato –
e non
solamente messo in pausa come i più erano soliti fare
– quando era
stata eletta tre anni prima.
Ma si trattava di pensieri che
lasciavano il tempo che trovavano, la politica era la sua vita e
finché avrebbe potuto avrebbe continuato in quella
direzione.
Solo
che la stanchezza si faceva sentire prepotente, durante quelle
settimane, tanto che più di una volta si era vista costretta
ad
abbandonare l'aula di Montecitorio ben prima della fine della seduta,
perché non si reggeva in piedi o iniziava a non comprendere
più
nulla di quello di cui si stava discutendo.
Per lei quella era
una situazione scomoda; un po' perché amava quello che
faceva e
detestava lasciare le cose a metà, ma anche
perché stavano
iniziando a girare su di lei voci ed affermazioni poco carine che la
dipingevano come una donna assetata di potere e legata ala poltrona
soprattutto quando questa era di una certa importanza, in quanto
rarissime erano state le sue assenze ai tempi del governo –
qualcuna dal tutto fisiologica essendo le madre di un bambino piccolo
– ma dal momento in cui era tornata una semplice deputata il
suo
scranno era vuoto non poi così saltuariamente.
Non si considerava
un'assenteista, Claudia Petrolini.
Anzi, faceva il possibile per
sfruttare le sue forze fino all'ultima in quei momenti tanto
convulsi, ma il problema era proprio che le sue forze, quelle su cui
aveva da sempre fatto affidamento a ragione, stavano venendo meno.
Il peggio, poi, era accaduto circa una settimana prima, ad un
mese esatto dalle elezioni.
Mancavano poco alle dieci di sera e
in aula si stava protraendo una discussione che durava dall'inizio
del pomeriggio ed era più sterile di un ibrido.
Non
si facevano mai profonde e fondamentali discussioni a così
poco
dalle e elezioni e con il parlamento sciolto, era logico, era di
prassi e forse era pure scritto in modo ufficiale da qualche parte.
Ma dire una parola in più o in meno, in campagna elettorale,
poteva
essere importante per spostare qualche migliaio di voti che si
sarebbero potuti dimostrare vitali.
Claudia ascoltava annoiata
quella discussione che rimbalzava dal centro destro dell'emiciclo a
quella sua stessa estremità per far capire ancora una volta
che la
mega coalizione che aveva governato per cinque dei dieci anni
precedenti non sarebbe risorta dalle sue ceneri come l'araba fenice.
Non quella volta, almeno.
La deputata, ogni tanto, lanciava
occhiate compassionevoli al presidente di turno che, probabilmente,
seguiva la faccenda con meno interesse di lei.
Per il resto del
tempo faceva di tutto per tenersi sveglia.
Dalle otto, ora in cui
aveva preso qualcosa per cenare, aveva già bevuto due
caffè e
tentanto di non addormentarsi giochicciando col suo tablet, leggendo
le mail e addirittura provando a dare un senso alle parole dei
contendenti del dibattito, ma era stato tutto inutile, stava
banalmente morendo di sonno.
Si alzò per andare in bagno a
guardarsi allo specchio quando per la seconda volta in pochi minuti
fu scossa da un brivido di freddo, un brivido troppo fuori luogo
essendo inizio maggio.
Alla toilette delle signore vide nel pezzo
di vetro riflettente un volto – il suo – di un
bianco cadaverico
molto lontano dal potersi definire in salute.
In automatico si
portò la mano destra alla fronte mentre con la sinistra si
reggeva
al lavabo, improvvisamente spaventata dall'idea di poter cadere
svenuta lì, nei bagni di Montecitorio.
Era bollente.
Almeno
per quella sera tutta la stanchezza che era solita attribuire allo
stress del periodo o alla primavera poteva essere semplicemente
spiegata dal febbrone da cavallo che era quasi del tutto certa di
avere.
Sospirò e tornò in aula per raccogliere le sue
cose e
andarsene a casa prima di trovarsi in condizioni tali da non reggersi
neanche in piedi.
Un
paio di colleghi a lei vicini la notarono mentre sistemava la borsa e
rimasero stupiti da questo, perché a differenza di molti
altri
conoscevano il vero amore della donna per il suo lavoro e sapevano
che solitamente era tra gli ultimi a lasciare la seduta anche quando
questa andava avanti fino a parecchio dopo il tramonto.
- Già te
ne vai, Claudia? Guarda che questi secondo me tra un po' iniziano a
picchiarsi e la cosa diventa divertente.- Aveva scherzato il primo.
La giovane donna aveva accennato un sorriso debole come era lei
in quel momento. - Lo immagino, ma temo che vi toccherà
raccontarmi
di questo imperdibile finale domani. Sono distrutta, se non vado a
casa adesso finirà che qualcuno dovrà
raccogliermi con un
cucchiaino.-
Sorrise di nuovo.
Ma l'altro collega, quello che
ancora non aveva parlato, aveva capito che qualcosa nella donna non
andava. - In effetti sei pallidissima, sicura di stare bene?
Avvicinati un po'.- Disse facendo il gesto di allungare la sua mano
verso la fronte di Claudia.
La
ritrasse subito dopo averla sfiorata, con i sensi quasi sconvolti da
quell'incontro col fuoco.
- Ma tu scotti! Vuoi un passaggio fino
a casa?- Claudia fece segno di no con la testa. - No, mi appoggio in
un appartamento qui vicino, dovrei riuscire ad arrivarci benissimo da
sola, voi continuate pure a godervi lo spettacolo, ci vediamo
domani.- Li salutò mentre un ennesimo brivido le correva
lungo il
corpo.
- Facciamo anche dopodomani, lascia perdere le dicerie che
si sentono in giro e vedi di riposare.- Le rispose il secondo che,
conoscendola un poco anche a livello umano oltre che professionale,
sapeva benissimo quanto fossero fastidiose per lei le accuse di
assenteismo.
La donna annuì e li salutò nuovamente per poi
abbandonare l'aula e il palazzo il più rapidamente
possibile.
Fuori
la notte romana era tiepida, l'estate pareva non volersi far
attendere troppo, ma lei, ovviamente, continuava ad avere sempre
più
freddo.
Solitamente viveva in un bell'appartamento a Viale
Marconi insieme al marito ed il figlio.
Davide Margiotta, il suo
grande amore, era magistrato e avrebbe preferito trasferirsi in zona
Prati, più vicino alla procura, ma sapeva che la moglie era
molto
legata a quella casa dove erano arrivati appena prima della nascita
di Guido.
Quando era stata eletta aveva comprato un piccolissimo
monolocale, una soffitta, vicino a Montecitorio, ed era lì
che
andava a riposare quando finiva di lavorare troppo tardi.
Non era
stato economico come acquisto, ma pazienza, si era sempre rivelato
utile e i soldi non erano per loro un così grande problema.
Claudia, come altri colleghi, aveva rinunciato allo stipendio da
ministro e percepiva solo quello da deputata – ovviamente
privo di
ogni indennità visto che viveva a Roma – mentre il
marito aveva il
suo da procuratore ed era logico che se la cavassero bene anche con
un bambino da crescere.
Erano poi una famiglia molto sobria, che
non amava ostentare il suo denaro ma anzi preferiva vivere con il
giusto e mettere via il resto per non avere paura del futuro o
levarsi qualche sfizio più o meno necessario.
Come
quell'appartamento vicino alla Camera dei Deputati in cui, quella
sera, Claudia arrivò con appena la forza di tirare fuori
dall'armadietto dei medicinali il termometro e la Tachipirina che
teneva lì per ogni evenienza assieme ad altri farmaci
generici.
La
febbre era alta, l'apparecchio segnava un 39,7 che non lasciava
spazio a dubbi.
Assunse una pastiglia di paracetamolo e cercò un
ultimo briciolo di energie per chiamare il marito.
- Da'...-
Sussurrò al telefono.
- Claudia! Ti senti male?- Rispose l'uomo
preoccupato dal tono di voce della moglie.
- Sì... sono a casa
qui in centro... ascolta, ho la febbre e anche abbastanza alta...
domattina dopo aver portato Guido all'asilo, prima di...-
Respirò
affannosamente e capì di essere stremata. - Di andare a
lavoro...
puoi passare?-
- Certo, ma sicura che tu non abbia bisogno di
qualcosa stanotte?-
- No.. no stai tranquillo, ho preso la
Tachipirina e ora dormo. Non dire niente né a Guido
né a mio padre
se per caso ti chiama... buonanotte amore... ti amo...-
Davide
rimase stupito dalla rapidità con cui lei aveva posto fine
alla
conversazione, ma capì benissimo che doveva essere molto
debole.
Così si limitò a rassicurarla e ricambiare il suo
ti amo, anche
se poi ci mise parecchio a prendere sonno, preoccupato dall'idea che
durante la notte potesse accaderle qualcosa.
Claudia, invece, si
era rapidamente addormentata in biancheria e coperta appena da un
lenzuolo, perché malgrado il freddo che continuava a sentire
sapeva
che presto avrebbe iniziato a sudare.
E non solo a causa della
febbre, visto che erano parecchie notti che si svegliava
completamente zuppa.
La mattina seguente, ovviamente, Davide la
trovò in un bagno di sudore e ancora con la temperatura
elevata,
anche se meno alta della sera prima.
Non avendo grossi impegni di
lavoro si prese un giorno di ferie per farle compagnia.
Claudia
non era stata affatto bene per quasi tutto il giorno; malgrado i
farmaci la febbre era scesa poco o niente e la donna non aveva fatto
altro che dormire, ma al marito tenerla stretta mentre riposava era
bastato.
Verso sera, quando finalmente lei aveva dato i primi
segni di miglioramento, lui l'aveva convinta ad avvisare il padre.
Il
signor Oreste non sapeva ancora nulla.
Come al solito aveva
passato la giornata in libreria, anche se con l'avanzare degli anni
vi stava sempre meno, e poi era andato a prendere Guido all'asilo per
portarlo a casa della figlia.
A differenza dei nipoti avuti da
Gianluca, che come la moglie faceva orari lavorativi che gli
consentivano di andare a prendere i ragazzini a scuola tutti i
pomeriggi, il bambino di Claudia era affidato al nonno materno fino
al rientro serale dei genitori.
E spesso i due, per un motivo o
per un altro, tardavano.
Per questo motivo neanche le otto di sera
l'uomo si era stupito vedendo la casa vuota, immaginando che fossero
impegnati uno in un'aula di tribunale e l'altra in quella di
Montecitorio.
Anche Guido non aveva fatto particolarmente caso
all'assenza dei genitori. Durante la settimana era abituato a vederli
poco, ma aveva capito che quando erano a casa, nei weekend o nei
giorni di vacanza, erano tutti per lui.
Rispose al telefono fisso
controvoglia, Oreste Petrolini, perché non gli andava di
rischiare
di dover fare le veci della figlia scoprendo dall'altra parte della
cornetta qualche suo collega, ma qualcosa, forse l'istinto di padre,
gli disse che quello squillare non aveva a che fare né con
le
istituzioni né con il lavoro di Claudia in generale.
E in fatti
si ritrovò a parlare proprio con la sua bambina, come
affettuosamente ancora la chiamava.
- Claudia! Che succede?
Ancora a lavoro sia te che Davide?- Le domandò subito.
La donna,
che aveva ancora la voce indebolita, rispose cercando di rassicurare
il padre.
- No papà, ieri sera sono venuta via da lavoro prima
perché non stavo bene e sono venuta a stare qui,
nell'appartamento
che abbiamo in centro. Stai tranquillo, si tratta solo di una brutta
influenza fuori stagione, ma ho avuto la febbre alta e tutto oggi
Davide è rimasto qui con me. Volevamo chiederti se te la
senti di
stare con Guido per questa notte, così io non sto sola ma
neanche il
mio piccolo, e questo mi pare molto più importante.-
Il signor
Oreste deglutì. Anche se la figlia gli aveva detto di stare
tranquillo, che non le era accaduto nulla di grave, a lui l'idea che
potesse non stare bene terrorizzava.
Ma decise di non riempirla
di domande ed ansie inutili e di accettare la sua richiesta di buon
grado.
Si inventarono una storia per il bambino, che rimase
felicemente assieme al nonno dopo aver salutato al telefono i
genitori, e si diedero la buonanotte.
Claudia e il marito
tornarono a casa il pomeriggio successivo, e la donna si
ristabilì
completamente in una paio di giorni, riuscendo a tornare a lavoro
entro la fine della settimana.
Il sabato sera successivo tutto era
ormai un ricordo lontano, tranne per il piccolo Guido che avrebbe
passato nuovamente la notte col nonno materno ma, questa volta, a
casa di quest'ultimo.
Il motivo però era molto più felice,
perché i genitori erano andati a passare una bella serata in
compagnia di alcuni colleghi della donna.
Niente
di politico, una semplice cena tra amica alla quale Claudia aveva
partecipato vestita e truccata con la sua solita eleganza, quella che
la contraddistingueva anche nelle occasioni ufficiali.
Erano
tornati a casa molto tardi ma ancora con la voglia di chiacchierare,
soprattutto perché la maggior parte dei presenti a quella
cena non
era mai stata conosciuta prima da Davide se non tramite la
televisione o i giornali.
Si stavano preparando per andare a
riposare e Claudia era in bagno a struccarsi, sciogliendosi
finalmente i lunghi capelli castani che, come sempre, aveva raccolto
per bene in uno chignon abbellito per l'occasione serale da qualche
forcina e molletta luccicante.
- Dovresti smetterla di tenere i
capelli legati, ti invecchiano.- Rise il marito guardandola nello
specchio.
- Mi invecchiano di quanto, scusa? E poi meglio, no?
Qualcuno potrebbe pensare male se si sapesse quanto sono giovane e
quante cose ho già fatto. Aveva riso lei, che spesso
scherzava su
quanto davvero fosse stata assurda la rapidità con cui aveva
fatto
carriera.
Davide entrò nel bagno e la strinse alla vita
baciandole il collo.
Si guardarono nello specchio così,
abbracciati.
Malgrado i dieci anni di matrimonio, il bambino
sempre più vicino all'iniziare le elementari e i loro ruoli
si
vedevano sempre giovani ed innamorati come a vent'anni.
Era vero
che Claudia con i capelli legati sembrava più vecchia, ma
era anche
vero che quando erano sciolti le incorniciavano un viso dolce con dei
lineamenti ancora infantili, quel viso che solo Davide poteva
ammirare e che agli altri era vietato comprendere nel profondo
proprio perché la donna faceva il possibile per eliminare
quella
cornice naturale raccogliendo la sua chioma in code e chignon per
mostrare al mondo sempre e solo il suo volto, truccato ed elegante
proprio com'era lei.
Rimasero abbracciati a lungo guardando il
riflesso del loro amore.
Poi, in modo totalmente naturale, si
staccarono e tornarono a cambiarsi per la notte.
Avrebbero
voluto fare l'amore ma erano stanchi, troppo anche per amarsi.
Si
sarebbero addormentati abbracciati come sempre accadeva in quelle
serate fisicamente devastanti, magari scherzando ancora una volta su
questo o quell'altro collega della donna.
In fondo erano così
giovani, ce ne sarebbe stato ancora parecchio di tempo per stare
insieme.
Appena prima di coricarsi, passando distrattamente una
mano dietro al collo Claudia sentì una sporgenza e si
affrettò a
lasciar cadere sulle spalle la chioma castana per evitare che il
marito se ne accorgesse.
Non
era la prima volta che la sentiva e non fu neanche la prima volta che
la ignorò.
Era giovane, dopo tutto, giovane e oltremodo
impegnata.
Ci sarebbe stato anche tempo per capire cosa fosse
quello, malgrado già sorridesse pensando che potesse essere
un
difetto fisico venuto a dirle che Davide aveva ragione.
Glielo
sussurrò appena mentre lui già dormiva.
- Forse non ti sbagli,
dovrei sciogliere più spesso i capelli...-
Non cercò neanche di
capire se l'avesse sentita o meno.
Sprofondò
tra le braccia di Morfeo dimenticandosi anche di quel bozzo
all'inizio della schiena che, in qualche angolo remoto del cervello,
per qualche assurda ragione, le faceva anche paura.