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Autore: Dicembre    27/09/2008    7 recensioni
Nyven è uno schiavo, nato in catene non ha mai vissuto una vita diversa, per lui un padrone vale l'altro. Quando viene venduto al Crocevia, non può immaginare chi sia il suo nuovo padrone, nè chi viva alla sua corte. Si accorge però subito che il luogo dov'è stato portato è completamente diverso da tutto ciò che ha visto e da tutto ciò che ha vissuto. Irìyas l'ha acquistato per i suoi capelli, cremisi ed indomabili, che hanno una proprietà indispensabile di cui neanche un mago della sua potenza può fare a meno. Specialmente quando il mago si ritrova ad affrontare il Fuoco Eterno, scagliatogli contro da un suo vecchio amico e si ritrova legato ad una promessa fatta ad un drago per cui farebbe di tutto. Nyven è intrappolato in quest'intreccio di tradimento e di fedeltà e ne rimane inevitabilmente affascinato. Ma c’è un fondo cremisi, un’anima dedita al fuoco nel ragazzo, che nessuno sa spiegare , ma che tutti temono. E’ innata, sconosciuta ed indomabile.
Il mago però non può lasciarlo libero, e Nyven non conosce cosa giace nel suo animo. La matassa è stata srotolata troppo tempo prima perché ora si possa tornare indietro. Il Re, il cavaliere e amico del mago, il traditore… Tutti vogliono qualcosa, mentre il Regno rischia di ardere in eterno.
Genere: Romantico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi hanno chiesto come mai mi sia concentrata su un personaggio impostante sì, ma comunque non fondamentale: la Bianca. Mi piace, mi diverte raccontare la sua storia, nonostante sia una storia non edificante nè tanto meno eroica. E' un personaggio vecchio e stanco. Un po' diverso dai protagonisti, quindi comunque stimolante, per me. E poi mi fa tenerezza. Alla fine è in balia degli eventi. Un bacio grande.

 

***

 

“Mi hai regalato questa pietra rosso fuoco. Dici che nelle terre dell’Ovest la usano per generare il fuoco e ora io la stringo come reliquia delle mie speranze. Camminiamo su un manto di neve fresca, non dico una parola. Ho timore ad infrangere questo silenzio, timore di guardarti negli occhi per vedere né più né meno di quello che già so: a te solo spetta la decisione, mi rimetto a te.

Camminiamo e i tuoi colori brillano sotto il sole, di un rosso scarlatto, finché non arrivammo ad un dirupo, il cui fondo non poteva essere visto. Mi guardavo intorno: solo gelo e bianco, un filo di vento increspa le leggera superficie della neve e la fa apparire mare.

Tu, rosso scarlatto, pari ardere.

- E’ bello qui, non è vero?

Annuisco col capo, incerta se guardare te o quello spettacolo riflesso nei tuoi occhi cristallo. Più ti guardo, più ammiro la tua bellezza, più ti venero.

- Eppure, nonostante io ami questi luoghi, nonostante il mio potere, non posso rimanere confinato in questo bianco infinito, in questa terra sterile, dove il fuoco brucia per sciogliere la neve e combatte contro il gelo. E’ una sorte ingiusta la mia, non credi?

- Non addossarti colpe che non hai. La paura che generi è solo causata dall’ignoranza e dalla consapevolezza che con un niente puoi distruggere le loro vite. Ma gli uomini non sono tutti uguali…

- Uomini…- e come se la tua mente si perdesse lontano, volgi lo sguardo – anche tu sei una di loro.

- Eppure non ti temo.

- Tu non temi i falchi, né temi i lupi, perché dovresti temere me? – ridi, con la tua voce così profonda da rianimare la valle intera.

Chino la testa e la scuoto. Se solo sapessi la paura che mi stringe lo stomaco in questo momento non diresti una frase così, se solo ti rendessi conto di quanto tremano le mie mani capiresti che ti sbagli.

- Tieni questo - ed è così che appare dal nulla questa pietra cremisi che ora è il simbolo di tutto e niente, d’ansia e di bellezza. E’ una lingua di fuoco che prende vita.

- Chiunque, sia questo umano oppure no, dimostri la tua saggezza, merita che i suoi desideri vengano esauditi.

Stringo le mani intorno alla pietra e la sento, calda, pulsare fra le dita.

- Saggia a detta degli uomini.

- Se persino loro, così ciechi, ammirano la tua mente, la tua saggezza dev’essere davvero infinita.

- I miei desideri verranno esauditi? – chiedo. Oso chiedere perché sei tu, com’è ovvio, che deciderai se farmi conoscere quello che voglio.

 

Il sole basso in cielo colora il tuo volto di luce cosicché non posso vedere chiaramente l’espressione del tuo volto e tu del mio. Forse è una fortuna perché altrimenti mi vedresti sorridere, felice. E sei dispettoso, so bene che ti saresti divertito a tormentarmi, negando e negandomi ancora ciò che voglio.

 

*

 

 

Il sole era alto in cielo. Alto e stranamente splendente, sopra una distesa d’acqua di cui non si vedeva la fine. L’acqua era verde e blu. Qua e là le onde s’infrangevano sugli scogli che, prepotentemente, si ergevano dalle acque. Lontano c’era un arcipelago dove l’acqua diventava più chiara e le onde diventavano bianche. Ma Nyven non riuscì ad andare a vedere chi ci fosse, in quelle terre frammentate e sparpagliate sul mare.

Sapeva di sognare, era stranamente consapevole che tutto ciò che vedeva non fosse reale, perciò sapeva anche di non avere controllo sulla sua volontà.

L’aria gli scorreva sul viso, piacevole e profumata e lui si sentì felice come raramente gli era capitato di essere.

“L’aria ti ferisce?”

“Non ho mai visto niente di così bello” la voce che aveva parlato era quella di una donna, cristallina e calda. Nyven non aveva idea di chi fosse.

Vide il mare avvicinarsi, le onde s’infransero su di lui che scoppiò a ridere. La voce femminile che aveva sentito poco prima rise con lui.

Poi tutto scomparve.

Nyven si ritrovò nel buio del suo sogno. Si guardò prima a destra, poi a sinistra. Non c’era più alcuna traccia d’acqua, né della voce cristallina della donna. Non c’era più traccia dell’azzurro del cielo. Solo il buio, incolore.

Si svegliò del tutto, avvolto dalle coperte e con gli occhi di un piccolo Koob che lo fissavano curiosi.

 

*

Era giovane, molto giovane quando vide per la prima volta la Cappella del Vespro.

La Bianca ripensò a quel giorno con estrema nostalgia. Era stato in quel momento, al primo sguardo, che la sacerdotessa aveva deciso che avrebbe dedicato la sua vita a quel luogo. Che avrebbe fatto di tutto per capirne i segreti e per svelarne le meraviglie. E poi ne era diventata la Sacerdotessa e ne era diventata la custode. Il suo intento era ora più che mai forte, nonostante ormai la sua Cappella non fosse altro che macerie, dimentica di quella bellezza che aveva  ammaliato la Sacerdotessa e gli abitanti del Regno prima di lei.

Voleva ricostruirla, voleva dare la possibilità alla sua Cappella del Vespro di rinascere. Ora, però, non ne avrebbe avuto più il tempo.

Sospirò, accarezzando con le mani le corolle dei fiori che crescevano vicino all’altare.

Il giorno che vide le alte mura imponenti del Vespro era una bambina. Suo padre le teneva stretta la mano e lei, col naso all’insù, guardava con la bocca aperta quel luogo pieno di mistero. Si sentì chiamare, qualcosa nell’aria pronunciò il suo nome. In quel momento seppe che il Vespro le sarebbe appartenuto e lei avrebbe vissuto per lui.

Divenne una novizia dopo pochi anni, quando il sole già calava sulla Prima Età. Ma il sole, pur nel suo alternarsi di giorno e notte, non era mai calato sul Regno. Nessuno capì davvero quello che succedeva finché, inevitabilmente, non accadde.

Della sua famiglia l’unica che sopravvisse all’impeto dei Venti fu lei, perché protetta, all’interno delle mura della Cappella. Protetta, durante un tempo che le sembrò infinito, promise che un giorno avrebbe fatto lo stesso. Avrebbe protetto la sua casa, come lei ora la proteggeva. Il sole non si alzò più in cielo, la notte non calò. Durante i Venti, l’aria era grigia ed irrespirabile, completamente priva di colore.

La Bianca sospirò di nuovo, con quelle sue belle labbra turgide, ritrovate, dopo un’immane sforzo.

La legge era chiara, nessuno può vedere il tramonto di due Età: perché quindi le faceva così male morire? Forse aveva paura, pensò. Forse, semplicemente, voleva avere più tempo.

Quando aveva conosciuto Irìyas il mago era ancora giovane ed aveva da poco terminato i suoi studi all’Accademia. Si era presentato d’improvviso alla sua porta, senza essere annunciato. La Bianca avrebbe imparato presto che tutto quello che riguardava Irìyas era improvviso agli occhi degli altri.

Nonostante il Vespro fosse ormai diroccato, spesso dei visitatori passavano; tuttavia era venuta a mancare la sacralità che aveva caratterizzato quel luogo durante tutta la prima Età e i rituali che accompagnavano i gesti di chiunque venisse a pregare. Perciò vedere Irìyas alle sue porte, e sentire la sua forza pervadere il Vespro, stupì la Bianca e diede inizio alle sue speranze.

Irìyas avrebbe vissuto in prossimità della Cappella, nella regione dei Laghi. Voleva trarre dal Vespro protezione e voleva dal Vespro il Libro Bianco, su cui ricercare la formula per impedire a Gyonnareth di distruggere lui ed il suo sogno.

Ma, ovviamente, nel mondo, nulla è fatto per nulla.

Le gambe della Bianca erano già inferme, allora, la vecchiaia le era entrata nelle ossa.

“E’ vero, quindi, che non rimane niente di integro, del Vespro e della sua Sacerdotessa”. Quel tono sprezzante… la Bianca avrebbe finito per trovarlo irresistibile.

“Ciò che non è integro agli occhi, lo può essere per lo spirito” gli rispose lei, vedendo per la prima volta Irìyas e osservandolo mentre si guardava intorno.

Il mago sollevò le sopracciglia: “Sono belle parole, per giustificare il fatto che nessuno abbia ancora ricostruito queste mura”

“Di dove sei, ragazzo?”

“Di ovunque, e nessuna parte” La Bianca fece per rispondere, ma si rese conto che, in quel frangente, Irìyas non mentiva. Irìyas non sapeva di dove fosse.

“Se fossi più sapiente, sapresti che il Vespro non può essere ricostruito con semplice calce e mattoni”

“Solo la magia genera magia/ solo in un sole che albeggia esiste il Mattino/ solo di un sole che tramonta si nutre il Vespro” Irìyas citò a memoria i versi del Cantico che riassumevano il perché era impossibile ricostruire le mura del Vespro semplicemente ergendo nuovamente ciò che era crollato.

“Quindi, se sei consapevole che il Vespro non può essere ricostruito così semplicemente, che cosa sei venuto a fare?”

“Non dovrebbe essere tuo dovere accogliere i viandanti e indicare loro la strada?”

“Tu non sei un viandante” la Bianca non riusciva a capire quale fosse il fine di Irìyas “Qual è il tuo nome?”

“Irìyas” sorrise, e sorrise anche lei. Entrambi sapevano che quel nome diceva molto.

“Vieni dall’Accademia?” gli chiese dopo un attimo la Bianca, facendolo entrare all’interno del Vespro.

“Sì, ma vivrò qui per ora”

“Ho sentito che uno dei Saggi dell’Accademia è morto…”

Lui annuì, ma non aggiunse niente. Si guardò intorno, seguendo con gli occhi le crepe che s’intrecciavano sul moro, le rime di frattura delle pareti e la luce che filtrava accarezzando l’aria all’interno della cappella e illuminandola delicatamente, senza lasciare che l’ombra si appropriasse degli angoli nascosti.

“E’ vero quello che si dice quindi…” Irìyas seguì un raggio di sole attraverso una crepa “ E cioè che la forza del Vespro è comunque forte, nonostante la Cappella cada a pezzi”

“Non potrebbe essere altrimenti: è lei che ha protetto queste terre dall’arrivo dei Venti”

Irìyas avvicinò all’altare. Vi appoggiò una mano sopra.

“E ci sono secoli che parlano attraverso queste pietre”

“Io non posso far altro che ascoltarle”

Era questa l’enorme differenza fra la Bianca ed Irìyas, il vero perno del loro accordo, ma anche la causa di profonde incomprensioni.

“Ascoltare non è sufficiente, bisogna fare! Fare qualunque cosa, ma fare. Per ricostruire”

La Bianca sospirò. Irìyas non riusciva a vedere i motivi della passività della Bianca, per lui limitarsi ad ascoltare equivaleva a non far nulla.

La Bianca invece, riteneva che solo ascoltando avrebbe trovato la chiave per ricostruire la sua casa.

A distanza di anni, fra quelle stesse mura che avevano visto il primo incontro fra la Bianca ed Irìyas la Bianca era più che mai consapevole che si era trovata costretta a fare qualcosa, ascoltando le sue pietre. In fondo, pensò, tutt’e due avevano ragione.

”Ed è per questo che sei qui?”

Irìyas camminò fino al fondo della Cappella, dietro l’altare. Fra le macerie, s’intravedeva un enorme affresco dove vi era rappresentato un uomo, ammantato di bianco con le mani alzate verso il cielo. La mano sinistra era rivolta verso il sole, la destra verso le due lune: il primo celebrante del Vespro.

“Dev’essere davvero stata bellissima…” Irìyas disse fra sé e sé. Nell’udirlo, la Bianca sorrise: c’era un rispetto antico, in quelle parole, che la Bianca non pensava di poter sentire in una persona così giovane.

Il mago si girò verso la donna: “Io posso ridare fasto a questa Cappella…” fece una pausa guardandosi intorno.

“E come?”

Irìyas la guardò, finalmente, negli occhi “Devi averla percepita anche tu, sai che posso fare quel che dico”

“Ho percepito la tua forza, quella sì. Ma perché dovresti metterla al servizio del Vespro?”

“Corri troppo, vecchia” la Bianca aggrottò le sopracciglia in disappunto “Non metterei mai la mia forza al tuo servizio. Ho solo detto che potrei aiutarti, ovviamente in cambio di qualcosa”

“Di cosa?” La vecchia lo guardò guardinga.

“Voglio il Libro Bianco”

Ci fu un silenzio che parve eterno, il Libro Bianco apparteneva da secoli al Vespro, vi erano contenuti tutti gli incantesimi noti ai sacerdoti. All’occhio umano, però, il libro appariva come intonso e con tutte le pagine di un bianco immacolato.

“Per cosa?”

“Questo non è affar tuo”

“Ma sai” puntualizzò lei “che quel Libro è del Vespro, non potrei mai cederlo”

“Non vorresti rivedere questi luoghi pullulare di visitatori, la scuola avere così tanti aspiranti al sacerdozio da non riuscire a muoversi fra i banchi? Hai bisogno di qualcuno che rafforzi le fondamenta di questo luogo, cosicché possa essere erto nuovamente”

“Ma non cederò mai il Libro”

“Non voglio che tu me ne faccia dono. Solo che tu me lo dia, poi ti verrà restituito, integro ed immacolato, come me l’hai dato”

La Bianca lo guardò sospettosa.

“Non è finita qui, non è vero?”

Il mago sorrise: “Posso ridarti la giovinezza che sogni”

Lei non riuscì a trattenere un singulto e si mise una mano sulla bocca.

“Cosa credi, che non sia in grado io stessa di mascherare le mie rughe e il mio aspetto avvizzito?”

Lui rise: “Io posso controllare il tempo e moderare la sua azione su di te”

Di nuovo, lei non trattenne lo sgomento.

“E questo in cambio di cosa?”

“Questo te lo dirò solo se dirai di sì”

Irìyas venne a trovarla altre volte. Altre e numerosissime volte. E alla fine la persuase a dargli il Libro e ad accettare la sua giovinezza.

 

Si alzò dal giardino nel quale si era abbandonata ai ricordi. Ora sapeva perché Irìyas aveva bisogno del Libro, e sapeva anche che era stato Nyven a rivelargli la formula da pronunciare nella Lingua Antica. In cambio del libro, il mago aveva impresso un’enorme forza alle fondamenta della Cappella, rinsaldandole, rifortificandole e rendendole simili a quelle della Prima Età. L’energia sprigionata dal mago e catturata dal Vespro era stata intensa e prolungata. Poi Irìyas era tornato a casa con la sicurezza di avere il Libro Bianco che la vecchia gli aveva poi portato al mercato.

La seconda parte, quella relativa alla sua bellezza, ormai era stata dimenticata. La Bianca, con il rapimento di Nyven, aveva consapevolmente reciso l’accordo fra lei e il mago. Le dispiaceva e le era dispiaciuto, ma ormai era cosa fatta.

Ciononostante, lei continuava a celare Gyofinnan agli occhi degli uomini e permettere al drago di rimanere nel territorio del Regno senza che altri, lontano da lì, se ne accorgessero.

 

I suoi pensieri furono brutalmente interrotti da un’onda d’urto potentissima, che fece vacillare la terra. Ebbe la netta sensazione che il terreno sotto di lei bruciasse e che le pareti della cappella s’incendiassero. Cadde per terra: sotto l’urto, qualche ciottolo le cadde addosso, ma le fondamenta della Cappella ressero a quella ignota forza dirompente.

C’era un’enorme carica di rabbia, la Bianca fece fatica a rialzarsi da terra.

Proveniva dal nord profondo, da un luogo lontano da lì. Cos’era?
La Bianca non lo capì subito. Scosse la testa e, ancora una volta, si rese conto di come fosse stato il Vespro a salvargli la vita. Vide molte scintille bruciare, ma una più di altre: iniziò a seguirla, nella speranza di capire esattamente cosa fosse.

Corse dietro la scintilla e poi si fermò, raggelata. Un brivido le percorse la schiena perché in quella scintilla trovò la risposta. Era stato Nyven. Nyven si era risvegliato e Nyven aveva tentato di vendicarsi. Da così lontano, il ragazzo era riuscito a raggiungerla. Poi qualcosa l’aveva trattenuto ed ora il suo spirito sembrava essere di nuovo scomparso, ma quella forza, quell’onda di rabbia erano più che mai reali.

Ciò che però raggelò ancor di più il sangue alla Bianca fu il riconoscere la forza di Nyven, capire esattamente e senza più alcun dubbio cos’era quello spirito che per troppo tempo s’era celato nell’animo del ragazzo.

Lo riconobbe perché lei, quello spirito, lo conosceva, l’aveva già visto all’alba della Seconda Età.

“Che gli dei proteggano noi tutti…” bisbigliò fra sé e sé “Perché torni ora?”

Ma nessuno era lì vicino per sentirla, le sue parole si persero in un soffio di vento e la scintilla scomparve: “Morirò dunque per mano tua?”

Si mise una mano sul cuore che batteva velocemente. Era davvero giunta la sua ora. Il sole in cielo si oscurò e lei, d’istinto, alzò lo sguardo in alto per vedere che cosa coprisse la sua luce.

“Non per mano di Nyven, dunque, ma bruciata dalla fiamma di chi ho protetto fino ad oggi” 

 

***

AliDiPiume: Ciao ^_^/ Questa volta il capitolo è un po' più lungo, dato che c'è anche il sogno (che disolito ocnfonde, più che essere esplicativo XD). Mi piace che fai supposizioni, non ti dirò se sono giuste o sbagliate (sennò si perde la suspance ^_^), però mi fa capire quanto sono chiara e quanto la storia "prenda" oppure no ^^ Un baciotto

Yukochan: L'alcol te lo offro più che volentieri ^_^ Sideas è un personaggio che mi piace, è "cresciuto" nel racconto più di quanto fosse mia intenzione farlo crescere. Avrà i suoi spazi, glieli devo. Per quanto riguarda le lune...eh eh, mi sa che il mio malcelato romanticismo deve venire fuori da qualche parte XDD un bacio

willHole: wow *_* Grazie mille! A questo punto sono curiosisiisma di sapere che ne pensi del resto del racconto. Per quanto riguarda i colori, io adoro assecondare la trama ai colori, il rosso in "Cremisi" è un tema importante... Spero di risentirti presto.

BiGi: Grazie mille ^_^ Baci

Aphrodite:  ehehe i nomi complicati sono tipici degli abitanti della Città Nascosta. Mi diverte crearli XD Le luce sono state citate precedentemente, ma nulla di più. E' una terra piatta, qualla in cui è ambientato Cremisi, perciò le lune si vedono solo in alcune zone del mondo. Non girano intorno alla terra, come succede nella realtà ^_^ Bacione grande

Persefone Fuxia: in ragazzo dai capelli blu è sì alquanto avventato. Ma è una sua caratteristica. E' un ragazzino, ma che sa il fatto suo. ^_^ Il mago deve aspettare il giorno per trovare il suo "focoso" schiavo XD Baci

Aealith: Sìsì, svaligio la bieereia più che volentieri XD Le ombre sul racconto mi servono per mantenere viva l'attenzione, mi piace svelare a poco a poco... Sono felice di risentirti che che anche i capitoli "nuovi" ti siano piaciuti. A presto. baci

Manny_chan: sì, è esatto. Ora aspettano la notte, poi si mettono sulle sue tracce ^_^ Il piccolo, altrimenti, è perduto °_° Baci

 

 

 

  
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