Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Wren Hyvaterm Crisp    09/09/2014    3 recensioni
Dal prologo:
"Che i 66esimi Hunger Games abbiano inizio. Possa la fortuna sempre essere a vostro favore!"
Tra i tributi si udì un sospiro. Il conto alla rovescia era iniziato.
3…
Rassegnazione.
2…
Un’imprecazione.
1…
Un battito. Forse l’ultimo?
Il gong suonò."
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovi Tributi, Presidente Snow, Vincitori Edizioni Passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
MIETITURA DISTRETTO 7
 
“Questo splendido distretto è ricco di alberi, da cui i suoi abitanti
 ottengono per noi legna e carta.
Gli abitanti del Distretto 7 lavorano sodo e mantengono i piedi per terra.”
 
 
Ilithyia stava camminando tranquillamente nel sentiero che portava al Palazzo di Giustizia del Distretto 7 totalmente ignara del pericolo a cui stava andando incontro. Pochi passi e con un grido stridulo si trovò a pochi centimetri dal terreno. Una buca aveva pericolosamente attentato alla sua parrucca, ma i suoi pronti riflessi l’avevano condotta ad attaccarsi all’albero vicino. Con un sorriso trionfante, continuò la camminata, ma quando passò davanti a un vetro, vide che l’ignobile albero si era permesso di sporcarle il vestito in chiffon di resina. Perciò per i ragazzi del Distretto fu molto più spassoso guardare la escort che singhiozzava sommessamente mentre cercava di togliersi quella roba appiccicosa di dosso piuttosto che il solito filmato di Capitol City.
Si sentirono risatine impertinenti per tutto il tempo, fino al momento in cui Ilithyia mise le mani dentro le bocce dei tributi maschi e femmine. Contemporaneamente. I ragazzi del Distretto ammutolirono di colpo, e Ilithyia sorrise in modo quasi sadico. Adesso iniziava lo spettacolo vero e proprio.
“Ma come, nessun altro ha voglia di ridere? Non vi dà gioia il fatto che contemporaneamente estrarrò i nomi di due ragazzi legati dal destino, la cui vita sarà cambiata per sempre da Capitol City, a prescindere dal loro Fato?”
Qualcuno alzò gli occhi al cielo. Ilithyia era sempre stata tremendamente melodrammatica. Prese entrambi i bigliettini in fondo alle bocce e lesse:“Lyanna Florent e Cedric Powell saranno i tributi del Distretto 7 per i 66esimi Hunger Games!”
Entrambi i due ragazzi erano sconvolti. Era accaduto tutto troppo in fretta, e nessuno dei due aveva la minima voglia di andare su quel palco. Lyanna fu la prima a salire. si passò una mano tra i capelli biondo scuro. Era molto bassa e minuta, tuttavia aveva le curve tutte nei punti giusti. La capitolina le porse un sorriso sgradevole, e le disse:“Era da qualche anno che non si vedeva un tributo così giovane nel Distretto 7! Ero distratta, quindi non ho visto se sei uscita dalla fila dei tredicenni o dei quattordicenni…”
“Di sicuro eri parecchio distratta, visto che ho diciassette anni.” replicò quella seccamente, aggiungendo poi a bassa voce:“Idiota!”
Nel frattempo anche il sedicenne Cedric salì sul palco, dopo essere stato svegliato dallo stato di trance in cui si trovava grazie a due suoi amici, che lo avevano abbracciato rigidamente. Quando entrava in panico, il suo cervello smetteva di ragionare.
Mentre Ilithyia blaterava qualcosa riguardo l’onore che davano i Giochi, i due tributi, ancora scossi, si scrutarono di sottecchi. Cedric notò che Lyanna era molto bella, ma lei non gli prestò molta attenzione. Cedric era il tipico ragazzo del Distretto 7: pelle chiara, qualche lentiggine, grandi occhi color nocciola. Ma gli occhi color verde bosco di lei erano allacciati a quelli di Nate, il suo ragazzo. E se non l’avesse mai più rivisto? Si strofinò le mani sul vestito pregiato che indossava. Osservò di nuovo Cedric, che a sua volta stava guardando la sua famiglia in modo triste. Dopo essersi stretti la mano, Lyanna si avviò quasi di corsa verso il Palazzo di Giustizia, per non far vedere le lacrime pronte a scendere, mentre Cedric annusò un’ultima volta il profumo di resina, segatura e aghi di pino. Nessuno dei due era pronto a lasciare casa. Non ancora.
 
Lyanna si stava mordicchiando le unghie mentre faceva, per distrarsi, una lista mentale di coloro che sarebbero venuti a salutarla. Mamma, papà, Nate, amici, cugini, zii,… si era sempre considerata fortunata ad avere avuto un’infanzia felice e una famiglia amorevole, ma non sapeva se ora sarebbe stato un vantaggio. Quanti addii avrebbe dovuto sopportare? Questo triste pensiero sparì nel momento in cui entrarono i suoi genitori, James e Rachel, entrambi visibilmente scossi. Dopo averla stretta in modo così forte da non consentirle di respirare, si calmarono un po’ e parlarono. Era la loro unica figlia.
“Tesoro” iniziò la madre accarezzandole gli splendidi capelli biondi “sei così bella che non potranno fare a meno di sponsorizzarti. Te la sai anche cavare con le armi, devi assolutamente tornare, anche a costo di…”
La voce di Rachel si spezzò, ma non serviva che continuasse a parlare per far intendere alla figlia il senso. Uccidere. Lo sguardo di Lyanna si rabbuiò, ed annuì seriamente. Aveva capito. Il padre non riuscì nemmeno a parlarle. La sua bambina, così fragile e dolce… sapeva che aveva un grande carattere, ma non poteva fare a meno di pensare il peggio per lei. Avrebbe dato tutto l’oro del mondo per andare a morire al posto suo. Ma purtroppo, nemmeno quello era sufficiente.
Poco dopo fu il turno della sua migliore amica, Jeyne. Lei si comportò in modo diverso da tutti. Facendo finta di non notare le lacrime di Lyanna iniziò a parlare del più e del meno:“Sai Yaya, ho saputo che presto renderanno di nuovo accessibile la zona della diga. Quando tornerai proviamo a farci qualche bella nuotatina, che dici?”
Jeyne era così convinta che l’amica sarebbe tornata a casa che le pareva assurdo dirle addio. Per lei sarebbe partita per una vacanza alternativa a Capitol City, e poi sarebbe tornato tutto come prima. L’umore di Lyanna si sollevò molto, grazie a quella visita. Scherzando, Lyanna non poté fare a meno di dirle:“Ma certamente, Jeyne. Non ti preoccupare, sto andando a Capitol City proprio per comprare un paio di costumi da favola!” Le due risero, allegre. I Giochi non facevano un baffo alla loro forte amicizia.
Poi fu il turno degli zii e della sua cuginetta, Meena. In modo molto dolce Lyanna le disse:“Ehi, hai visto che hai superato indenne la tua prima Mietitura?”
Meena sospirò. Sì, l’aveva scampata, ma ad un caro prezzo.
Quando entrò Nate, il suo ragazzo, Lyanna si lasciò totalmente andare. Ci fu un confuso miscuglio di lacrime, imprecazioni contro Capitol City e baci. Ad un certo punto Nate si staccò, e guardandola seriamente le legò un bracciale di perline e piume al braccio. Le lasciò un lieve bacio sulle labbra, e se ne andò.
 
Cedric era sempre stata una persona egoista. No, non egoista, ma… sulle sue. Non era una persona da eroismi, non si sarebbe mai offerto volontario al posto di nessuno, né avrebbe mai preteso che qualcuno lo facesse al posto suo. Ma, guardando il fratello Leroy che si avvicinava con la sua sedia a rotelle, ci stava ripensando. Forse per lui si sarebbe offerto. Leroy lo abbracciò forte. Avevano due anni di differenza, ma non si sentivano. Vivevano in simbiosi. Leroy era la testa, e Cedric il suo corpo, chissà se a Capitol City esistevano medici in grado di curarlo… Mentre sua madre gli accarezzava dolcemente i capelli, il padre Rick borbottava in modo burbero qualcosa riguardo ai metodi poco ortodossi di Capitol City per diminuire il sovraffollamento nei Distretti. Cedric lo guardò intensamente, e gli parve, anche se solo per un istante, di scorgere una lacrima sulla guancia del padre. Rick era sempre stato un uomo severo, per questo il loro rapporto padre-figlio era sempre risultato un po’ burrascoso. Cedric non amava farsi mettere i piedi in testa.
Il padre esordì, lievemente imbarazzato:“Sì, insomma, noi… Beh, noi…”
“Noi ti vogliamo bene!” continuò la madre. “E te ne vorremo sempre. Qualunque cosa accada, noi saremo con te. Ma tu… Cerca di essere con noi. Ancora per qualche anno.”
Rassicurò tutta la sua famiglia. Erano tutte persone calme e dai sani principi, loro. Si aiutavano l’un l’altro, per quanto potessero. Era un peccato che i loro legami stessero per essere spezzati. Dopo fu il turno di Steven e James, i suoi due migliori amici. Si conoscevano fin da piccoli, grazie alla scuola e allo stesso lavoro che i loro genitori svolgevano, quello di taglialegna. Anche il loro trio stava per essere spezzato, con un’arma più forte di una semplice accetta. Tutti erano d’accordo sul fatto che non sarebbe stato molto virile mettersi a piangere come femminucce. Così, per alleggerire la tensione, James diede una forte pacca sulla schiena all’amico, e vedendo la sua espressione quesi indifferente al dolore, disse ridendo:“Grande, amico! Sono sicuro che se sei riuscito a reggere questa, sopporterai anche tutte le batoste dell’arena!”
Dentro di sé, Cedric lo sperava con tutto il cuore.
 

 
MIETITURA DISTRETTO 8
 
“Dalle adorabili piccole fabbriche del Distretto ai preziosi broccati
di Capitol City, il Distretto 8
è ciò che provvede a tutto ciò che sta in mezzo.”
 
 
Il Distretto 8 non era di certo uno dei più ridenti di Panem. Certo, gli abiti che ne uscivano erano splendidi, ma la mancanza di spazio verde affliggeva quella zona da secoli. Quando frequentava una delle scuole più prestigiose di Capitol City, Aracne aveva appreso che da quelle parti sorgeva una città chiamata “New York” ed era convinta che, nonostante fosse stata distrutta secoli fa, sarebbe stata più bella di quell’ammasso di fabbriche tessili che circondavano un timido corso d’acqua. “Per non parlare degli abitanti!” pensò Aracne. Magri, poveri, e brutti, a suo parere. E strani. E poco intelligenti. Tantissimi di loro avevano tentato di fuggire dal Distretto o di ribellarsi a Capitol City, ma perché avrebbero dovuto farlo? Non era mica colpa del Presidente se erano nati in un distretto del genere.
Aracne guardava con disprezzo le grandi ciminiere che la circondavano, ma presto si ricompose e guardò con gratitudine i ragazzi radunati nella piazza principale. In fondo tra loro poteva esserci il creatore della sua  splendida pashmina.
Aracne fece vedere loro il video, e cianciò allegramente:“Ecco chi saranno i tributi del Distretto 8 per la 66esima Edizione dei nostri Hunger Games! Il tributo femmina… Ava Harriet Karme Vargas!”
Tra le file delle sedicenni, una ragazza bassissima si avvicinò al palco con passo silenzioso. Ciò che colpiva di lei… beh, era il nero. I capelli a caschetto erano neri, le scarpe che indossava erano nere, i pantaloni neri, la enorme maglia, troppo grande per il suo fisico minuto, era nera. Mentre mormorava tra le labbra, si sistemò sulla piccola gobba sul suo naso i suoi occhiali da sole, ovviamente total black, che nascondevano i suoi occhi, due piccole perle nere invisibili al mondo. Aracne si trovò piuttosto spiazzata dinanzi a quello strano individuo.
“Ehm. Bene! Cara, sei stata estratta per gli Hunger Games! Perché non ti togli gli occhiali per far vedere il tuo bel visino a Panem?” disse con un tono simile a quello che si usa con persone ritardate.
“Non posso. Qualcosa mi acceca. È il sole? Oh no. È la tua idiozia.” Il suo tono di voce era piatto, tuttavia penetrante.
Rossa fino alle lunette delle unghie, Aracne lesse il bigliettino del tributo maschio.
“Leonida Kevin Neisc… Nieth…”
“Nietzsche.” Terminò al posto suo un ragazzo tra i diciottenni.
Suddetto ragazzo si morse il labbro e iniziò ad avanzare verso il palco, ma una sedicenne gli si lanciò addosso, in lacrime. Il ragazzo non cercò nemmeno di scrollarsela di dosso, anche se si poteva notare nel suo sguardo una lieve sorpresa. Tra i due correva una certa somiglianza: erano fratelli. Avevano gli stessi occhi di uno strano verdemare, ma la ragazza aveva i capelli di una tonalità più chiara del castano di Leonida. Nel complesso, osservò la Capitolina, con le sue spalle larghe e la corporatura muscolosa, l’aspetto del tributo non si poteva definire nient’altro se non bello e affascinante. La sorella, che il ragazzo chiamava Dorothy, non aveva sentito storie: era salita sul palco col ragazzo. Non era difficile distinguere i genitori del ragazzo: avevano una bimba con loro, e piangevano. Dai loro abiti, tanto belli rispetto a quelli degli altri presenti in piazza si poteva capire che era una famiglia agiata.
“Ed ecco i tributi del Distretto 8: Ava Harriet Karme Vargas e…” Aracne si interruppe, quando vide che i due tributi, completamente indisturbati, si stavano dirigendo verso il Palazzo di Giustizia: uno tenendo in mano il polso della sorella, l’altra una sigaretta.
 
Ava non ebbe neanche tempo di sedersi che i suoi genitori, Wesley e Marianne, entrarono nella stanza. Ava non sorrise, come sempre (era appena stata estratta per andare al macello, perché avrebbe dovuto sorridere?), mentre la madre piangeva a dirotto.
“Non è giusto, la mia bambina. Nessuno dovrebbe essere estratto per questi orribili, orribili giochi. E poi Ava non- Ava, santo cielo, perché continui a fumare?”
Durante l’ultimo commento il pianto della madre era diventato sempre più isterico. E Ava non amava le scenate, nonostante sotto sotto amasse sua madre. Il padre Wesley abbozzò un sorriso triste che non raggiunse gli occhi. Abbracciò forte la moglie e la figlia, e le diede un libro. Nessuno poteva vederli, ma gli occhi di Ava si erano leggermente illuminati dietro gli occhiali.
“Così potrai leggere qualcosa, piccola lettrice. Ora non potrai più comprare libri al mercato nero, perciò vorrei che tu avessi almeno questo.” Per un momento, Ava rimpianse di essere sé stessa e non una figlia solare e amorevole come sua sorella Raquel. Diede una pacca sulla spalla del padre e un abbraccio goffo alla madre. Mentre uscivano, Ava rispose alla domanda della madre con tono lievemente ironico:“Io fumo per morire.”*
Subito dopo entrarono il padre di Marianne, ovvero “Nonno Rufus” e i due fratelli di Ava: Cal e Raquel. Come la madre, Nonno Rufus rimproverò Ava per la sigaretta. “Voi giovani! Alla mia età quando qualcuno veniva estratto si ritirava in preghiera. Ma oggi…! Vi mettete a fumare, voi!” Mentre il vecchio continuava a blaterare, Ava guardò Raquel. Come la madre, piangeva. Era la figlia che tutti volevano: solare, gentile, obbediente. Tutti la adoravano. Al suo fianco c’era Cal, che aveva quasi diciotto anni. Insieme ad Ava, egli era l’opposto di Raquel. Quest’ultima abbracciò la sorella maggiore con disperazione, mentre Cal disse:“Cerca di non farti spappolare in Arena. Voglio vedere che differenza c’è tra la tua faccia normale e la tua faccia da morta: scommetto nessuna!”
“Sta’ certo che farò di tutto per farmi spappolare solo per non darti soddisfazione.”
I tre uscirono, e quando Ava fu certa che nessuno sarebbe rientrato da quella porta, riprese in mano la sigaretta. Ma la porta si riaprì: c’erano persone che tenevano a lei più di quanto pensasse.
 
Leonida si trovava con la sorella nel Palazzo di Giustizia. Sarebbe stata lei la sua prima visita, e i Pacificatori ritenevano la famiglia del tributo abbastanza potente da sentirsi in vena di concedere questo piccolo capriccio alla sorella. Dorothy Rosiel non aveva mai mascherato una certa antipatia nei confronti di Leonida, ma i due si volevano comunque un gran bene. I due non proferirono parola per tutta la durata della visita. Certo, il ragazzo non aveva trovato molto cortese che lei avesse preteso di salire con lui sul palco, ma darle uno dei suoi famosi consigli adesso avrebbe risvegliato in lei l’antipatia che provava per lui. Lei detestava il fatto che Leonida dovesse per forza mettere parola su tutto. Ma lui era fatto così, e lui era sua fratello, e lui stava per morire. Meglio mettere da parte l’astio fraterno per un po’. Quando la sorella fu costretta da un pacificatore ad andarsene, entrarono Traecy Roother e Bouclet Emiane Dévoré: i suoi genitori. Con loro c’era anche la piccola di famiglia: Hanna. Era sempre stata la meglio trattata tra i tre fratelli: quella che aveva le carte in regola per diventare la grande erede di famiglia. Leonida la prese in braccio e le disse affettuosamente:“Partirò per la Capitale, piccolina! Vedrò la bellissima città in cui creano gli abiti migliori del mondo… Imparerò tante cose lì, e prometto che ti creerò un vestito ancora più bello di quelli che ti ho già confezionato”
La piccola si illuminò:“Ancora più bello?”
Hanna era sempre stata la cavia delle splendide creazioni di Leonida, che sognava una carriera di stilista. E mai esistette cavia più felice. I genitori di Leonida erano preoccupati, e la madre piangeva. Non era giusto. Loro erano una famiglia serena. Solo i loro antenati erano stati toccati dagli Hunger Games, e ora il loro periodo d’oro si era crepato.
“Mamma, papà: non temete. Questa è un’avventura come tante dalla quale tornerò. Vivo. Guardate il lato positivo: avrò l’opportunità di vedere cose che vanno oltre la nostra immaginazione. Cose favolose. Voi non dovrete far altro che vedere me circondato da lussi che poi porterò a voi.”
Il padre era sempre stato un uomo severo, amante della disciplina, e le ultime parole di Leonida non gli piacquero. “Leonida, ascoltami per una volta.” Il ragazzo sollevò gli occhi al cielo, vagamente divertito. “A Capitol City la gente è crudele. Ti vuole uccidere, non coccolare. Cerca di non distrarti troppo come al tuo solito. Mantieni la concentrazione!”
Leonida annuì, serio. Ma poi aggiunse:“Come genitori, credo che voi dovreste credere di più in me.”
La madre tirò su con il naso, e gli accarezzò dolcemente il volto. Poi gli sussurrò:“Noi crediamo in te, tesoro. Siamo solo preoccupati. Bisogna essere molto attenti nell’Arena… Ricorda: le armi più piccole e nascoste, sono le più pericolose.”
Quella fu uno dei consigli dei genitori che Leonida comprese alla perfezione.   

 

Note dell'autrice:
Abbiamo oltrepassato la metà dei capitoli delle Mietiture! *festeggia e offre burrobirra a tutti*
Per il prossimo capitolo, mi sa che dovrete aspettare: MI MANCA LA SCHEDA DELLA RAGAZZA DEL 9! Quindi, chi deve farla, la faccia. Presto. Nel frattempo, risponderò alle recensioni di questo capitolo (spero tante, visto che è stato un parto) e di quello scorso (perdonate il ritardo), e andrò avanti con i capitoli riguardanti il treno (che vi avviso, tratteranno sei distretti alla volta. Quindi saranno un po' lunghini). Come sempre, segnalatemi gli errori. Oh, inoltre ho avuto un'idea bellerrima (?) per l'Arena. Non modificherò drasticamente quella che avevo già pensato, però ora ho trovato un tema che rende tutte le cose che avevo progettato molto coerenti. Vorrei parlarvene per condividere il mio entusiasmo, ma... No. V.V
Spero di ricevere molte recensioni!
A presto :)

P.s.: La frase che ho messo in bocca ad Ava, quella con l'asterisco... Beh, non è mia. L'ho tolta dalla bocca di uno dei personaggi di "Cercando Alaska", quel favoloso libro di John Green <3
 

 
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Wren Hyvaterm Crisp