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Autore: skippingstone    09/09/2014    1 recensioni
"Mi avevano detto che pensare troppo fa male, mi avevano detto che sarebbe passato tutto eppure la testa mi scoppia, gli occhi bruciano e respirare sembra la cosa più difficile da fare. Rifletto sulla mia probabile morte e sorrido, almeno potremmo stare vicino. Posso affermare di aver combattuto per tutti quelli che non sono riusciti a farlo: ho combattuto anche per te.
Se, invece, riuscirò ad uscire da questa Arena, non sarò più lo stesso: tutte le cicatrici si stanno aprendo nell'interno della mia bocca lasciando un retrogusto di sangue e troppe sono nel cuore. Anche se uscissi da questa Arena, non ne uscirei vincitore. Ho già perso tutto.
Tutto tranne una cosa: la voglia di vendetta.
Possa la luce essere, ora, a mio favore!"
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Presidente Snow, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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27. Il punto debole
 
Sto andando da Livius. Lungo la strada ci sono dei ragazzi che formano un cerchio. Non si vede chi c’è all’interno. Alcuni urlano, altri stanno guardando, altri ancora sorridono mentre altri sono indecisi sul da farsi. So solo che si stanno divertendo così. Sarà sicuramente qualche scherzo. Io stesso sono stato (a volte ancora sono) vittima di scherzi immeritati e poco simpatici. La cosa è che, ormai, ho imparato ad abituarmi a queste cose. Non mi sorprende più essere preso di mira, essere colpito alle spalle, essere preso in giro. Già, ormai non ci faccio nemmeno più caso.
«Cosa c’è?»
«Dai, dimmi cosa succede.»
«Vuoi piangere?»
«Andiamo a chiamare la mamma!»
«Ragazzi… il marmocchio s’è pisciato addosso!»
Dopo quest’ultima affermazione, tutti scoppiano a ridere. Si sentono mille risa forti e crudeli. A me non è mai capitato di farmi pipì addosso ma so cosa si prova a essere vittima di queste cattiverie. Invisibilmente mi sono pisciato addosso anch’io.
“Cosa cazzo fai?” mi chiedo. Io sono come il popolo dei distretti, quei bulli sono i Giochi e il malcapitato di turno è il tributo. Anche questi Giochi non mi piacciano, per niente. Allora, stupidamente, decido di avvicinarmi per poter, poi, consolare il ragazzo che stanno pestando e insultando.
«Cosa dici, scusa? Non ti sento! E questa cos’è?» – quel maledetto biondino odioso e schifoso ruba una cosa dalla tasca del ragazzo che è a terra.
«Ma che cazzo è? Una rosa bianca?»
Bianco. È così che vedo anch’io, ora.
 
Il corpo di Steno, colpito dal mio proiettile, cade su quello di una Søren terrorizzata e che rumorosamente respira. Lo sento a distanza il suo respiro e credo sia il rumore più bello che io abbia mai sentito in vita mia. Sì, il suo respiro mi dona sollievo, felicità. Mi cattura l’immagine di quella ragazza, di quella margherita. Sì, lei è una margherita e il mio compito è salvarla, sempre. Lo decido adesso, in questo momento. È una promessa che faccio a me stesso, una promessa che devo mantenere ad ogni costo. Rimango incantato da quelle dita che iniziano a muoversi come ali di un uccello che prende il volo, da quelle labbra che si aprono per prendere più ossigeno possibile.
«Snow!»
Søren si volta, mi sta guardando. Prova a urlare il mio nome ma la sua voce viene a mancare. Sembra stia strozzandosi per chiamarmi. Il corpo di Steno è ancora su di lei. Anche da morto, quel ragazzo ripugnante ha un viso da prendere a pugni.
«Snow!»
Questa volta la sento più forte. Lei, ancora distesa, vuole farmi ricordare di qualcosa e le sento dire il nome di Chimio. Mi sento tremendamente in colpa: mi sono dimenticato di lui.
Ermen continua a star seduta su Chimio. Ha ancora, stretto nella mano, un masso con del sangue. Gli occhi della ragazza sono aperti, apertissimi. Credo di non aver mai visto due occhi del genere. Ha uno sguardo da pazza.
Mi abbasso per riprendere la pistola, sono deciso a uccidere quella puttana. Non mi pentirò di questo, niente affatto. La pistola, però, non c’è. Non è più ai miei piedi.
«Cerchi, forse, questa?» – mi volto e Level sta facendo ballare la pistola che ha in mano. – «Dovresti essere più attento, caro Snow.»
La mano di Level continua a tremare. Lei non ha il controllo di sé stessa, è debole. Ermen è sicuramente più temibile.
«E tu? Sei abbastanza attenta?» – le rispondo con tono provocatorio.
«Davvero vuoi iniziare, ora, una conversazione epica? Il tuo amico lì ha bisogno d’aiuto.»
«Forse sei tu ad aver bisogno di aiuto.» – con l’indice, punto la sua mano tremolante e sorrido.
«Oh, ti riferisci forse alla mia mano? Bisogna vederla da vari punti di vista. Tu credi sia un punto debole. Io credo sia il mio punto forte.»
«Forse non sai cosa sia un punto forte.»
«Forse tu non sai cosa sia un punto debole.»
«Per favore, illuminami, Level.»
«Voltati.»
«Così mi uccidi?»
Level lancia lontano la sua pistola.
«Voltati.»
«Così mi uccidi?» – non è che, senza pistola, sia impossibile uccidermi.
«Bisogna vederla da vari punti di vista.»
«Quanti punti di vista hai?»
«Io? Solo uno e questo mi sussurra che, se ti voltassi, capiresti qual è il tuo punto debole.»
Qualcosa mi dice che lei davvero non mi ucciderà, non mi colpirà alle spalle. Lo so, è la cosa più insensata da fare in questi casi: non si fa quel che ti consiglia il nemico, ma lo faccio. Mi volto. L’unica cosa che vedo è Ermen. Lei sta godendo nel ferire Chimio. Sta godendo maledettamente. Sta ridendo di soddisfazione. Il ragazzo nasconde il viso dietro le mani e, ad ogni colpo, segue una specie di lamento. Lo sento chiamare Falloppio quando riesce. Lei, con forza, gli sposta le mani dal viso e continua a colpirlo. Level, allora, diventa l’ultimo dei miei problemi (non me ne fotte più niente di lei) e corro verso Chimio.
Il cannone.
Mi blocco. Sento il rumore del cannone e smetto di correre.
Una risata diabolica prende il possesso di quella stronza di Ermen. Sventola quel masso come se fosse oro. Alcune gocce di sangue le cadono sul volto e lei, con la lingua, si ripulisce il viso. Chiude gli occhi e si gusta il sangue di Chimio.
«E, ora, stupido cervelloide, dimmi chi è più intelligente tra me e te.»
Ermen lascia cadere il masso proprio sul naso di Chimio e, spostandosi i capelli, si protrae con l’orecchio sulle labbra di Chimio.
«Come dici?» - la ragazza strofina la sua guancia sulle labbra del mio amico. – «Non parli più?»
Bianco. Vedo bianco. Adesso flashback: Chimio che mi racconta di come Falloppio lo abbia salvato, Chimio che mi spiega cosa sia la varicella, Chimio che salva Søren, Chimio che s’imbarazza perché gli dico che è stato bravo, Chimio che mi fa compagnia durante il cammino, Livius che muore sul palco.
«Livius!» – urlo a squarciagola. Torno a correre verso quella stronza e mi getto su di lei. Ora sono io sopra di lei. Deve provare quel che ha fatto patire a Livius… a Chimio!
Così prendo il masso sporco di sangue e inizio a colpire le tempie di Ermen. Mi adagio su di lei per immobilizzarla. Lei, infatti, oppone resistenza ma le blocco i gomiti con le mie ginocchia, il mio cavallo lungo il suo collo. Colpisco ripetutamente.
«Lurida puttana!» – la colpisco ancora. Non mi stanco di colpirla neanche quando il cannone scoppia in aria. Si è aperta la cute e qualcosa, ogni volta che colpisco sempre più forte, esce da quel foro creato dal masso.
«Smettila!» – è Søren che, da dietro, mi blocca. Sta stringendo la mia mano, quella con cui mantengo il masso, e con l’altra mi cinge il petto.
«È morta Snow, è morta.» – me lo dice come se fosse una ninna nanna, come se volesse calmarmi. Ci riesce, in realtà. Io resto a guardare quegli occhi viscidi e penso che anche il suo volto faccia schifo. Così faccio quello che non ho fatto con gli altri ma che desideravo tanto fare. La sputo in faccia.
«Smettila, Snow! » – Søren, questa volta, urla. Dopo di ciò, mi alzo da terra e lascio che Ermen giaci a terra. Mi avvicino a Chimio e lo abbraccio, gli chiedo scusa per non averlo difeso.
 
Aspettiamo l’hovercraft. È calato il silenzio. Questo è uno di quei silenzi di cui io, sinceramente, non so che farmene. Ci sarebbero così tante cose da dire, così tante lacrime da versare e così tanto odio da esternare, ma tutto cade in un misero e banalissimo silenzio.
L’hovercraft arriva e ruba i corpi dei tre morti.
Quando viene estratto il corpo di Chimio, sento il vuoto. È una sensazione che non riesco a spiegare. Quando, invece, vedo il corpo di Ermen sollevarsi da terra per entrare in quella bara voltante, mi sento un po’ meglio. Perché? Semplice: la morte di Chimio non è rimasta impunita.
 
Sovrasto tutti questi stronzetti che assistono allo spettacolo e afferro la camicia del bulletto, il bastardo che ha rovinato la rosa bianca del mio migliore amico. Lo tiro all’indietro, verso di me. Lo faccio cascare a terra incastrando il mio piede tra le sue due gambe. È scomparso il sorriso beffardo dal suo volto.
«Adesso anche le pulci hanno voce?» – dice come se fosse la battuta di un misero tributo in cerca di attenzioni e acclamazioni.
«Adesso anche gli stronzi hanno diritto di vivere?» – mi fiondo su di lui e lo colpisco in faccia con un pugno. Lì iniziano tutti gli altri ad afferrarmi, cercano di bloccarmi ma mi dimeno come un pazzo. Le mani, pesanti e forti, colpiscono velocemente nasi, volti, occhi. Con i piedi colpisco le gambe di quello a terra. Ho perso le staffe, me ne rendo conto, ma non faccio niente per fermare tutta questa mia agitazione, rabbia. Sono stufo dei continui soprusi contro me e Livius. Mi hanno detto di tagliarmi con una lametta? Ok, faccio finta di niente ma Livius, lui non si tocca.
Ora colpisco, con delle gomitate, lo stomaco di due, tre leccaculo e torno a buttarmi sullo schifoso capo della banda dei “senzapalle”. Lo colpisco con tutta la rabbia di questo mondo perché è quello che si merita. Lo colpisco ancora e ancora. Tutti gli altri non mi bloccano più, no.
Quando Livius, rialzatosi da terra, viene a fermarmi bloccandomi la mano, smetto di colpire il viso di quella merda vivente.
«Snow, fermati.»
Il viso del ragazzo è gonfio, pieno di sangue. Penso di avergli rotto il naso e anche un dente. Quando mi alzo da terra, posso vedere la reazione di tutti: mi guardano terrorizzati, hanno timore, provano paura ed io sono soddisfatto di questo.
Più che felice.
  
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