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Autore: MadLucy    12/09/2014    3 recensioni
{Clove♥Cato | new OTP | feels | angst | dolore | qualcuno mi aiuti.}
Doveva essere Cato per Clove, o Clove per Cato -uno doveva morire, ma soltanto l'altro lo poteva uccidere.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cato, Clove
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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Clato

This is {our} truth.










Successe al termine della giornata, mentre i Favoriti s'avvolgevano le coperte pesanti alle spalle, di fronte al fuoco da campo, mentre spazzolavano con rinnovato ottimismo le lepri procurate da Clove -e dopo che tutti ebbero declinato la solita proposta di storie da fantasmi proveniente da Marvel. Cato offrì la borraccia alla compagna di distretto, così che potesse berci per prima, in segno di galante enfasi, e perchè loro erano assassini nobili, mica volgari tagliagole, e sapevano ringraziare. Accennò una sorta di brindisi.
«Ucciderti sarà un onore, madame
Sostenere la fissità oscura ed impertinente dello sguardo di Clove non era facile, ma lui ci riusciva con impavida disinvoltura. La ragazza inarcò le sopracciglia ed esibì un sorriso rapido e violento, che s'allungò come una ferita.
«Il piacere sarà tutto mio, monsieur
Bevve dalla borraccia. L'atmosfera, anzichè raffreddarsi, quasi s'ammorbidì. Entrambi ghignavano, come se si stessero già scaldando le mani l'uno nel sangue dell'altro. Solitamente mantenevano un certo sbrigativo distacco, nonostante Clove non potesse evitare di lasciarsi trascinare dal carisma del compagno, e parlavano di rado -la loro era un'intesa spinta dalla necessità, priva di sentimentalismi, e piuttosto taciturna- ma, quando lo facevano, Glimmer provava quel fastidio che sopraggiunge nell'assistere ad un dialogo in una lingua sconosciuta, incomprensibile, udendo senz'essere capace di penetrarne il mistero.
«Cosa diavolo stanno facendo?» domandò a voce bassa, lanciando un'occhiata stizzita a Marvel.
«Flirtano» dedusse lui, stringato, per poi aggiungere più forte «Qualcuno vuole altro tonno?»





«Buonanotte.»
«Buonanotte. Clove?»
«Che c'è.»
«Hai paura di me? Almeno un pochino
«Solo perchè tu hai paura di me, non significa che io debba avere paura di te.» Scandendo una sillaba per volta, gongolava. Cato espresse il suo scetticismo con una smorfia.
«Buonanotte, Clove.»
«Buonanotte, Cato. Mi vuoi bene?»
«Moltissimo, ma ancora di più quando ti romperò il collo.»
«Prima di iniziare a sognare ci si addormenta, di solito.»
«Vaffanculo.»
«Mi leggi nel pensiero.»
«Per cosa credi che mi sia allenato tutta la vita?»
«Per uccidermi.»
«Per ucciderti






Il loro era un cameratismo infarcito di istintivo rispetto, cementato dall'approvazione degli arroganti e da un'implicita complicità, che si esprimeva soltanto negli indizi di un gesto in più o una parola in meno, e il cui risultato era l'affidamento della reciproca, rarissima fiducia, elargita con la sufficienza di una gratificante elezione. Per Cato era naturale voltarsi a cercare l'opinione di Clove, quando si trattava di decidere se accamparsi o procedere ulteriormente; altrettanto spesso la ragazza si permetteva di dormire tranquilla soltanto se era il compagno di distretto a fare il turno di guardia. I loro erano sorrisi scoccati con l'unico proposito di relegare il mondo ad una marmaglia di sprovveduti, inetti e stolidi: armi, come tutto il resto. Volentieri erano disposti ad ammettere la superiorità l'uno dell'altra, ma di certo non erano così concilianti da estendere il complimento al punto da dubitare del proprio personale successo. Si conoscevano riconoscendosi, in una coincidenza esatta di strade e destinazioni. 
Il vincitore era uno, ma non per questo sorgevano rancori: sembrava più che altro che stessero attendendo, con serafica serenità, che il verdetto si limitasse ad attestare agli occhi del mondo quella che per entrambi era certezza di vittoria, mozzando le vane speranze dell'altro in una profusione di viscere e liquidi corporei. I tributi erano ventiquattro, eppure dal loro punto di vista non esistevano che due concorrenti. La vera competizione iniziava dopo, quindi non ci vedevano niente di male nello spartirsi la cacciagione. Entrambi lo sapevano, dove la coscienza razionale scema nella fibra bruciante del più carnale impulso, forse fin dal momento in cui si erano stretti la mano sul palco della mietitura, pressando con un sorriso e promettendoselo con le labbra chiuse. Il ciclo si sarebbe chiuso allo stesso modo in cui si era aperto, lei di fronte a lui, come se con quell'unico sguardo rasentassero il confine di vita e morte, in un labile istante d'attesa. Doveva essere Cato per Clove, o Clove per Cato -uno doveva morire, ma soltanto l'altro lo poteva uccidere.





«Io vado.» Le mani di Clove carezzavano il coltello senza posa. Il respiro le fremeva a fior di labbra.
Lei va. Cato non commentò. La trappola era evidente, nient'altro che l'ennesimo svago per i telespettatori che sbadigliavano sul divano, ma loro erano oltre. Loro potevano permettersi persino di deridere le trappole.
«Se da sola non ce la fai,» la provocò, «urla.»
Clove gli concesse un'occhiata indispettita e un verso di scherno. 





La prima reazione di Cato fu uno sbigottimento senza nulla di triste, ma con qualcosa di ridicolo.
I giochi avevano ingoiato Clove come avevano fatto con la carne da macello, e lei era morta come muoiono le pecore. Qualcosa di fulmineo ed imprevedibile l'aveva piegata ad un destino paradossale, incongruente con tutte le sue parole di temeraria, baldanzosa noncuranza, incongruente con lei. Non aveva artigliato l'erba per avanzare verso quella vittoria tanto predicata, non si era opposta al sovvertimento delle circostanze, alle pazzesca piega degli eventi. Non si era attenuta ai piani. Aveva rovinato tutto.
Dopo aver ucciso tutte e ventidue le futili distrazioni, Cato avrebbe dovuto combattere con lei per ore, in uno scontro formidabile, rotolandosi nell'erba e nel fango, strappandola e mordendola e graffiandola, e percependo sotto di sè l'irrequieta difesa del suo corpo minuto, scattante e furibondo. Avrebbe dovuto infine prendere il suo capo corvino fra le mani e girare, udire la sua morte, percepirla con il tatto e l'olfatto e il gusto, come un'emozione, assaporarla piano e lasciarla prosciugare della sua freschezza, goderla. Avrebbe dovuto afferrare la sua ultima parola, l'estrema invocazione, sorridere l'ultimo sorriso che lei avrebbe mai visto, saccheggiare avidamente l'ultimo lume del suo sguardo e respirare il suo ultimo respiro. Sotto i riflettori, avrebbe dovuto raccontare a Caesar Flickerman che temibile avversaria si fosse rivelata la sua compagna di distretto, di quanto gli avesse fatto sudare la vittoria, ma sempre con un ghigno di sottile condiscendenza. Avrebbe dovuto sedersi sul trono e dirle addio, per un brevissimo istante. Doveva essere così, e, allo stesso tempo, non avrebbe più potuto esserlo.
La loro era stata una promessa, quello era un tradimento. Guardando il cadavere di una ragazzina che non credeva davvero alla morte, nonostante l'avesse generosamente elargita, che non credeva alla propria morte -se da viva era piccola, da morta era minuscola- Cato perse qualcosa. La fiducia. Come l'aveva persa Clove. Venne a mancare l'ingranaggio che aveva fatto funzionare la macchina per uccidere. L'arroganza glie l'avevano strappata i denti di chi era morta masticando il suo nome: una pietra spense l'immortalità dei forti. Un presagio. Cato lo avvertì sotto la pelle.
Se non fosse andata così, non sarebbe andata in nessun altro modo -lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Attese il dolore finchè non tramontò la loro stella avversa.
































Note dell'Autrice: Un altro ship di gente morta. Fantastico. Non ho nessuna intenzione di cercare di dare una logica a tutto ciò, quindi... Ma c'è sul serio qualcuno al mondo che shippa Glato? XD Glimmer è di Marvel, IMMO. E Cato e Clove... *teatrale sospiro*
Grazie per aver letto, chi avrà la pietà di recensire riceverà il solito kleenex virtuale per asciugare le solite lacrime.
Lucy
  
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