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Autore: Moni96    12/09/2014    0 recensioni
-Aiutami- riuscì a sussurrare un secondo prima di svenire. –Mi stanno cercando
-Ti aiuterò, lo prometto.
Ma perché avrebbe dovuto aiutare quella persona? Chi era? Perché la inseguivano?
Questa è la mia prima storia... spero che vi piacerà
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il sole stava già tramontando dietro le colline quando i due ragazzi raggiunsero le porte della città. Il viaggio era stato tranquillo, senza pause se non per mangiare o riposarsi. Per giorni avevano attraversato prati, foreste e piccoli paesi, e davanti allo spettacolo che la grande città offriva loro non poterono far altro che restare a bocca aperta. La porta in legno massiccio era immensa e le mura di un bianco che risultava innaturale per una città quasi centenaria. Dall’esterno si poteva udire il vociare dei mercanti che cercavano di vendere le ultime mercanzie della giornata. Quella città era un pullulare di attività, era pervasa da quella frenesia tipica dei grandi centri, dove tutti andavano di fretta e nessuno si guardava negli occhi. Pur essendo posta sotto il giogo di Ghehos, sembrava un luogo pacifico dove poter vivere una vita tranquilla ed energica allo stesso tempo. Oltre le bancarelle, i banchi della frutta e del pesce e i tetti delle botteghe, ai confini delle mura meridionali, si ergeva il palazzo del tiranno, imponente, ma dall’aspetto stranamente rassicurante.
Guardie armate erano poste a ogni angolo della piazza principale, dove sorgeva la statua di Ghehos. Alla sua vista, a Cassidy si gelò il sangue nelle vene. Si strinse al braccio di Jason rabbrividendo.
-Questo posto non mi piace. C’è troppa calma, troppa… armonia. Ma intorno al palazzo posso vedere un’aura nera come la morte. Facciamo quello che dobbiamo fare e andiamocene, ti prego-.
-Dobbiamo riposare, domani sarà una lunga giornata, e voglio che tu sia in forze per correre lontano dalla città se necessario. Fermiamoci in quella locanda per la notte, riposiamo, mangiamo qualcosa e mettiamo a punto un piano-.
Come al solito Jason nascose l’Arco d’Argento sotto al mantello per non destare sospetti. In quella città era lui il nemico. Entrò nella locanda, un piccolo edificio caldo e accogliente, con il pavimento in legno lucido e le pareti di pietra. Ai tavoli erano seduti alcuni ospiti intenti a mangiare e conversare. Su delle panche disposte lungo il perimetro della stanza, delle donne guardavano gli uomini ridendo tra loro. Ogni tanto qualcuna si alzava, prendeva per mano un uomo e andava al piano superiore. Erano tutte prostitute.
Solo una se ne stava in disparte, con lo sguardo basso per non incontrare quello dei clienti del bordello e piangendo in silenzio. Jason e Cassidy si sedettero uno di fronte all’altra a un tavolo vicino alla ragazza in lacrime.
-Cassidy, vedi quella ragazza? Sta piangendo. Prova a parlare con lei, magari scopriamo qualcosa-.
-Perché io?-.
-Perché tu sei una ragazza, e di certo si sentirà più al sicuro con te che con me-.
Cassidy annuì, pensando che Jason aveva ragione come al solito. Si alzò e si avvicinò alla ragazza. Quando lei la guardò negli occhi, la Lettrice poté vedere solo un’aura bianca, pura, ma con delle striature blu. Quella ragazza stava soffrendo molto.
Cassidy era in imbarazzo, non sapeva cosa dire. Cosa avrebbero pensato a vederla parlare con una prostituta? Non trovava nessun pretesto per iniziare un discorso, né tantomeno poteva chiederle perché stesse piangendo. Optò per la cosa più banale e insulsa da dire, soprattutto in un luogo dove educazione, cordialità e cortesia erano più rare della neve d’estate.
-Ciao. Posso disturbarti?-.
-Mi spiace, ma non vado a letto con le donne. Prova con Sheena…-. Cassidy, presa alla sprovvista, arrossì per quel malinteso. Iniziò a balbettare mentre cercava le parole.
-Non sono qui per questo- disse sedendosi di fronte a lei. La donna puntò i suoi occhi arrossati in quelli della ragazza.
-Perché allora?-.
-Mi stavo solo chiedendo perché stessi piangendo… ti senti male?-.
La donna si alzò di scatto sibilando. –Non sono affari tuoi. Vattene, e non farti più vedere intorno a me-.
Cassidy la afferrò per un braccio. Stava perdendo l’unica possibilità di avere qualche risposta. –Aspetta, io ti voglio solo aiutare. Non volevo mancarti di rispetto, né intromettermi nella tua vita, è solo che…-.
- E’ solo che nessuno può aiutarmi a trovare ciò che cerco-.
-E cosa cerchi?-. Lo sguardo della ragazza si illuminò e si fece distante, quasi stesse rievocando un bel ricordo ormai lontano. Decise di rispondere, per poter dimostrare alla Lettrice che non avrebbe potuto aiutarla in alcun modo.
-Cerco la libertà e la mia infanzia perduta. Cerco il piacere delle cose semplici, come correre in un prato, e non il piacere fisico. Ma soprattutto, più di ogni altra cosa, cerco mio fratello-.
Cassidy indicò Jason.- Forse noi possiamo aiutarti a trovarlo. Come si chiama?-.
La giovane si accigliò. –Perché dovrei dirlo proprio a due sconosciuti? Mi spiace, ma non posso fidarmi di voi. Poi, cosa ci guadagnereste voi?
Cassidy sospirò e guardò Jason in cerca di un cenno di assenso, ma lui scosse la testa. –Vedi… quel ragazzo, laggiù? Lui… ha viaggiato molto. Conosce tante persone, che potrebbero aiutarti a trovare tuo fratello. L’unico guadagno che ne ricaveremmo sarebbe la felicità di una persona che, scusa se te lo dico, mi sembra alquanto triste. Sappiamo cosa significa sentirsi soli- disse reprimendo un singhiozzo al ricordo della sua famiglia, che ormai la credeva morta e non la aspettava più da tempo.- e se c’è solo anche una possibilità di poterti aiutare, vogliamo farlo-.
Mentre Cassidy parlava, Lucy non distolse lo sguardo da Jason, e lui da lei. Era come se un filo invisibile li tenesse legati, costretti a guardarsi. La loro somiglianza era incredibile: stessi occhi verdi, stessi folti capelli scuri. L’unica differenza era che Lucy aveva la pelle molto chiara, tipica degli abitanti delle Terre del Nord, mentre Jason aveva la carnagione delle popolazioni dell’Ostland. Lui si avvicinò alle ragazze, quasi ipnotizzato, ignorando gli altri avventori e i tavoli sparsi nell’angusta stanza.
-Come ti chiami?
Lucy parve esitare. –Lucy… Lucy Morley-.
Il cuore di Jason mancò un battito. Possibile che fosse lei? Non poteva essere lei. Non poteva aver vissuto così fino ad allora. Non sua sorella. Però questo spiegava la loro somiglianza. Doveva essere sbiancato, perché Cassidy gli avvicinò una sedia e lo fece sedere con aria preoccupata, nonostante anche sul suo volto fosse dipinta un’espressione scioccata.
Lucy li guardò entrambi. –Ho detto qualcosa di male? Sembra che la Morte vi sia passata davanti salutandovi-.
-N…No è solo che… credo che tu… che tu sia mia sorella. Il mio nome è Jason Morley, e sono l’ultimo della tribù dei Jackers. Papà… papà mi ha parlato molto di te. È sempre stato dispiaciuto di averti dovuta abbandonare. Sei esattamente come ti aveva descritta.
Jason sorrise, sperando che lei gli avesse creduto. Era convinto che sua sorella fosse da qualche parte oltre il mare, o peggio, morta. E lei lo guardava come avrebbe guardato un bambino che raccontava una storiella. Non gli credeva. Doveva convincerla.
-Non mi credi, vero? Nostro padre si chiamava Aaron, era un fabbro, come me. Quando tu avevi solo cinque anni, lasciò te e tua madre per vivere con noi. So che ti sembrerà un uomo crudele, ma l’ha fatto per darci una possibilità di sopravvivere. Voi potevate riuscirci da sole, ma mia madre era povera, senza una casa, ed era incinta. Mia madre era l’amante di nostro padre. Ma ti assicuro che non è passato giorno senza che lui si sia chiesto come stavate.
Lucy aveva gli occhi lucidi. Aveva sempre pensato che suo padre le avesse lasciate a causa sua, perché gli aveva quasi incendiato la fucina e l’aveva quasi ucciso. Per anni si era portata sulle spalle il fardello di una colpa che non era sua. No, non odiava suo padre, e non odiava nemmeno il suo fratellastro. La vita è troppo breve per l’odio, questo lo sapeva anche lei. Forse lo sapeva meglio di chiunque altro. Si alzò e si avvicinò a Jason per posargli una mano sulla spalla. Lui le prese la mano e la strinse tra le sue. Lei si fece forza. –Ti credo- disse con voce tremante.
Jason si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo e abbracciò Lucy, mentre Cassidy li guardava commossa. Ancora una volta il destino aveva fatto unire due persone che avrebbero dovuto stare insieme da sempre.
   
 
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