CAPITOLO 5
Tim e Sergej, dopo un lungo viaggio attraverso l’Impero,
giunsero alla loro meta finale, la capitale Fortwar.
Avevano percorso
miglia e miglia, erano stanchi e sporchi, ma erano diventati grandi amici e
durante il lungo viaggio avevano diviso avversità e cibo, come veri fratelli.
Erano molto uniti e si volevano bene.
Durante tutto il viaggio, avevano notato la più totale
assenza di soldati. Le poche grandi città erano pressoché indifese, e le
campagne erano abbandonate al loro destino.
La popolazione dell’impero non si sentiva sicura da nessuna
parte, e molti avevano abbandonato le loro case andando a nascondersi nei
boschi o scavandosi rifugi sotterranei, che riempivano di provviste. Nessuno si
illudeva più; tutti si sentivano abbandonati dall’impero, ed avrebbero dovuto
difendersi da soli, se volevano sopravvivere. Fortunatamente, l’esercito nemico
stava sostando già da un po’ nei pressi di Arus, prendendosela con i villaggi
vicini, dando quindi più tempo alle città imperiali per cercare di organizzare
una difesa.
Tim e Sergej avevano quindi deciso di conseguenza; sarebbero
andati a chiedere udienza all’imperatore in persona.
Così, dopo aver
sostato per un po’ a Palok, la grande città che governava l’omonima provincia,
avevano deciso di andare a Fortwar.
Ora avevano la grande città di fronte a loro. Erano molto
felici di essere giunti al loro obiettivo. Entrarono in città dalla grande
porta principale, dopo aver oltrepassato un immenso fossato. Le mura di Fortwar
erano ancora più invalicabili di quelle di Arus; erano alte e robuste, con
spaziosi camminamenti e spaziosi bastioni. Stranamente, c’erano molti soldati
di ronda. Varcata la grande porta, la visuale era splendida; rimase senza
parole pure Tim, che ci aveva vissuto per molti anni.
‘’Ma è magnifica! E’ una citta splendida!’’, disse emozionato
Sergej.
‘’Sì, è bellissima’’ , confermò Tim.
Di fronte a loro, si dispiegava la città; magnifiche case con
bellissimi giardini mostravano tutta la ricchezza della capitale, e i tetti
degli edifici rilucevano dorati nel sole della mattina.
La gente era tutta ben vestita, tanto da fare imbarazzare i
due nuovi entrati, che erano piuttosto sporchi. Anche nella capitale si
svolgeva il mercato, che impiegava i margini delle spaziose strade. Lì venivano
vendute merci provenienti da tutto l’impero. Tutti parlavano animatamente, e
non parevano preoccuparsi per gli invasori.
Tutto quel buon umore
e quello splendore fecero rallegrare anche i due amici, che ripresero a
scherzare tra loro. Si sarebbero recati subito al palazzo imperiale. Il palazzo
era visibile da tutta la città: era situato in un punto centrale, e le sue alte
torri si potevano distinguere da ogni luogo.
Orientandosi con le torri, ben presto Tim e Sergej si
trovarono di fronte al palazzo, che era costruito a lato della grande piazza
centrale cittadina, che dava sull’oceano. Poco distante, il grande molo
protetto di Fortwar mostrava tutto il suo splendore, ed era pieno zeppo di
imbarcazioni.
I due si avvicinarono alla porta del palazzo, ben sorvegliato
da sentinelle ben vestite.
Il palazzo era immenso, era molto alto e aveva centinaia di
camere. La porta imperiale aveva due sentinelle di guardia, che tenevano
d’occhio chi si avvicinava, mentre dietro a loro c’erano pochi metri di
giardino prima di giungere al palazzo.
Poco più indietro, all’interno del giardinetto, sul selciato
ben curato che separava il palazzo dalla piazza, era in corso un furioso
dibattito. Un giovane molto ben vestito stava discutendo animatamente con
alcune guardie. Tim si chiese chi osasse turbare così la quiete
dell’imperatore, ma ciò non gli riguardava e in pochi passi fu di fronte alle
guardie, seguito da Sergej.
Le sentinelle, vedendoli avvicinarsi, abbassarono
frettolosamente le lance di cui erano muniti per bloccare l’entrata, mentre
dietro a loro, all’interno . Tim si accorse che le sentinelle erano a disagio;
non doveva accadere tanto spesso che due soggetti tutti sporchi si avvicinassero
così tanto a loro.
’’ Scusate, noi siamo due soldati, proveniamo da due città
già cadute in mano al nemico, veniamo da molto lontano,e ne abbiamo viste di
belle.. Ci piacerebbe richiedere un colloquio con l’imperatore..’’, disse,
balbettando, Tim.
Le due guardie che
avevano di fronte si guardarono tra loro e scoppiarono a ridere, mandando in
confusione Tim, che sapeva di non essere abile con le parole, e che divenne
paonazzo. Sergej notò che il dibattito all’interno del giardino era terminato e
che il giovane aristocratico stava ascoltando la discussione all’esterno.
’’Ragazzi, l’imperatore non vuole vedere né sentire nessuno,
neppure suo figlio. Qui non c’è nessuno disposto ad ascoltarvi. Via di qui’’,
rispose risoluta una guardia. Il tono non ammetteva repliche, e Tim si sentì
umiliato come non mai. Quelli prima lo avevano preso in giro, poi lo cacciavano
come se fosse una mosca molesta, senza neppure ascoltarlo. A risvegliarlo fu
Sergej, che lo strattonò per un braccio.
’’Andiamo via’’, gli disse a bassa voce. I due diedero le
spalle alle guardie, e ritornarono sui loro passi, con le loro speranze ormai
in frantumi.
’’Ehi voi! Tornate indietro per favore!’’, disse dietro di
loro una voce con i toni decisi ma con sfumature gentili. Tim e Sergej si
girarono. A parlare era stato quel giovane che era all’interno del giardino a
litigare con le guardie. Era sbucato prendendo alla sprovvista le due
sentinelle, che ora guardavano fisso a terra, intimidite. Effettivamente il
giovane era molto alto di statura; aveva i capelli biondi e una barbetta ben
curata, anch’essa bionda, e gli occhi azzurri. A occhio, notò Tim, non doveva
avere più di trent’anni. Ed era furioso.
’’E voi? Voi che fate tutto il giorno eh? State a deridere
tutti quelli che si vogliono rivolgere all’imperatore. Ecco cosa fate, inetti’’,
disse il giovane rivolto alle sentinelle,che erano sempre più imbarazzate. Sui
loro volti non compariva più alcuna traccia d’ilarità. Intanto, Tim e Sergej si
avvicinarono quatti, chiedendosi chi fosse quel giovane per potersi permettere
di sgridare pubblicamente le sentinelle imperiali.
’’ Salve sono Iulius. Ho sentito che cercavate di contattare
l’imperatore. Lui non vi ascolterà di certo, ma io sì, se volete’’, disse il
giovane rivolto ai due soldati, non badando più alle due sentinelle
imbarazzate.
’’Ah.. beh, sì, ok… Però noi eravamo interessati a conferire
con l’imperatore, non con uno qualsiasi..’’, disse, con imbarazzo Sergej. Si
pentì subito di ciò che aveva detto: il
viso tranquillo del giovane si adombrò e guardò malissimo i due.
’’Io sono il figlio dell’imperatore Claudio, nonché unico
erede dell’impero alla morte di mio padre. Posso perdonarvi la vostra
maleducazione solo perché non mi ero presentato. Se volete parlare con me, vi ascolterò,
ma seguitemi ora. Altrimenti, se non vi interessa parlare con me, continuate a
cercare di contattare mio padre l’imperatore, ma sappiate che non vi riceverà
MAI’’.
Il ‘’mai’’ fu pronunciato in malo modo e il discorso era
rabbioso, ma appena ebbe concluso, Iulius rientrò nel giardino, lasciando
stupefatti i due amici che, senza neppure pensarci su, lo seguirono.
Il volto dell’erede imperiale era tornato sereno. I due amici
lo affiancarono.
Lui li lasciò fare, ignorando la rigida etichetta impostagli
da suo padre. Nessuno osò fermare i due amici per fare domande, e tutti i
servitori e le guardie che incontrarono nel loro cammino abbassavano lo sguardo
e interrompevano ogni mansione che stavano svolgendo per salutare l’erede al
trono. Le sfuriate di Iulius dovevano essere ben conosciute nel palazzo, notò
Tim.
I tre percorsero i pochi metri di giardino ben curato che li
separava dal palazzo, poi, seguendo Iulius, che si era voltato per invitarli a
seguirlo senza timori, entrarono nel palazzo. Appena si entrava, si veniva
investiti da una marea di profumi, tutti ottimi. Percorsero un breve tratto di
un immenso corridoio, dove ai margini erano poste, in bella mostra, grandiose
opere d’arte e le statue degli imperatori.
Dopo poco Iulius entrò in una stanza laterale, seguito dai
due amici, e prese posto su un trono rialzato ma poco elaborato negli intagli .
Tim si guardò attorno e notò che l’arredo della stanza era molto austera, ed
era tra l’altro anche poco spaziosa, probabilmente per il fatto che doveva
essere un ambiente dove poter accogliere sconosciuti. Pochi stanti dopo il loro
ingresso, due guardie armate presero posto ai lati della porta, pronti ad
intervenire in caso di bisogno, ma un po’ troppo distanti per poter afferrare
il senso dei discorsi fatti a voce normale. Tim e Sergej restarono in piedi.
Avrebbero dovuto conferire stando in piedi, sottolineando che comunque tra loro
e il futuro imperatore c’era un bel po’ di differenza.
’’Bene, qui possiamo parlare tranquillamente. Poco fa avete
detto di venire da dislocamenti lontani da qui, e che siete riusciti a sfuggire
al nemico.. Raccontatemi tutto, potrebbe essere interessante’’, esordì Iulius.
Tim e Sergej narrarono la loro storia nei minimi particolari, e Iulius non fece
nulla per interromperli, ed anzi appariva molto interessato dalla loro
avventura. Poi si fece mostrare i tesserini militari che venivano usati come
riconoscimento, e decise di fidarsi dei due.
‘’Uhm, non voglio nascondervi che siete stati intelligenti,
siete riusciti a salvarvi dai nemici in ben due situazioni critiche. Ma questo
loda voi e interessa parzialmente a me; la cosa grave che mi sembra di capire è
il fatto che non abbiamo un esercito addestrato. Anzi, non abbiamo proprio un
esercito. Qui a fortwar ho richiamato molti soldati e ne ho reclutate svariate
migliaia, ma sono poco addestrate e inette’’, disse Iulius, facendo una breve
pausa, per poi riprendere il discorso da dove l’aveva lasciato.
’’ Mio padre non fa nulla e non pensa a nulla, è una persona
instabile. Sta chiuso tutto il giorno nelle sue camere, tra il lusso sfrenato,
e non vuole nemmeno vedere la realtà. Questo mi preoccupa. Ho preparato
comunque un piano; grazie alla mia autorità e alla lontananza mentale di mio
padre, posso prendere qualche decisione. Ho incaricato il generale supremo John
di radunare alcune migliaia di uomini e di andare ad affrontare il nemico.
Prima di tutto presidieranno Palok e cercheranno di difendere le province che
circondano Fortwar. Non affronteranno il nemico a viso aperto ma in piccoli
scontri, causando problemi all’avanzata nemica e presidiando in modo
intelligente le cittadine e i villaggi. Così guadagneremo tempo prezioso’’.
Iulius si fermò di nuovo. Tim, notando segni di assenso nello sguardo del principe
espose il suo dubbio.
’’ Ma prendere tempo per cosa, se posso permettermi.. Se la
mettete così Fortwar è spacciata, cosi come tutto il suo impero. Le terre del
nord cadranno tra poco in mano nemiche, mentre quelle centrali saranno in mano
ad un generale che dovrebbe rallentare l’avanzata, senza riuscire ad
arrestarla, poiché i suoi uomini sono poco addestrati. Poi toccherà a fortwar e
alle sue province confinanti nel sud dell’impero, ma allora sarà troppo tardi’’.
Tim si penti nuovamente delle sue parole, che erano uscita da lui come un fiume
in piena. Iulius non sembrò farci caso, tanto era preso dall’argomento.
’’Innanzi tutto le terre più a nord dell’impero, insieme alla
provincia di Arus, al confine con il deserto, sono già perdute. Ho ricevuto una
missiva poco fa da quelle guardie insolenti che avete visto in giardino.
Ebbene, a quanto pare i nemici si sono rimessi in marcia, ed avrebbero come
alleati 9 demoni implacabili, e nulla parrebbe fermarli ed anche la città di
Swaden è caduta tre giorni fa. Ma ho ricevuto anche un'altra missiva; proviene
sempre da Swaden, dove il vecchio saggio custode del segreto millenario,
l’unico lasciato dalle creature mitologiche al genere umano, ci avrebbe
informato che il suo allievo sarebbe partito per una missione che si sarebbe
risolta entro breve, e che ci avrebbe aiutato. Ha richiesto a mio padre di
attendere un ragazzo di nome Sam, lui forse ci salverà. Inoltre abbiamo un buon
esercito che guidato dall’esperto generale imperiale, magari potrà compiere un
miracolo’’. Il tono di Iulius lasciava trapelare incertezza.
’’Ragazzi, scommetto che sapete usare bene le armi, giusto?’’.
Chiese improvvisamente Iulius, cambiando repentinamente discorso.
’’Certamente signore!’’, risposero senza dubbi i due amici.
’’ Allora vi farò una proposta. Visto che il generale John a
breve se ne andrà, io resterò senza persone affidabili e preparate che
controllino gli addestramenti delle nuove reclute e le varie esercitazioni. E’
un lavoro molto importante e impegnativo e, mi piacerebbe lasciarlo in mani
vostre. Non siete coinvolti negli intrighi della capitale, ed inoltre conoscete
il nemico e le sue tattiche. Visto che siete due, vi dividerete il lavoro: uno
seguirà le nuove reclute appena arrivate mentre l’altro seguirà le
esercitazioni dei soldati e delle guardie che resteranno nella capitale. Sarà
un lavoro molto duro, e che andrà svolto ogni giorno e sotto ogni condizione
climatica, perché dobbiamo rendere questi pappamolla in un vero esercito pronto
a difendere valorosamente la capitale. Che dite, accettate l’incarico?’’.
Ovviamente la domanda di Iulius era puramente retorica. Esigeva un sì da quei
due soldati appena arrivati. I due infatti accettarono.
’’Molto bene, domani presentatevi alle guardie, che vi daranno
una divisa nuova e il lasciapassare per entrare agevolmente nel palazzo’’. Guardò
i due in maniera strana.’’Tranquilli, qui non vi deriderà più nessuno’’, disse,
sorridendo. Poi, rapidamente si alzò e si avviò verso la porta. Era ora di
congedarsi.
’’Ragazzi, ce l’avete un posto in cui andare a dormire?’’,
riprese.
‘’Signore, io possiedo una casa poco distante da qui, se non
me l’hanno occupata dei senzatetto potremmo risiedere lì.’’, azzardò Tim,
pensando alla sua vecchia, piccola dimora che aveva lasciato molti mesi fa.
’’Perfetto. Vedrai che sarà libera. Nella capitale non c’è
molta malvivenza. Ora andate pure’’, e li congedò. Tim e Sergej si avviarono
verso la piazza, da dove raggiunsero velocemente la casa di Tim, che versava in
uno stato pietoso, era tutta piena di ragnatele, ma almeno nessuno l’aveva
occupata o depredata. L’aria di casa fece riemergere in Tim un ricordo lontano,
che fino a poco fa sembrava far parte del passato; la bella Ilse. Avrebbe
voluto rivederla. La tentazione fu talmente tanto forte che Tim dovette
lasciare a svolgere i lavoretti di riparazione domestica all’amico, e corse in
strada con la scusa di dover smaltire l’ansia delle ultime ore.
Era quasi metà giornata. Tutto ad un tratto la capitale gli
ritornò famigliare, come se non l’avesse mai lasciata. Di lì a poco raggiunse
il quartiere dei più benestanti, e li davanti a lui si mostrava in tutto il suo
splendore la bella dimora di Ilse. Era tutto in ordine. Bussò cautamente alla
porta, timoroso, poiché era già stato allontanato più di una volta dalla
ragazza. Ad aprirlo fu Elvira, la vecchia serva di Ilse. Stupefatta, la serva
si avvicinò a Tim.
’’Che c’è da guardare, vecchia? Annunciami alla tua padrona
Ilse’’, disse, arrogante.
’’Signore, se cercate la padroncina non la troverete qui. La
sua famiglia è stata giustiziata dall’imperatore, e lei se n’é andata. Qui è
stato tutto sequestrato, ora è di proprietà di altri nobili’’, disse la serva.
‘’Ma come, non hai idea di dove sia andata?’’, continuò Tim,
allibito.
’’No mi dispiace. È sparita nel nulla, probabilmente sarà
pure morta. E ora devo andare, i miei padroni mi aspettano’’. La serva girò i
tacchi e rientrò in casa, lasciando lì fuori Tim, che si disperava. Ma come, la
sua bella e nobile Ilse.. che fine che aveva fatto. Gli occhi gli si riempirono
di lacrime, e si lanciò di corsa verso casa sua. Aveva bisogno di sfogarsi con
un amico. Infatti, più tardi, dopo aver raccontato tutto a Sergej, si sentì
meglio, ma comunque il suo umore restava grigio. E lo sarebbe rimasto per
molto, molto tempo.
Iulius odiava suo padre e doveva fare qualcosa per
liberarsene. L’anziano imperatore non lo voleva neppure vedere, e non voleva
neppure salvare il suo popolo. Era a causa della sua inerzia e delle sue spese
folli se ora l’impero vacillava. Doveva fare qualcosa e al più presto. Decise
che avrebbe parlato con la madre e che gli avrebbe consigliato un azione
estrema. Era certo che sua madre, l’imperatrice, l’avrebbe capito.
Il giorno dopo, mentre tim e Sergej andavano a prendere
servizio ed iniziavano la prima durissima giornata di lavoro, Iulius era andato
negli appartamenti riservati a sua madre, per cercarla. Come l’ebbe visto, la
madre capì subito che aveva bisogno di qualche favore. Era sempre stato così,
tra madre e figlio c’era un legame molto forte. Inoltre sua madre era una
potente indovina.
’’So perché sei venuto qui. Vuoi il trono. Giusto?’’, disse
impaziente la madre.
’’Non ti si può nascondere nulla, madre. Dove hai visto le
mie intenzioni? Nei tuoi sogni? O forse in qualche fondo di caffè?’’, sogghignò
benevolmente il figlio. La madre era una donna matura, molto magra e con i
capelli che iniziavano ad ingrigirsi. Era una donna dall’apparenza fragile, ma
molto forte ed amava crogiolarsi in letture di carte magiche o in altri
passatempi esoterici.
’’Figlio, io so tutto. Ebbene, non ti farò sprecare altro
fiato; io so come farti avere il trono imperiale. Ci ho pensato molto, sai. Avvelenerò
tuo padre e poi mi avvelenerò anch’io, e mi prenderò su tutte le responsabilità
del gesto lasciandoti immacolato agli occhi di tutti. Ma, sappilo, questo
gesto, in futuro, decreterà la tua morte’’, disse la madre.
’’Sì certo madre, tanto prima o poi dobbiamo morire tutti.
Per favore, porta a termine la tua missione così come hai detto. Te ne sarò
grato per sempre’’, rispose gioioso Iulius. Era stato più facile del previsto.
‘’Ultima cosa; ricevi
il ragazzo di nome Sam con tutti gli onori del caso, e credigli ciecamente’’,
disse la madre.
‘’Mi è già giunta la lettera, non temere. So tutto’’, la rassicurò
Iulius. La madre poi fece cenno d’assenso e si dileguò rapidamente. Iulius non
vide le lacrime silenziose che scivolavano sulle guance di sua madre, che era
consapevole di essere solo uno strumento del destino. A Iulius non gliene
importava della sua futura morte, voleva solo il trono imperiale. Ora.