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Autore: Abigail_Cherry    15/09/2014    1 recensioni
Tutti i diciassettenni delle razze pure (umani, fate, elfi e maghi) sono stati raccolti in un unica accademia: la "Valiant Academy". Il motivo? Nessuno lo sa ancora. Ma non si può disobbedire ad una decisione di importanza mondiale. Qui, i protagonisti: Ashley, Amy, Kay ed Anta dovranno affrontare lezioni di combattimento, medicina, latino, magie oscure... e, chissà, sboccerà anche l'amore?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4:

Lavoro di squadra

 

- Sei un idiota! - urlò Anta - ancora con i piedi nel vuoto, sorretta solo dalle sue nuove ali - e cominciò a tirare pugni non troppo delicati sul petto del ragazzo – Come hai potuto farlo?!?

- Non ti avrei mai lasciata cadere se non fossi stato sicuro che saresti riuscita a volare! - rispose lui facendo spallucce.

- Sei un incosciente! Come facevi ad essere sicuro che ce l'avrei fatta?!? Avrei potuto morire!Avrei... Avevo... Tanta paura... - Anta aveva smesso di tirare pugni, ma una mano le si era fermata sul petto di Ashley. Lui notò che la ragazza stava tremando.

- Mi dispiace... - cominciò lui, accarezzandole la testa – Era solo un piccolo scherzo... Non volevo finisse così.

- Non farlo mai più! - la sua voce tremava, riusciva ancora a vedere il suo cadavere steso a terra, nella sua mente.

- Ehi. - disse lui in tono dolce, allontanando dal suo petto la ragazza per guardarla negli occhi – Sai cosa dovremmo fare, invece di stare qui a discutere? Divertirci! Ancora una ventina di minuti e le tue ali spariranno, godiamoci questi minuti, ti va? - la ragazza aveva smesso improvvisamente di tremare – Si! - rispose sorridente.

- Vieni, ti accompagno in un posto. L'ho scoperto ieri. Prima di entrare in camera, ho voluto fare un giro e vedere l'accademia dall'alto. - Anta annuì. Lui le prese la mano e cominciarono a volare insieme.

I due volarono per circa una decina di minuti, in cui superarono l'edificio scolastico e gran parte del giardino, fermandosi in un angolo buio e freddo. Atterrarono. Ad Anta le sembrò strano che Ashley avesse scelto proprio quel lugubre posto da mostrarle, ma non ci pensò più di tanto.

- Vieni – la invitò Ashley e cominciò a camminare finché entrambi i ragazzi riuscirono a scorgere una grotta. Ad Anta non piacevano affatto le grotte o le caverne o le montagne, le trovava troppo bagnate e fredde, per i suoi gusti. Ashley continuò a camminare ed entrò nella grotta, Anta esitò, ma lo seguì.

La caverna era buia. Così buia che Anta quasi non riusciva a vedere Ashley, ma lui le teneva ancora stretta la mano. Questo regalava sicurezza alla ragazza e lei ne era felice. Ma più andavano avanti senza trovare mai un arrivo, più la grotta diventava buia e fredda. Per un attimo, Anta pensò che Ashley le avesse di nuovo giocato qualche scherzo di cattivo gusto, dopotutto, anche lui stesso aveva detto che le fate erano molto dispettose. Ma i suoi pensieri furono interrotti da una luce. L'unica luce che lei riuscì a vedere dopo minuti di camminata. Strizzò gli occhi per sopportarla.

- Siamo arrivati. - annunciò Ashley, svoltando a sinistra per entrare nella parte di grotta da cui veniva quel luccichio. Anta aprì gli occhi, ormai abituatasi alla luce, e poco dopo fu costretta a spalancarli stupefatta. Intorno a lei, sulle pareti ed anche un po' sul terreno, era pieno di gemme bianche, verdi, rosse e rosa semitrasparenti che brillavano alla luce del minuscolo buco che collegava la grotta all'esterno. La luce scaturiva da quel buco e andava a rimbalzare su una di quelle gemme che, a catena, illuminava tutte le altre. Ora aveva finalmente capito perché Ashley l'aveva portata in quel posto.

- S-sono... diamanti veri? - chiese Anta. Ashley ridacchiò.

- No... - disse e si avvicinò ad una parete per staccare una gemma, per poi analizzarla con lo sguardo – Solo semplice quarzo. - Ashley sorrise.

- Oh. - Anta non poteva negare di essere un po' dispiaciuta, ma non lo diede a vedere e rispose al sorriso di Ashley con uno sua ancora più grande – È bellissimo questo posto. Grazie per avermelo mostrato!

- Prego. - rispose lui e si avvicinò alla ragazza – Questo è per te. - le mise sul palmo della mano il quarzo che aveva staccato dalla parete. Anta guardò la gemma, scrutandola in ogni centimetro della sua struttura. Era rosa pallido, con gli angoli bianchi e brillava più di qualsiasi altra gemma in quella grotta – Grazie. - rispose lei – È bellissima. - Ashley aprì la bocca ma la richiuse, interrotto da quello scintillio degli occhi che aveva fatto anche il giorno prima. Anta non riusciva a spiegarsi ancora cosa fosse, e rimase a guardarlo, stranita.

- Dobbiamo andare. – disse lui infine, quando il luccichio dei suoi occhi fu sparito.

- Che succede? - chiese Anta, mentre seguiva il ragazzo che si era affrettato ad uscire dalla grotta.

- Tra pochi minuti inizieranno le lezioni. - rispose lui. Le lezioni! Me n'ero dimenticata! Pensò Anta. Ci manca ancora l'ultima ora...

In poco tempo, i ragazzi riuscirono ad uscire dalla grotta. Anta stringeva ancora in mano il suo bellissimo quarzo rosa quando uscii, ma in quel momento, avvertì uno strano formicolio alla schiena misto ad un po' di dolore. Si fermò.

Ashley si girò per guardarla – Che succede, Anta? - chiese. La ragazza continuò a non muoversi, ma riuscì a rispondere: – Ashley... Temo che le mie ali...

Solo allora Ashley riuscì ad accorgersi che le ali di Anta si stavano sgretolando a terra. La poca polvere di fata che le era rimasta addosso non poteva bastare per riportarli all'accademia. Ormai, rimaneva solo lo scheletro delle ali che lui stesso aveva plasmato.

Lui si avvicinò velocemente alla ragazza e le si posizionò dietro – Allora tieniti forte. - disse. Lei capì subito cosa voleva fare, ma prima che riuscisse a dire qualcosa, lui le aveva già preso le mani intrecciandole alle sue e aveva sbattuto le ali con tutta la forza che aveva.

 

Anta sentiva il vomito che le spingeva verso la gola, sentiva il suo stomaco sottosopra e si costringeva a non guardare in basso per non peggiorare la situazione. Non sentiva terreno sotto i suoi piedi, ma bensì il nulla, solo l'aria che le accarezzava le gambe e i capelli. Aveva di nuovo paura. Paura di cadere nel vuoto. O meglio, che Ashley la facesse di nuovo cadere nel vuoto.

- Tutto a posto? - chiese lui – Lo sento che sei agitata, ma tranquilla, non ti lascerò cadere e ritornerai all'accademia sana e salva. - Mi legge nel pensiero anche lui, per caso? Pensò Anta, ma non disse nulla ad alta voce.

Dopo pochi minuti di volo, le ali di Anta ormai erano sparite del tutto, compreso il loro scheletro. Una volta arrivati, atterrarono sul retro del giardino. Ashley appoggiò Anta sul terreno delicatamente, poi atterrò anche lui facendo sparire le sue ali. La aiutò ad alzarsi in piedi.

- Stai bene ora? - chiese mentre le tendeva la mano. Lei gliela strinse e si alzò in piedi.

- S-si... Grazie. - rispose lei, ancora scombussolata dal viaggio.

- Non mi devi sempre ringraziare. - disse lui sorridendo leggermente imbarazzato e le lasciò la mano. Anta non rispose. Ashley si allontanò da lei ed andò a prendere il suo zaino insieme alla borsa di Anta che precedentemente avevano dimenticato in giardino; poi tornò da lei e le porse la borsa.

- Grazie. – disse lei.

- Vedi? L'hai fatto ancora! - disse lui ridacchiando.

- Scusa... è solo che... sei sempre così gentile ed io trovo solo questo modo per ringraziarti... insomma... le ali, la grotta, il quarzo rosa... hai fatto così tanto per me!

- Voglio solo imparare a conoscerti. So per esperienza che bisogna avere amici tutti i compagni di stanza, anche se con Kay non ci riuscirò mai... - Ashley si grattò il collo.

- Secondo me potresti ancora farcela! Devi solo... trovare il metodo giusto. Lui non ti odia!

- Quando lo troverò ti farò sapere. Per ora... - Ashley tese di nuovo la mano ad Anta – Posso considerarti mia alleata?

- No. - rispose lei. - Puoi considerarmi tua amica. - la ragazza strinse la mano ad Ashley. Entrambi sorrisero compiaciuti.

 

Anta si sentiva talmente strana quando oltrepassò quella porta, come se avesse un sesto senso che le diceva di non farlo. Lezione di squadra. Si sorprese quando notò che Amy e Kay erano già dentro la stanza, ma si sorprese meno nel vederli bisticciare.

- E che cosa te ne faresti di un arco? - disse Kay quasi urlando – Hai la tua stupida bacchetta magica! A me serve l'arco!

- Ma sentilo! Anche io so tirare con l'arco! Mi sono allenata per anni! - rispose lei con lo stesso tono di voce, a braccia conserte.

- Ma si da il caso che tu abbia la tua stramaledetta bacchetta! Quindi l'arco lo prendo io!

- Non ci provare! - lo minacciò lei.

- D'accordo! Facciamolo decidere all'insegnante! Vedrai che sarà d'accordo con me!

- S-scusate... - si intromise Ashley, che era entrato in stanza con Anta. - Noi siamo arrivati.

- Era ora! Ma quanto ci avete messo? - chiese bruscamente Kay.

- Devi essere sempre così simpatico? - rispose Amy sarcasticamente.

- Ora basta, ragazzi! - tuonò un uomo alto e muscoloso dietro Amy – Non perdiamo altro tempo! Venite con me che vi mostro come funzioneranno le vostre lezioni di squadra. E prestate attenzione! Non ripeterò le cose due volte!

I ragazzi seguirono l'uomo che li condusse in un'altra stanza con sei sedie disposte a cerchio. Tutti si sedettero su una sedia.

- Benvenuti alla vostra prima lezione di squadra. - disse l'uomo muscoloso seduto a capo del cerchio – Io sono il vostro insegnante. Mi chiamo Arthur Rastre. - l'uomo appoggiò entrambe le mani sulle ginocchia – In queste due ore a settimana, vi insegnerò l'arte del combattimento di squadra. È molto importate saper combattere insieme, se mai sarete scelti per la missione. - ci fu una breve pausa – Prima di tutto, ognuno di voi deve avere un'arma. Ed è meglio se ognuno di voi ne abbia una diversa, per specializzarsi in abilità differenti.

- Ne stavamo parlando prima. - cominciò Kay – Posso avere l'arco?

- Certamente, ragazzo. Tutto ciò che vuoi.

- Ehi! Non giungiamo a conclusioni affrettate! - tuonò Amy – Anche io voglio l'arco!

- A te non serve a niente! - ribatté Kay.

- Ragazzi! Silenzio! - disse il professore – Dimmi, ragazza, di che razza sei?

- Mi chiamo Amy e sono una strega. - Amy incrociò le braccia all'altezza del petto.

- Allora mi dispiace, ma ha ragione il ragazzo. Voi streghe avete già la vostra bacchetta e, come alle fate, vi sono conferite solo armi di secondo genere, come pugnali o piccole spade. - rispose Arthur.

- Te l'avevo detto! - disse Kay sogghignando.

- E va bene! Prenderò i pugnali allora... - Amy sembrò delusa.

- Bene. Voi altri? Ditemi di che razza siete ed il vostro nome.

- Kay. Elfo. - tagliò corto lui - Come si è già capito, io prendo l'arco.

- Io mi chiamo Ashley, sono una fata. Prendo una qualsiasi cosa. Non mi fa molta differenza. - disse lui, distogliendo lo sguardo altrove. Anta rimase in silenzio. Tutti si girarono a guardarla.

- Tu devi essere l'umana... - cominciò il professore guardandola dall'alto in basso con aria di vago disprezzo. – Che arma scegli?

- Io... Non saprei... Non ho mai impugnato un'arma... - rivelò Anta imbarazzata – A meno che un coltello da cucina non si possa considerare tale.

- Direi di no. - rispose secco lui – Che ne dici se ti affido una semplice spada?

- Ci posso provare.

- Bene! Seguitemi. Ora iniziamo a provare le armi. - l'uomo si alzò in piedi ed oltrepassò una porta alla propria sinistra. I ragazzi lo seguirono ubbidienti senza emettere un fiato. Una volta entrati, rimasero senza parole: la stanza era pulitissima, senza neanche un filo di polvere, le pareti erano di metallo – come la porta – ed appese alle pareti c'erano tantissime armi. Dalle pistole alle spade fino alle bombe.

- Kay. - lo chiamò l'uomo prendendo da una parete un arco ed una faretra piena di frecce. Gliele diede in mano e Kay esultò in silenzio. Di seguito chiamò Amy e le diede una cintura con degli appositi spazi dove erano infilati una ventina di pugnali. Poi chiamò Ashley e gli fece indossare dei guanti neri con il dorso fatto di un materiale durissimo e resistente – Questi aiuteranno anche a rendere più potente la tua magia, oltre ad aiutarti molto nel combattimento ravvicinato. - aggiunse l'uomo. Poi fu la volta di Anta. - Umana. - la chiamò – Scusa... mi è sfuggito il tuo nome...

- Anta – rispose lei.

- Bene, Anta. - il professore prese da un'altra parete una spada lunga circa un metro – Tieni. - l'uomo gliela porse. Anta la afferrò e, per un attimo, perse l'equilibrio. Non era una spada molto grande, ma era pesantissima.

- Forse... - cominciò lei – Non è una buona idea la spada... è troppo pesante per me!

- Hai ragione. - lui le riprese la spada dalle mani come se non pesasse più di una piuma e la rimise a posto. – Proviamo con qualcosa di più maneggevole e leggero. - l'uomo prese dalla parete una cintura contenente due pistole nere – Proviamo così. - l'uomo allacciò la cintura alla vita della ragazza – Prova a vedere se ti vanno bene. Ma non sparare finché non siamo in sala d'addestramento. - Anta annuì e prese in mano una pistola, sfilandola dalla cintura. La sollevò all'altezza del petto e la puntò verso il nulla.

- Va benissimo. - disse lei entusiasta, ed abbassò la pistola, rimettendola al suo posto.

- Ricorda, non tenere mai troppo tese le braccia, lasciale morbide. Per ora esercitati solo con una, poi, tra qualche settimana, potrai iniziare ad usarle entrambe contemporaneamente. - Arthur le fece un mezzo sorriso. Ci fu una pausa. - Bene. Ora che siete tutti pronti ed armati per combattere, direi che possiamo iniziare l'addestramento. Tenete questi. - Arthur teneva in mano cinque orologi da polso. Ogni componente della squadra ne prese uno e lo indossò. - Voi entrate in quella stanza – lui indicò una porta – Ed aspettate i miei ordini. - i ragazzi annuirono ed entrarono esitanti ma veloci nella stanza.

 

Anta era perplessa. Non aveva ben capito cosa esattamente stessero aspettando lei ed i suoi compagni. La stanza in cui erano entrati era vuota. Completamente bianca dal pavimento al soffitto, aveva visto abbastanza film per pensare che fosse una stanza da manicomio - fortunatamente non lo era - non riusciva a capire dove finisse: apparentemente, sembrava una stanza infinita. Tutti si guardavano attorno stringendo le proprie armi in mano, pronti a qualsiasi cosa. Si sentì una voce riecheggiare nella stanza, ma non capì da dove provenisse, poiché non c'erano altoparlanti. - Bene, ragazzi. Tra poco entrerete in fase di addestramento. - cominciò la voce. Anta riconobbe quella del professor Arthur. - Ricordatevi di restare tranquilli, non correte alcun pericolo. Tutto ciò che vedranno i vostri occhi sarà finto, comandato da noi, solo quando vi riterrò abbastanza bravi vi farò provare con pericoli reali. - Anta non riusciva a comprendere ciò che stava dicendo. La stanza era vuota! - Ora, chiudete gli occhi per dieci secondi. - disse lui. I ragazzi ubbidirono. Anta contava lentamente. 1... 2... 3... Chissà perché dovevano chiudere gli occhi! 4... 5... 6... Che cosa avrebbero trovato una volta riaperti? 7... 8... 9... Serpenti? Chimere? Vampiri? O peggio? Fin dove poteva spingerli la scuola per addestrarli al meglio? 10. Non c'era più tempo per pensare. Anta aprì gli occhi.

 

Non era più nella stanza bianca da manicomio in cui era prima, anzi, non era più in una stanza. Sentiva il vento che le soffiava lento fra i capelli leggermente ingarbugliati, vedeva il verde degli alberi e del prato intorno a lei, scorgeva un ruscello alla sua sinistra da cui si potevano intravedere tartarughe e rane e riusciva a percepire il calore del sole che filtrava dai rami degli alberi sopra la sua testa, scaldandole la pelle. Non c'era spazio al dubbio: si trovava in una foresta.

Tutti si guardarono attorno stupefatti. Anta, si accorse, era l'unica a non avere impugnato la sua arma e rimediò subito, afferrando una delle pistole.

- Perfetto. - cominciò di nuovo la voce del professore – Cominciamo con qualcosa di molto semplice. Il compito di oggi è semplicemente uscire dalla foresta sani e salvi entro lo scadere dell'ora. Il che vuol dire che avete quaranta minuti scarsi. Sui vostri orologi ci sarà sempre scritto quanto manca alla fine della lezione. Non prendetela troppo alla leggera, nella foresta è pieno di pericoli in agguato, pronti ad uccidervi da un momento all'altro. - Anta deglutì impaurita. - Non preoccupatevi, come vi ho detto prima, abbiamo tutto sotto controllo. Al massimo, vi ritroverete con qualche graffio. Se qualcuno di voi subirà un attacco troppo forte che nella realtà lo porterebbe alla morte, verrà smaterializzato e riportato alla realtà. Gli altri, potranno proseguire senza di lui. Se tutti fallite, la prova è da considerarsi non superata. Tutto chiaro? - i ragazzi rimasero in silenzio, con tante domande in testa a cui non potevano chiedere risposta. - Benissimo. Potete iniziare.

 

- E adesso? - cominciò Amy – Come facciamo a sapere da che parte andare?

- Posso pensarci io. - rispose Ashley – Insomma, non so se funzionerà visto che questi sono alberi artificiali... Ma sembrano così veri...

- Arriva al dunque. Non abbiamo molto tempo. - tagliò corto Kay. Ashley gli lanciò un occhiataccia.

- Volevo solo dire che posso provare a parlare con gli alberi. - disse.

- Allora muoviti, Trilli. - Kay aveva perso tutta la poca pazienza che gli era rimasta. A quanto pare, non gli piaceva restare con le mani in mano: doveva sempre avere qualcosa da fare.

Ashley chiuse gli occhi per concentrarsi meglio e cercare di comunicare con gli alberi. Ad Anta sembrò impossibile, così surreale! Non si era ancora completamente abituata al fatto che le fate, gli elfi e le streghe esistessero davvero... Che la magia esistesse davvero! Dopo qualche momento in cui tutti rimasero col fiato sospeso, Ashley riaprì gli occhi ed allungò una mano verso destra. - Di qua. - disse.

- Bene... - cominciò Kay con tono aspro. – State all'erta. - lui cominciò ad avanzare verso la direzione che Ashley gli aveva indicato, la feccia già posizionata sull'arco. Tutti lo seguirono. Era inevitabile, pensò Anta, che lui diventasse il leader del gruppo.

I ragazzi camminarono per qualche metro, tutti preoccupati di ciò che li attendeva, spaventati da cosa sarebbe loro successo, ma la cosa che li terrorizzava di più, era che dopo un quarto d'ora... non era ancora successo niente.

- C-cosa succede? - chiese Ashley. - I-insomma... non dovrebbero esserci tipo.... dei mostri?

- Magari vogliono solo prenderci alla sprovvista... perché continuando così abbasseremo la guardia. Ma non caschiamoci! State sempre attenti! - disse Amy.

Devi restare concentrata... Si ordinò Anta senza parlare. Non cedere alla tentazione di pensare ad altro... Inspira ed espira... Concentrati! Osserva ogni minimo dettaglio della foresta. Ma... Perché non ci hanno ancora attaccati? Hanno detto che sarebbe stata una prova facile e... è vero, l'idea di Amy non fa una piega ma... c'è qualcosa che non mi convince... forse abbiamo sbagliato strada? Forse dovremmo tornare indietro? Forse... Ci fu un rumore. Un rumore che Anta aveva già sentito. Più che un rumore era una specie di grido... di verso di un qualche animale. Anta lo conosceva bene, quel suono... fin troppo bene. Fu tutto quello che sentì, prima di cadere a terra. Mi sono distratta...

 

Era stato circa cinque anni prima, la prima volta che Anta aveva sentito quel suono. I suoi genitori erano appena usciti di casa. Erano andati ad un importante cena di gala con dei loro amici. Lo facevano molto spesso, ed Anta era abituata ad essere lasciata sola in casa con Donny, il fratellino minore: si assicurava che mangiasse e che andasse a dormire all'ora giusta, spesso si addormentava anche prima che i genitori uscissero.

Quella sera, sua madre era vestita in modo a dir poco incantevole: con un vestito rosa pallido lungo fino alle caviglie che le aveva consigliato la figlia qualche giorno prima, dei guanti e delle scarpe col tacco bianche. Suo padre, invece, era vestito con un elegante smoking nero con la camicia rosa, per intonarsi al vestito della moglie. Erano sempre felici quando uscivano per quelle cene di gala, e questo rendeva felice anche Anta.

Appena i genitori furono usciti di casa, come sempre, prima di poter fare qualsiasi cosa, Anta doveva assicurarsi di avere il gas spento e le finestre chiuse. Quando tutto fu a posto, Anta cominciò subito a guardare la TV con Donny affianco che dormiva silenziosamente. Poi si addormentò anche lei, rilassata dalle voci della televisione che parlavano di argomenti che ad Anta non interessavano più di tanto.

La ragazzina non si accorse di ciò che successe in quelle due ore di sonno. Ma quando si svegliò, sentì solo tanto caldo e cominciò a tossire. Appena aprì gli occhi, ebbe l'impressione di essere diventata cieca. Ma, in realtà, era solo il buio della stanza dovuto al fumo che cominciava ad espandersi sempre più velocemente per tutta la casa, insieme a quel suono...

 

Anta sentiva come un fischio, un ronzio in testa. Si appoggiò una mano sulla nuca dolorante, dove quella cosa l'aveva colpita. Faceva male. Tanto male. Sentì qualcuno gridare il suo nome. Sentì dei passi correre verso di lei, ma quei passi poi ritornarono indietro. Anta alzò lo sguardo aprendo lentamente gli occhi lucidi. Ogni movimento le doleva, e per soffocare il dolore stringeva il pugno sul terreno umido. Un po' di terra le si era infilata fastidiosamente sotto le unghie fin troppo curate per una guerriera ma, dopotutto, non lo era ancora.

Una volta spalancati i suoi grandi occhi marroni, riuscì a vederli: Amy, Kay ed Ashley che combattevano contro quella cosa... Ma cos'era? Una macchia indistinta nera, blu ed a tratti anche rossa. Non aveva arti, ma ne faceva comparire di simili quando ne aveva bisogno. Non aveva occhi, ma riusciva in qualche modo a vedere tutti quanti. Si riusciva a distinguere una bocca, o ciò che assomigliava ad essa: enorme, con denti gialli, aguzzi e storti che fuoriuscivano dalle “labbra”, la lingua era verde a punta e lunghissima con dei puntini marroncini simili a funghi. La bestia – così aveva deciso di chiamarla Anta – si lanciò subito su Amy emettendo un urlo assordante. Anta vide le labbra di Amy muoversi, e dalla bacchetta fuoriuscì una fiammata, ma azzurra. Essa travolse la bestia circondandola, ma funzionò solo per qualche secondo, perché poi la fiamma azzurra scomparve e la bestia era ancora viva. Amy non seppe cosa fare. Era stupita che l'incantesimo non avesse funzionato e rimase immobile ad occhi spalancati, incapace di compiere qualsivoglia azione. La bestia alzò ciò che sembrava una mano e, con un colpo, disarmò Amy, facendo volare la sua bacchetta lontano da lei.

Si vide una freccia che volò verso la testa della bestia, ma quella, rapida, saltò leggermente, afferrando e spezzando la freccia tra le sue enormi fauci. Sputò ciò che le rimase in bocca e si lanciò verso il mittente della freccia: Kay. La bestia era troppo vicina e l'arco non sarebbe servito a niente ma, tristemente, il ragazzo si accorse di non essere armato di una spada o di qualsiasi altra cosa di affilato. Così si mise in spalla l'arco cominciando a correre.

- Amy! - urlò lui. La ragazza, intenta a cercare disperatamente la sua bacchetta, si voltò a guardarlo. Kay, che si stava avvicinando a lei sempre di più con la bestia alle calcagna, indicò con un dito il proprio bacino. La ragazza annuì e sfilò dalla cintura due pugnali. Quando Kay fu abbastanza vicino, si fermò. Amy gli passo uno dei pugnali ed entrambi si girarono verso la bestia, uno affianco all'altra, pronti ad attaccare. Quando la bestia fu alla vicinanza giusta, i ragazzi si separarono, Amy andò a destra e Kay a sinistra, corsero verso la bestia velocissimi e la aggirarono fino a ritrovarsi entrambi dietro di lei. La bestia sembrò confusa, ma si accorse troppo tardi del piano dei suoi nemici. I ragazzi sollevarono le braccia con cui tenevano stretti i pugnali e, insieme, li lanciarono sulla nuca della bestia. Quella gridò e si dimenò finché non cadde a terra esanime.

Anta, ancora stesa a terra, riuscì lentamente e dolorosamente ad alzarsi in piedi ed a muovere i primi passi verso i suoi compagni di squadra, che stavano osservando il cadavere della bestia con il fiatone per la corsa. Tirarono un sospiro di sollievo e si abbracciarono sorridenti ma stremati.

- Ottimo lavoro. - le disse Kay.

- Grazie. Anche tu te la sei cavata. - rispose lei. I due si staccarono, e solo allora si accorsero di Anta che camminava appena, barcollando ed inciampando. Kay si precipitò da lei per sorreggerla.

- Stai bene? - chiese lui.

- N-no... - balbettò Anta. – La testa...

- Siediti. - Kay la portò fino ad un grande masso lì vicino e la fece sedere sopra. - Amy! - la chiamò lui girandosi verso di lei, che aveva ritrovato la sua bacchetta. - Puoi fare qualcosa? - continuò. Amy si avvicinò ai due con sguardo triste.

- Non posso... - rispose. - Non ho poteri curativi, né Kit medici.

- Come?!? Ma le streghe...

- Non quelle come me. - lo interruppe. - Solo le streghe della luce possono guarire le ferite o curare le persone. Io sono una strega del buio. Posso maledire le persone, non guarirle... - ci fu una breve pausa.

- Cosa facciamo, allora? - chiese Kay, turbato.

- Possiamo chiedere a... - Amy s'interruppe e cominciò a guardarsi attorno allarmata. - Dov'è Ashley?

- Hai ragione... è da un po' che non lo vedo. - ammise Kay. - Dove si sarà cacciato?

- L'ho visto... andare via. - rivelò Anta, con la testa che le scoppiava – L'ho visto correre verso di là. - Anta sollevò faticosamente un braccio ed indicò una zona con molti più alberi del normale.

- Non mi sembra una zona molto sicura. - disse Amy, preoccupata.

- Quell'idiota! - urlò Kay. - Vuole farsi ammazzare?!?

- Come facciamo adesso? Era lui che sapeva da che parte andare per uscire da qui!

- Diamine! - Kay guardò il suo orologio e strinse i pugni. - Mancano solo quindici minuti!

Si sentì d nuovo quel suono, ed Anta parve immobilizzarsi, con gli occhi spaventati e pieni di ricordi che le tornavano alla mente... Il fumo... Tutto quel fumo...

I ragazzi si girarono verso quel suono orribile. Ma ciò che li si presentò davanti fu ancora più orribile: la bestia non era morta.

 

La paura riempì i cuori di Anta e Kay. Come aveva fatto a sopravvivere? Com'era possibile? L'avevano uccisa! Mentre cercavano nella loro mente risposte che non potevano avere, impugnarono di nuovo le loro armi. La bestia cominciò ad avviarsi verso i ragazzi lentamente. È vero, non era morta, ma era ancora ferita. Kay fece per scoccare una freccia, ma qualcosa lo interruppe. Un grido. Il grido della bestia. Qualcosa la stava sciogliendo dolorosamente, ma Kay ed Anta non riuscivano a capire che cosa. Si guardarono intorno in cerca di qualche indizio. Ma trovarono ben altro: Ashley.

- State indietro! - urlò lui, che stava volando sopra la bestia con due oggetti simili a ciotole nelle mani. I ragazzi indietreggiarono di qualche passo, tenendo lo sguardo fisso su Ashley: allibiti, con gli occhi e la bocca spalancati. Anta era ancora seduta sul masso con il volto terrorizzato.

Dopo qualche minuto, il mostro si era completamente sciolto e di lui rimase solo un liquido nero odorante di morte e putrefazione sul prato.

   
 
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