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Autore: Acinorev    16/09/2014    30 recensioni
"«Respiri, quando sei con lui?»
Lo ami?
«Non azzardarti ad usare contro di me le mie stesse parole», lo ammonì Emma, facendo aderire un po' di più la sua schiena alla parete fredda. Stringeva i pugni per scaricare su di essi tutta la tensione, perché non voleva mostrarla: ormai era migliorata moltissimo nel confinare e nascondere le proprie emozioni, fino a riuscire ad ingannare persino se stessa.
Harry le si avvicinò ancora, appoggiando l'avambraccio destro accanto alla sua testa e piegandosi lievemente verso di lei. Le stava respirando sul viso. «Rispondi».
Emma serrò le labbra in una linea dura, come a voler sigillare dentro di sé le parole che fremevano per uscire.
«Respiri?» ripeté lui a bassa voce.
Lo ami?
«Sì».
No.
Harry inspirò profondamente e si inumidì le labbra con un movimento lento: sembrava dovesse compiere un ultimo sforzo per ottenere ciò che più bramava. E quello sforzo si riversò in una semplice domanda.
«E con me? Respiri, quando sei con me?»
Mi ami?"
Sequel di "Little girl", della quale consiglio la lettura per poter capire tutto al meglio.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Little girl'
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Capitolo due - Missed call
 
 

«Lasciami!» Gli ordinò Emma, masticando le lettere in una risata trattenuta. Miles continuava a tenerla stretta a sé, con l'addome che accoglieva la sua schiena ed il viso che si confondeva sulla sua pelle e tra i suoi capelli ormai disordinati.
«Sta' ferma» ribatté lui, sorridendo in un bacio fuggevole mentre cercava di bloccarla anche con le gambe. Il divano sul quale stavano lottando non era abbastanza spazioso per poter soddisfare le loro momentanee esigenze, quindi rischiavano di cadere a terra con un movimento troppo brusco o avventato.
«Me la sto facendo addosso!» Protestò Emma, inarcando il corpo per sfuggire alla sua presa ferrea ma scherzosa. L'aveva sempre divertita il suo lato dispettoso ed infantile, nonostante spesso la facesse dannare nei momenti meno opportuni: come, per esempio, quando doveva correre urgentemente in bagno e lui si dilettava nel torturarla.
«Non vorrai lavare il divano…» la prese in giro, mordendole giocosamente il lobo dell'orecchio destro.
«Laverò te, se non mi lasci andare» lo ammonì lei, cercando di liberarsi delle sue mani giunte e solide.
A quelle parole, Miles dissolse la sua stretta all'improvviso e per poco non le fece perdere l'equilibrio. «Che schifo che fai» esclamò, accompagnato da quella risata bassa che l'aveva conquistata la prima volta.
Emma gli fece un gestaccio sorridendo e corse subito verso il bagno, divertita dalla loro spensieratezza, ma preoccupata per la propria vescica.
Quando ebbe soddisfatto i suoi bisogni, udì il proprio cellulare squillare mentre stava tornando in salotto per prendersi una piccola rivincita su Miles. Entrò nella stanza del ragazzo e, oltre al letto disfatto, trovò il telefono sul comodino: sullo schermo rigato lampeggiava un numero che non ricordava né riconosceva.
«Pronto?» Rispose, incastrando una mano tra i propri capelli e piegandosi a raccogliere un calzino da terra.
«Ah, lo sapevo!» Esclamò la voce dall'altra parte della cornetta, suggerendo una lieve risata. Ed erano passati sei anni, è vero, ma Emma sapeva ancora riconoscere il timbro di Harry senza particolari sforzi. Allontanò per un istante il cellulare, in modo da poter sbirciare ancora una volta il numero sullo schermo e per confermare che fosse a lei sconosciuto.
Inarcò le sopracciglia, stupita. «Harry?» Domandò, nonostante sapesse già con chi stesse parlando.
«Volevo accertarmi che avessi ancora lo stesso numero» le spiegò velocemente, come se fosse stata una cosa normale, all'ordine del giorno. C'era da sperare che si rendesse conto di quanto invece la sua curiosità fosse fuori luogo ed inaspettata, imprevedibile e sospetta.
«Io sì» commentò lei dopo un paio di secondi, con un certo fastidio nell'intonazione. Ricordava sin troppo bene quando, circa due mesi dopo la sua partenza da Bradford, aveva provato a chiamarlo ed il numero era risultato inesistente. Aveva messo da parte l'orgoglio e la paura, la nostalgia ed il dolore insistente, solo per sentire di nuovo la sua voce, ma aveva scoperto di essere semplicemente in ritardo, perché Harry aveva cambiato scheda telefonica senza preoccuparsi di lei, dell'impossibilità di trovarlo che le avrebbe imposto.
Quello che la stupiva, però, era che avesse conservato il suo numero.
«Ti va di uscire per un caffè?» Le chiese senza indugi, quasi non avesse colto quel rimprovero implicito: più probabilmente, comunque, aveva deciso di ignorarlo.
Dopo quattro giorni dal loro incontro, la sua richiesta le consigliò che si fosse trattenuto in città oltre il tempo necessario per una semplice visita, soprattutto perché non sapeva quando effettivamente fosse arrivato. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Cosa avrebbe dovuto scegliere tra l'istinto e la ragione, che non avevano ancora deciso che posizione prendere?
«Adesso, intendi?» Tergiversò, mordendosi un labbro.
«E quando altrimenti?» Sorrise lui. «Ci vediamo tra un'ora al Wallace?»
Emma si era quasi dimenticata di quante iniziative fosse solito prendere, ma non se ne stupì. Se da una parte provava un marcato rancore nei suoi confronti, dall'altra era impaziente di saperne di più: era stato un duro colpo cancellarlo dalla sua vita così bruscamente, quindi la sua indole curiosa non poteva resistere alla tentazione di carpire tutti i dettagli persi nel tempo.
«Va bene» acconsentì semplicemente, cercando di tenere a bada la confusione creata dai suoi pensieri contrastanti. Non voleva che trasparisse.
«Perfetto» commentò Harry, con la voce squillante e del rumore indistinguibile in sottofondo. «Allora a dopo, ragazzina.»
Lei aprì la bocca per ribattere, per chiedergli o ordinargli di smettere di chiamarla in quel modo, dato che aveva percepito il tono divertito che aveva utilizzato, ma fu interrotta dal suono computerizzato della fine della chiamata: oltre a non essere più appropriato, quell'appellativo le provocava uno strano senso di inadeguatezza, come se potesse essere addirittura fastidioso.
Impegnata a decifrare le proprie emozioni, restò con il telefono accanto all'orecchio ancora per qualche secondo. Avrebbe voluto avere le idee un po' più chiare ed uno stato d'animo più definito, anziché dover sottostare a ricordi e domande prive di risposta. Harry era tornato all'improvviso, intrufolandosi nella sua vita per la seconda volta e senza domandarsi se fosse lecito. Era tornato ed Emma si sentiva leggermente più in disordine.
Quando rientrò in salotto, Miles era ancora steso sul divano: le gambe nude e magre allungate sul tavolino e gli occhi concentrati sullo schermo del suo iPhone. Era banalmente ed inesorabilmente bello, racchiuso nella sua espressione concentrata e con la luce diurna che gli illuminava il viso. Per Emma, il suo fascino non convenzionale era quasi inebriante.
«Ha risposto qualcun altro all'invito?» Domandò lei, avvicinandosi a piedi scalzi ed ipotizzando che stesse controllando la sua pagina Facebook, cosa che recentemente era divenuta piuttosto frequente.
Lui non alzò lo sguardo, ma sospirò. «Sono comunque troppo pochi.»
Emma gli si sedette accanto, incrociando le gambe e sistemandosi i capelli dietro la schiena. Indossava unicamente una canottiera di Miles, che ormai si poggiava solo sulla sua pelle da diverso tempo. «Invece sono molti. Devi smettere di pretendere così tanto, sempre di più: in fondo te la stai cavando bene per essere agli inizi» continuò, incastrando il viso sulla sua spalla.
Miles aveva indetto una mostra d'arte che si sarebbe tenuta da lì a due settimane: avrebbe esposto le sue opere, i dipinti che tanto lo scoraggiavano ma che alla fine si tramutavano nella sua più grande soddisfazione. Il suo amico Seth gli aveva offerto un vecchio stabilimento di famiglia, spazioso e particolarmente semplice da sistemare a proprio piacimento: si incontravano spesso per decidere gli ultimi dettagli, per apportare le ultime modifiche.
Anche Emma era emozionata ed impaziente per quella mostra: se per Miles non era una novità esporsi al giudizio di altre persone, per lei era tutto il contrario. Per la prima volta, infatti, si sarebbe sottoposta a critiche costruttive o meno, approfittandone per mostrare al pubblico alcune delle sue fotografie.
«Sicura?» Domandò Miles, cercando i suoi occhi per trovarci una rassicurazione.
Emma sorrise per la fiducia che lui nutriva nelle sue parole, annuì. «Sicura» affermò, baciandogli le labbra lentamente, come a cullarlo in un piccolo conforto.
«Dimentico sempre quanto tu sia brava a distrarmi» commentò lui ancora sulla sua bocca.
Lei rise e lo strinse un po' di più tra le braccia. «Avevi qualche programma per oggi?» Domandò a bassa voce qualche secondo più tardi, con la guancia destra schiacciata sul suo petto.
«No, perché?» Rispose Miles, bloccando lo schermo del telefono e abbandonandolo sul divano, prima di sistemarsi meglio.
«Tra un'oretta devo andare al Wallace» spiegò piano, accarezzandogli l'addome. «Ricordi Harry? Il ragazzo che ho incontrato al Rumpel qualche giorno fa.»
«Hmhm…» annuì lui, prima di sbadigliare.
«Be', è tornato in città dopo sei anni. Mi ha chiesto di prendere un caffè con lui» aggiunse.
Miles non sapeva chi fosse esattamente quel ragazzo dalle iridi verdi che aveva sottovalutato, perché Emma non gliene aveva mai parlato. Non era stata sua intenzione ometterlo dai vari racconti sulla propria vita, fingendo che non fosse mai esistito, né temeva di parlarne: semplicemente era stata un po' più egoista e si era preoccupata di nasconderlo anche a se stessa.
«Andavate a scuola insieme?» Domandò lui, vagamente incuriosito.
Istintivamente le venne da sorridere per quell'ipotesi tanto lontana da quella che era stata la loro modalità di conoscenza e dal percorso che avevano successivamente condiviso. Pensare ad Harry come ad un compagno di scuola era semplicemente assurdo e ilare.
«No» rispose, arricciando il naso per smorzare la propria reazione. La sua espressione tornò seria subito dopo, rispecchiando il dubbio che le attraversò la mente: avrebbe dovuto raccontargli tutto? «Ci siamo conosciuti proprio da Ty, in effetti.»
Optò per il silenzio, mossa dalla necessità di prendere una decisione veloce ed efficace: non aveva voglia di soffermarsi su quella parte della sua vita, perché sapeva che con Miles sarebbe dovuta scendere nei dettagli e perché sarebbe stato inevitabile farlo. Come avrebbe potuto spiegare la propria storia con Harry in un riassunto di poche parole? Nemmeno dopo tutto quel tempo, nemmeno dopo aver sconfitto i propri sentimenti, avrebbe potuto farcela.
«Scommetto che cercava di abbordarti» commentò Miles, abbozzando una risata. «E magari ci è anche riuscito.»
Emma alzò il viso verso il suo e corrugò la fronte. «Cosa?» Chiese con un fil di voce, inclinando le labbra in quello che doveva essere un sorriso incredulo.
«Ho indovinato?» Ribatté lui, guardandola negli occhi con uno sprazzo di divertimento.
«Perché pensi che abbia cercato di abbordarmi?» Rispose con un'altra domanda, stando al gioco: «Per quanto ne sai, potrebbe esser stato lo sfigato della situazione o un semplice amico di amici». Emma stava cercando di mantenere una certa compostezza, perseverando nella sua scelta di omettere la verità: probabilmente, se anche l'avesse rivelata, per Miles non sarebbe cambiato molto, ma in quel momento stava pensando più a se stessa che ad altro, ai propri limiti.
«Non lo so» sbuffò lui, alzando le spalle. «Forse perché doveva essere davvero uno sfigato, se non ha nemmeno pensato di farlo» spiegò con la voce piegata dal peso della malizia. Le sue iridi esprimevano i suoi reali pensieri ed Emma sentì la propria vanità riscattarsi, insieme ad un vago senso di sollievo: per un attimo aveva creduto di aver lasciato trasparire qualcosa, un piccolo indizio nascosto in uno sguardo o in un movimento, che avrebbe potuto svelare ciò che lei ed Harry avevano condiviso.
Gli baciò il collo, mordendo appena la sua pelle in una sorta di ringraziamento provocatorio, ma non accennò a rispondere, sperando che l'argomento potesse finire lì.
«E lo sarebbe anche ora, se non ci provasse» aggiunse Miles, infrangendo la sua speranza. Con due dita sotto il suo mento sottile, le sollevò il viso per poter incontrare i suoi occhi di un blu sporco. Era sollevata per la chiusura del discorso riguardo il passato, ma preoccupata per la nuova piega che aveva intrapreso.
Emma sbatté le palpebre, confusa. «Stai dicendo che dovrebbe provarci?»
«No, ti sto chiedendo se devo preoccuparmi» precisò lui seriamente, ma senza troppa convinzione. Per come aveva posto il problema - se così poteva essere chiamato - non gli interessava quali fossero le intenzioni di Harry, perché gli bastava sapere che non avrebbero ricevuto alcun incoraggiamento.
Il suo tono di voce aveva lasciato intendere quanti pochi dubbi avesse a riguardo, quasi come se la risposta fosse ovvia. A volte Emma avrebbe voluto notare un po' più di gelosia nelle sue parole, una punta di preoccupazione, invece di dover fare i conti con l'indiscutibile fedeltà che gli aveva assicurato con il tempo, senza nemmeno sforzarsi.
Lo osservò attentamente reprimendo una protesta interiore che non aveva voglia di affrontare, nonostante le costasse fatica. «No, non devi» sussurrò con sicurezza. E ne era convinta, perché per quanto Harry potesse portare del momentaneo disordine nella sua quotidianità, non aveva più il potere di prenderne possesso.
«Bene» esclamò Miles, senza sorridere.
 
Nell'armadio aveva trovato degli abiti che credeva di aver riportato a casa: tra di essi aveva scelto un paio di pantaloncini in jeans ed una canotta color panna da abbinare alle Nike che aveva ai piedi. Era quasi in ritardo, ma in fondo non credeva che Harry sarebbe stato in orario.
Si stava specchiando nel bagno, quando intravide Miles appoggiarsi allo stipite della porta aperta: la guardava tramite la superficie riflettente, con le braccia incrociate al petto ed il labbro inferiore vittima di un morso assorto.
Emma si lavò il viso e rimuginò sulle lentiggini che aveva imparato ad accettare, ma che con l'estate si erano moltiplicate. Sentiva i suoi occhi bruciarle la pelle.
«Mi manca averti a casa» furono le parole appena mormorate da Miles, quelle che la colpirono alle spalle senza preavviso o traccia di pietà. Strinse tra le mani il bordo del lavandino e trattenne il respiro, sostenendo il suo sguardo tramite lo specchio. Capiva a cosa si stesse riferendo, perché anche per lei quella scena si era rivelata sin troppo familiare, perché anche a lei si era stretto lo stomaco in una morsa.
«Lo sai, vero?» Continuò Miles. Era la prima volta che lo ammetteva, la prima volta che sfiorava l'argomento delicatamente. Da quando il loro rapporto si era frammentato, da quando Emma aveva deciso di porre fine alla loro convivenza e di tornare a casa dei suoi genitori, nessuno dei due aveva osato riportare a galla vecchi ricordi, vecchie ferite.
«E tu sai che è meglio…»
«Non ti sto chiedendo di tornare» la interruppe. Emma avrebbe voluto accartocciarsi a terra, gemere. Eppure si limitò ad annuire e ad abbassare lo sguardo. Miles sapeva bene cosa gli fosse concesso e quali battaglie non avrebbe potuto vincere, per questo l'aveva subito rassicurata: le aveva promesso una protezione da un altro eventuale dolore, ricordandole, però, cosa comportasse per lui.
Emma sospirò silenziosamente quando lo sentì avvicinarsi, quando sentì il suo corpo spingersi contro il proprio e sorreggerlo. Chiuse gli occhi e si lasciò baciare la gola, la spalla sinistra. Si mise nelle sue mani come per consolarsi del passato che non l'aveva ancora abbandonata.
«È solo che mi manca averti qui» ripeté Miles, continuando la sua offensiva.
Ma è solo colpa tua, avrebbe voluto dirgli, anzi, urlare a pieni polmoni. E l'avrebbe fatto, se non avesse preferito evitare un'ulteriore discussione senza fine, un ulteriore screzio tra di loro. In fondo ci stavano provando: stavano provando ad andare avanti, a perdonare più che a dimenticare, quindi era inutile creare problemi là dove altri erano appena stati risolti.
Emma si voltò e cercò la sua bocca con desiderio cieco, guidando le mani sulla sua schiena contratta e lasciando che le sue percorressero ancora una volta il proprio corpo, centimetro dopo centimetro. Quel tipo di contatto era in grado di garantirle un conforto unico nel suo genere, così puro da farle dimenticare la causa dei suoi tormenti. La sua cura era peggiore della malattia stessa.
«Dimmi che ci penserai» esclamò Miles, sbottonandole i pantaloncini e sfilandole la canotta per baciarle la pelle nuda.
E certo, certo che non le stava chiedendo di tornare, perché lui non chiedeva. Lui prendeva. Così come quella richiesta non avrebbe potuto essere esplicitata in altro modo, se non evidenziando il fatto che fosse sottintesa e quanto più simile ad un imperativo che ad una reale preghiera.
«Ci penso ogni giorno» ammise Emma, ricalcando le cicatrici che portava ancora con sé e che forse lui tendeva a dimenticare.
Con le sue mani a sostenerla, si sedette sul lavandino e lo strinse tanto forte da desiderare di fargli del male, come a ripagarlo, come ad obbligarlo a ricordare. Miles si liberò velocemente dei propri indumenti, pur senza distanziarsi da lei più del necessario, più di quando gli fosse concesso: il desiderio e la necessità scorrevano tra i loro petti ansanti e sotto le dita esigenti.
Fragile nella sua apparente forza, Emma gli si concesse senza alcun freno né ripensamento. Lo accolse come se non si fossero mai separati, sperando che quell'unione potesse cancellare momentaneamente la consapevolezza del contrario, e cercò di accettare tutto ciò che lui le stava offrendo, che si sforzava di concederle per redimersi e per cercare un perdono un po' più profondo.
Quando minuti più tardi il suo telefono prese a squillare, sulla mensola dello specchio, Emma si chiese se potesse essere Harry che reclamava una spiegazione per il suo ritardo, si chiese se potesse essere chiunque altro, ma non le importò. Rapita dalle labbra che la stavano catturando, allungò una mano e tenne premuto il tasto di spegnimento, ponendo fine alla vibrazione che li aveva disturbati.
Miles ancora contro di lei. Dentro di lei.
 
Pete le camminava affianco, lentamente a causa delle stampelle, ma con un cipiglio caparbio sul viso: il gesso alla gamba destra, posizionato per la rottura della tibia in seguito ad un fallo in una partita di calcetto, doveva accompagnarlo ancora per qualche settimana. Lui si ostinava a non lamentarsi, ma era evidente che odiasse quella situazione e che si stesse stancando delle energie richieste anche solo per muoversi da una stanza all'altra.
«Sediamoci qui, avanti» esordì Emma, mostrandogli una panchina in pietra, cementata sul marciapiede poco affollato. Il giovedì sera, Bradford non era molto frequentata, soprattutto d'estate, quindi era più semplice e piacevole godersi il clima mite.
Pete sbuffò, ma non si perse in proteste che sarebbero risultate inutili: da quando si erano conosciuti, forse era quello ad aver subito meno cambiamenti di tutti. Il suo carattere da orso era sempre uguale, così come il suo essere di poche e dirette parole. Persino i suoi modi a tratti infantili erano rimasti gli stessi.
Emma osservò i capelli un po' più lunghi e la carnagione abbronzata, grazie al sole che prendeva sul balcone. Nonostante le fotografie testimoniassero il contrario, quando si specchiava nel suo viso si ritrovava di fronte all'adolescente con il quale era cresciuta e non notava i lineamenti adulti o l'esperienza dei ventidue anni.
«In pratica mi stai dicendo che per farti Miles, ti sei dimenticata di Harry?» Esclamò Pete con la sua immancabile delicatezza, appoggiando le stampelle alla panchina ed i gomiti sulle ginocchia.
Ad Emma scappò una risata, che però si affievolì subito. «Non me ne sono dimenticata» precisò. In fondo, mentre si abbandonava tra le braccia che voleva sentire intorno a sé, sapeva perfettamente a quali conseguenze sarebbe andata incontro.
«Quindi gli hai dato buca di proposito» continuò lui.
Lei si inumidì le labbra e sospirò, abbassando lo sguardo a terra: non era la completa verità, perché non era stato qualcosa di premeditato, ma sembrava comunque l'ipotesi più adatta. Aveva scelto di non incontrare Harry.
Talvolta era estenuante essere conosciuta così bene da qualcuno, soprattutto se quel qualcuno si chiamava Pete Butler ed era testardo ed insistente quasi più di lei.
«Non ti sembra strano?» Domandò Emma a bassa voce, riflettendo su quello che era accaduto nel pomeriggio. Non riusciva a non confrontare il presente con il proprio passato, le priorità completamente ribaltate ed i sentimenti tanto diversi. Per lei Harry aveva rappresentato qualcosa di così totalizzante e fondamentale, che non avrebbe mai pensato di poterlo declassificare tanto facilmente. Si sentiva vagamente in colpa: oltre a non essersi presentata al Wallace, infatti, non aveva nemmeno ricambiato la telefonata ricevuta o scritto un messaggio di scuse. Era semplicemente scomparsa.
«Strano? Sono passati sei anni, è normale che lui non sia più al primo posto per te e che tu preferisca una bella maratona di sesso con il tuo ragazzo, ad un semplice caffè con un tuo ex» rispose Pete.
Emma gli riservò una gomitata divertita nel costato. «Sei davvero pessimo.»
«Però ho anche ragione» ribatté lui, con un sorriso ad increspagli le labbra sottili.
«In un certo senso sì» ragionò lei, tornando seria: «È solo che... Quando ci siamo lasciati, per me era tutto. Letteralmente. Ora è tornato ed io lo ignoro senza troppi problemi. È un bel cambiamento». Se fosse stato più graduale, forse sarebbe riuscita ad accettarlo più facilmente, invece in quel momento le sembrava tutto troppo affrettato, troppo estraneo. Non aveva avuto l'opportunità di sfumare il rapporto con Harry, di abituarsi alla sua presenza in altri termini, perché erano semplicemente scomparsi l'uno dalla vita dell'altra: era come se non sapesse vivere a contatto con lui in altri modi, come se dovesse ancora imparare.
«Kent, se vuoi vederlo, devi solo prendere il telefono e chiamarlo. Anzi, prima fatti una cazzo di ricarica, perché sono stufo di finire tutto il mio credito per te» le fece presente Pete.
Emma alzò gli occhi al cielo. «Io non voglio vederlo» puntualizzò, lasciando da parte l'altro argomento e senza sapere se fosse totalmente sincera o meno.
«Bugiarda» la schernì l'amico, andandole involontariamente in soccorso. «È impossibile che tu non abbia nemmeno la più piccola curiosità di rivederlo. Cazzo, ce l'ho persino io. Magari non è più in cima alla lista delle tue priorità, ma è di Harry che stiamo parlando. E poi, se devo essere sincero - e sai che devo -, sei stata proprio una stronza a non avvertirlo.»
Neanche la sua schiettezza era mutata.
«Lo so» sospirò Emma, passandosi le mani sul viso. «Avrei dovuto dirgli che non sarei andata, ma in quel momento non mi è sembrato nemmeno un problema, capisci? Non so se effettivamente non me ne freghi niente o se abbia solo scelto la strada più semplice: in fondo cosa avrei potuto dirgli, visto che solo un'ora prima avevo accettato l'invito senza problem-»
«Avresti potuto mentire» la interruppe lui, con un tono ovvio. «La gente usa continuamente la scusa di un imprevisto o roba del genere, quindi non hai giustificazioni.»
«Be', mi dispiace non averci pensato, ma ero troppo impegnata a fare altro» borbottò Emma, incrociando le braccia al petto. Pete aveva ragione, ma sul momento aveva preferito concentrarsi sulle mani di Miles, piuttosto che perdere tempo per scrivere un messaggio ricco di bugie. Scosse la testa e chiuse gli occhi per qualche secondo. «Sai una cosa? Se l'è meritato. In fondo lui non si è fatto problemi a scomparire e a cambiare numero di telefono sei anni fa, quindi perché io dovrei farmene adesso?» Rimuginò tra sé e sé, inasprendo il tono di voce e cercando una giustificazione.
Pete sospirò e si alzò in piedi, aiutandosi con le stampelle. «Avete così tanto di cui parlare, voi due, che se fossi in te non aspetterei nemmeno un minuto per chiamarlo» commentò, guardandola negli occhi come a volerle ricordare di non poterlo contraddire.
Emma lo seguì riflettendo su quelle parole. «Odio quando hai ragione» bofonchiò.





 


Buooongiorno!
Ebbene sì, sono in anticipo! Ho fatto un rapido calcolo dei tempi a mia disposizione e mi sono accorta che pubblicare oggi mi sarebbe stato immensamente più comodo, tanto credo (spero) che a voi non dispiaccia hahaha
Per prima cosa, un gigantesco grazie a Dalilah Efp, che mi ha sopportata per l'ennesima volta e ha creato il banner lassù :)
Poi, poi, poi: mi ha fatto davvero molto, molto piacere rivedervi così numerose per questo sequel! Non me l'aspettavo e ve ne sono grata :) Mi sono divertita a leggere le vostre recensioni, i vostri pensieri riguardo i sei anni ormai trascorsi e riguardo Miles!
Da questo capitolo forse si capiscono un po' di cosette in più:
- Miles/Emma: innanzitutto, per chi aveva dubbi a riguardo, Emma non vive con Miles, ma hanno convissuto in passato (ipotesi riguardo quello che può esser successo tra di loro?). Si capisce che Miles è nel mondo dell'arte e che presto anche lei ci entrerà, ma presto verranno svelati altri particolari sulle loro vite. Molte di voi lo hanno preso in antipatia, per il suo comportamento troppo sicuro di sé, e sono curiosa di scoprire cosa ne pensate ora, soprattutto dopo il loro discorso su Harry: la cosa divertente è che si ricerca sempre la fiducia in una coppia, ma quando ce n'è sul serio, viene vista con sospetto ahahah In ogni caso, avrete modo di conoscerlo meglio (e lo stesso vale per me!!).
- Harry/Emma: vi aspettavate la chiamata e l'invito di Harry? Che avesse conservato il suo numero per tutto questo tempo, nonostante avesse cambiato il proprio dopo soli due mesi? E come interpretate la cosa? :) Ripeto, per me è stranissimo scrivere di un'Emma che ha altre priorità e che non ruota più intorno a lui, infatti la scena di lei che spegne il telefono senza troppi problemi è stata il colmo hahah Eppure, non sarebbe potuto essere altrimenti! Cosa vi aspettate nei prossimi capitoli? Un confronto o un allontanamento?
- Pete/Emma: amore mio della mia vita hahahah Non poteva mancare nel sequel, gli sono troppo affezionata! E poi, come sempre, è la bocca della verità senza nemmeno peli sulla lingua! Per quanto riguarda Tianna e Dallas, non posso anticiparvi nulla!
- Emma: è cambiata in diverse cose, se avete notato, ma a tutto c'è una spiegazione :)
Detto questo, ovviamente ne è venuto fuori l'ennesimo papiro ahhah Scusate! Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto e che mi farete sapere le vostre opinioni!


Vi lascio tutti i miei contatti:
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Un bacione,
Vero.

 


       
    
  
  
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