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Autore: Mikoru    02/10/2008    2 recensioni
Conoscete l'Accademia di Lyraza? La più rinomata del continente, senza alcun dubbio. Iscrivendovi, otterrete l'insegnamento dei migliori maestri d'arme, e la sicurezza di un glorioso futuro come soldato. Entrate, date pure una sbirciata; osservate il combattimento tra la giovane cadetta Bryhn, tanto focosa quanto pericolosa, e il suo avversario Gart, borioso ma imbattibile studente. E se qualche spada volerà dalla vostra parte, non abbiatene a male.
Genere: Romantico, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutte! ^^
Avrei voluto aggiornare già qualche giorno fa, ma... durante la mia solita trasferta dal mio ragazzo, ho pensato bene di dimenticarmi a casa i file necessari... sono un genio, lo so! XD
Oggi non risponderò alle recensioni perché sono un po' di corsa; devo preparare la valigia (domani parto con Maura per andare al Romics, alè!**) e, naturalmente, mi hanno rifilato altri impegni da fare nel pomeriggio, quindi mi tocca aggiornare di corsa. Meno male che scrivo veloce... ù_u
Quindi, vi ringrazio come al solito per la costanza con cui ci seguite e, soprattutto, per i complimenti (che, si sa, sono sempre particolarmente graditi XD): siamo felici di sapere che abbiamo reso bene i nostri personaggi.^^
Oh, solo una cosa veloce-veloce per myki: ti prego, non dire più che Gart somiglia a Sirius Black... Maura lo detesta di tutto cuore! XD
Bene, ora vi lascio davvero alla lettura!



^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^

On my way home
I remember
Only good days.
On my way home
I remember
all the best days.
(Enya - On my way home)



Alcuni giorni dopo, Lerath, stufo di quella cosa triste ed abbattuta che si spacciava per il suo amico Gart, si autoinvestì della carica di Sacro Intrattenitore per Musoni Irrecuperabili. Scampando astutamente da un allenamento nel tardo pomeriggio, fuggì in città, dalla quale mirava di ritornare con una bellissima sorpresa...
Da mesi, ormai, Gart aveva preso dimora fissa nella stanza di Bryhn. Era partito col dormirci parte della notte, poi per qualche notte di fila; infine, vi si era allegramente trasferito, in barba a ogni rimostranza da parte degli istruttori. Lì gli era garantita un'intimità maggiore rispetto al dormitorio comune e, inoltre, con un romanticismo che avrebbe fatto vomitare Lerath, aveva cominciato a considerare quella piccola stanzetta come la capanna ove si erano raccolti il suo cuore e quello di Bryhn. Il loro nido d'amore.
Anche quella sera, quindi, pur senza la sua donna, Gart rimase sdraiato sul letto, le braccia incrociate sotto la testa e gli occhi che fissavano il soffitto.
Poi qualcuno bussò, e da lì cominciò il delirio.
«Sì?» domandò annoiato il ragazzo, senza neppure alzarsi.
«Gart, sono io!» rispose eccitata la voce di Lerath, dall'altra parte dello spesso legno della porta. «Apri, svelto!»
Allarmato da quel tono, lui saltò di corsa giù dal giaciglio, e si precipitò ad aprire; gli si presentò davanti una scena non proprio poetica. Anzi. Lerath, a braccetto con tre ragazze tanto belle quanto sfacciatamente poco vestite, salutò felice Gart, il quale, poveretto, poté solo aprire la bocca, alla ricerca di una domanda abbastanza intelligente. Che infine trovò. «Che accidenti state combinando?»
«Questa sera, amico, si festeggia!» annunciò lieto Lerath. «Mi sono costate tre monete, prezzo unico per la notte! Un affare!» Fece per oltrepassarlo ed infilarsi nella stanza di Bryhn, ma Gart non era esattamente un ostacolo facilmente superabile.
«Sei pazzo» dichiarò quest'ultimo, sempre impedendogli l'ingresso. «Pazzo completo.»
«Pazzo? Non sono io, qui, quello che sta rifiutando una focosa notte di...»
Gart gli sbatté la porta in faccia. Le ragazze, simultaneamente, esibirono tre musetti delusi.
«Ehi!» Lerath batté ancora alla porta, ma questa volta nessuno gli rispose. «EHI!» Ci rifletté un po' su. Evidentemente aveva sbagliato qualcosa, nella sua strategia; ma cosa? Oh, beh... «La notte è ancora giovane!» fece notare alle tre accompagnatrici a pagamento. «Venite... vedrò di bastarvi io!» E si avviò con loro, dimenticandosi di Gart.
Tiara lo intravide allontanarsi e scosse la testa, divertita da quel tentativo di distrarre Gart.
«Ti ha dato il benservito, eh?»
La ragazza si voltò, un sopracciglio inarcato e le mani sui fianchi. «Lavian, sei più acido di una marmellata di limoni andata a male» commentò, scrutando il giovane davanti a lei. «Comunque, di che benservito parli? Io e Lerath non facciamo coppia, lo sai. Ci facciamo solo compagnia ogni tanto. Cosa vuoi che m’interessi se si porta a letto altre ragazze?»
«Di vedute aperte, eh?» bofonchiò l’altro.
«Oh, sì! Interi orizzonti» ribatté lei, con un'allegria non scevra di derisione.
Lavian si batté una mano sulla faccia, esasperato, ma non commentò. «Bah, vado a dormire» annunciò, incamminandosi.
«Oh, Lavian, sei davvero troppo, troppo bisbetico!» stabilì Tiara, seguendolo. «Tu hai bisogno di rilassarti.»
«Di che t’impicci?!» proruppe lui.
«Ah, dài, non fare il timido! Dammi retta, hai bisogno di distrarti un po’!» insistette lei, vivace, ma senza secondi fini.
«La vuoi smettere?»
«Di far che?»
«Di infastidirmi!»
«Oh, ma io mi sto solo preoccupando per te!» cinguettò la ragazza, tutt’altro che arrendevole.
Lavian allungò il passo. Tiara lo aumentò a sua volta. «Finiscila!» esplose il ragazzo.
«Noooo!» cantilenò lei.
«Per la Dea, sei insopportabile! Poveraccio l’uomo che ti sposerà!»
«Sarà l’uomo più fortunato della terra!» ribatté Tiara, per nulla offesa.
«Sì, certo, e con un palco di corna da far invidia a un cervo, se continui così!»
«Lo vedi? Tu non sai goderti la vita.»
E dopo quest’arguta sentenza, le loro voci si persero in lontananza, Lavian sempre tentando di svignarsela da Tiara, e Tiara attaccata a lui come un tralcio d’edera a un tronco.


Bryhn ascoltò con piacere il rumore degli zoccoli sul legno del ponte. A differenza dell’ultima volta, rimase sul sentiero, dirigendosi verso il villaggio di Radryn. Questa volta aveva impiegato molto meno tempo, all’incirca quattro giorni e mezzo, avendo acquisito una maggior dimestichezza con il cavalcare. O meglio, avendo più familiarità con Biancapezza. Aldred gliel’aveva praticamente ceduta, dal momento che era una cavalla troppo mansueta per i gusti dei pochi cavalieri dell’Accademia e di chiunque necessitasse di una cavalcatura per viaggiare. E anche – ma questo il Comandante non l’avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura – perché stava iniziando a considerare quella ragazza come una figlia, e aveva inteso farle un regalo senza che la cosa risultasse troppo palese.
Comunque Biancapezza per Bryhn andava benissimo, e a dire il vero la ragazza si era affezionata in fretta a quella docile giumenta, che pareva ricambiare il sentimento.
«Su, Pezza!» la incitò dolcemente, dandole un colpetto di talloni nei fianchi. «Ormai manca pochissimo.»
La giumenta emise un basso nitrito, nemmeno avesse compreso, e obbedì al comando, aumentando un poco il passo. Per la maggior parte del viaggio, dovendo attraversare un lungo tratto pianeggiante, Bryhn l’aveva tenuta al trotto o al galoppo, con le dovute pause per non sfiancarla. Poi, una volta nel bosco che ricopriva la zona di confine e buona parte del regno di Lizard, la ragazza l’aveva fatta andare al passo, per quanto sostenuto.
Adesso, però, aveva fretta di arrivare. Giunse al limitare del villaggio e, con un sorrisetto maligno in volto, decise di entrare a modo suo. Spronò Biancapezza al galoppo, passando tra le viuzze polverose del piccolo agglomerato di case, ricevendo gli insulti di coloro che si trovavano per strada e che dovettero quasi buttarsi a terra per evitarla.
Ah, che soddisfazione, farli arrabbiare! Con tutta la rabbia che lei aveva provato e provava a causa loro, quello era davvero un ottimo modo di sfogarsi.
Uscì dai confini di Radryn e raggiunse la propria dimora, illuminata dai raggi rosso-dorati del tramonto. Smontò da Biancapezza, legandola alla staccionata, ed entrò, anche stavolta annunciandosi a gran voce.
Rhiluee stava già uscendo a controllare, poiché il galoppo del cavallo non era sfuggito all’udito acuto della piccola Sigil. «Bryhnhild!» esclamò, lieta, aumentando il passo per andarle incontro.
«Rhil! Ti ho detto mille volte di non chiamarmi così!» rise la ragazza, correndo ad abbracciare la sorella.
«Sì, scusa!» rispose la giovane donna, con una piccola smorfia divertita.
La sorella minore aveva sempre mal sopportato di essere chiamata col suo nome per intero, fin da piccola, e infatti soltanto Rhiluee e Khalar lo conoscevano. Nessun altro. Per tutti, lei era unicamente Bryhn. Era più corto ed incisivo. Solo dalla nonna, finché era vissuta, aveva tollerato di essere chiamata con il nome impostole dai genitori.
«Infine ti sei fatta viva, eh?» la rimproverò bonariamente la sorella maggiore, troppo contenta di rivederla per pensare anche solo lontanamente di arrabbiarsi.
«Che ci vuoi fare? All’Accademia mi...»
«Tia!!» La vocina squillante e risentita di Sigil la interruppe. La bambina, udita la voce della zia, anziché aspettare in casa stava uscendo da essa per andarle incontro, con una buffa aria battagliera sul suo bel visetto.
«Piccolo sole!» Bryhn si sciolse dalla stretta della sorella e corse a prendere in braccio l’adorata nipotina.
Questa le rivolse il broncio, con il viso leggermente piegato verso l’alto e lo sguardo cieco fisso in avanti. «Sei cattiva! Avevi detto che saresti tornata presto!» la sgridò.
«Scusami, piccola!» esclamò la ragazza, trattenendo un sorriso alla serietà della bambina. «Avrei voluto, davvero. Ma il tempo è stato davvero troppo brutto, e poi io mi sono sentita male, e...»
«Come?» intervenne Rhiluee, subito apprensiva come una chioccia. «Hai avuto la febbre? Sei stata molto male? Chi ti ha curata?»
«Rhil...» sbuffò Bryhn, alzando gli occhi al cielo, rassegnata all’atteggiamento della sorella. «Ho solo buscato un’infreddatura coi fiocchi, niente di che» minimizzò, sorvolando sul fatto che la “semplice infreddatura” l’aveva portata a delirare nel sonno.
«Non ti sei riguardata, vero?! Avrai esagerato ad allenarti, come tuo solito. E comunque, ti sei ben guardata dall’avvisare con una lettera!»
«Rhil, per pietà, evitami le prediche!» gemette la ragazza. «Ora stai bene-bene, però. Vero, tia?» s’informò Sigil, preoccupata, troncando la risposta della madre sul nascere.
«Benissimo! Sono in perfetta forma!»
«Sai? Anche io sono stata male e mamma mi ha tenuta seeeempre a letto! E mi ha fatto bere taaaanto latte caldo!»
«Davvero? Allora devi raccontarmi tutto!» disse Bryhn, con quel tono condiscendente che si riserva spesso ai bambini. Ignorando Rhiluee, ancora indispettita per l’irresponsabilità della sorella minore che non aveva la minima cura per se stessa, Bryhn entrò in casa con la piccola, chiacchierando con lei.
«Ah, tia, lo sai? Papà è tornato casa, qualche tempo fa!» rivelò gioiosa. «Però poi è dovuto andare di nuovo via. Ma ha detto che tornerà di nuovo! Sono tanto, tanto contenta! Mi ha fatto tante coccole, sai? E mi ha anche portato un regalo! Ha detto che gli dispiaceva che tu non c’eri, e ha chiesto come stai e se ti stai allenando. E io gli ho detto che diventerai la guerriera più forte del mondo! Lui ha detto che sarà certamente così, perché tu sei bravissima!»
Sotto quella cascata inesauribile di parole, pronunciate con tono allegro e squillante, senza tregua, Bryhn non poté far altro che spalancare gli occhi azzurri, volgendoli poi su Rhiluee con aria interrogativa.
Lei annuì, lieta quanto e forse più della figlia. «Sì, è vero, è tornato. Si è fermato solo un mese, durante il Mese del Disgelo*, poi è dovuto ripartire, ma... ha mantenuto la promessa...» terminò, con un dolce sorriso.
«Oh...» Bryhn si ritrovò a provare un misto di contentezza e di tristezza. Era felice perché Khalar aveva dimostrato di non aver dimenticato la sua famiglia, tuttavia le dispiaceva enormemente non averlo incontrato. Si domandò, una volta di più, cosa potesse spingere il cognato a tenersi lontano dalla sua famiglia.

La cena era finita da un pezzo e Sigil, finalmente, era stata convinta a mettersi a letto. Bryhn si spogliò per darsi una veloce rinfrescata e riprendersi dalla stanchezza del viaggio, prima di andare a dormire. S’immerse nella tinozza, ricolma d’acqua fredda, e rabbrividì un poco. Ma il suo corpo si adattò subito alla temperatura, e lei si rilassò, pulendosi per bene.
Dopo una ventina di minuti raggiunse la sala d’ingresso, nonché da pranzo, con indosso una semplice tunica bianca e i capelli corti, ancora bagnati, tutti scompigliati. Alzò una mano a smuoverli, e solo allora Rhiluee si accorse di una novità.
«Bryhn... al tuo dito...» fece notare.
«Sì?» domandò l’altra, cercando di far finta di niente.
La ragazza bionda si alzò di scatto dalla sedia su cui era assisa e le fu davanti in pochi passi, prendendo fra le proprie la mano “incriminata”. «Ma questo...!» Alzò gli occhi su di lei. «Tu devi spiegarmi un bel po’ di cose!»
In effetti, a dire il vero, Bryhn non aveva avuto il tempo di raccontare molto degli ultimi eventi all’Accademia, monopolizzata com’era stata dalla nipotina, con cui aveva giocato e scherzato fino a cena, e dal farsi raccontare di Khalar e del suo ritorno a casa. Aveva fatto in tempo, solamente, a dire a Rhiluee che Gart non era morto, facendo comprendere alla giovane donna a cosa fosse dovuto la ritrovata serenità. Null’altro.
«Beh, ecco...» Non sapendo bene da che parte iniziare, si grattò la testa con fare impacciato. Infine si ritrovò a spiegare, le parole che le uscivano da sole, spontanee, e che lei lasciava scorrere come un fiume, senza interrompersi. Raccontò tutto, arrossendo intensamente quando dovette riferire fino a che punto si era evoluto il suo rapporto con Gart, e infine concluse: «E poi, mentre ero convalescente, mi ha regalato questo.» Allungò la mano con il dito inanellato.
La semplice fascia d’argento brillò alla luce guizzante della lucerna posata sul tavolo e sembrò calamitare lo sguardo di entrambe le ragazze. Bryhn associò quel riverbero al calore che provava con Gart, alla fiamma travolgente che si sentiva divampare dentro ogniqualvolta lui la stringeva a sé, nell’intimità della loro stanza.
Rhiluee sorrise con tenerezza, prendendole la mano e osservando il gioiello. Non era diverso da quello che lei stessa portava, se non che il suo era d’oro, con delicate incisioni di fili intrecciati e nessuna iniziale. «Sei felice?» domandò, guardandola occhi negli occhi, acquamarina che si specchiava in zaffiri.
Bryhn annuì in silenzio, tuttavia appariva titubante, e la sorella se ne accorse.
«Qualcosa non va?» s’informò quindi, stringendole la mano con affetto.
«Ecco, io...» La ragazza abbassò lo sguardo, poi lo rialzò. «Rhil, tu come hai capito di amare Khalar? Come hai capito che era lui l’uomo della tua vita?!» volle sapere, con un accento quasi d’urgenza nella voce.
Rhiluee rimase spiazzata per qualche istante. «Come ho...? Oh, Bryhn, dubiti dei tuoi sentimenti?» domandò, comprendendo quale fosse il nocciolo della questione, ciò che turbava la sua sorellina.
«È che...» Bryhn si morse un labbro, ancora una volta non sapendo come spiegarsi.
Ma la sorella scosse la testa, avendo inteso perfettamente. «Ho capito» disse infatti. Sollevò una mano ad accarezzarle una guancia. «Sei così giovane, più di quanto la ero io quando incontrammo Khalar. Anche se non poi molto.» Sorrise. «Non è facile rispondere al quesito che mi hai posto. Io rimasi affascinata da Khalar dal primo momento che lo vidi, lo sai. Eri presente. E come avrei potuto non rimanerla? Era così cortese, così gentile... e bello. M’innamorai subito di lui...» raccontò, sollevando gli occhi al soffitto con aria sognante, sorridendo ai ricordi che le tornavano alla mente. «È difficile spiegarti cosa mi rese tanto sicura che volevo soltanto lui al mio fianco... Rammento che mi ritrovai a sperare si fermasse ancora, che non ripartisse subito. E... Ebbene, che avrei desiderato mi stringesse fra le braccia.» Si distolse un attimo dai ricordi e tornò a guardare la sorella. «Prova a pensare... a chiederti... quanto ti fa palpitare il cuore?»
«Fino a farmi male...» ammise Bryhn in un sussurro.
«E quanto ti manca, adesso?»
«Da impazzire! Vorrei essere qui, ma al contempo all’Accademia, per... per stare con lui... Mi sembra che mi manchi l’aria, ed è così da quando sono partita da Lyraza. È sempre nei miei pensieri...»
Rhiluee annuì e si fece seria. «E ora... ora pensa di stare senza di lui... ricorda quando l’hai creduto morto...»
Le stesse parole di Tiara, seppur in forma diversa.
«NO!» esclamò Bryhn, quasi sobbalzando. «No...» ripeté in tono più basso, chinando il capo. «Non voglio perderlo... io vorrei... vorrei stare sempre con lui... Sento una stretta al cuore ogni volta che penso che potrebbe lasciarmi, stancarsi di me. Cioè, ora sono sicura che non lo farà...»
«Considerando quello che ti ha detto...» sorrise Rhiluee, intenerita dal cucciolo spaurito che era sua sorella in quel momento.
«E poi, quando sono con lui è come se non ci fosse nient’altro. Non m’importa di altro. C’è Gart, e tanto mi basta. Con lui mi sento bene. Sono tranquilla... felice... e... mi sento sicura... protetta...» confessò. «Quando mi abbraccia vorrei restare così per sempre. E quando mi bacia, e...» Arrossì, ripensando a quel che spesso seguiva ai baci e alle semplici carezze. «Non so come spiegarlo...» bofonchiò, imbarazzata. «Lui è... voglio dire, mi fa sentire... Oh, accidenti!» Si morse un labbro, aggrottando le sopracciglia. Non pensava fosse così difficile spiegare le proprie emozioni. «Beh, mi fa provare sensazioni che non so descrivere» concluse.
«È normale, sono sensazioni tutte tue. Non appartengono a nessun altro, ed è giusto così.» Rhiluee sorrise teneramente alla sorella. Si alzò. «Ora è meglio se vai a dormire. Chissà... magari sognandolo ti chiarirai ulteriormente le idee.»
Bryhn sorrise a sua volta, intanto che si incamminavano verso la sua camera. «Grazie, Rhil. Grazie di avermi ascoltata. Con Tiara non è la stessa cosa. Lei ha un approccio un po’ troppo diverso con l’amore» ridacchiò. Si fermarono davanti alla porta. «Buonanotte, sorellina.»
Entrò in camera e si distese sul letto. Dalla finestra aperta, attraverso le tende che ondeggiavano mosse dalla brezza, la luna invadeva la piccola stanza con la sua luce azzurro-argentea. Bryhn si adagiò sulla schiena, il capo voltato per guardare quel dolce chiarore. E si portò la mano con l’anello sul petto, all’altezza del cuore. «Gart...» bisbigliò fra sé.

Il giorno dopo si trovavano tutte e tre nel cortile della casa, sedute sul prato. Bryhn, rilassata e serena, stava parlando con Rhiluee. Per l’esattezza, le stava parlando di Gart, raccontandole tutto di lui, dicendole in particolare quanto era dolce e gentile, nonostante la boriosità che mostrava di solito. Quel che non poteva notare, ma che non sfuggì certo agli occhi di Rhiluee, era il fatto che le guance le si imporporavano per il fervore con cui parlava di lui, che gli occhi le brillavano di una luce tutta particolare, che nella voce si rivelavano echi dei sentimenti che le imperversavano nell’animo.
Così, mentre Gart si macerava nell’inquietudine, lei era ben lungi dall’avere anche solo una minima parte dei dubbi che lui le attribuiva. Quella sorta di lato oscuro, di tenebrosità, da lui conservata nel proprio essere, per lei non aveva alcun significato. Bryhn, troppo presa dall’ingenua gioia per quei suoi nuovi sentimenti, non vedeva altri che il giovane esuberante eppure tenero che le aveva rubato il cuore.
«Tia.» Sigil le tirò la manica. «Tia, chi è Gaat?»
«Eh? Uh...»
«Gart, tesoro. Si chiama Gart» la corresse sua mamma.
«Chi è Gart?» ripeté allora la piccola, imperterrita nella sua curiosità.
«Beh...» Bryhn lanciò uno sguardo di aiuto alla sorella. Cosa doveva rispondere? Ma Rhiluee sorrise e scrollò le esili spalle. Allora la ragazza continuò: «Gart è un mio amico. Un carissimo amico a cui voglio molto, molto bene.»
Sigil piegò di lato la testa, con aria meditabonda. «Però vuoi sempre bene anche a me, vero?»
«Ma certo! Che domande! Sei il mio piccolo sole!» La prese in braccio, schioccandole un bacio sulla guancia.
«Allora va bene» acconsentì la bimba. «Puoi voler bene anche a Gart» stabilì, con una strana logica infantile.
Le due donne scoppiarono a ridere, poi Rhiluee domandò: «Per quale motivo non sei venuta qui insieme a lui?»
Bryhn si mordicchiò un labbro, tormentandosi le dita. «A dire il vero... mi sembrava un po’ prematuro... e poi, io ero ancora spaventata. Volevo prima parlare un po’ con te.»
«Capisco.» Rhiluee annuì con la testa. «Ma prima o poi devi portarlo qui. Lo voglio conoscere!» affermò, con l’aria di non accettare alcun tipo di rifiuto.
«Sì, sì, d’accordo!» si arrese subito Bryhn, ridacchiando. Alzò la testa verso il cielo, azzurro e limpido, e si trovò a fremere per il desiderio di correre da Biancapezza, balzare in sella e correre via, a Lyraza, in Accademia. Fra le braccia di Gart.


*Mese del Disgelo = Marzo


^*^*^*^*^*^*^*^*^

Et voilà, spero vi sia piaciuto anche questo. Come sempre, non fatevi problemi a dire cosa va e cosa non va.^^
Ora vi saluto e vi lascio al prossimo aggiornamento, che spero di effettuare dopo il ritorno da Roma. Ciaooooo!
  
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