You're my end and my beginning
« Cause all of me
Loves
all of you
Love
your curves and all your edges
All
your perfect imperfections
Give
your all to me
I'll
give my all to you. »
Ottavo
capitolo
Liam si sentiva
decisamente uno stupido ad essersi aperto così tanto -
certo, non era ancora
nulla di irreparabile - con il più piccolo, ma non avrebbe
mai potuto cacciarlo
da casa sua in ogni caso. Se l’era trovato alla porta,
coperto di sangue,
l’aveva accolto e aveva abbandonato quella
corazza per qualche minuto; lasciando di conseguenza a
Zayn tutto il
tempo per entrargli dentro e renderlo debole. Non poteva pensare a cosa
sarebbe
successo se non si fosse comportato
in un determinato modo, la sua testa continuava a ripetergli che
l’unico
sbaglio era quel bacio; ma ormai era tardi per cambiare il passato ed
eliminare
quel breve contatto.
Mancava ormai
poco alla chiusura per la pausa pranzo, di pazienti non ne arrivavano
da circa
mezz’oretta e lui continuava solamente a pensare, grugnire,
spostare fogli e
agitarsi sulla poltrona dello studio. Quella situazione era un enorme
grattacapo, ora come doveva comportarsi con Zayn? Aveva già
iniziato con le
battutine su quel loro piccolo momento, non sarebbe riuscito a tenerlo
a bada
per molto e a trovare continue risposte a quei battibecchi.
Si lasciò
cadere
contro la scrivania, provocando un tonfo nel momento in cui la propria
fronte
venne a contatto con il legno duro, e si sollevò con uno
scatto quando sentì la
porta aprirsi, grugnendo nel vedere il sorriso sadico di Louis, che se
ne stava
appoggiato contro lo stipite della porta.
- E tu che
vuoi?- sibilò, non avendo proprio la pazienza di star fermo
a ragionare con
lui, e venne colto impreparato dal suo invito a pranzo, aggrottando la
fronte e
chiedendo conferma sull’aver sentito bene. - Tu vuoi venire a
pranzo con me?-
ripeté di nuovo in quei pochi minuti, ottenendo un cenno
d’assenso da parte del
più piccolo, che si strinse nelle spalle e
borbottò, come spiegazione: - Qui
vicino c’è una tavola calda, pensavo di mangiarci
qualcosa assieme.-
Liam
restò in
silenzio a quelle parole, rimuginando su quel che sarebbe potuto
succedere - o
su un secondo fine per quell’azione -, ma poi si
alzò dalla poltrona e accettò
di buon grado, togliendosi il camice bianco e lasciandolo sopra lo
schienale.
- Allora andiamo
a mangiarci qualcosa.- mormorò infine, raggiungendolo e
superandolo senza
aggiungere altro; nella testa continuava solamente ad analizzare quella
situazione, cercando anche il più piccolo motivo per stanare
i doppi fini del
ragazzo e rifiutare tutto su due piedi.
Quando fu
sicuro, o almeno in parte, che tutto quello non avrebbe portato ad
un’incombente catastrofe, aveva già lasciato lo
studio alle spalle e si stava
incamminando col più piccolo verso il bar ad un isolato di
distanza.
Avevano preso
posto ad un tavolino sotto un gazebo, il clima temperato di inizio
giugno
creava attorno a loro un’atmosfera piacevole, e avevano
ordinato ogni ben di
Dio; Liam solo un’insalata della casa, farcita con ogni
stranezza che rendeva
tutto l’insieme un qualcosa di unico, ma Louis aveva quasi
svaligiato il
piccolo bar. E, seriamente, come poteva mangiare tutte quelle porcherie
e
restare in linea?
Si
schiarì la
voce, quando volle ottenere la sua attenzione - erano almeno dieci
minuti che
muoveva le dita sullo schermo di quel cellulare -, e si
passò il tovagliolo
contro le labbra, sussurrando: - Son davvero contento che le cose tra
noi
vadano bene.-
Louis fece
solamente spallucce, prendendo una patatina fritta dal piatto e
portandosela
alle labbra, per poi ribattere con ovvietà: - Lo faccio
perché otterrò qualcosa
in cambio.-, che fece aggrottare la fronte del castano in pochissimo
tempo. -
Non credere che mi faccia piacere star seduto su quella sedia scomoda,
quando
potrei andarmene in giro con i miei amici.- aggiunse velocemente,
sollevando i
suoi occhi azzurri dallo schermo e puntandoli in quelli marroni del
maggiore.
- Perché
non ti
basta esserti cacciato nei guai una volta? E chissà quante
altre.- borbottò
Liam, tenendo i pugni stretti in una morsa e contro le gambe per non
fare mosse
avventate. - Tuo padre..- stava insistendo con la carta del genitore
preoccupato, bloccandosi nel momento in cui quello scoppiò a
ridere di gusto,
buttando quasi indietro il capo.
Restò
quindi in
silenzio a guardarlo, non capendo il motivo della sua improvvisa
ilarità, e lo
ascoltò sputare fuori una serie di domande a raffica, senza
dargli il tempo di
rispondere: - Mio padre? Lui cosa? Si preoccupa per me? Si è
ricordato
improvvisamente di avere un figlio?-
- Sai anche tu
che si preoccupa per te.- replicò, deciso ad ottenere per
una buona volta del rispetto
da quel ragazzo spocchioso. - Altrimenti perché mi avrebbe
chiamato? Vuole
aiutarti! Sta cercando di far di tutto per toglierti dai guai, ti
difende e ti
protegge! E tu non hai proprio capito nulla di lui. Può
essere assente per il
suo lavoro, ma guarda tutto l’impegno che ci sta mettendo ora per darti una mano.- concluse,
calcando su qualche parola per
rendergli più chiaro il concetto che non era importante il
passato - non più di
tanto - ma quel che stava succedendo in quel determinato momento.
Venne preso
contropiede nel momento in cui Louis si alzò, rischiando di
far finire tutti i
piatti a terra, e sibilò un: - Puttanate.- a denti stretti,
per poi aggiungere:
- Sappiamo entrambi che è periodo di elezioni, ha paura di
perdere voti per
colpa di quel figlio che non riesce a tenere.-
- Tuo padre
è
preoccupato!- gridò, perdendo completamente la pazienza e
alzandosi in piedi
per fronteggiarlo. - Ed è un mio amico, ci tengo a lui e tu
devi smetterla di
comportarti come un bambino!- continuò con lo stesso tono
alto di voce,
attirando più di un’occhiata curiosa e un
borbottio.
Perse tutta la
rabbia, sentendo il suo: - Almeno io non ho paura dei miei demoni.-, e
s’irrigidì al suo aggiungere in un sibilo
velenoso: - Io le mie paure le
affronto, posso anche farlo nel modo sbagliato ma lo faccio. Tu sei
solo un
codardo, Liam Payne.-, osservandolo allontanarsi e lasciarlo
lì con la
confusione chiaramente leggibile negli occhi.
Doveva essere
passata solo una manciata di minuti, quando sentì
“Payne, sei ancora tra noi?”
e, riportando lo sguardo di fronte a sé, si trovò
il ragazzino moro, seduto
tranquillamente dove poco prima stava Louis.
Scosse
ripetutamente il capo, sperando quasi di trovarsi in un incubo, e si
lasciò
cadere sulla sedia, vedendo come quei tentativi di risvegliarsi fossero
più che
inutili. Quel ragazzino non lo conosceva, non aveva alcun diritto di
criticarlo, e su cosa faceva basare tutte quelle accuse poi? Non era un
codardo, non stava scappando dai problemi, aveva solamente paura; ma
quel tipo di
paura andava ben lontano dalla codardia.
-.. Louis mi
aveva detto di muovermi, ma come faccio ad andare veloce senza lo
skate? Ci ho
già messo poco rispetto al solito.- stava borbottando
tranquillamente il
ragazzino, come se tutti i suoi problemi gravassero attorno alla
mancanza di
quella tavola con quattro ruote. Beata gioventù, avrebbe
dato qualsiasi cosa
per riavvolgere il nastro della vita e ritrovarsi di nuovo su quella
casa
sull’albero - nessuna complicazione, solo lui e Kaylyn - e
tagliare via i frammenti
più brutti; ma forse in quel modo non avrebbe avuto Aileen,
la sua vita sarebbe
stata decisamente diversa e non poteva prevedere il futuro e scoprire
se
sarebbe stato in bene o in male.
Dopo quella
breve - almeno per lui e il suo concetto del tempo - riflessione, Liam
appoggiò
i gomiti sul tavolo, puntando gli occhi sul moretto che stava mangiando
tranquillamente le patatine ordinate dall’amico -
immergendole in tutte le
salse che si trovava davanti - e continuava a parlare, senza fermarsi
un secondo.
- Ho fatto in
tempo a veder Louis andare via di corsa.- gli fece poi sapere, muovendo
una
patatina nel ketchup senza distogliere l’attenzione dalle sue
dita, e poi ripeté il nome
dell'amico,
un tono di voce
che sembrava nascondere altro.
Liam ricambiò lo sguardo
con un sopracciglio sollevato, non capendo nulla di quel suo
comportamento, e
strinse i denti in una morsa per non prenderlo a parole al suo
continuare con:
- Ti piacciono tanto i minorenni? Ti eccita metterti in situazioni
pericolose?
O te la fai con Louis perché è il figlio del
sindaco?-
Non riuscì a trattenersi
oltre, sbatté con forza i pugni
contro il tavolo, e sibilò: - Non ti
permettere, Malik.-, sporgendosi verso di lui per risultare ancora più
minaccioso; non ottenne l’effetto sperato,
perché il moro
aveva ricominciato a mangiare come se nulla fosse, avendo persino la
sfrontatezza di chiamare la cameriera ed ordinare una coca - cola.
- Ma te ne vuoi
andare?- borbottò, non riuscendo
ancora una volta ad ignorare il
più piccolo, e
sbuffò al suo fregarsene
altamente e ricominciare a mangiare. E poteva
andarsene lui, certo; andar via e lasciarlo solo a quel tavolo, con
tutto il
conto da pagare - una bella vendetta per tutto quel che gli stava
facendo
passare -, ma c’era qualcosa che lo
tratteneva lì, di fronte a quel
ragazzino e a ribollir di
rabbia.
Sbuffò e roteò gli occhi nel
sentirlo dire: - Perché dovrei andare via?
Questo posto non ti
appartiene, Louis mi ha invitato a pranzo e tu l'hai fatto scappare.-
con quel
tono spocchioso di chi vuole avere sempre ragione e soprattutto
l'ultima
parola.
Decise quindi non
intervenire ulteriormente, preferendo per una volta
lasciar correre, e lo fissò di sottecchi,
vedendolo tutto preso a finire le
porzioni di patatine che Louis aveva ordinato. Strinse le dita sui
jeans, al
suo schiudere le labbra per raccogliere il ketchup con la lingua - ed
era
davvero così necessario? -,
prendendo un respiro profondo e ripetendosi che non
poteva - per nessuna ragione al mondo - eccitarsi e dargliela vinta.
Perché poteva intuirlo
chiaramente dai suoi gesti, da come mangiava le
patatine - arrivando persino a leccarsi le dita con dei mugolii - con
quegli
occhi incantatori che non lo lasciavano libero; stava cercando in ogni
modo di
vincere quella battaglia, facendogli capire di essere in vantaggio con
quel
gioco sporco di riferimenti ad un rapporto orale.
Quando finalmente
quella tortura ebbe fine - l'aveva lasciato
completamente fare e ora si trovava un principio di erezione nei
pantaloni, non
che ne avrebbe mai ammessa la causa - pagò il conto di
entrambi, alzandosi ed
incamminandosi verso lo studio, dove sperava di trovare Louis e non un
posto
vuoto.
Infilò le mani nelle
tasche dei pantaloni, sentendo il ragazzino sempre alle
proprie spalle, e sollevò il capo con fare
esasperato, fissando il cielo
azzurro macchiato da nuvole bianche e all'apparenza soffici.
- .. poi mi hai
pagato il pranzo, come un vero fidanzatino.- stava
continuando a parlare il moretto, seguendolo come un animale domestico
irritante,
non facendosi troppe domande al suo ignorarlo ed accelerare il passo. -
Anche
se potresti aver l’età di mio padre e..-
- La vuoi smettere?-
gli domandò, quando perse
definitivamente la pazienza,
fermandosi e voltandosi verso di lui, appoggiando le mani sulle sue
spalle e
spingendolo con la schiena contro il muro. - Mi stai dando troppi
problemi,
seccature e fastidio.- insistette, tenendo un tono di voce basso e gli
occhi
ridotti a fessure, premendo i pollici contro le sue clavicole nel
vederlo
pronto a ribattere. Si aspettava un esaurimento nervoso prima del fine
settimana, era venerdì ed era quindi più che possibile.
- Ed erezioni.-
aggiunse il più piccolo, spostando
la gamba tra le sue e
spingendo il ginocchio contro il cavallo dei pantaloni. - Ogni volta
che ti son
vicino, ti si alza. Qualcosa da dichiarare, Payne?- gli domandò infine,
tenendo quelle labbra piegate nel solito sorrisino irritante, e scoppiò a ridere
nel momento in cui Liam appoggiò una mano tra il
ginocchio e i jeans,
borbottando qualcosa che Zayn non riuscì ad afferrare.
- Non è colpa mia?- ripeté il moro, riuscendo
a captare qualche parola di
tutto il discorso, e iniziò a scuotere la testa
con fare quasi esasperato.
- E di chi sarebbe la colpa? Della cameriera?- lo istigò,
prendendolo in giro ed infilando le dita tra i passanti dei jeans, per
poterlo
avvicinare al proprio corpo.
Liam annuì solamente a quelle
parole, cercando in tutti i modi di cercare una
scappatoia da tutto quello, e poi si trovò con la schiena
contro il muro e il corpo del
minore fin troppo vicino; strizzò gli occhi, cercando
di non cedere di un solo
passo per quel fiato contro il collo, e deglutì nel sentire le sue
labbra umide a contatto con
la propria pelle.
Spinse il capo
contro il muro, allungando il collo per liberarsi di
quella tortura, e appoggiò le mani sui suoi
fianchi asciutti per tenerlo
lontano mentre lo sentiva dire: - Ora ti eccitano anche i vecchi? I
giovani e i
vecchi? Una via di mezzo non la trovi?-
- Devi lasciarmi in
pace.- riuscì a farfugliare dopo
qualche minuto, mettendoci
tanta forza di volontà per non fare mosse
azzardate - come lo spingere
il bacino in avanti e verso quella gamba di fronte a lui -.
Osservò il ragazzino mentre
muoveva l’indice di fronte al
proprio viso, premendolo poi
contro il labbro inferiore e tirandoglielo appena, lasciandolo
completamente
fare col cuore che gli batteva in gola. Cercava di ripetersi che non
gli stava
facendo alcun effetto, ma quella voglia di schiudere le labbra -
accogliere
quelle dita, succhiarle ed avvolgervi attorno la lingua - era l’unica cosa
che riusciva a pensare da ben cinque minuti.
Si risvegliò all’improvviso, nel
momento in cui sentì il suo
fiato contro la bocca e il suo bisbiglio: - Lo vuoi anche tu, lasciati
andare.-
Liam spalancò gli occhi, quando
quella frase così semplice
prese tutt’altra piega, e iniziò a scuotere la
testa, sentendo tutti i ricordi
tornare a galla per portarlo solamente più giù tra quegli incubi.
Lasciati
amare, Liam.
- Lasciami in pace!
Vattene!- gli gridò in faccia,
ignorando l’espressione
confusa del minore, e lo spinse lontano, riuscendo a trovare forza in
quel
momento di panico totale. - Devi smetterla, stammi lontano!- riprese
con lo
stesso tono di voce alto, sentendo le gambe tremare per colpa di quel
particolare ricordo che si era improvvisamente materializzato davanti a
lui.
Sentì il ragazzino
seguirlo - ripeteva solamente “Liam” con fare
preoccupato - e si voltò verso di lui con un’espressione
di pura rabbia, nel momento in cui quello riuscì a stringere le dita
sul proprio braccio.
Agì d’istinto - avendo
completamente perso la pazienza con lui -, lo prese
per il colletto della giacca di pelle - quella che indossava sempre e
da cui
probabilmente non si separava mai - e diede uno strattone fino a
trovarsi le
sue labbra ad una distanza ravvicinata.
- Smettila.- sibilò a denti stretti,
tenendo la presa salda sulla
sua giacca con il respiro che accelerava sempre di più per via
dell’ira che cresceva in
lui. - Vattene.- insistette, cercando di mettergli
in testa quel semplice concetto. Voleva solamente vederlo sparire,
soprattutto
in quel momento e per colpa di quel ricordo. Lo spinse quindi lontano
con
forza, vedendolo indietreggiare e barcollare - l'equilibrio che cercava
invano
di mantenere -, finendo poi col sedere a terra e le labbra arricciate
in una
smorfia. Non gli offrì una mano -
nonostante si stesse sentendo
vagamente in colpa nel vederlo così indifeso -, gli
diede le spalle e camminò
velocemente per raggiungere nel minor tempo possibile lo studio.
Louis,
fortunatamente, lo stava aspettando seduto sui gradini in
pietra - le labbra arricciate nella smorfia di disgusto che gli aveva
rivolto
solo mezz'ora prima - e mosse solamente la testa in un cenno, alzandosi
in
piedi e battendo i palmi sui jeans, lamentandosi dell’averlo
aspettato per così tanto tempo.
Ignorò anche lui, pensando
a quanto fossero bambini per
legarsi a certe piccolezze, prese le chiavi dalla tasca
e fece scattare la serratura, varcando la soglia per poter chiudersi
nel
proprio studio; cosa che fece in poco tempo, buttandosi di peso sulla
poltrona
con i gomiti appoggiati alla scrivania e il viso nascosto tra i palmi.
Iniziò quindi a
prendere dei respiri profondi, cercando di calmarsi, ma non poteva non
notare
come le sue mani avessero iniziato a tremare - pareti bianche, Kaylyn
su un
letto e quella frase continuamente ripetuta come nelle peggiori delle
torture -
e la vista che gli si appannava a causa del velo di lacrime.
Chiuse le mani a
pugno - le unghie che incideva nel palmo per non far
sfuggire nemmeno una lacrima - e iniziò a picchiettare la
nocca del pollice contro la
fronte, ripetendosi continuamente di stare calmo, respirare e
rilassarsi. Ma
era decisamente tutto inutile: il tremolio alle mani non faceva che
aumentare,
il groppo in gola premeva per liberarsi e la testa gli stava scoppiando
per
tutti i ricordi che aveva tenuto sotto chiave e che ora tornavano
nuovamente
alla luce.
Era quello che
succedeva nei suoi incubi - poi si svegliava e tutte
quelle sensazioni le chiudeva lontano da sé - ma questo non era
un sogno, in quel momento
era sveglio e non c’era nulla che
potesse aiutarlo in quella crisi
di panico che stava avendo.
A momenti avrebbe
ricominciato a lavorare, bambini avrebbero riempito
lo studio e Louis poteva entrare da un momento all’altro, e
lui si trovava a trattenere i singhiozzi, sentendo un dolore al petto
mentre
stringeva le dita sul legno della scrivania.
Si mosse
inconsapevolmente con la sedia, rendendosi parzialmente conto
di quel che stava facendo, avvicinandosi al cassetto laterale ed
aprendolo,
iniziando a rovistare tra le carte ed estraendo una fotografia: un
ragazzo e
una ragazza abbracciati, lei - con quel maglione enorme e pieno di
cuori - che
si stringeva a lui come se ne dipendesse la sua vita.
“Ho così
tanta paura, Leeyum.”
Tutto, ricordava
tutto; ogni singola parola equivaleva ad una
martellata nella testa e ad una pugnalata nel cuore.
“Si sistemerà
tutto, Lyn. Fidati di me, andrà tutto
bene.”
“Non sono pronta,
Liam. Non lo sono per nulla e
ho paura di tutto.. di tutto questo. Sono sola e..”
L’aveva stretta così forte dopo quella
frase, impedendole di
continuare, e aveva sentito le sue dita stringersi attorno alla propria
maglia,
spiegazzando il tessuto e bagnandolo con le lacrime. Le aveva
sussurrato di
calmarsi e l’aveva rassicurata
dicendole che, finché ci fosse stato lui,
non sarebbe mai stata sola.
Che erano sempre stati loro due contro tutto il mondo, che poteva
aiutarla in
quel brutto momento, che poteva essere la sua spalla su cui piangere e
il suo
appoggio in caso di bisogno.
“Sei come lui, così
buono con tutti e.. e mi manca così tanto,
Liam. Mi sembra di impazzire senza di lui.”
E a quel punto era
solo riuscito a sussurrarle un: “manca tanto
anche a me”, mentre la stringeva
un po’ più forte e
fissava di fronte a sé il viale innevato,
lasciandola piangere e
nascondersi nell’incavo del collo.
E ora l’unico che stava
impazzendo era lui, era lui ad essere rimasto solo con
quella bambina - che somigliava fin troppo alla sua mamma e non faceva
altro
che ricordargliela da mattina a sera - e, nonostante volesse un gran
bene ad
Aileen, gli veniva da pensare se la sua vita fosse stata diversa, se i
suoi
consigli fossero stati diversi.. cosa sarebbe successo se avesse
proposto a
Kaylyn di non portare avanti quella gravidanza? Se le avesse dato
ragione al
suo essere troppo giovane, al suo non poter cavarsela in una situazione
così grave e
pesante.
Appoggiò la fotografia di
fronte a sé, le mani che ancora
tremavano, e premette i
palmi contro le palpebre, roteandoli appena per calmare il mal di testa
e
rilassarsi.
Kaylyn era morta,
Kaylyn gli aveva affidato quel fardello e lui, a
distanza di cinque anni, ancora si lamentava.
“Sei così
simile a lui.” Ricordava anche
quello di giorno, il più brutto
della sua vita. “Prenditene
cura, la mia bambina sarà così
simile a te.” E non era
vero nulla, perché l’unica persona che
riusciva a vedere in Aileen era quella ragazza
solare. Solo lei, sempre lei e nessun altro.
Era come se, quella
bambina, fosse per lui una maledizione; non sapeva
che genere di peccato avesse commesso, aveva persino rinunciato all’amore della
sua migliore amica - nonostante avesse capito ed accettato solo dopo
mesi quel
suo “non
ci sono le basi e rovineremmo tutto”- e poi alla sua
presenza. Era davvero ingiusto
vivere con qualcuno che gliela ricordasse così tanto.
Quando capì che tutti quei
pensieri non stavano facendo
altro che peggiorare il suo umore - e le lacrime erano ancora lì, fresche e
pronte per rivelarsi -, si alzò, pronto ad uscire
all’aria aperta
e sperare di calmarsi - e dimenticare, quello era il suo più grande
desiderio da ben cinque anni. Dimenticare, solo quello -; si bloccò però sulla soglia,
nel sentire Louis chiamarlo, e si voltò verso di lui,
sperando di riuscire a nascondere
bene il proprio malumore.
- Chiudi tutto.-
mormorò, rendendosi conto
di quanto fosse roca la voce.
Si sarebbe accorto di tutto, decisamente sì; solo un idiota non
si sarebbe accorto dell’enorme
nuvolone nero che gli stava sopra la testa. - Mi prendo tutti questi
giorni,
chiudi tutto.- ripeté, cercando di
schiarirsi la voce senza risultare
così ovvio. - Ci vediamo
martedì prossimo, buon fine
settimana.- lo salutò
sbrigativamente, vedendolo di sfuggita mentre si apriva in un sorriso
enorme e
iniziava a toccare, come un forsennato, lo schermo del cellulare.
Stava chiudendo la
porta d’ingresso alle
proprie spalle, quando lo sentì gridare -
letteralmente gridare - “Ohi, Malik! Non
indovinerai mai! Chiama Mark,
Nic e Roy.. e tutti gli altri. Ho casa libera e voglio godermi questi
giorni di
libertà.” e scosse la testa,
pensando a tutte quelle feste del liceo - all’ultimo ballo
con Kaylyn, a come l’aveva stretta forte
e a come aveva seriamente
sperato tutto andasse per il meglio -, infilando poi le mani in tasca e
seguendo il viale alberato, dirigendosi verso la stazione della metro.
Fu solo quando prese
posto su quei sedili scomodi, che pensò fosse un’idea
masochista il tornare in quell’appartamento -
entrare in quella stanza e
ritirare fuori i ricordi -; cercò quindi nella
rubrica del telefono, selezionando
il nome “Jade” ed aspettando che
questa rispondesse. Alla terza chiamata - e al
terzo “Non
posso rispondere, ma se è importante lascia
un messaggio!”-, si decise a
mettere il cellulare in tasca e,
in un improvviso moto di sicurezza, scese alla successiva fermata e
ripercorse
la strada della sera precedente - si ricordava vagamente i negozi e
sperava
solamente di non perdersi -.
E, dopo aver chiesto
a più di una persona,
riuscì a trovarsi
di fronte a quella palazzina, suonò il campanello e si
presentò alla voce
gracchiante con un semplice “Sono Liam, Jade è in casa?”, sentendo in
risposta un “Liaaam!” - tutte
quelle vocali allungate che gli fecero riconoscere immediatamente
Perrie - e l’invito a
salire - consigliandogli di non prendere l’ascensore perché “più di una persona è rimasta bloccata e
non posso assicurarti della
fine che hanno fatto.”-
Salì le cinque rampe di
scale - aveva bisogno di riprendere ad allenarsi,
si sentiva fuori forma - e aspettò qualche minuto
prima di suonare al campanello -
la scritta “Eye Candy Chicks” l’aveva fatto
ridacchiare e gli aveva riportato un
po’ del buon’umore -,
venendo trascinato all’interno dalla
ragazza biondo platino e
trovandosi circondato da quel che aveva tutta l’aria di essere un
arredamento completamente
femminile.
- Jade è a lavoro, aveva il
turno di mattina e tra poco dovrebbe rientrare.-
iniziò quella, la sua
solita parlantina veloce ed allegra che lo lasciava
per un secondo stordito. - Ma puoi aspettarla, dalle cinque minuti e sarà qui tra
noi. Sarebbe così felice di vederti!-
concluse con una gomitata contro il fianco e un
occhiolino, facendolo arrossire appena ed impedendogli di ribattere.
- Non vorrei
disturbare.- tentennò dopo essersi
ripreso, seguendola in quello che
doveva essere il salotto e fermandosi sulla soglia nel vedere altre due
ragazze
- le due coinquiline che mancavano all’appello - ad
occupare la maggior parte del
piccolo divano; la riccia seduta, con lo sguardo fisso sul televisore,
e quella
con i capelli lisci, che stava quasi seduta in braccio a lei, con un
libro tra
le mani.
Deglutì, sentendosi
completamente in imbarazzo in mezzo a così tante
persone sconosciute, ed era tentato di declinare l’invito a
restare - dopotutto con Jade poteva parlare un altro giorno e non
ricordava
nemmeno il motivo per cui era andato fin lì, se doveva essere
sincero -, ma la riccia esclamò: - Peeez
chi era alla porta?-, facendolo sobbalzare e fare un versetto sorpreso,
rendendo le ragazze partecipi della sua presenza.
Seguirono momenti
imbarazzanti di silenzio, in cui si studiarono
attentamente e senza un particolare motivo, e poi la riccia mormorò verso
Perrie, indicandolo con la confusione leggibile negli occhi: - Non
stavi
attraversando la fase del “gli uomini son
soltanto degli stronzi,
preferisco rinunciare e viver per sempre come una zitella”? Hai già cambiato
idea così facilmente?
Pensavo, dopo Brandon, di non dover più subire i
tuoi strilli e insomma.. però gran bella scelta.-
Il suo colorito
raggiunse il rosso più intenso nel capire
quel che stava
sottintendendo, iniziò a scuotere la testa
e farfugliare tre parole
assieme - non capendosi nemmeno lui -, per poi ascoltare la bionda
esclamare,
con fare teatrale: - Ma a che stai pensando, Dani! Son tutt’ora in
quella fase del mai più
maschi in
vita mia!- ed aveva persino
sollevato un braccio, come se stesse leggendo chissà quale spot.
La vedeva dannatamente bene in una campagna femminista contro il potere
degli
uomini, sembrava esser nata per ricoprire quel ruolo.
- E lui allora chi è?- si fece sentire
la terza ragazza,
distogliendo l’attenzione dal libro
per puntare i suoi occhi marroni in quelli di
Liam, che mosse una mano in un cenno di saluto e rispose: - Liam, molto
piacere.-
Seguirono minuti -
nonostante Liam fosse pronto a giurare di aver
aspettato ore per una qualsiasi reazione - e poi le due ragazze
gridarono
assieme il nome “Liam?!”, come se avessero
appreso chissà quale mistero, per
poi guardarsi e scoppiare a
ridere nello stesso momento, ripetendo cose come “Lui è Liam?”ed arrivando persino
a dire “Dobbiamo
scambiare qualche chiacchiera con Jade.”
Si sentì molto stupido,
quando sussurrò: - Liam è un nome piuttosto
comune.-, e venne bloccato
dalla ragazza con i capelli mossi e marroni, che spiegò, come a
rendergli più semplice il tutto:
- Ma tu sei il Liam di Jade!-
- Ellie ha ragione,
non sei un qualsiasi Liam.- insistette la riccia,
che Perrie aveva chiamata “Dani” poco prima, per poi
indicargli la restante
parte del divano e mormorare: - Unisciti a noi, non ti mangeremo. L’unica di
cui devi preoccuparti è Pez, lei gli uomini
li divora.-, facendolo
scoppiare a ridere ed alleggerendo decisamente l’atmosfera.
Erano passate quasi
due ore - Perrie doveva aver sicuramente mentito
sul tempo di ritorno di Jade - e Liam si era intrattenuto con le tre
ragazze,
pensando di non aver mai trovato una compagnia femminile così divertente.
C’era una
strana sintonia tra le tre, come se vivessero assieme da sempre e si
conoscessero quindi alla perfezione; era strano osservarle dall’esterno,
guardare quello strano meccanismo fatto di battutine e prese in giro.
Stavano ridendo
tutti assieme - a causa di una battuta di Danielle,
così si chiamava, su
quanto Perrie avesse alla sue spalle uno strascico di
uomini dal cuore spezzato -, quando sentirono il tipico rumore di una
chiave
ruotare nella toppa, il successivo scatto della serratura e: - Alla
prossima mi
licenzio! Quel coglione! Non sopporto più nessuno!-
Restarono in
silenzio, scambiandosi qualche sguardo, e poi fissarono
la ragazza - aveva appena varcato la soglia, ma si poteva intuire ad
una prima
occhiata quanto fosse stata faticosa la sua giornata -, che spostò gli occhi
marroni e grandi su ognuno di loro, fermandosi sul castano con un’espressione
confusa e quasi sbalordita.
- Ehi, Jade, ero
passato solo per..- stava dicendo in quel momento,
cercando di non rendersi ulteriormente imbarazzante di fronte alle sue
coinquiline, ma venne interrotto da Danielle, che quasi gridò: - Portala
fuori!-, a cui si aggiunse Perrie e il suo: - Esatto, come dice Dani.
Fai il
cavaliere, Li!-
In un primo momento
restò in silenzio, quelle
ragazze sapevano cosa dire
per mettere una persona a disagio, ma poi annuì, pensando che quell’idea non
sarebbe stata niente male - dopotutto era lì per quello, no?
Parlare con Jade - e le fece un
cenno verso la porta, indicandola persino con un gesto vago della mano
mentre
mormorava: - Vogliamo andare?-
E il sorriso enorme,
che piegò in poco tempo le
labbra della ragazza, valeva
decisamente tutto quanto.
La lasciò varcare per prima
la soglia, tenendole aperta la porta - guadagnando
per questo dei versetti di approvazione e “è
semplicemente perfetto”-, e restò sorpreso nel
vederla prenotare l’ascensore e
invitarlo ad entrare, aggiungendo, a mo’ di spiegazione: -
Il gioco dell’ascensore,
giusto? Pez si diverte, lo fa ogni volta.-
- Un gioco?- chiese
conferma, fissando le porte che si chiudevano e
restando per qualche secondo in ansia dalla paura che potesse succedere
seriamente qualcosa. - E come mai ha questa.. tradizione?- le domandò ancora,
voltandosi verso di lei e sorridendo di riflesso nel vederla ridere e
stringersi nelle spalle, ascoltando il suo: - Si diverte a far correre
gli
uomini.- e ridendo con lei.
Quando uscirono
dalla palazzina - fortunatamente le parole di Perrie
si erano rivelate completamente fasulle -, Liam infilò le mani
nelle tasche dei jeans e la osservò stringersi nella
giacca di letterman rossa, che
contrastava con i suoi capelli così blu.
- Allora?- domandò dopo qualche minuto
di silenzio, lo portava
sempre a pensare troppo ed era quello che stava evitando, per poi
continuare
con: - Quello scoppio di poco fa? Vuoi parlarne?- a cui la ragazza
rispose con
un’alzata di
spalle e un: - Incomprensioni tra me e il mio capo.-
Liam mosse la testa
in un cenno, non capendo esattamente tutta la
questione e trovandosi nuovamente a disagio, per poi proporre: - Io ti
offro un
caffè e tu mi racconti
cosa c’è che non va?- e
rispondere al suo: - Non
prendermi per una stronza ma.. perché t’interessa tanto?-
con un semplice: - Voglio solo
rivedere il tuo sorriso, mi piace.-, facendo arrossare le guance della
ragazza,
che abbassò il capo per non
fargli notare eccessivamente quell’imbarazzo.
- Nulla di cui
vergognarsi.- insistette, arricciando le labbra in un
ghigno, e aggiungendo: - Penso davvero tu abbia il sorriso più bello
che..-
- Ma smettila, Lee!-
esclamò lei, dandogli uno
spintone con le guance sempre
più rosse e
gli occhi luminosi. - A quante ragazze fai questi complimenti?- si
lamentò infine,
sbuffando al suo insistere con: - Tu sei sicuramente la più bella.-;
frase che si guadagnò un pugno contro il
braccio e un’occhiata da
minaccia a riprovarci nuovamente.
Il castano sollevò quindi le braccia,
facendole capire di essersi
arreso, e poi borbottò: - Pensavo fossimo
diventati amici.- per cui
Jade corrugò la fronte e ripeté: - Amici?-,
saggiando quasi la parola sulla
lingua. Come se fosse una parola sconosciuta, come se non avesse avuto “amici” da fin
troppo tempo; e di sicuro non era il suo caso.
- Amici, sì!- esclamò più convinto il
maggiore, dandole un pugno
scherzoso contro la spalla e mormorando: - Dopo la figuraccia al
bowling
pensavo di essermi meritato la tua amicizia!- a cui la ragazza rispose
con uno
scoppio di risa e un: - Ovviamente, Lee. La prossima volta t’insegno
qualche tecnica, magari anche per conquistare le ragazze. Sei proprio
pessimo,
peggio che con il bowling.-
Angolo
Shine:
Come sempre
puntuale, ecco il nuovo capitolo!
Inizia a svelarsi
piano piano la verità su Kaylyn (no, non è la sorella
di Liam. Anche se lo era in una prima versione nella mia testa, quando
ancora
non avevo scritto capitoli) e sul legame che aveva con Liam.
Un piccolo Lilo e
Ziam (piccolo accenno di Zouis), per spolverare e
concludere il tutto con la vostra amatissima Jade.
“Eye Candy Chicks” è il nome che si son
date le quattro ragazze, un
po’ come se
fossero una band o qualcosa del genere. E “chick” è un modo per
indicare una donna (assieme a “bird” e tanti
altri), descrivendo con una parola la sua sensualità (etc,
ect). Tutto questo viene da cultura personale (ovvero fanfiction in
inglese che
leggo) ed è confermato dall’Urban Dictionary (mi
diverto troppo a cercare
termini lì sopra).
Non penso di aver
altro da aggiungere, oltre al fatto che questi
capitoli mi stanno facendo piangere fin troppo. Questo Liam è seriamente
una tortura, troppi segreti nascosti per anni ed è come se fosse sull’orlo di un
precipizio, rifiutando l’aiuto di qualsiasi
essere vivente. Ad
immedesimarmi così tanto, mi ritrovo a
fissare lo schermo con gli occhi lucidi e a
scrivere capitoli dall’aria lugubre e angst
(troppo angst.)
Siete fantastiche/i
e vi ringrazio per il vostro continuo sostegno
(verso questa storia e me). Apprezzo davvero tantissimo, leggo ogni
recensione
e mi sento in colpa perché non ho mai tempo di
rispondere.
Buon fine settimana,
fate come gli Zouis e festeggiate.
A venerdì prossimo!
E, visto che in
questa giornata grigia (almeno qui a Milano) mi sento
particolarmente buona, vi lascio un piccolo spoiler del prossimo
capitolo, il
nono. (Sì, è anche per farmi
perdonare della continua presenza di Jade)
Spoiler nono
capitolo:
« A
quelle parole il più piccolo si
raddrizzò con la schiena,
fece schioccare la lingua
contro il palato e borbottò: - Tu mi dici di
lasciarti in pace, con gli
occhi mi chiedi di scoparti.-
- Io?-
chiese con un’espressione allibita
il castano, indicandosi con
l’indice,
e roteò
gli occhi al suo cenno d’assenso e al suo
insistere con: - Certamente,
mandi segnali contrastanti. Non è semplice starti
dietro. Sei sempre vattene
e lasciami in pace ma quel che
sento è
sbattimi
contro un muro e prendimi.- »