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Autore: Serpentina    21/09/2014    7 recensioni
Dopo quattro anni Faith Irving e Franz Weil hanno preso strade diverse, professionalmente. Il loro amore, al contrario, è più solido che mai, tanto che, sulla scia degli amici che hanno già messo su famiglia, o ci stanno provando, decidono di compiere un grande passo: sperimentare la convivenza. I due piccioncini sono convinti che l'esperienza rafforzerà ulteriormente il rapporto, che, invece, verrà messo a dura prova da un "terremoto" che rischierà di farlo naufragare definitivamente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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Per James Bond è il domani a non morire mai, ma cos’è il domani se non il ieri di dopodomani? XD
Scusate lo sclero, ogni tanto mi perdo in strane riflessioni… meglio che vi lasci al capitolo, dopo aver ringraziato le “onnirecensenti” Bijouttina, Calliope Austen, DarkViolet92, che hanno recensito,  Lady_Cassandra, che ha recensito e segue la storia, e abracadabra, Akiram_len, Free_Yourself, gnometta19, lilly_13, loryl84, Marty_0202, Purplejay, t3s0r4, che pure la seguono. ^^
 
Il passato non muore mai
 
Ogni santo ha un passato, mentre ogni peccatore ha un futuro. 
Oscar Wilde

 
Cornelia Bishop, detta Connie, venne destata da un raggio di sole che la colpì in pieno viso. Infastidita dalla luce schermò gli occhi con la mano e si coprì la bocca con l’altra per impedirsi di emettere qualsiasi suono, quando si accorse di trovarsi in un letto non suo, col braccio di un secondo occupante a cingerle possessivamente la vita.
Fece mente locale e rammentò gli avvenimenti della notte precedente: Keith Allen, figlio del suo editore - nonché coinquilino e fidanzato ufficiale - al termine di un’accesa discussione l’aveva spedita da Kyle Riley, il grafico che stava curando la copertina della sua ultima opera; dopo tanto blaterare di lavoro avevano bevuto qualche drink per festeggiare l’imminente lancio del libro… e a quanto pare i festeggiamenti erano proseguiti in camera da letto.
A differenza del resto, ricordava nitidamente i particolari a luci rosse: ogni carezza, bacio, gemito.. tutto. Ed erano ricordi estremamente piacevoli. Con Keith non aveva mai provato sensazioni così avvolgenti, totalizzanti, né un così prepotente desiderio di averne ancora. Come avrebbe potuto? Keith era stato il suo primo ragazzo, e, nonostante l’impegno, non possedeva certo l’esperienza di Kyle, di cinque anni più vecchio e parecchio più navigato.
Il suo primo pensiero fu come andarsene da lì senza svegliarlo. Non avrebbe certo prolungato l’agonia aspettando un invito forzato a fermarsi per colazione, consumata con la triste consapevolezza che l’altro non vedeva l’ora sparisse per fare spazio alla prossima conquista. Nessun sogno romantico, nessun senso di colpa. Perché mai avrebbe dovuto? Conosceva Kyle, sapeva che non era tipo da resistere a lungo con la stessa donna, e Keith aveva il suo svago, Hailey, un’arma da usare contro di lui nel caso si fosse lamentato. Per citare Cassie Bloom, la protagonista dei suoi libri: “l’unica maniera per non rendersi ricattabili è condurre una vita mortalmente noiosa”.
Lentamente, trattenendo il respiro, Connie spostò il braccio dell’uomo, scostò le lenzuola, si alzò e si avviò a passo di bradipo verso la porta.
Si rivestì silenziosamente in bagno, raggiunse l’ingresso con passo felpato e lasciò l’appartamento così, senza un biglietto, né una spiegazione.
Quelle che avrebbe dovuto fornire a Keith bastavano e avanzavano.
 
***
 
Adam Cartridge ricambiò il radioso sorriso di sua nipote Kaori, eccitatissima all’idea di poter finalmente realizzare il suo sogno - avere un cane - molto meno per l’inizio della scuola. Nonostante le ripetute insistenze, infatti, i suoi genitori, Ben e Abigail, avevano rimandato l’aggiunta al nucleo familiare di un amico a quattro zampe alla fine dell’estate, in modo da non essere costretti a cambiare programmi per le vacanze per adattarsi alle esigenze dell’animale.
–Papà dice che le persone di successo sono organizzate, quindi ho fatto un programma: ora prendiamo il cane, poi festeggiamo con un gelato goloso e poi andiamo a comprare lo zaino e la roba per la scuola. Ti va bene?
–Benissimo, e complimenti per lo spirito organizzativo- rispose lui, divertito e anche un po’ emozionato: sembrava ieri che Kaori era uno scricciolo infagottato in una tutina rosa troppo grande, invece aveva compiuto sei anni e la settimana seguente avrebbe cominciato le elementari. “Il tempo passa troppo in fretta per i miei gusti”, pensò, rivolgendo un sorriso amorevole alla biondina sul sedile del passeggero.
–Il gelato te lo pago io, zio- asserì Kaori, assumendo un’aria incredibilmente adulta per la sua età. –Cioè, papà mi ha dato i soldi, ma lo offro io. Ti porto alla gelateria preferita mia e di AJ. Ti piacerà!
–Non vedo l’ora, principessa! Adesso, però, pensiamo al cucciolo: sei già orientata su qualche razza in particolare, oppure andrai a caso?
–Vado a naso- rispose lei scrollando le spalle. –Tanto ho un fiuto pazzesco!
–Siccome non sei snob come la tua mamma - ma tu shh! Non dirglielo! - non prenderemo un cane spocchioso col pedigree. Ho pensato che potremmo dare una casa e tanto amore a uno del canile. Che ne dici?
–Ok- annuì la bimba e, non appena suo zio ebbe parcheggiato, corse suonò il clacson per sfizio e saltò giù dalla macchina, per poi bloccarsi: non aveva la minima idea di dove andare.
Adam la raggiunse ed insieme si diressero al canile. Non fece in tempo a chiedere di vedere i cani che una voce familiare esclamò –Adam! Che bello rivederti!- e, senza dargli tempo di aprir bocca, una giovane donna - alta e snella, dalla lunga chioma rossa raccolta in una crocchia disordinata - lo soffocò in un abbraccio mozzafiato, dal quale lo liberò dopo circa un minuto soltanto per fissarlo sorridente come se non lo vedesse da anni. –Ti sei rasato... meno male! Sarà anche stata più virile, ma quella barba ti invecchiava di dieci anni! E sei pure dimagrito dall'ultima volta che ti ho visto!
"Porca di una miseriaccia infame, tra tutti i canili di Londra proprio in questo deve fare volontariato la Rossa?"
–Tu, invece, non sei cambiata affatto- rispose Adam.
Monica (questo il suo nome) eruppe in una grassa risata, e replicò –Lo prendo per un complimento. Ehi, tra poco stacco, ti va un caffè? Oppure, data l'ora, potremmo pranzare insieme.
–Grazie dell'invito, ma non posso. Accompagno mia nipote e dopo vado allo studio legale dove faccio tirocinio- asserì Adam guardando ovunque tranne che dove si trovava Monica.
La giovane, risentita, ribatté –Oh, sì, certo… e gli uccellini fanno bau! Abbi il coraggio di dirmelo in faccia che non vuoi più avere niente a che fare con me, invece di rifilarmi scuse patetiche che offendono la mia intelligenza!
–Nicky, come puoi dire che non voglio più avere niente a che fare con te? Fino a prova contraria sei la mia migliore amica!- sbottò Adam.
Monica non rispose; fece accomodare Adam e Kaori in uno stanzino adibito a ufficio, soltanto allora aprì bocca –Ne ho parecchie di prove contrarie: da quanto non usciamo insieme io e te, anche solo per chiacchierare? Da quanto non ci  divertiamo con le maratone di film o le serate a tema? Da quanto non ci sentiamo per andare a correre al parco, andare in palestra, farci un viaggio insieme? Sono cose che i migliori amici fanno.
–Avevo bisogno di tempo per... riprendermi- esalò Adam.
–Due anni?- soffiò Monica tra i denti, al che lui, punto sul vivo, rispose con un tono che tradiva la rabbia repressa –Non sei nella posizione adatta per fare la vittima, ho semplicemente esaudito il tuo desiderio!
–Che desiderio? Io desidero averti nella mia vita, sei il mio migliore amico!- pigolò lei.
Adam respirò profondamente ed esclamò –Non la pensavi così due anni fa, quando mi dicesti di non impicciarmi della tua vita!
–Non mettermi in bocca parole che non ne sono uscite!- ribatté la rossa, infervorandosi. –Lo ricordo come fosse ieri: non ti chiesi mica di sparire nel nulla, ti dissi semplicemente che, soltanto perché eri accidentalmente entrato una volta…
–Due.
–Nelle mie mutandine non avevi il diritto di impicciarti della...oh....oh...
–Ooops!- concluse al suo posto Adam.
Monica aprì bocca per replicare, ma venne preceduta da Kaori, che, scocciata dalla discussione, esclamò –Sentite, io non ho capito una mazza di quello che avete detto. Posso scegliermi un cane, adesso?
 
***
 
–E’ stupendo non lavorare la mattina: per strada non c’è quasi nessuno, e possiamo godere di questa calma- celiò Faith, arrestandosi davanti alla vetrina di una libreria.
Franz, che la seguiva carico di buste, sbottò –Possiamo? Calma? Nel caso non l’avessi notato, ti sto facendo da facchino!
–Sbrigato l’utile - alias commissionare a Melanie la torta per il compleanno di Wilhelm - si passa al dilettevole, che per me consiste in compere sfrenate… soprattutto scarpe e libri. E dai, qualche altro tomo non ci manderà in bancarotta!- gnaulò la Irving, che aveva già adocchiato un paio di titoli interessanti.
–Ci manderanno fuori di casa, però: abbiamo già riempito gli scaffali in camera, quelli in salotto sono mezzi pieni… dove mettiamo le tue scarpe, eh? E i ninnoli?
–Potremmo aizzare Agatha contro le bomboniere e gli orrendi vasi che ci regala la moglie di tuo padre!- propose lei, e Weil, con suo enorme sconcerto, si rese conto che era seria. –A cosa serve un gatto, se non a liberarsi dei soprammobili inutili?
–Compresa la tua collezione di tartarughe?
–Osa sfiorarla anche solo con un dito e i tuoi preziosi boccali bavaresi faranno la stessa fine!- soffiò Faith. Poi, improvvisamente si irrigidì, sbiancò, e fece segno a Franz di rimettersi in marcia.
Obbedì, sebbene non capisse il motivo di quel repentino mutamento di umore… finché Faith non andò a scontrarsi con una donna appena uscita dal negozio.
Questa abbaiò –Guarda dove vai!
–Sono mortificata, Catherine.
–Come sai il mio… Faith! Oh, santo cielo! Scusa, non ti avevo riconosciuta!
–Non fa niente… dopotutto, sono passati anni dall’ultima volta che ci siamo viste- concesse la Irving in tono conciliante.
–Vero. Spero che non mi odi, dopo… beh, dopo quanto è successo- pigolò l’altra.
–Tranquilla, non la odio- asserì freddamente Faith. –Non ho tempo da perdere odiando gli altri… nemmeno quelli che lo meriterebbero.
Franz, sorpreso dalla durezza nella voce e nello sguardo della sua donna, rimase ancor più stupito nel vedere che la (per lui) sconosciuta, invece di tenerle testa, chinò il capo e sospirò –Credimi, avrei voluto anch’io che le cose fossero andate diversamente. Comunque puoi stare serena: non è qui. Sono tornata con mio marito per vendere la casa e… salutare Vyvyan.
–Vado da lui almeno una volta al mese.
–Lo so, e di questo non potrò mai ringraziarti abbastanza.
–Lo faccio con piacere. Tenevo molto a Vyv. Comunque, se può consolarla, ho ritrovato la felicità da molto tempo. Grazie a lui- rispose Faith, arpionando il braccio del suo compagno. –Mrs. Wollestonecraft, le presento l’uomo che ha ricomposto il mio cuore dopo che suo figlio l’ha fatto a pezzi. Franz, ti presento… la mia ex suocera.
Weil rimase a bocca aperta, e lasciò cadere le buste. Non sapeva come comportarsi: cosa avrebbe dovuto dire? “Salve, è un piacere conoscere la madre del putto troppo cresciuto che ha fatto soffrire la donna che amo”?
–Franz Weil. Molto lieto.
–Ne dubito, ma apprezzo lo sforzo di cortesia- replicò Catherine. –Sono sinceramente contenta di sapere che hai voltato pagina e ti sei sposata, alla fine.
–Oh, ehm… noi non siamo sposati- la corressero i due, arrossendo furiosamente.
–Allergia al matrimonio, eh?- esclamò Catherine con un misto di stupore e malevolo compiacimento. –Allora mio figlio ha lasciato il segno, dopotutto. Bene, vi lascio alle vostre spese. Buona giornata!
Faith la salutò con la mano e si voltò verso Franz, teso e livido; a riprova dell’effetto sortito da quell’incontro sul suo umore, sollevò una mano per farle segno di tacere e ringhiò –Non. Una. Parola. Preferirei fingere che tutto ciò non sia mai accaduto. Ok?
 
***
 
Svegliarsi da solo non era un’esperienza nuova per Kyle Riley, abituato a rapporti effimeri di una notte o poco più; eppure quella mattina, provò una punta di tristezza nell’appurare che Connie era sparita.
–Peccato se ne sia andata- mormorò al proprio riflesso. –Sarebbe stato bello non mangiare da solo, per una volta.
Di solito lo infastidiva conversare dopo il sesso, ma per la Bishop avrebbe fatto volentieri un’eccezione: era una compagnia piacevole, e, come lui, bisognosa di un confidente; a nessuno dei due mancavano gli amici, però avevano nell’armadio scheletri che non avrebbero mai condiviso con loro. Gli piaceva Connie, gli era sempre piaciuta; quando si erano conosciuti avevano, rispettivamente, quattordici e diciannove anni, e lei era una compagna di scuola di Vyvyan, il defunto fratello del suo amico Cyril. L’aveva vista attraversare l’adolescenza, affrontare coraggiosamente le conseguenze di un grave incidente stradale, trasformarsi da ragazzina timida e impacciata in una giovane donna brillante e scrittrice di successo. Tuttavia, aveva mantenuto nei suoi confronti un atteggiamento neutro, e l’aveva sempre considerata alla stregua di una sorellina… fino a quella notte.
–La piccola Connie non è più tanto piccola… specialmente il posteriore!- commentò, sbuffando una risatina, mentre passava le dita sui graffi che gli aveva lasciato sulle braccia.
Scacciò dalla mente quei pensieri poco casti: avrebbe incrociato sicuramente la ex piccola Connie al lavoro, non era il caso di abbandonarsi a fantasie erotiche su di lei, rischiava di commettere qualche gaffe, senza contare che non valeva la pena farsi cambiare i connotati da un fidanzato geloso per qualcosa accaduto per caso e che non si sarebbe ripetuto mai più.
Distrattamente, inconsciamente, si mise ad accarezzare l’unica traccia della presenza di Connie a casa sua: Cenerentola aveva perso una scarpetta, lei aveva optato per una copia di prova del suo nuovo libro.
–Non sembra malaccio… potrei azzardarmi a leggerlo, mia nonna si lamenta in continuazione che non leggo niente di più impegnativo dei giornali con le offerte del supermercato!
 
***
 
Monica e Adam - che si erano completamente dimenticati della presenza di Kaori - si riscossero all'istante, balbettarono parole incomprensibili, rossi in faccia, quindi Adam, fortemente a disagio, le presentò, e Monica si scusò con la bambina per non averle prestato attenzione prima.
Kaori sospirò e rispose –Non fa niente, ormai ci sono abituata: sto per avere un fratellino, e nessuno mi calcola più.
–Eh, sì, i fratelli minori sono degli usurpatori.
Kaori sospirò una seconda volta e rispose –Una rottura indicibile!
–Ti capisco- disse Monica. –Anche io ho dei fratelli minori, Chuck e Leo... con il primo tanto quanto, ma quando arrivò il secondo feci la pazza per mesi, soprattutto quando scoprii che era un altro maschio! I miei uscirono matti appresso a me, ci volle più di un anno perché smettessi di provare a far fuori mio fratello minore con la collaborazione del secondo!
–Almeno tu avevi il fratello di mezzo, io non posso contare su nessuno per liberarmi del moccioso!- esclamò Kaori, facendo ridere Monica, che replicò –Abbi fede, Kaori. Ora ti sembra una fregatura, perché, a differenza di quanto ti hanno detto i tuoi genitori, non puoi giocarci, ma prima di quanto credi potrai divertirti insieme al tuo fratellino, o sorellina, vedrai. E poi sarai sempre la maggiore, il punto di riferimento, per qualsiasi cosa si rivolgerà a te, non ai vostri genitori, vorrà  emularti... sono soddisfazioni!
–E va bene, aspetterò un po’ prima di farlo fuori- esalò Kaori scrollando le spalle.
Monica, ridacchiò e la portò a vedere i cani.
Il primo commento della bimba fu –Poverini! Come sono tristi in gabbia!
–Fosse per me li lascerei liberi, ma le disposizioni sono queste, e non posso fare di testa mia. Ad ogni modo gli esemplari che vedi sono vaccinati, disinfestati, disinfettati... tutto. Sono più asettici di una stanza d'ospedale e sono disponibili per l'adozione, per cui guardati intorno e scegli quello che più ti piace!
Kaori non se lo fece ripetere due volte: corse a esaminare ogni singola gabbia, in cerca di un cucciolo che le rubasse il cuore. Dopo dieci minuti non aveva ancora trovato il suo cane, e l’entusiasmo cominciava a scarseggiare.
–Questo no, troppo peloso.... troppo poco peloso... troppo alto... troppo basso.... troppo mordace... troppo bavoso, che schifo!.... Troppo festoso... troppo scontroso... troppo scodinzolante... troppo depresso....
Pareva che la ricerca si sarebbe conclusa con un nulla di fatto, se non che Kaori si fermò davanti alla gabbia di un bulldog a macchie bianche e marroni, che definire sovrappeso era un eufemismo, con gli occhi di colore diverso: uno marrone, l'altro quasi bianco. Rimase a fissarlo rapita per un paio di minuti, dopodiché, incurante delle raccomandazioni, protese una mano verso l'animale, che la annusò, prima di leccarla... si erano trovati!
Monica, accorsa sul posto attirata dal riso della bambina, quasi svenne quando la vide lasciarsi leccare la mano da quel cane, tristemente noto per aver morso chiunque gli si avvicinasse; ripresasi dallo shock, esclamò –Sembra che tu abbia trovato quello che cercavi, alla fine. Gli sei simpatica: non si era mai lasciato avvicinare da nessuno a parte me, prima d'ora. Ti piace?
–Oh, si, tanto, è così... diverso!
Monica le sorrise di rimando e ammise –Se lo prendi gli e ci fai un favore: nessuno lo vuole, povero cucciolone, non capisco perché... sarà per via dell'occhio...
–Io lo trovo bellissimo- sospirò la bambina, quindi, scrutato con un’occhiata veloce il cane, asserì –Ti chiamerò Plumpy, perché sei paffutissimo!
Plumpy abbaiò in segno di approvazione, mentre Adam non approvò la scelta: Abigail era già contraria all'idea di prendere animali in casa, figurarsi uno che sembrava un maiale travestito da cane! Tentò con tutte le proprie forze di dissuadere Kaori dal prendere con sé Plumpy, dirottando la sua scelta su altri cani, più piccoli e carini, che non avrebbero fatto rischiare a sua madre la morte per infarto, ma la bambina fu irremovibile, e Adam fu costretto alla resa.
Prima di andar via, firmati i debiti moduli, Monica diede a Kaori un'informazione preziosa –Il martedì sera tengo, a pochi isolati da qui, dei corsi di educazione cinofila; se hai chi può accompagnarti e venirti a prendere - e credi possa esserti utile - sarei felicissima di accogliere anche te e Plumpy nella classe!
Kaori sorrise, poi, guardando lo zio con la coda dell'occhio, rispose –Ci saremo.
–Oh, bene, sono davvero contenta! Allora a martedì. Ciao, Kaori, è stato un piacere conoscerti.
–Anche per me, infatti punirò lo zio Adam perché ti ha tenuta nascosta così a lungo- asserì la biondina, facendo ridacchiare Monica, che alzò gli occhi fino ad incontrare quelli di Adam, al quale chiese –Non ti pare il momento di metterci una pietra sopra?
Lui fece un cenno di assenso e rispose –Oggi devo davvero andare allo studio, e stasera sono a cena fuori, ma possiamo vederci alla cena di classe.
–Cena di classe?- chiese Monica, cadendo dalle nuvole.
–Danny e Corinne hanno organizzato una rimpatriata: cena da ‘Hibiscus’ seguita da quattro salti al ‘Cargo’. Ci sarai?
"Oh. Cristo. Che idea deprimente! Grazie al cielo, le stronze non mi hanno invitata. Ma che dico? Ci sarà Adam, non posso mancare!"
–D-Dipende da quando si terrà- balbettò.
–Questo sabato. La conferma va data entro domani, se pensi di esserci posso avvisare io Danny- si offrì gentilmente Adam.
–Mi faresti un enorme favore, grazie.
–Non c'è di che. Allora a sabato. Appena avrò notizie sull'orario ti manderò un sms, ok?
–Basta flirtare. Ho fame, voglio andare alla gelateria!- si intromise Kaori.
Adam si mise sull'attenti, rispose –Ai tuoi ordini, principessa. Andiamo. Ciao, Nicky.
–Ciao.
–Un momento- esclamò Kaori. –Perché lui ti chiama Nicky e io devo chiamarti Monica?
–Perché io sono suo amico da dieci anni e tu no- replicò Adam.
Monica, invece, ridacchiò sotto i baffi ( di cui era priva) e rispose –Perché non me l'hai chiesto. Se vuoi, puoi chiamarmi Nicky anche tu. Contenta?
–Si. Ora possiamo davvero andare. Ciao, Nicky. Avanti, Plumpy, muoviti!
 
***
 
Mentre guidava verso la tanto decantata gelateria, Adam gnaulò –Tua madre vorrà la mia testa!
–Anche io: hai dei capelli bellissimi!- trillò la bimba.
Avrebbe voluto replicare, ma si accorse di qualcosa che lo infastidì molto.
–Kaori, perché stai fissando il cavallo dei miei pantaloni?
–Per capire come hai fatto a entrare nelle mutande di Nicky- rispose candidamente lei.
Adam arrossì e balbettò –C-Cosa?
–Mi spieghi come hai fatto a entrare nelle mutande di Nicky?
–Spiacente, principessa, fa parte di quegli argomenti di cui non possiamo parlare pena la pena capitale, e tua madre come boia è implacabile!- obiettò Adam in un tono che non ammetteva repliche. Per fortuna, Keith lo salvò da quella situazione imbarazzante. Attivò il viva voce e rispose –Sto guidando, amico. Se non è urgente…
–Connie non è tornata a casa- esalò l’altro. –Ha dormito fuori. Sai che significa?
–Uhm… che hai avuto il letto tutto per te?
–Adam!- sbraitò Keith. –Sii serio, porco cazzo!
Adam si infuriò.
–E tu evita le parolacce, c’è una bambina in ascolto!
–Kaori è con te?- ruggì Keith. –E ha sentito tutto? Ma porca… perché diavolo hai messo il viva voce?
–Te l’ho detto: sto guidando!- sbottò lui. –Ora calmati e spiegami per bene cos’è successo.
–Abbiamo ricevuto le bozze della copertina dell’ultimo giallo di Connie, ma non le piacevano, così le ho, ehm, suggerito di parlarne direttamente con Kyle. E’ uscita augurandomi la buonanotte e da allora non l’ho più vista.
–Fossi in te aspetterei a preoccuparmi- lo rassicurò Adam. –Può darsi che se la sia spassata.
–Intendi… con un altro?
–Intendo che si è goduta un po’ la vita dopo un periodo di intenso lavoro. Scusa, ma che pretendi? Sono suo amico, non la sua balia! Se vuoi informazioni rivolgiti a Nicky, quelle due sono pappa e ciccia!
–Hai ragione! Può darsi che siano uscite insieme! Perché ho pensato subito al peggio?
–Perché vivi nel terrore che Connie ti imiti e si cerchi un altro “giocattolino”?
–Credo l’abbia già trovato- sospirò Keith.
–Anche se fosse, non sei nella posizione migliore per giudicare!
–Rinfacciarmi i miei sbagli non li farà sparire magicamente, Adam- abbaiò Keith. –Scusa se ti ho disturbato, ti lascio guidare. Provo a chiamare Nicky, spero che Connie sia davvero stata con lei. Ci vediamo sabato.
–Con chi ti presenterai alla famigerata cena?- domandò l’amico, curioso della risposta.
–Con Connie, ovviamente- rispose Keith. –L’unica e sola!
–Se escludi Hailey- puntualizzò Adam, e Keith, furente, pose fine alla telefonata.
Pochi minuti dopo, Kaori riaprì bocca.
–C’è un’altra cosa che non ho capito, zio.
“Giuro che se mi chiede di nuovo come ho fatto a infilarmi nelle mutande della Rossa, la strozzo!”
–Spara.
–Ai migliori amici gli dici tutto, giusto?
–Senza “gli”, Kaori- esalò stancamente Adam. –Comunque sì. I migliori amici si dicono tutto, persino le cose che non direbbero a un parente.
–Allora… perché non hai detto a Nicky che hai la ragazza? Perché quella tizia antipatica che ti ho beccato che baciavi è la tua ragazza, vero?

 
***
 
Brian si sentiva impotente: suo figlio era triste e non sapeva come risollevargli il morale. Nemmeno la promessa di fare un giro da Hamley’s il giorno seguente lo aveva rallegrato. Purtroppo, anche volendo venire meno al proposito di non viziarlo, non avrebbe potuto esaudire il suo desiderio: andare a scuola con Kaori.
–So quanto sei legato a tua cugina, AJ, ma tenere il broncio non cambierà la situazione- asserì in risposta all’ennesimo capriccio di Aidan. –Dovresti pensare positivo.
–Positivo? Kaori se ne va alle elementari, si farà amici nuovi e non vorrà più giocare con un moccioso dell’asilo!- piagnucolò il bambino.
–Ti farà giocare con i suoi nuovi amici, e l’anno prossimo, quando toccherà a te, ti farai anche tu tanti amici. Vedrai se non ho ragione!- gli assicurò, prima di rispondere a una telefonata urgente.
Approfittando della distrazione di suo padre Aidan si allontanò lungo Regent Street, diretto al negozio di giocattoli che avevano superato poco prima.
Probabilmente doveva avere un’aria spaesata, perché una donna gli chiese se si fosse perso. Il suo aspetto, troppo provocante per rassicurarlo, lo indusse a negare con la testa e rigirarle la domanda.
–Che razza di domanda è? Certo che non mi sono persa!
–Sicura? Questo è un negozio per bambini, e tu non sei una bambina- osservò il pargolo. –E non hai bambini con te.
–Non mi sono persa, marmocchietto impertinente!- sbraitò lei, agitando veementemente le braccia. –In che lingua devo dirtelo?
–L’inglese va bene, grazie- rispose Aidan con calma.
–Invece di pensare a me, pensa ai tuoi genitori! Dove sono? Saranno in ansia.
–Il mio papà è qui vicino, mi ha permesso di venire qui se poi tornavo subito da lui- mentì Aidan.
–Il tuo papà deve avere molta fiducia in te… o dev’essere un vero beota!- sibilò la donna.
–Cos’è un beota?
–Un idiota.
–Oh. Capisco. Hai chiamato stupido il mio papà davanti a me. Non è carino da dire!- commentò il bambino.
–Mocciosetto? Io dico quello che mi pare!
Il volume della voce della sconosciuta e i suoi modi avevano attirato l’attenzione di svariati avventori del negozio, che avevano formato un capannello intorno alla strana coppia.
Brian, che si era fiondato in quel paradiso per bambini non appena si era accorto della scomparsa di Aidan, si fece largo tra i curiosi e trovò suo figlio impegnato in una disputa con qualcuno che aveva sperato di non rivedere mai più.
“Certe volte mi pento di non imitare gli affaristi dei serial americani, che risolvono i problemi assoldando sicari!”, pensò, scuotendo la testa sconsolato.
La donna, accortasi della sua presenza, impallidì, arretrò di un paio di passi ed esalò il suo nome.
Brian scelse di non curarsene.
–Aidan! Perché sei scappato? Ti avevo promesso che saremmo tornati qui domani, con più calma.
–Ma papà…
–Papà?- mormorò lei. –S-Sei s-suo… l-lui è…
–Mio figlio. Mio! Hai capito?- ruggì Brian, per poi agguantare per un braccio Aidan e trascinarlo via.
Una volta a casa lo spedì a giocare con Adam, prima di telefonare al suo avvocato, in modo da prendere due piccioni con una fava: suo figlio avrebbe ridato il sorriso ad Adam, parecchio giù di corda, e Adam avrebbe tenuto impegnato Aidan.
–Ehi, Jack O’Lantern, sono Brian. Volevo raccomandarti di tenere pronta l’artiglieria pesante… Crystal è tornata.

 
***

Non appena misero piede al numero 32 di Park Lane, dove abitavano con gli zii e la sorella maggiore, Charles e Leonard Hawthorne sentirono che qualcosa non andava. Ne ebbero conferma quando trovarono Monica, il disordine fatto persona Monica, la supersportiva tranne che quando si tratta di fare le faccende domestiche Monica intenta a strofinare il pavimento con uno straccio, nel miglior stile Cenerentola. Esterrefatti, si pizzicarono più volte le guance prima di credere ai propri occhi, dopodiché si avvicinarono cautamente alla sorella; Monica si girò come se avesse preso la scossa e ordinò loro di mettere le pattine, perché non si era messa a pulire per vedere le proprie fatiche vanificate da due insozzatori. Charles e Leonard obbedirono per non contrariarla, quindi chiesero se avesse già cenato, e, ricevuta risposta negativa, come previsto, andarono in cucina a riscaldare gli avanzi dell’ottima cucina della zia. Dopo un po’ li raggiunse Monica, con ai piedi due pattine, si sedette e si informò sulla loro giornata e rispose, quando le chiesero se per caso non avesse la febbre –Ma quale febbre! Non dite stupidaggini! Voi, piuttosto: cosa sono queste facce allucinate? Avete fumato qualche cannetta?
–Siamo preoccupati per te!- esclamò Charles a nome di entrambi. –Non ti abbiamo mai vista così, nemmeno prima degli esami. Se hai problemi puoi confidarti con noi.
–Ho visto Adam- sospirò lei fissando le pattine.
Sconvolti, i fratelli tuonarono in coro –La causa delle pulizie compulsive è Adam?- poi Charles aggiunse –Ridicolo! E’ vero, da un paio d'anni la vostra amicizia si è raffreddata per un motivo che ancora ci è ignoto, ma addirittura sconvolgersi solamente perché è venuto a trovarti mi pare eccessivo!- e Leonard, di indole più aggressiva, suggerì di picchiarlo.
Monica scrollò le spalle e rispose –Non essere sciocco, Leo. Chuck, hai ragione, sfogarmi mi farà bene: Adam è venuto al canile. Era con la nipote, la bambina voleva un cane. Lo hanno preso, mi ha salutata e mi ha gentilmente messa al corrente del fatto sabato si terrà una patetica cena di classe alla quale nessuno, neppure Connie, ha pensato di invitarmi!
–Ritieniti fortunata: le cene di classe sono una frantumatura di maroni- asserì saggiamente Leonard.
–Non me ne frega un accidente di quella patetica cena!- sbottò Monica, battendo il pugno sul tavolo con tanta forza da rovesciare un bicchiere. –Ci andrò solo per vederlo. E’ il modo in cui mi ha tratta che... mi ha… ferita.
–Se ha osato metterti le mani addosso, io..
–Leo, fai un favore all’umanità: tagliati la lingua!- lo zittì Charles. –Continua, Nicky.
–Ho rinunciato a lui sperando di averlo sempre al mio fianco, e mi ha allontanata. Oggi ci siamo finalmente ritrovati e… mi ha tratta come una qualunque. Era il mio migliore amico, e adesso non gli importa più niente di me!- piagnucolò Monica, prima di scoppiare a piangere. Charles e Leonard la strinsero in un abbraccio a sandwich, rotto dallo squillare del cellulare. Monica asciugò le lacrime e rispose –Pronto?
–Nicky, ciao! Senti, ho bisogno di un favore. Non fare domande, ti spiegherò più tardi: se Keith dovesse chiedertelo, ho passato la notte da te. Ok?
–Perché? Che hai combinato?
–Niente, niente, ho…- “Pensa, Connie, pensa!” –Fatto tardi col grafico per sistemare la copertina di ‘Per chi suona la campanella’, così… ho dormito da lui. Keith è talmente geloso, se dovesse scoprirlo…
–Oh, ehm, se si tratta di questo…
–Grazie, sei una vera amica!- cinguettò Connie. –Ah, non so se Corinne ha contattato anche te, ma hanno organizzato una rimpatriata…
–Sabato- concluse Monica, tamburellando le dita sul tavolo. –Ci sarò.
–Ci sarai? Non l’avrei mai detto. Oh, meno male! Già tremavo al pensiero di affrontare quelle oche da sola! Allora a sabato, e mi raccomando, mettiti in tenuta da combattimento, dovrai reggere il confronto!
–Con chi? Corinne e compagnia?
–Lo vedrai.
 
***
 
Sabato, alle sette in punto, Connie, insieme all’inseparabile Keith, aveva varcato la soglia di casa Hawthorne, poi aveva agguantato la sua amica e l’aveva legata a una sedia mentre sceglieva cosa farle indossare, la pettinava e truccava.
Monica, esasperata, era arrivata al punto di gridare –Non mi faccio dare lezioni di stile dalla sorella segreta di Blair Waldorf!
–Strepita quanto ti pare, Nicky, non mi impedirai di far venire alla luce lo splendore sepolto sotto quintali di peli di cane e vestiti da maschiaccio!- aveva replicato Connie - la quale, per via dell’abitino bon ton col corpetto in pizzo e del cerchietto in tinta, sembrava effettivamente la versione bionda e in carne della protagonista di ‘Gossip Girl’ - con impeccabile contegno, poi si era messa all’opera, e per la Hawthorne non c’era stata via di scampo.
La rossa imprecò e si dibatté finché non le venne concesso di ammirarsi allo specchio. Rimase a bocca aperta e sgranò gli occhi, abbelliti da matita, ombretto e mascara; non si reputava un brutto anatroccolo, ma così… era veramente un cigno! Ricordava il vestito - verde acqua, corto, di chiffon leggero, con le maniche a sbuffo - era uno degli innumerevoli che la nonna paterna le aveva comprato nella speranza di indurla a esprimere il suo lato femminile, mentre le scarpe erano quasi nuove, dato che il suo metro e ottantaquattro di altezza rendeva i tacchi non necessari. I capelli, reduci da un incontro-scontro con shampoo e balsamo (questo sconosciuto, per Monica), ricadevano setosi sulle spalle, trattenuti ai lati da due fermagli colorati.
–Sono… sono proprio io?
–Certo che sei tu! Visto che basta poco per risplendere, se si è dotati di luce?
–Ciambellina, ti prego, non rifilarmi citazioni dai tuoi libri!- sbottò Monica, girò su se stessa per osservarsi in diverse angolazioni, quindi decretò che la sua Ciambellina glassata di rosa aveva fatto un buon lavoro e non l’avrebbe torturata… stavolta.
–Fortuna che ci sei, Nicky, almeno è garantita una conversazione che non mandi in sciopero i miei neuroni- trillò Connie.
–Conversazione? Credevo volessi usare la lingua per esplorare la bocca di Keithino!- obiettò Monica, caustica.
Connie scosse la testa e replicò –Abbiamo dato sfogo agli ormoni prima di venire da te, possiamo resistere fino a domani.
–Gli hai fatto vedere chi sei, Ciambellina?
–Nicky, abbiamo, ehm, fatto sesso, non una gara di lotta!- obiettò la bionda.
Monica sbuffò e replicò –Il sesso è una gara, Ciambellina. Una gara che si vince in due, ma pur sempre una gara.
Connie curvò le labbra in un sorriso “da Stregatto” e chiocciò –Se lo dici tu… oh, a proposito: fatti prestare da Leo i guantoni da boxe, ti serviranno!
 
Nota dell’autrice:
E su questa nota enigmatica… che poi enigmatica lo è ben poco, credo. Se avete capito perché Monica avrà bisogno dei guantoni di Leo, i miei complimenti; se non lo avete capito… don’t worry, be happy, lo scoprirete nel prossimo capitolo! ;-)
E così Crystal è tornata. Povero Brian, lo aspettano tempi duri, durissimi! E Aidan? Come prenderà la notizia?
Dulcis in fundo… Catherine. Faith non poteva credere ai suoi occhi quando l’ha vista! C’è da capirla, rivedere dopo anni la ex suocera dev’essere tremendo! E Franz! Non è stupido, ha colto l’allusione all’allergia ai matrimoni. Avrà il coraggio di parlarne con Faith?
Non vi do spoilers, vi dico solo questo: aspettate a giudicare Connie e compatire Keith, o viceversa. ;-)
Au revoir!
Serpentina
Ps: amanti di Hemingway, non me ne vogliate! *occhioni cucciolosi alla Franz*

Pps: Hamley’s esiste davvero, è forse il più bel negozio di giocattoli del mondo, con i suoi sette piani di meraviglie capaci di far tornare bambino chiunque. Anche il Cargo esiste, si trova a Rivington Street, sotto gli archi della Shoreditch Station.
   
 
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