Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: CinderNella    23/09/2014    3 recensioni
Inizialmente si sentiva un po’ strana per il fatto che avrebbe condiviso una casa con un uomo.
Insomma, Colette aveva detto che quel Tom era simpatico e a modo, ma lei, Colette ed Elspeth erano sempre state con delle ragazze in casa… Tranne il modello. Ma lui non stava mai a casa. Laire era l’ultima aggiunta, una matricola alla loro stessa università e si trovavano benissimo, ma erano sempre state solo ragazze.
E ora Colette le mollava per tornare al suo paese natio e le lasciava in balìa di un tipo che nemmeno conoscevano. Era un po’ ingiusto.
"Ma se Colette lo conosce in qualche modo e dice che è alla mano, gentile e ha viaggiato molto, ci si potrà fidare..." pensò lei, rincuorata.
[...] Tom uscì dal portone, tirando un sospiro di sollievo: quell’Aneira era una tipa stramba. In positivo, ma lo era.
L’aveva convinto a prendere la camera sebbene non fosse la migliore opzione, ma nel suo essere strana gli aveva già fatto sentire la casa come sua, come se ne volesse fare parte.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il banner l'ha sempre fatto _Lith_, la struttura del titolo del capitolo è liberamente ispirata a quella di tutti gli episodi di FRIENDS e la foto l'ho fatta e modificata io! E scusate il ritardo, ma sto traslocando da una camera all'altra e sono super-iper-impegnata in questi giorni >.<
Buona lettura!









 
The Guy Who Turned Her Down



5. The One In Which He Drags Her Jogging


«Mhhrhghr…» il verso emesso da Aneira non aveva senso e non avrebbe voluto averne, e la ragazza spalancò gli occhi, sentendosi spostata nel suo letto. Prima di guardarsi intorno, però, si passò il bordo della manica sulla bocca: odiava sbavare nel sonno. Si guardò intorno, rintracciando ai piedi del letto Tom – con le mani attorno alle sue caviglie – che cercava di smuoverla probabilmente per svegliarla. O almeno sperava, perché l’alternativa sarebbe stata ucciderla.
«Mh?»
«Finalmente sei sveglia!» esclamò lui, buttando giù un bibitone verdognolo che era posato sulla sua scrivania mentre lui cercava di trascinarla per la camera.
«Mh?!» l’intonazione dello sconvolgimento della ragazza si fece più in allerta e quella si voltò pancia sopra, tirandosi su verso la parete dietro al letto. Poi emise uno strano verso dovuto alle labbra secche e fece per rintanarsi sotto le coperte, ma Tom la fermò: «No, no, no.» indicò il paio di scarpe da ginnastica che aveva messo al posto delle sue ciabatte «Esci dal letto e metti quelle.»
Effettivamente si chiedeva perché fosse in tuta e con un orribile smanicato…
Non aveva voglia di parlare, quindi si limitò ad eseguire. Non capì però come poi si ritrovò in piena  Broad Court in pigiama e con un felpone del ragazzo addosso.
«Andiamo a correre.» aveva allora annunciato lui, iniziando a farlo sul posto mentre lei rimaneva accasciata contro la statua della ballerina che avevano di fronte a casa, raggomitolata su se stessa.
«Mhmh.»
«Ti ho portata come un sacco di patate fin qua, posso farlo fino a St. James. Su, su, c’è bisogno di allenarsi!»
«Ti muovi su e giù. Voglio vomitare.» sentenziò lei con quel poco di energia che aveva a prima mattina «Voglio cibo.»
«E lo avrai: quando finiremo la corsetta quotidiana.» Tom iniziò a correre verso la Royal Opera House, ma Aneira rimaneva seduta alla statua della ballerina, imperterrita.
«Ho un muffin nella tasca.» dichiarò lui, tirandolo fuori e correndo più veloce, notando che la ragazza, sebbene camminando, lo stesse perlomeno seguendo. Come uno zombie, ma lo seguiva.
«Se arriviamo in dieci minuti al parco lo puoi mangiare!» sentenziò, seguendo la strada che scendeva verso il fiume e notando la timida – più probabilmente stanca e piena di bestemmie dedicate a lui – camminata della ragazza.
Quando era arrivato su The Mall e già riusciva a vedere il parco decise di voltarsi per vedere se Aneira avesse ingranato e si fosse messa a correre, e sorpreso la ritrovò dietro di lui, camminando molto velocemente.
«Voglio il mio muffin, mi spetta. Sono nove minuti e quaranta secondi e siamo nel parco.» dichiarò quella, agguantando il muffin che l’uomo le stava porgendo e ingurgitandolo, continuando a camminargli dietro, velocemente.
«Non credevo fossi così veloce a camminare!»
«Sicuramente cammino più velocemente io di quanto tu non corra lentamente.»
«E adesso riesci addirittura a pronunciare frasi di senso compiuto! Wow!» esclamò sorpreso lui, prendendola non troppo sottilmente in giro e guadagnandosi un’occhiataccia della ragazza, che ormai s’era abituata all’aria fredda del mattino londinese e camminava velocemente a grandi falcate di sua spontanea volontà.
«Vedi che fa bene stare al fresco? Già sei sveglia e reattiva e parli!»
«Tutto ciò che mi porta avanti a compiere un passo dopo l’altro è il fatto che mi offrirai la colazione. Sto camminando e vivendo in funzione di quello, ora.»
«Ma bisogna fare fiato! Su, dai, corriamo! Ce ne hai già tanto di fiato camminando!» la rimproverò bonariamente lui, prendendo un vialetto che portava verso il lago e aumentando la velocità.
Aneira lo rincorse fin quando non arrivarono al lago, dove volatili di tutti i tipi presenziavano sulle banchine, a proprio agio tra cigni e anatre – e altri volatili non meglio riconosciuti da lei. Un cartello diceva persino che talvolta era possibile vedere dei gufi e delle civette lì.
«Muoversi, Hier!»
«Non dico cosa vorrei dirti, Hiddleston!» gli urlò dietro lei, ricominciando a correre per arrivare al suo passo… ma era sempre più avanti e la sua milza non poteva farcela.
Si portò una mano sul ventre e si avvicinò alla prima panchina possibile, stendendocisi sopra come se fosse stato un qualsiasi clochard. Anzi, probabilmente un clochard avrebbe avuto più dignità e non si sarebbe stravaccato su una panchina di legno con una gamba a terra e una sulla spalliera.
Rimase lì per diversi secondi, fin quando non vide l’alta figura di Hiddleston stagliarsi davanti a lei, e sbuffò palesemente.
«Dai, non puoi non farmi raggiungere le quattro miglia quotidiane!»
«A quanto sei?»
«Una e mezza!»
«E corri, vai, io ti aspetto qui. Se faccio un altro passo cado a terra e tu devi chiamare l’ambulanza.»
«Ma è impossibile! L’importante è che quando ti senti male, quando ti fa male la milza, continui!... Rompi il fiato!»
«Ti rompo le costole semmai.» dichiarò la ragazza, sedendosi quasi decentemente e posando i gomiti sulle ginocchia, respirando affannosamente.
«Per le prime volte ti concedo anche di camminare velocemente, basta che non ti fermi come hai fatto adesso!»
Aneira si era tirata su e aveva ricominciato a camminare a grandi falcate, sentendosi bene dopo qualche minuto. Quando però riuscì ad estorcere il telefono da Tom si ritrovò a fare foto per tutto il parco, tanto che qualche tempo dopo – non sapeva quanto, in realtà – si ritrovò l’uomo inglese-per-eccellenza alle spalle che camminava normalmente «Hai finito l’allenamento per la maratona?»
«Sì, dai, andiamo a colazione. Mi hai riempito la memoria del cellulare di foto?»
«Sì, ma le passerò tuuutte sul mio PC!» dichiarò quella, contenta, seguendolo nel parco. Arrivarono circa a metà e all’altezza del ponte proseguirono verso sud, su un vialetto più stretto fin fuori il parco, su viuzze tranquille e semidisabitate a quell’ora della mattina.
«Uh, Scotland Yard. Uhhh… Metro
«Non abbiamo le tessere, non esaltarti. Torneremo a piedi a casa.» la riportò Tom con i piedi per terra, e quella esalò un verso sconsolato: aveva già fatto l’attività fisica di una vita per quello che pensava lei.
«Voglio dormireeee.»
«Per ora ti farò mangiareee
«Ma perché mi porti a fare queste cose orrende?» si lamentò lei, seguendolo dentro lo Starbucks correndo quasi più velocemente di quanto avrebbe mai potuto nel parco. Aveva fame.
«Perché è sano, e fa bene, e ti fa calare la pancia che hai…»
«Ma sono affezionata alla mia pancia! Certo, stavo meglio senza, ma mi piace mangiare… e poi non lo so, sei un attore, mica un personal trainer, non puoi portarmi a vedere Coriolanus invece di correre come se gli Estranei mi stessero inseguendo?!»
Tom si voltò verso di lei e alzò un sopracciglio, al che lei glielo spiegò con tre parole: «Game of Thrones.»
«Immaginavo fosse qualche roba nerd. E comunque…» prese un muffin alle more e uno al cioccolato facendo la fila alla cassa «D’accordo, ti porto a vedere Coriolanus. L’unica cosa… dovrò stare sul palco e non farti compagnia, mi dispiace.» era sarcastico fino al midollo, ma non le dispiaceva «Oh beh, sono abituata ad andare al cinema da sola, potrò farlo anche a teatro!»
«Buongiorno! Un cappuccino e un…» Tom guardò Aneira, che guardava il menù sognante «latte!» esclamò, pregustando la sua colazione agognata «E un latte, grazie!»
«Da mangiare qui!» aggiunse la ragazza, impaziente.
Quando si sedettero al tavolino per lei era già stata un’attesa troppo lunga, tanto che iniziò a trangugiare il suo muffin in piedi.
«Sei una lady quando ti strafochi, Miss Hier.»
«Ti vergogni a farti vedere in giro con me? Dovevi pensarci prima di farmi uscire di casa!»
«Non ho mai detto questo. E, in effetti, avevo paura che prendessi fuoco se fossi uscita alla luce del sole di mattina presto…» iniziò lui, ridacchiando e bevendo il cappuccino.
«Ah-ah, sei troppo ilare.» commentò quella con un sopracciglio alzato, ritornando a mangiare senza pietà. Solo quando ebbe finito poté accasciarsi sulla sedia, sorridendo come un’ebete.
«Ti vedo fisicamente più rilassata!» commentò lui, seduto come sempre composto sulla sua sedia.
«Ho mangiato, sono felice. E tu mi hai promesso un biglietto gratis per uno spettacolo figo, quindi perché non dovrei esserlo?» commentò quella, in panciolle.
«Ti preferisco quasi implorante. Sai quando mi guardi infuriata chiedendomi di smettere di correre come un forsennato…»
«Aaaah, io mi preferisco così!» dichiarò quella, raggomitolata sulla sedia a osservare tutto ciò che si ritrovava intorno, specialmente il cartello rotante con “Scotland Yard” scritto sopra che spariva e ricompariva ogni tot secondi. Quando notò che Tom aveva finito il muffin e la stava osservando incuriosito capì che doveva alzarsi: era il suo modo gentile di dirle di alzare il culo dato che dovevano tornare a casa. Beh, perlomeno lui era molto gentile: ma non soffriva di lunatici cambiamenti d’umore dovuti all’esser stati buttati giù dal letto per fare una delle cose che più odiava fare al mondo – movimento fisico – quindi era più che normale per lui non avere riserve a essere gentile.
«Accetto la tua muta richiesta di ritornare a casa, va bene.» dichiarò Aneira con un cenno della mano e Tom si aprì in un sorriso, facendole strada: «Aspettavo esattamente quello!»

Tornata a casa dalla “corsetta mattutina” – gli avrebbe salato il tè quella sera, lo avrebbe fatto – aveva avuto tanti dolori: alla schiena, alle gambe e anche alle braccia. E alle piante dei piedi. Così si era rintanata nel letto con il libro che doveva studiare per il corso di Economia Sperimentale e il suo PC, conscia che fino a cena non si sarebbe mossa di lì.
Aneira calzò nuovamente gli occhiali dopo averne pulito le lenti sulla sua maglietta del pigiama – non che quella fosse l’emblema della pulizia, a dirla tutta… – e si rigirò tra le coperte per cambiare posizione. Sentiva già la voce di suo padre nella testa “Ti sono già venute le piaghe da decubito?”. Scosse il capo e voltò pagina, sentendo il citofono suonare e poi la porta fare la stessa cosa. Guardò l’orologio ed erano quasi le quattro, probabilmente aveva risposto Tom, visto che sarebbe sceso di casa dopo un po’.
«Oh, sì, l’avviso che sei arrivata…»
«Non c’è bisogno…»
Ma era la voce di Jules quella? Aneira si sedette sul letto all’improvviso, proprio in tempo per trovarsi una delle sue più care amiche che aveva conosciuto a Londra in tutta la sua rabbia: Jules Devereux.
«Tu non hai idea di quello che mi è successo.»
«Ed ecco qui la tua amica!» esclamò Tom che seguì la ragazza in camera a ruota, spostando lo sguardo perplesso dalla nuova arrivata alla coinquilina.
«Jules, che ci fai qui?»
«Allora ha un nome!» riprese parola Tom, guardando la ragazza con la giacca da tailleur e le sneakers con i tacchi. Accostamento opinabile, ma perlomeno non passava tutto il giorno in pigiama come Aneira.
«Scusa, ma chi è questo?» chiese allora Jules, fermandosi a guardarlo attentamente dopo averlo indicato mentre stava ancora guardando Aneira che la osservava ferma come un’ebete seduta sul letto.
«Il nostro nuovo coinquilino…»
«Tom, Hiddleston, piacere.» Tom le porse la mano e di proposito calcò sul cognome: voleva stupire quella matta in qualche modo, magari avrebbe rivalutato il comportamento avuto fino a quel momento – o magari si sarebbe giusto fermata a pensare… quella era la speranza.
«Jules Devereux, piacere. Insomma, tu non puoi capire…»
Tom sbarrò gli occhi, entrambe le sopracciglia si inarcarono e scosse la testa: ovviamente dovevano essere un po’ fuori di testa per essere amiche di Aneira.
«Cosa stai pensando?» ma la ragazza rivolse l’attenzione a Tom, assottigliando lo sguardo con un indice puntato nella sua direzione: si liberò dalle coperte e infilò i piedi nelle ciabatte alzandosi in piedi per arrancare verso di loro, non senza fatica «Ahi - ahi. Ahi.»
«Ma Jules non è un nome da maschio?» rispose dopo un po’ rivolgendo un’occhiata perplessa alla nuova arrivata, che si esibì in un plateale gesto stufato per poi dire: «Ci risiamo. Ai miei genitori piaceva, pur essendo il maschile francese di Julie. Amavano la S finale, e quindi sono stata una primogenita sfigata.» terminò lei, incrociando le braccia.
«Oooh.» esclamò Tom, ancora perplesso ma contento di aver evitato la domanda di Aneira «E comunque esagerata, per una corsetta.»
«Sei andata a correre?! Non vieni mai con me!» Jules esclamò con un cipiglio lievemente offeso.
«Non ha avuto scelta, l’ho trascinata di peso. Letteralmente.» spiegò brevemente il coinquilino, sorridendo soddisfatto e guadagnandosi l’occhiataccia della diretta interessata «E comunque te lo dico quando torno. E inoltre: dopo lo spettacolo vedo di passare da un supermercato, se lo trovo aperto. Vuoi qualcosa?»
«Ho finito il latte. E prendimi dei donut per domattina, lo farai?» Aneira sbatté più volte le palpebre, di fronte a un contrariato Tom: «Poi ingrassi.»
«Con l’attività fisica di stamattina ho perso tutto quello che recupererò con i donut di domattina, non preoccuparti!» sorrise quella, sorniona, mentre lui le salutava con una mano già in procinto di uscire di casa «E buona performance!»
«Performance?» chiese Jules con un sopracciglio alzato non appena lui se ne fu andato.
«Recita come ogni sera alla Donmar.»
«Coriolanus? Fighissimo!» esclamò l’amica con lo sguardo sbrilluccicante: aveva degli occhi davvero belli. Certo, la loro grandezza era paragonabile a quella del suo naso – ma era controbilanciato dalla bocca altrettanto piena e un viso rotondo, quindi nel complesso era più che una bella ragazza. Se non entrava in casa delle amiche come una furia, si intendeva.
Aneira alzò gli occhi al cielo e, acciaccata, iniziò a farsi strada verso la cucina: «Tè o caffè?»
«Camomilla?»
Aneira le rivolse un’occhiata allibita mentre la ragazza la seguiva per poi sedersi su una delle poltrone, comoda.
«Allora, cos’è successo di tanto sconvolgente?» chiese alla fine Aneira, mettendo l’acqua sul fuoco e raggiungendo l’amica sull’altra poltrona.
«Non ne hai idea! Ero con Carla, stavamo organizzandoci per la spartizione dei ruoli nel lavoro di gruppo…»
«Beh, si sa che Carla è sempre stata parecchio ossessiva, maniaca del controllo…»
«Sul serio parli tu?» rimbeccò Jules e alzò un sopracciglio con aria di sfida.
«Ehi, io sono maniaca del controllo nella mia vita, non quando faccio i lavori di gruppo in uni!»
«Questo è vero. Ma insomma, Carla ha iniziato ha fare il boss qua e là, decidendo lei come ci saremmo dovute spartire il lavoro e parla sempre lei col prof…»
«Jul, non è una novità. È sempre stata così primadonna e ossessiva!» esclamò quella, notando che l’amica non gliela stesse contando giusta «Juuules…»
«Ma dov’è che ho già visto il tuo nuovo coinquilino?»
«Non cambiare discorso perché senti questo tono!» la riprese l’amica, alzandosi a versare l’acqua bollente nelle tazze da tè «Jules, dov’è la cacca?» adorava utilizzare la frase di Lily di “How I Met Your Mother” per sbugiardare gli amici. Sapeva sempre quando stavano nascondendo qualcosa.
«No ma davvero, l’ho già visto da qualche parte oltre che alla Donmar!» continuò l’amica, guardandosi intorno per poi agguantare la tazza di camomilla – sebbene Aneira avesse messo l’infusore dentro solo due secondi prima.
Di conseguenza Jules si ustionò la lingua e iniziò a soffiare aria con le espressioni più assurde possibili, mentre Aneira continuava a girare il cucchiaino di zucchero nel tè, in attesa.
Solo dopo che l’amica si riprese tornò all’attacco: «Allora, Jules, dov’è la cacca?»
La ragazza non rispose e prese a fissare con costanza la tazza di camomilla, giocherellando con l’infusore, per poi decidersi a sputare il rospo: «Mi sono sentita con Ted.»
«Jules!!!» Aneira posò la tazza di tè sul tavolino con un movimento di stizza e diverso tè bollente fuoriuscì da essa, bruciandole parte del ginocchio inesorabilmente.
«Lo so, lo so!» esclamò la ragazza, con tono colpevole «Ma mi ha chiesto di parlarne e ci siamo visti al bar di facoltà.»
«Jules!!!» ripeté allora l’amica, col suo migliore tono moralizzatore.
«Lo so.» ribatté allora Jules, con le ginocchia vicine e lei stessa immersa nella tazza di camomilla «È che… volevo sapere che avesse da dire.»
Aneira scosse la testa, contrariata. E poi decise di mollare la bomba: «E comunque il mio coinquilino nuovo è Loki.»
«Scusa?» chiese perplessa, Jules, non volendo comprendere più che altro.
«Tom. Ha fatto Loki. In “Thor” e “The Avengers”. Insomma, stava anche in “Miss Austen Regrets”!»
«Oh mio dio!» urlò Jules gettando metà camomilla a terra – lo sapeva che avrebbe reagito con qualcosa della Austen, lo sapeva – e la discussione passò direttamente ad altro, surclassando l’argomento Ted.

 
  
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