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Autore: Faith Grace    26/09/2014    5 recensioni
{Au - Rokuner, Akuroku, Sokai, Riso, Zemyx, Cleon, Vanion, Vanven, Terraven}
La vita di un diciannovenne londinese al verde non può far tanto schifo se tralasciamo un gemello idiota, un cane spastico, un fidanzato forse non tanto fidanzato, un'amica con cui è quasi finito a letto e il fidanzato di lei che potrebbe garantirgli l'ultimo posto da tirocinante. Quello che metterà a dura prova i suoi nervi sarà l'invito dagli States di suo fratello maggiore a trasferirsi nella sua casa sulla spiaggia vicino Beverly Hills. Quest'opportunità sarà la ciliegina sulla sua torta di sfighe oppure gli permetterà di vivere l'estate più bella della sua vita?
***
"Che ci fa un figlio di papà dei quartieri alti di Chelsea con un teppista dei sobborghi popolari di Camden Town?"
"Potrei ritorcere la tua domanda in questo modo: che ci fa un figlio di papà della Londra perbene con un piromane egocentrico che ha vissuto nel Bronx e si atteggia a superstar?" sibilai irritato dalla sua presenza ma lui non parve far caso al tono della mia frecciatina, un'improvvisa luce illuminò i suoi occhi verdi e sorrise malizioso.
"Baby, ti sei dimenticato 'sexy'... Sexy piromane egocentrico"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Hayner, Roxas, Sora, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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summer paradise 1






"Questa non è la casa sulla spiaggia di Beverly Hills 90210!"
"Hayner, Sora ha parlato di un cottage azzurro sulla spiaggia ed è vero che Cloud è un attore ma questo non significa che doveva essere per forza il proprietario di
quella casa... anche se ammetto di averci sperato. Tra l'altro siamo a Santa Monica e non a Hermosa Beach"
"Olette, in realtà anche io ero convinto che avremo vissuto assieme a Kelly e Donna sul set del film... neanche sapevo che Beverly Hills esistesse veramente. E tu Rox?"
Tre paia di occhi indagatori mi perforarono con i loro sguardi avidi di sapere e io per evitarli lanciai una lunga occhiata alla villetta in legno davanti a noi. Nonostante fossi ancora di pessimo umore a causa dell'interminabile viaggio in aereo - durante il quale un grassone sudato aveva deciso di usare la mia spalla sinistra come cuscino - e dall'altrettanto lungo tragitto in taxi - dove erano stati invece Hayner e Olette ad usarmi come cuscino-, non mi sentivo ancora tanto stronzo da fare a pezzi i loro animi innocenti schiaffando loro in faccia la triste verità sulla loro stupidità.
Alla mia mancata risposta si elevò un flebile ululato dalla cuccetta da viaggio di Chelsea, come per ricordarmi della sua presenza ed esortarmi a dire la mia, a quel punto sospirai pesantemente e mi schiaffai una mano in fronte, maledicendomi di aver accettato a prender parte a quella farsa.
In fin dei conti, me ne vergognai non poco, ma anche io, sotto sotto, avevo sognato di soggiornare in quella famosa casa bianca e azzurra che più volte avevo visto in tv quando ero piccolo.


#1. Hi, name is Epic Fail


Mi chiamo Roxas Cooper, ho 19 anni, 3 mesi e 21 giorni e la mia vita è nota per essere finalizzata a un complesso infinito di sfighe.
Fino a una settimana fa potevo permettermi il lusso di affermare di avere una vita decente: dormivo sonni tranquilli nel mio letto a una piazza e mezza nella mia amata e piovosa Londra, ero lo studente più giovane e brillante del mio corso di laurea, avevo un posto da tirocinante assicurato dal mio professore e grazie ad esso non solo sarei potuto diventare un ricercatore in ambito filologico ma avrei potuto conoscere anche i più famosi luminari delle accademie letterarie.
Poi un paio di birrette in più una sera mi hanno rovinato l'esistenza.
La mia ubriachissima amica d'infanzia, Olette, mi è saltata addosso e per poco non mi ha "violentato"; il giorno dopo a causa del mio ritardo a lezione il professore mi ha scartato per il suo tirocinio, e ho dovuto riempire di stronzate Pence (il fidanzato e forse futuro sposo di Olette) sul comportamento della sua ragazza per tenermelo buono perché è nipote del sopracitato professore e mi ha promesso che avrebbe potuto aiutarmi a reinserirmi nel mio progetto universitario. Durante i casini all'ordine del giorno faccio anche il possibile per trovare il tempo di alimentare la mia già abbastanza arida vita sentimentale con Hayner.
Tralasciando le mie varie relazioni tutt'altro che raggianti, per mia sfortuna ho un fratello gemello di nome Sora che non solo è più alto di 3,5 cm - il che mi ricorda quanto la mia esistenza sia disgraziata di per sé - ma la sua persona sembra totalmente essere volta a rendermi la vita un inferno a causa della sua idiozia; assieme a lui, la maggior parte delle volte, si aggiunge anche una cagnetta color caffè latte altrettanto idiota dal nome di Chelsea Bun che è l'esatta copia di mio fratello in versione animale. Viviamo insieme in un appartamentino niente male a Chelsea e, mentre io ogni volta vendo la mia anima al diavolo per portare avanti i miei studi all'università e mantenere il nostro bilancio finanziario, Sora ha occhi solo per quello stupido cane e per il ristorantino che gestisce, lasciando a me tutti i problemi che semina. Ecco svelato il motivo per cui sono perennemente al verde.
Ho poi un altro fratello più grande di nome Cloud. Lui a differenza di me e Sora è stato molto più furbo e all'età di 18 anni ha fatto i bagagli per fuggire il più lontano possibile da quel manicomio di pazzi che sarebbe la nostra famiglia - così facendo ha spezzato il cuore a quell'ossessa di nostra madre - e adesso per qualche assurdo motivo ci ha invitati a trascorrere le vacanze a casa sua.


Dopo questo breve excursus mentale in cui avevo presentato la mia misera esistenza, facendomi scorrere le immagini nella mente con una dissolvenza stile Power Point, e parlando con una voce fuori campo proprio come nei film; senza attendere gli altri attraversai il vialetto costeggiato da un piccolo ma ordinato giardinetto, decorato da particolari
sculture (se così potevano essere definite) fatte di bottiglie e lattine di birra vuote, e parcheggiai il mio bagaglio e la cuccetta di Chelsea Bun davanti alla porta, appuntandomi mentalmente che una volta sistematomi avrei dovuto dettare una serie di leggi come ad esempio il divieto assoluto di consumare alcolici.
Non ebbi neanche il tempo di suonare il campanello che la porta di mogano fu subito aperta da una persona che stentai a riconoscere. Quello che avevamo di fronte era un ragazzo che sfiorava il metro e ottanta, dalla muscolatura robusta, una folta capigliatura castana che gli arrivava alle spalle e uno sguardo serio e composto ma al contempo affabile.
"Sora! Roxas! Che piacere rivedervi" esclamò il tizio in questione soffocando me e mio fratello in quello che più che abbraccio avrei definito
morsa letale degna di un wrestler professionista "Cavolo, siete cresciuti un sacco"
"Leon!" fu l'entusiasta esclamazione di mio fratello una volta che ci ebbe lasciati andare, mentre io ero invece accasciato in un angolino a tossire e annaspare per riprendermi da quello shock iniziale; nell'udire quel nome però mi voltai di scatto con occhi spalancati e come colto da un'illuminazione riuscii finalmente ad accostare quel volto così maturo al nome appena pronunciato. Squall Leonheart, in arte Leon, era il migliore amico di Cloud da praticamente tutta la vita e di conseguenza anche io e Sora lo conoscevamo da quando avevamo memoria, a quanto sapevo non c'era una cosa che i due non avessero fatto insieme. Certo che ora era quasi irriconoscibile, da ragazzino dai tratti facciali dolci si era trasformato in un vero uomo che trasudava virilità da tutti i pori.
"Il viaggio è andato bene? Non vi aspettavo così presto"
"Tuuuutto benissimo" sorrise gioioso Sora. Ovvio, lui aveva dormito da quando aveva messo piede nell'aereo finché non era sceso dal taxi.
"E i signori accompagnatori sono?" seguii il suo sguardo posato sugli altri membri del nostro equipaggio che, incuranti dei pericoli e delle insidie, avevano deciso di affrontare coraggiosamente quel lungo e tortuoso viaggio assieme a me e Sora per scroccare una vacanza gratis "Roxas, ci sei?"
Quella domanda mi fece finalmente risvegliare dai miei vagheggiamenti.
"A-ah... Cloud aveva detto che non c'erano problemi se portavamo qualcuno... lei è Olette, non so se te la ricordi, andavamo spesso al mare insieme" mormorai a quel punto iniziando a fare le presentazioni, leggermente imbarazzato per essere stato sorpreso in un momento di assenza mentale, e poi arrossii di brutto quando feci contatto visivo con il ragazzo biondo scuro davanti a me "Mentre lui è... lui è Hayner, il mio... il mio-" non feci però in tempo a terminare la frase che Hayner continuò al posto mio con maggior foga.
"Il suo migliore AMICO! Sì, sono il suo grande e unico amicone" sorrideva borioso a Leon mentre gli stringeva la mano e io fui costretto a farmi da parte e abbozzare un sorrisetto di circostanza, leggermente malinconico ma in fin dei conti neanche tanto. Ormai ci avevo fatto l'abitudine con lui, io amavo davvero tanto Hayner e pure lui diceva di provare lo stesso nei miei confronti, anche se non sembrava tanto preso come me e ogni volta che eravamo al di fuori della nostra ristretta cerchia di amicizie lui si ostinava a dire che noi eravamo dei semplici amici. Capivo che potesse essere magari timido e riservato però in un certo senso la cosa mi dispiaceva... o forse ero solo egoista?
"Avanti venite con me, Cloud è fuori per dei servizi ma ci penserò io a mettervi a vostro agio!"
Una volta terminati i convenevoli, rimasi in silenzio e mi accodai al resto del gruppetto mentre Leon ci invitava ad entrare e iniziava il tour della casa per renderci familiari dell'ambiente in cui avremo soggiornato. Udii per tutto il tempo i farneticamenti di Sora, Hayner e Olette su quanto fosse figa quella casa - se avessi dovuto dare un mio giudizio io l'avrei definita troppo
americana ma carina. La cucina era ampia e luminosa, il mobilio era di un delizioso color crema, le pareti erano di un carico azzurro cielo e le tende erano bianche e a fiorellini azzurri, e ovviamente non mancava una grande isola nel centro, dotata di un'affettatrice per i bagels, proprio come nei film e come in ogni rispettabile casa americana.
"Io mi trasferisco qui" proruppe Sora abbracciando con lo sguardo il gigantesco frigorifero a due ante.
(Nota importante: Sora è un cuoco superlativo ma, se non alimentato a dovere, potrebbe diventare cannibale.)
Passammo poi per il soggiorno, anch'esso arredato con tonalità pastello - prevalentemente bianco e azzurrino - c'erano dei divani e un grande tavolo rettangolare ma due furono le cose che catturarono la mia attenzione quasi all'istante: la tv satellitare appesa al muro e la vista che dava sull'oceano. Leon aggiunse che dal portico c'era accesso diretto alla spiaggia libera. Dopo di ciò attraversammo qualche corridoio, salimmo la rampa di scale e raggiungemmo le nostre stanze.
"Allora, in fondo a tutto ci sono due bagni. Poi dato che una signorina non può alloggiare insieme a voi ragazzi, le ho gentilmente ceduto la mia stanza e mi sono trasferito in quella di Cloud"
"Secondo me ci è sempre stato" Sora si avvicinò al mio orecchio per sussurrare sottovoce e io trattenni a stento una risatina.
Leon non mancò di captare il commento di mio fratello ma decise di sorvolare, così lasciò che Olette si ambientasse nella sua camera e accompagnò noi altri davanti un'altra porta "Questa è la stanza degli ospiti, so che è un po' stretta ma è meglio di nulla. Ci sono un divano letto e una poltrona letto. Scegliete voi come dividervi"
La delusione di dover condividere quella piccola stanzetta si leggeva chiaramente negli occhi di Sora e Hayner, ma io, da persona educata, entrai e mi guardai attorno "Grazie Leon, questa sistemazione è perfetta"
"Figurati, fate come se foste a casa vostra" l'altro si era appoggiato allo stipite della porta, con le braccia incrociate al petto, ci guardava con interesse mentre noi ci ambientavamo e poi sul suo volto si accese un sorrisetto sarcastico "E quindi, come stanno i vostri genitori? Cloud non la smette mai di parlarmi di loro"
"Non lo biasimo" ridacchiai cogliendo al volo quello che in realtà volesse dire e spostai lo sguardo su Sora e Hayner che avevano deciso finalmente di iniziare a portare dentro i bagagli "Stanno benone, papà è il solito stronzo e mamma è la solita pazza"
"Ehi non parlare male di loro" rimbeccò Sora stranamente offeso, lanciandomi un cuscino addosso.
"Non sta parlando male, è la pura verità" quando mi difese Hayner, sentii le guance andarmi a fuoco e non potei trattenere un gran sorriso. Lui non aveva mai conosciuto i miei genitori ma dopo i miei racconti in un certo senso non gli erano mai stati simpatici. I miei genitori non erano persone cattive, o almeno era quello di cui cercavo di convincermi ogni volta che entravo e uscivo dalla loro villa infernale, loro erano solo delle persone molto particolari che davano
particolarmente conto agli affari e alle facciate.
"Ma se neanche li conosci!"
"E mai vorrò farlo"
Sapevo che quell'argomento si sarebbe presto trasformato in un'accesa discussione: Sora era molto attaccato ai nostri genitori e non gli era molto simpatico Hayner, i medesimi sentimenti erano condivisi da quest'ultimo però con il passare del tempo erano riusciti a raggiungere una sorta di equilibrio per amor mio. Così per sfuggire a quella quiete imbarazzante ornata da occhiatacce fulminanti che si dedicavano i due, io mi adoperai a cercare qualcosa con cui occuparmi e optai per dare un'occhiata all'armadio nell'angolo così da poter iniziare a suddividere gli spazi da utilizzare.
"Ma quanto è grande questo armadio! Di che materiale si tratta, Leon?" interpellai l'uomo alle nostre spalle per cambiare argomento e questo, preso alla sprovvista, esitò un attimo prima di rispondere.
"Oh...uhm... è legno di noce"
"Noce? Io adoro il noce... e anche le noci, forse queste di più ma il materiale è ugualmente bello!"
"Rox che diavolo dici?" mi redarguì Hayner altrettanto stupito come Leon sui miei farneticamenti "Tu sei allergico alle noci"
"Ah davvero? Me ne ero dimenticato" risi nervosamente tornando a ispezionare le varie ante ma qualcosa intralciò la mia attività.
Accadde tutto in una frazione di istante ma la sequenza fu densa di azioni.
Nel momento in cui poggiai la mano sulle maniglie, entrambe le porte si aprirono improvvisamente e dall'interno ne uscì una ragazza.
Una ragazza in costume per dirla tutta.
Una ragazza in costume che inciampò e mi cadde addosso.
Okay, mettiamo un attimo in pausa la scena e analizziamo la situazione: solitamente quando una ragazza mozzafiato ti cade addosso, la reazione istintiva della libido porta l'essere di sesso maschile a mettersi in mostra e ostentare tutta la propria virilità attraverso gesti protettivi e premurosi come portare in salvo la fanciulla e assicurarsi che stia bene.
Ovviamente non fu quello il mio caso.
In un primo momento riuscii a trattenere un'esclamazione di sorpresa e da bravo gentiluomo la afferrai tra le mie braccia ma la sconosciuta mi calpestò un piede e fece perdere l'equilibrio anche a me. Cascai al suolo con lei addosso, nella caduta sbattei la testa contro il comodino e come se non bastasse anche la sveglia decise di dare il suo contributo finendomi sulla fronte. A quel punto non potei tacere un lamentoso guaito di dolore dalla tonalità tutt'altro che virile. Nient'altro da aggiungere.

Sfiga vs Roxas in trasferta: 1-0

Non ebbi neanche il tempo di comprendere perfettamente quello che era accaduto che Hayner sopraggiunse prontamente per coprirmi gli occhi con le sue mani "Non guardare queste cose Rox, so che è la prima volta per te vedere una ragazza così svestita e potresti rimanere scioccato!" esclamò con fare protettivo e tacitamente irrisorio, ma non mancò però di fare un lungo fischio e qualche verso gutturale di apprezzamento, palesemente rivolto a quella sconosciuta. Ero pure "cieco" in quel momento ma non sordo, così mi divincolai in malo modo e lasciai andare la fanciulla che aveva l'aria più addormentata che desta.
"Oh, ecco dov'eri finita" intervenne alla fine Leon che non si era mosso di un millimetro dalla sua, a quanto pare, comoda posizione; si era solo limitato ad inarcare le sopracciglia e variare di una nota la tonalità di voce "Hai dormito lì?"
La ragazza incespicò per la stanza tra i vari bagagli fino ad arrivare vicino alla porta prima di battere un paio di volta le palpebre per svegliarsi meglio e rivolgersi a Leon, a giudicare dalla sua espressione era molto probabile che non si fosse accorta né di noi né del casino che aveva appena creato "Suppongo di sì dato che mi sono appena svegliata. Ieri devo avervi aspettato così tanto che alla fine mi sono addormentata senza accorgermene"
Io e Sora fissammo la scena a bocca aperta, mio fratello aveva un'espressione più che scandalizzata e ogni tanto mi picchiettava il braccio e indicava i due, al mio lato Hayner invece pareva più che entusiasta dello scenario così per ripicca gli pestai un piede.
"Pensavamo fossi tornata a casa" fu l'unica risposta che Leon fu capace di dare.
"Fate schifo a giocare a nascondino"
"Io e Cloud siamo troppo vecchi per fare questi giochi"
"Ma non troppo per fare
ginnastica da camera vero?"
"Non sono affari tuoi"
"E neanche troppo vecchio per essere sempre così antipatico"
La strana ragazza però non sembrò dispiaciuta dalle risposte poco entusiaste anzi, si limitò a sbadigliare prima di augurarci la buona notte e lasciare la stanza e probabilmente anche la casa
Dopo aver assistito a quella scena del tutto insensata, l'unica cosa che riuscii a fare fu rivolgere un'occhiataccia a Leon in cerca di spiegazioni, mentre Sora analizzava l'armadio per assicurarsi che non ci fossero altre presenze clandestine.
"Perché non mi avete detto che qui la vita è così bella? Mi ci sarei trasferito prima!" l'entusiasmo di Hayner mi terrorizzò non poco.


Il ticchettio dell'orologio appeso alla parete era l'unica cosa che mi avvertiva del passare del tempo mentre la mia mente vagava e il mio corpo giaceva quasi come se non avesse vita.
Il sole era basso nel cielo e tingeva di rosso qualsiasi superficie che i suoi raggi toccavano, tra poco sarebbe stato inghiottito dal mare e avrebbe ceduto il posto alla sera. Forse quel caldo afoso avrebbe finalmente dato un po' di tregua a noi che non eravamo abituati a quelle temperature, infatti, complice anche il fuso orario, dopo aver disfatto le valigie, messo tutto a posto e aver preparato i letti eravamo tutti caduti in uno stato quasi comatoso e nessuno sembrava avere la forza né la volontà di alzarsi dal proprio giaciglio.
Olette riposava nella sua stanza, Sora occupava la poltrona letto e sembrava aver lasciato il mondo dei vivi e Hayner era beatamente avvinghiato al mio corpo, incurante del fatto che io fossi in procinto di sciogliermi a causa del caldo torrido. Io, dal mio canto, ero steso su un lato con la schiena che combaciava con il corpo del mio ragazzo e un braccio che penzolava dal letto e grattava la testolina di una stranamente tranquilla Chelsea Bun. Sapevo che, come gli altri, avrei fatto meglio a riposare in vista del barbecue di quella sera con i colleghi di Cloud e Leon però non riuscivo a trattenere l'impellente curiosità - e forse anche una punta di nervosismo - di rivedere di nuovo dopo anni mio fratello maggiore; certo, ogni tanto si faceva vedere a casa, soprattutto durante le festività, però erano ormai un paio di anni che aveva tagliato quasi tutti i rapporti con i nostri genitori. Inoltre il fatto che ci avesse invitati a casa sua così all'improvviso e con poco preavviso in un certo senso mi turbava perché Cloud non era mai stata una persona particolarmente loquace, e anche se è stato sempre riguardevole nei confronti miei e di Sora, poco ce lo vedevo a coinvolgerci nei suoi affari.
Parlando di affari personali, io e quell'idiota di Sora eravamo di nuovo in ristrettezze economiche a causa dei costi di riparazione della nostra auto. Nostro padre si era rifiutato di coprirle o anche solo di aiutarci e non ci aveva permesso di toccare i nostri conti in banca, poi si era aggiunta quest'improvvisa fuga dalla città che non aveva giovato alla nostra situazione e quindi ora, anche se eravamo in vacanza, avrei potuto ovviare solo in un modo.
"Allora cosa ne pensi?" sussurrai a bassa voce per non svegliare Sora e Chelsea Bun altrimenti avrebbero iniziato a far casino.
"Che va bene" fu la risposta impastata di Hayner che giunse forse con un po' troppo ritardo.
"Anche se siamo ospiti non voglio assolutamente gravare, però credi che Leon e Cloud possano aiutarci?"
"Come vuoi"
"Spero che staremo insieme, non sopporto l'idea di essere separato da te" continuai a sussurrare e ringraziai di essere girato su un fianco, perché sapevo di essere arrossito e non volevo essere scoperto da Hayner altrimenti poi mi avrebbe preso in giro, tuttavia la sua risposta non fu tanto entusiasta quanto me.
"Mmh"
"Ehi mi stai ascoltando?" provai a domandare dopo una breve pausa e quando ancora una volta non ebbi risposta mi girai verso Hayner e lo strattonai bruscamente per farlo svegliare.
"Porca puttana, Roxas! Che cavolo vuoi?" imprecò questi aprendo finalmente gli occhi e il mio broncio non poté che accentuarsi.
"Abbassa la voce" gli intimai e poi aggrottai la fronte "Non mi stavi ascoltando"
Hayner sbadigliò rumorosamente e poi socchiuse di nuovo gli occhi "Ma certo che ti ascoltavo"
"E invece no, stavi dormendo!"
"E invece sì che ti ascoltavo"
"Ok allora cosa ti ho chiesto?"
"Se...uh... se una sera di queste ti va di andare fuori con me?"
"Lo vedi? Non mi stavi ascoltando"
"Diamine Rox, ho sonno" Hayner comprese che non avevo intenzione di lasciarlo tornare a dormire tanto facilmente così, dopo un lungo sbadiglio, si mise a sedere e puntò lo sguardo fisso su di me "Allora, che cosa vuoi?"
"Ti avevo detto che... uhm... siamo in ristrettezze economiche, la settimana scorsa quel deficiente di Sora ha distrutto la macchina e le spese di riparazione mi hanno un po' prosciugato... ho dovuto pagare di tasca mia perché i nostri genitori gli hanno bloccato il conto e può prelevare solo una certa cifra al mese... devo rientrare con i conti e dato che ci troviamo in vacanza vorrei anche togliermi qualche sfizio"
"E quindi?"
A quel punto decisi di mettermi a sedere accanto a lui e abbassai leggermente lo sguardo alla vista della sua espressione interrogativa "E quindi credo che dovremo cercarci un lavoro" mormorai giocherellando con l'orlo della mia maglietta.
Hayner sembrò più che sorpreso dalla mia affermazione, come avevo immaginato non mi aveva affatto ascoltato ma sembrava averla presa meglio del previsto infatti mi diede qualche colpetto sulla testa e sospirò.
"Va bene, ho capito..." sussurrò arruffandomi i capelli e mi sorrise. Io feci lo stesso, rincuorato dal suo buon umore, ma feci l'errore di dare per scontato il significato della sua affermazione positiva, e infatti... "Domani vi accompagnerò durante la vostra ricerca!"
Dopotutto questo era il vecchio e pigro Hayner, colui che preferiva relegare qualsiasi lavoro o problema sulle spalle degli altri piuttosto che dare una mano. Lo conoscevo troppo bene e ancora mi chiedevo come potevo essere così stupido ogni volta da cascarci e rimanerne deluso.
"No non hai capito," mi affrettai a precisare "Anche tu devi lavorare"
Hayner inarcò un sopracciglio ed emise una risata bassa e sarcastica "Cosa hai detto?"
"Che devi lavorare anche tu"
"Oh- non credo proprio, mio caro. Io lavoro tutto l'anno e non ho intenzione di farlo anche in vacanza" chiarificò con tono perentorio, incrociando le braccia al petto, sottintendendo che la mia era una richiesta stupida e ingiustificata.
"Tu ti sei autoinvitato qui e ti ho anche dovuto pagare il biglietto!"
"Beh? La tua famiglia mi sembra più che benestante"
"La mia famiglia, ma non io! Sono un semplice studente universitario perseguitato dalla sfiga con a carico un cane e un fratello scemo che non può spendere quello che guadagna"
Hayner non sembrava interessato alle mie motivazioni, glielo si leggeva nello sguardo perso che aveva assunto, infatti quando terminai di parlare mi sorrise ammiccante "Non avresti mica voluto partire senza di me, il tuo caro e amato fidanzatino? Le cose belle si condividono, finché morte non ci separi"
"Anche le cose brutte si condividono" borbottai esasperato aggrottando la fronte e gonfiando le guance.
"Non in vacanza Rox, non in vacanza" mi strappò un bacio a fior di labbra e si alzò dal letto per stiracchiarsi "Sapevi che c'è la vasca idromassaggio? Non lo conosco nemmeno ma adoro tuo fratello!"
Non potei più ribattere alla sua affermazione, ormai si era già volatilizzato dalla stanza. A quel punto sospirai sconsolato e mi lasciai cadere sul letto, non avrebbe avuto senso combattere oltre.
Perché cazzo non ero rimasto nella mia monotona e uggiosa Londra?


Ricordo di aver sognato un paio di occhi verdi.
Era un verde così intenso come un raro smeraldo, liscio e luccicante, che brillava di luce propria quando con una mano veniva ammirato alla luce del sole. Quella tonalità così sfavillante che solo i folli avrebbero agognato di cercare. L'erba dei pascoli più incontaminati sulle alture rocciose dell'Europa, l'acqua cristallina del mar dei Caraibi, lo splendente piumaggio dei più eleganti uccelli esotici. Erano gli occhi di un dio greco così delicati e al contempo feroci, accompagnati da due piccole lacrime che contrastavano con il chiarore del suo incarnato.
Il volto sconosciuto iniziò pian piano a prender forma e apparvero così anche un paio di labbra sottili, ma quando esse si dischiusero per parlarmi io mi svegliai di scatto, grondante di sudore a causa del caldo e senza neanche il più vago ricordo di ciò che avessi sognato. Ero ancora abbastanza addormentato per mettere a fuoco il mondo attorno a me ma non abbastanza da non rendermi conto del chiasso che lentamente stava iniziando a pizzicare alle mie orecchie. Era ovattato per via della porta chiusa ma era udibile. Il letto di Sora era vuoto, del cane neanche l'ombra e il sole era quasi del tutto calato.
Mi feci forza e coraggio e, dopo una preparazione mentale di un paio di minuti, decisi di fare il mio ritorno trionfale nel mondo dei vivi.
Ma prima di ciò avrei dovuto ricordare di indossare le scarpe e mettere in conto l'infamia dello spigolo del comodino. Quando il cervello registrò il dolore proveniente dal mignolo del mio piede sinistro fu doveroso per me iniziare a imprecare coloritamente contro qualsiasi cosa animata e inanimata che mi capitava a tiro.
"Fanculo anche a te" sbraitai quando Chelsea Bun arrivò trotterellante verso di me.
Mi guadagnai un ringhio sdegnato ma almeno mi sentivo meglio.


Era il tramonto e quando misi piede in salotto mi sentii quasi come catapultato nel bel mezzo di una guerra.
Musica a tutto volume, fiumi di alcol, luci colorate, gente che brulicava da ogni angolo e il tavolo del salotto addobbato per il
beer pong.
Il
beer pong, signori. Il classico gioco da universitari che ti indirizza verso una di quelle sbronze megagalattiche che mai potrai dimenticare, o almeno per quanto riguarda le schiappe come me. Quando intravidi Sora, Hayner e Olette in compagnia di bicchieri (pieni di chissà quale intrugli) già a proprio agio con quegli stranieri, compresi che tutti i miei buoni propositi di fare una sana vacanza all'insegna dell'astemia erano già andati a farsi fottere.
"Devo iniziare a portare più rispetto per i fratelli soldati che rischiano la propria vita in guerra" decretai tra me e me stringendo i pugni e preparandomi a buttarmi nel campo di battaglia per raggiungere gli altri. Dovevo assicurarmi a tutti i costi che nessuno facesse stronzate. Quando Cloud mi aveva detto che quella sera ci sarebbe stato un barbecue in giardino con i loro colleghi per festeggiare la fine delle riprese del primo film in cui aveva recitato, mai avrei immaginato che stesse parlando di uno scenario in stile Apocalypse Now. Io non ero tanto un tipo da feste e il fatto che persino Chelsea Bun sembrava socializzare molto meglio di me la diceva lunga.
Mi guardai timidamente attorno e continuai ad avventurarmi per la casa, attento ad evitare le persone con bicchieri traboccanti come se fossero mine pronte ad esplodere, fin quando non mi sentii afferrare da dietro e un paio di mani iniziarono a vagare sul mio petto.
Prima ancora che potessi urlare dalla sorpresa, una voce femminile abbastanza divertita mi precedette "Tu sei uno dei bimbetti di stamattina vero?"
Mi divincolai dalla sua presa e le lanciai una lunga occhiata accigliata. Era una ragazzina di media altezza, con i capelli neri corti, i tratti orientali e un ampio sorriso in volto. Indossava anche uno strano kimono, fin troppo poco convenzionale e caratteristico, che le arrivava a metà coscia e ai piedi aveva delle zeppe vertiginose. A occhio e croce sembrava essere sulla ventina ma l'esperienza mi diceva che aveva sicuramente qualche anno in più.
"E tu sei la ragazza dell'armadio!" sbottai, poco entusiasta del modo in cui aveva iniziato a toccarmi "Che cosa vuoi da me?"
"Volevo illudermi che sotto la tua maglietta ci fosse un po' di sostanza" lei mi rispose ancora sorridente, non sembrava per niente turbata dalla mia risposta scontrosa, poi con fare teatrale sospirò e agitò un dito per aria "Ma non c'era niente, solo pelle e ossa. Sono stata sfortunata anche questa volta"
Arrossii di colpo a quelle parole e il mio spirito fu animato da un furore rinnovato "Senti non metterti strane idee in testa, sono già impegnato. Ricordi l'altro ragazzo biondo di stamattina?"
Lei annuì e io sorrisi soddisfatto.
"Esatto, sto proprio con lui"
La ragazza inarcò un sopracciglio e con un'innocenza disarmante alzò il pollice e indicò qualcosa di imprecisato alla sua sinistra "Parli di lui?"
La scena che mi si presentò agli occhi era una di quelle che mai avrei desiderato vedere: Hayner che parlava concitatamente con due ragazze.
A quella vista fui invaso da un'ondata di gelosia e, mentre sibilavo malefici sottovoce, fulminai con lo sguardo quelle due sciacquette che si stavano strusciando vicino al
mio ragazzo.
"Ti stai trasformando in un Gremlin?" commentò vagamente divertita la mora ma io la ignorai deliberatamente.
Contrassi la fronte e iniziai ad avanzare con passi pesanti verso il mio obbiettivo, in quel momento mi dimenticai di tutto il resto attorno a me e per questo, senza che potessi accorgermene, fui spintonato da qualcuno e per errore finii addosso ad un vero e proprio colosso.
"Cazzo!" abbaiò il tipo mentre si tastava con foga i propri abiti. Ci misi qualche istante più del dovuto per registrare l'accaduto ma alla fine notai con orrore un'estesa macchia svettare su un improbabile abito scuro che mi ricordava vagamente la divisa di un combattente di un videogioco. Le altre cose di quell'energumeno che catturarono poi la mia attenzione furono i capelli lunghi di un improbabile color argento e un'espressione furiosa.
"Mi...mi dispiace!" sbiancai e mi scusai immediatamente, terrorizzato dall'aria selvaggia dell'uomo. Con gran velocità poi feci per sgattaiolare via ma questi mise una mano sulla mia spalla e mi trattenne con fermezza davanti a sé.
"Mi hai fatto versare il mojito" tuonò lo sconosciuto, poi fece una breve pausa durante la quale mi studiò velocemente "Questo è davvero sgarbato da parte tua"
"Mi dispiace tanto signore, sono mortificato"
"Ottimo. Era questo il mio intento, piccolo Cloud"
"In realtà il mio nome è Roxas, signore. Cloud è mio fratello"
"Roxas?" ripeté l'altro assumendo un'espressione pensierosa.
"Sì signore"
"Uhm, Roxas...." continuò meditante "Noi ci siamo già visti da qualche parte, ne sono sicuro. Magari in un universo parallelo, in una situazione differente.... in cui io per vendicarmi dei torti subiti da Cloud ho cercato di ucciderti ma tu ti sei salvato per pura fortuna*... proprio come ha fatto Harry Potter la prima volta che ha incontrato Voldemort"
Rimasi in silenzio, ancora paralizzato dall'imponenza del tizio, la cui aura tenebrosa mi faceva accapponare la pelle. Forse era un fanatico o solo il cosplayer di qualche personaggio, fatto sta che era dannatamente efficace.
Fortunatamente arrivò subito la ragazzina di prima in mio aiuto.
"Seph smetti di spaventare il bimbo. Lui è il fratellino del nostro Cloud"
L'uomo mi scrutò ancora per qualche lungo secondo e poi scoppiò in una fragorosa risata.
"Sì, lo avevo immaginato" esclamò prima di rivolgersi a me "Avresti dovuto vedere la tua espressione, sembravi sul punto di fartela addosso. Tranquillo bimbo non sono arrabbiato per i vestiti, tanto a fine serata andremo tutti a fare un bagno a mare. Dopo vieni a farti un goccetto con noi, offro io"
Giuro, avrei voluto prenderlo a pugni ma non lo feci per il benessere della mia persona, così stentai un sorrisetto impacciato e lui mi arruffò i capelli con una mano prima di tornare ad unirsi alla mischia.
"Stai alla larga, è ancora minorenne!" lo avvertì con voce alta la mia salvatrice ma dubitai che l'altro avesse potuto sentire con tutto quel casino, poi la vidi farmi l'occhiolino e mi passò una mano sulla spalla "Non farci caso, è un tipo strano. Io comunque sono Yuffie, sono amica di tutti qui quindi mi vedrai un po' dappertutto"
"Io sono..."
"Tu sei Roxas! Il valoroso fratello che è accorso in patria per salvare la principessa Cloud" mi anticipò prima che io potessi terminare la mia presentazione "E tu sei Chelsea Bun vero? Ma che bella bambina che sei" la vidi inginocchiarsi e dimenarsi vicino alla cagnetta festosa che era apparsa da chissà dove.
Forse era una mia impressione ma lì la gente non sembrava avere tutte le rotelle a posto.
Annoiato da quella scena, tirai un pesante sospiro e andai a rifugiarmi fuori nel portico con la speranza di prendere un po' d'aria, e lì fui inaspettatamente raggiunto da Hayner che si appoggiò con la schiena alla ringhiera di legno.
"Ehi" mormorò passandomi un bicchiere pieno di qualche roba sconosciuta.
"Ehi" risposi con stanchezza.
Mi passò una mano attorno alle spalle e lo sentii ridacchiare "Ti sei svegliato, a breve sarei salito a chiamarti"
Io storsi il naso "Non ti scomodare, ho notato che eri già in dolce compagnia"
"Parli di quelle due ragazze? Stavo solo facendo conoscenza"
"Certo, solo conoscenza"
Hayner mi guardò e mi stampò un bacio sulla guancia. Era una cosa che faceva sempre quando non voleva che si iniziasse una nuova discussione.
"Certo che è proprio uno sballo, qui è pieno di gente stralunata... li hai conosciuti tutti?"
Io scossi il capo.
"Allora ci penserò io. Ce ne sono di tutti i tipi: abbiamo un fanatico delle spade" indicò il lunatico che avevo conosciuto poco prima che stava dando spettacolo sbandierando uno spadone irrealmente lungo, assieme ad un altro forsennato che invece era occupato in una pietosa esibizione canora di
Surfin' Bird "Quello lì si chiama Sephiroth e probabilmente la lunghezza della sua spada vuole rimpiazzare qualche mancanza fisica... l'altro invece è Zack, pare che anche a lui piacciano molto le spade ma non quanto sputtanarsi in pubblico" io scoppiai a ridere e lui mi seguì a ruota, poi si girò altrove "Yuffie, la pazza che si crede una ninja" indicò la ragazzina mora che si arrampicava addosso ad un uomo di mezza età per rubargli una bottiglia di birra "Lui è Cid, un vecchio antipatico con cui penso che passerò molte serate al bar. Poi c'è un'amante del pollice verde" disse facendo segno verso una donna molto carina che parlava allegramente con un'altra ragazza dai capelli corti altrettanto carina "pare che Aerith coltivi erba tra tutti i vari fiori... quella ragazza accanto a lei, Yuna, invece fa le sedute spiritiche. Che ne dici di farne una?"
"Ma neanche per sogno!" ribattei fintamente indignato ma continuando a ridacchiare.
Un tonfo sordo ci distolse dalla nostra conversazione e vidi un paio di ragazzi riversare a terra un barilotto di birra probabilmente vuoto, a quel punto mi chiesi se fossero stati davvero Leon e Cloud a organizzare quella sottospecie di rimpatriata.
"Allora, come ti sembra questo posto?"
Puntai lo sguardo su Hayner e poi verso l'orizzonte davanti a noi, rimasi a contemplare l'oceano per qualche momento prima di rispondere "Ti mentirei dicendoti che Londra non mi manca. Le persone qui sembrano uscite da un manicomio e ci sono troppi
cliché americani..."
"E ci credo, siamo in America!"
Io sorrisi "Però gli scenari sono mozzafiato e non è ancora successo niente di estremamente drammatico, quindi aspetterò per dare una mia opinione... dopotutto non siamo neanche al primo giorno"
"Ehm Rox... guarda un po' la" mi picchiettò sulla spalla e mi fece cenno di guardare davanti a noi. Io seguii il suo sguardo, curioso di cosa avrei potuto trovare e per poco non mi venne un mezzo infarto.
Olette. Ubriaca. Faceva la civetta con quel Zack e lui sembrava più che entusiasta!
Non ci pensai due volte ad abbandonare Hayner e correre come un forsennato verso di lei. Un po' di solitudine non gli avrebbe fatto male per una manciata di minuti, quello che avrebbe potuto fare la mia amica invece sì.
Olette era una mia carissima amica ma a volte era un po' troppo viziata per i miei gusti, quando aveva infatti saputo della mia imminente partenza aveva fatto ferro e fuoco pur di unirsi nel viaggio. Aveva detto che la lontananza avrebbe giovato al suo rapporto con Pence. Quest'ultimo inizialmente non era d'accordo e, assieme a me, aveva cercato di farle cambiare idea ma poi era giunto anche lui alla conclusione che forse avrebbero potuto fortificare il loro rapporto e quindi l'aveva affidata alle mie cure. Il problema è che a Olette piacciono molto le feste e gli alcolici ma non li regge molto - sapete, lei rientra in quella categoria di ubriaca felice... e arrapata. E Pence era il nipote del mio
caro professore.
"Okay, okay, la serata è finita" dichiarai frapponendomi tra i due. Rubai il bicchiere di non-so-che dalle mani di Olette e lo passai al ragazzo dai capelli neri "Ti ringrazio per averla intrattenuta ma ora è tempo dei saluti"
"Ridammelo, io avevo sete" rimbeccò la castana appendendosi a me, il suo alito puzzava tremendamente e da ciò dedussi che non ci era andata con leggerezza.
"Ehilà bimbo, tu sei il mini-Cloud inglese vero?" domandò il dongiovanni mancato abbassandosi verso di me per fare contatto diretto con i miei occhi "Io e Olette ci stavamo divertendo, potresti restituirmela?"
Io corrugai la fronte e assottigliai gli occhi "Prima di tutto, io non sono un
bimbo. Seconda cosa, non sono un mini-Cloud inglese. Terzo, no non puoi avere Olette... è già fidanzata ufficialmente quindi stai alla larga da lei"
"Che sbadato, non mi sono ancora presentato. Io sono Zack Fair,
gran-pezzo-di-figo per le ragazze ma per te potrei fare un eccezione e lasciarmi chiamare così"
"... io invece sono
stanco di avere a che fare con degli esaltati, ma ma per te potrei fare un eccezione e lasciarmi chiamare vai a farti fottere"
Zack scoppiò a ridere e mi sorrise malizioso "Se sfoggiassi il mio sorriso migliore me la cederesti per un altro po'?"
Rimasi a scrutarlo, insicuro se allontanarmi e piantarlo in asso come uno scemo oppure se mollargli un cazzotto in faccia. Alla fine conclusi che forse per una persona aggraziata come me sarebbe stato poco signorile ricorrere alla forza, così presi Olette per la vita e con non poca fatica la riportai dentro in mezzo a quel mare di gente.
"Lasciami stareee" iniziò a lamentarsi mentre io la trascinavo verso le scale, la mia intenzione era di chiuderla nella sua stanza e aspettare che si addormentasse, così sarebbe stata innocua.
"Ti lascerò tra poco, ma adesso sali le scale"
"No, lasciami! Chi diavolo sei, tra l'altro?"
"Sono Roxas" le riposi con esasperazione, quando si ubriacava la ragazza iniziava ad assumere comportamenti strani.
"Non sei Spiderman?"
"No, non sono Spiderman"
"E allora vai viaaaa... solo... solo Spiderman può portarmi in camera mia"
Roteai gli occhi in preda all'avvilimento, mentre la intrattenevo con quel discorso senza senso ero riuscito a portarla in cima alla rampa di scale, avrei dovuto pazientare ancora poco e avrei potuto tirare un sospiro di sollievo. Questo fu l'unico motivo che mi spronò a reggere ancora quella farsa assurda.
"Io sono Peter Parker, non posso cambiarmi qui davanti a tutti" sussurrai al suo orecchio.
"Ohhh, Peter Parker... sei in borghese?"
"Sì, sono qui assieme al mio amico Deadpool"
"Lo sapevo che il fratellone di Sora e Roxas conosceva tante celebrità!"
Aprii la porta della stanza di Leon, me la chiusi alle spalle e accompagnai Olette al letto.
"Okay, adesso te ne stai buona qui e vai a dormire"
"No, Peter, tu non vai da nessuna parte" Olette mi afferrò per il colletto della mia maglietta e con una forza inumana mi gettò sul letto "Tu non vai da nessuna parte se prima non mi avrai fatta tua" dichiarò salendo sopra di me prima che io potessi rialzarmi.
Nel suo sguardo velato dall'alcol si leggevano ardore e desideri perversi.
Pregai qualsiasi entità celeste e ultraceleste di darmi la forza di portare a compimento il mio lavoro e non cedere ad alcuna tentazione mentre la ragazza aveva adesso preso ad alzare i lembi della mia maglia.
"No, Olette. Ferma e non rendere il mio compito infame ancora più complicato"
"Peter... mi stai per caso rifiutando? Io... io credevo di piacerti" la sua espressione si colmò improvvisamente di dolore e quasi si ritirò da quella posizione molto ambigua. Ne approfittai così per sfilarmi da sotto al suo corpo e mi misi in piedi davanti a lei. Se Hayner ci avesse visti credo che la mia vita sarebbe terminata lì.
"Lette, io non sono Peter Parker, sono Roxas... e sto con Hayner, così come tu stai con Pence. Tu lo ami, no? Non vorrai mica tradirlo?"
"Roxas?" Olette mi guardò spaesata, come se non avesse colto tutta la dinamica dei fatti, poi i suoi occhi si riempirono di lacrime "Tu... tu sei Roxas e non Peter Parker? Perché mi hai mentito? Perché illudermi e approfittare della mia immensa bontà?" singhiozzò, scossa dai singulti.
"No, no, aspetta" cercai di dire nervosamente ma questo non fece altro che peggiorare la situazione e la castana iniziò ad inveire a voce più alta e continuare a piangere.
Proprio in quel momento, come se non bastasse il mio cellulare iniziò a squillare e quando lessi il nome sul display l'ansia mi divorò.
Ovviamente non poteva essere altri che Pence!


Passai quasi un ora alle prese con la depressione di quell'arrapata di Olette ma alla fine riuscii a farla addormentare.
Avevo sfruttato quella breve telefonata di Pence per farli parlare; sentire la voce del ragazzo aveva colpito la consapevolezza della castana ed era scoppiata di nuovo in lacrime perché era stata pervasa dai sensi di colpa, in più il senso di nostalgia aveva contribuito al grazioso quadretto fatto di lacrime e fazzoletti sporchi.
Olette amava le feste ma non aveva messo in preventivo la sua propensione per le attività di socializzazione con l'altro sesso soprattutto sotto l'effetto di alcolici, almeno di questo ne era consapevole quando era sobria.
Una volta uscito dalla stanza il mio primo e spasmodico desiderio fu quello di buttarmi sotto la doccia per lavare via la stanchezza, l'irritazione e la macchia di vomito che mi aveva gentilmente lasciato Olette prima di sprofondare in uno stato comatoso da sbornia. Tuttavia nel corridoio la mia attenzione fu catturata da una serie di strani rumori molto simili a rantoli e imprecazioni, poi qualcosa sembrò sbattere contro una parete e tutto tornò silenzioso per quasi un minuto. Quando i gemiti ritornarono, ora con regolarità, inarcai un sopracciglio e, insospettito andai ad accertarmi che non fosse tutto uno scherzo della mia mente e che soprattutto nessuno stesse usando il mio letto come palestra, così andai ad accostarmi vicino a tutte le porte finché non trovai quella incriminata.
"Ehi Rox! Che fai davanti alla stanza di Cloud? Zack ha detto di averlo visto arrivare mentre noi eravamo tutti fuori"
Bad timing, Sora.
"Sei venuto anche tu a salutarlo?"
Appena vidi mio fratello con quel suo stupido sorriso stampato in volto, mi portai un dito davanti alle labbra e gli feci cenno di star zitto ma questi, essendo il gemello idiota il cui unico scopo nella vita era quello di creare casini, concluse che il mio gesto significava
"Parla a voce alta e cerca di farti sentire da tutti" o qualcosa del genere e infatti lo vidi avvicinarsi sempre più pericolosamente alla porta vicino alla quale ero accovacciato.
"Puzzi di vomito Rox, che diavolo hai combinato?" chiese retoricamente, senza aspettarsi una risposta da me perché comunque non l'avrebbe ascoltata, e prima che potessi intimargli di far silenzio o andar via afferrò la maniglia e aprì la porta "Ciaaaaao Cloud-"
La sua voce però si bloccò assieme alla mano ancora a mezz'aria quando vide la scena che si stava svolgendo all'interno della stanza di nostro fratello maggiore: Cloud addossato alla parete, camicia sbottonata fuori dai pantaloni, Leon che si arrampicava selvaggiamente su di lui e le loro mani fisse in posti in cui non avrebbero dovuto stare.
Si accorsero immediatamente della nostra presenza.
Occhi spalancati, corpi immobilizzati ed esclamammo tutti all'unisono "Porca puttana!"
Prima che gli altri due più grandi potessero ucciderci con la giusta motivazione di aver invaso brutalmente la loro privacy come Hitler aveva fatto con la Polonia, afferrai malamente quel deficiente di Sora per un braccio e lo trascinai giù in cucina dove ci rifugiammo in cerca di riparo.
"Oddio cosa ho visto, oddio cosa ho visto" ripeteva meccanicamente mio fratello mettendosi le mani nei capelli e camminando nevroticamente per la stanza. Non lo biasimavo perché anche io ero scosso come lui.
"Cloud non era etero?!"
"Che ne so! Io credevo di sì ma lo prendevamo in giro perché era sempre così rigido e moralista"
"Mio dio, Sor. Abbiamo fatto di nostro fratello un gay senza pudore"
"Ho paura che mamma e papà si arrabbieranno tanto quando verranno a saperlo"
"Questa volta l'abbiamo fatta grossa"
A interrompere la nostra crisi spirituale fu Zack che era venuto a saccheggiare senza pietà la cucina affermando che tutte le altre scorte erano state già barbaramente razziate.
"La folla si è dileguata?" domandai curioso, guardandolo mentre tirava fuori dal frigo una busta di
Doritos già aperta.
Zack annuì e mi offrì le patatine ma io rifiutai "A quest'ora saranno dispersi nei bar disseminati per la città"
"Ma non sono neanche le dieci di sera" obiettò Sora "La serata è già finita?"
"La serata, amico mio, è ancora giovane. Siamo rimasti in pochi in casa ma tra poco daremo inizio ai giochi"
"Cos'è questa puzza di merda?" proruppe Sephiroth entrando in cucina con una nuova cassa di birra, probabilmente scaricata da qualche macchina.
Certo che ci andavano giù pesante con quella roba.
"Più che merda io direi vomito" chiarificò Zack con la bocca ancora piena di patatine.
"Penso che sia la nuova fragranza della maglia di Roxas" rise Sora indicando l'apocalittica macchia che sfregiava la mia t-shirt.
"Cristo santo, ragazzo! Puzzi da far schifo"
"Grazie per i vostri complimenti" borbottai seccato.
Sephiroth si avvicinò pericolosamente a me con un ghigno malvagio che gli illuminava il volto.
"Ti servirebbe una doccia, ma prima di tutto ciò...." prima che potessi anche solo realizzare cosa stava succedendo, Sephiroth mi caricò sulle spalle, ripercorse il salotto con gran velocità e mi gettò nell'idromassaggio fuori al portico "... bagno di mezzanotte!"
L'acqua bollente mi avvolse come avrebbe fatto il fuoco durante un impetuoso incendio, la potenza del Jacuzzi fu come un'ondata di pugni che mi colpì il volto e le mie vie aeree furono letteralmente inondate da quei violenti getti. Quando riemersi mi sentii improvvisamente prosciugato di tutte le forze.
"Ma che cazzo! Perché l'hai fatto?" sbraitai contro l'uomo dai capelli argentei che stava ridendo come un pazzo.
"È il karma, tu mi bagni e io ti bagno" rispose questi.
"Il karma si era già vendicato sporcandomi di vomito" cercai di obiettare ma l'altro scosse il capo.
"Quello non era il karma, quella era solo sfiga"
Non ebbi nulla da ribattere a quella risposta, mi limitai a sospirare e accettare l'aiuto ad uscire dalla vasca offertomi da Hayner che aveva assistito a tutta la scena. Il fatto che fossi perseguitato dalla sfiga non era nulla di nuovo. Mi appoggiai in testa un asciugamano e iniziai a sfregare i capelli per asciugarli.
"Ragazzi avete finito di fare gli idioti?" una giovane donna con un abito rosa e una lunga treccia castana ci raggiunse fuori al portico e ci riprese con la stessa dolcezza di una madre alle prese con dei bambini piccoli - se non ricordavo male si chiamava Aerith, quella del pollice verde "Seph smettila di importunare i bambini!"
"Non sono un bambino!" tentai di protestare ma ormai ci stavo rinunciando.
"Allora gente, vi va una partitina a poker?" si unì al gruppo la zelante Yuffie seguita a ruota da Chelsea Bun stranamente inquieta.
"Volentieri!" enfatizzarono Sora e Hayner all'unisono alzando le mani in alto, mentre io incrociai le braccia al petto, pronto a trovare una scusa per defilarmi. Me ne sarei andato al pano di sopra, avrei abilmente evitato Leon e Cloud, mi sarei andato a fare una bella doccia calda e poi dritto a letto. Ma come giusto che fosse, ero troppo sfigato per far si che i miei piani andassero a buon fine per una volta.
"Chelsea!" esclamò Sora, ricordatosi finalmente dell'esistenza della sua creatura da compagnia "Perché sei così agitata? Non ti è piaciuta la festa, sei stanca? O qualcuno ti ha dato fastidio?" parlava frettolosamente mentre affondava le mani nel pelo della bestiolina in preda ai lamenti "Rooox, puoi portarla fuori?"
"Cosa?" sbraitai a quel punto "Portacela tu, è il tuo cane!"
"Tanto lo so che non volevi neanche giocare a poker!"


Un giorno.
Un giorno me l'avrebbero pagata tutti.
Un giorno il buono e disponibile Roxas sarebbe cambiato e avrebbe punito tutti gli opportunisti che si ostinavano ad abusare della sua pazienza.
Un giorno...
"Ma che cazzo!" strepitai scostando malamente quel maledetto cane che, liberatosi dei propri bisogni, adesso scodinzolava felice in giro tra le aiuole ed era venuto a bagnarmi i pantaloni con le zampe sporche di fango.
Mi abbassai a terra, presi un rametto e lo lanciai lontano così da liberarmi per qualche minuto di quella peste.
Sora, Hayner e tutti gli altri sconosciuti si erano praticamente coalizzati contro di me affermando che se non avessi voluto giocare a carte con loro allora avrei dovuto almeno adoperarmi per quel
"dolce cagnolino sofferente". Così controvoglia e di pessimo umore, ero stato costretto ad una veloce doccia, a rivestirmi di abiti puliti e ad avventurarmi per quelle strade che non avevo mai visto in vita mia.
Anche se ormai era buio grazie ai lampioni riuscivo comunque a farmi un'idea di quella zona e ammisi tra me e me che dopotutto non era male. Era un quartiere residenziale con delle villette in legno non propriamente omogenee; a differenza dei canoni inglesi a cui ero abituato qui si susseguivano abitazioni di tutti i tipi, dai cottage a un piano alle sfarzose case di tre piani, tutte contornate da giardini e alberi. Una caratteristica che mi piaceva di quella città erano le palme che costeggiavano le strade.
"Quello è un pigiama?"
Una voce sconosciuta proveniente dal marciapiede di fronte mi fece trasalire, lanciai un'occhiata attorno a me per assicurarmi se non ci fossero altre persone oltre a me e poi alzai lo sguardo alla persona appoggiata ad un albero. La debole luce del lampione lì vicino non riusciva ad illuminarlo a dovere ma non c'erano dubbi che si trattasse di un ragazzo. Era abbastanza alto e aveva dei capelli lunghi e selvaggi di un acceso rosso cremisi, gli occhi erano invece nascosti da un paio di occhiali.
"Che cosa?" domandai insicuro di aver compreso bene quello che mi aveva appena chiesto.
"Un pigiama da donna..."
Questa volta fu una constatazione e io d'istinto portai lo sguardo sui miei abiti. Non aveva tutti i torti affermando che fosse un pigiama perché
lo era. Un caldo e morbido pigiama di pile di un pallido azzurrino regalatomi da Olette - in realtà un tempo era stato suo. Il fatto è che da piccoli dal momento che vestivamo taglie simili, ci divertivamo a scambiarci i vestiti e prenderci in giro l'un l'altro, a volte partecipava anche Sora ai nostri giochi stupidi; ed ero rimasto attratto da quei pigiamoni così soffici e pelusciosi che indossavano anche le amiche di Olette durante i pigiama party. Mi sono sempre detto che era davvero ingiusto che soltanto le ragazze potessero avere dei pezzi di vestiario così comodi! Alla fine, un po' perché era cresciuta e non le andava più così bene e un po' perché diceva che le piaceva addosso a me, Olette aveva deciso di regalarmelo e da quel giorno io e quel pigiama eravamo diventati amici inseparabili. In circostanze normali non mi sarei mai mostrato in pubblico con una chicca del genere, ci tenevo alla mia virilità e alla mia estetica ma le vicissitudini di quella giornata mi avevano stizzito e quindi l'unica cosa che cercavo era un po' di pace e comodità.
"... e non ti sta neanche male!" continuò il tizio dopo avermi lanciato un'occhiata esaustiva.
Io inarcai un sopracciglio e strinsi tra le mani il guinzaglio di Chelsea Bun "Dici a me?"
Lo straniero si mise le mani nelle tasche dello striminzito jeans che indossava e spostò tutto il peso su una gamba "Sì che parlo con te, bimbo. Non vedo altri biondini con indosso un pigiamino del genere" sfoggiò un sorrisetto malizioso e con molta probabilità derisorio.
"Piantala di dire queste cose... che diavolo vuoi da me?"
"Di dire cosa, la verità?"
C'era qualcosa di quel tipo che mi dava estremamente fastidio, forse era la sua postura scomposta o il suo sorrisetto sghembo o anche il suo tono irrisorio. Solitamente quando mi trovavo davanti a tipi del genere giravo sui tacchi e me ne andavo senza badare alle loro parole, però questa volta per uno strano motivo sentii il bisogno di difendermi.
"Era comodo e soffice, okay? Dove abito io la gente non si cura di quello che fai!" commentai velenosamente.
"Anche qui nessuno ti direbbe niente" rispose facendo spallucce l'uomo, poi lo vidi trafficare con le mani nella giacca di pelle e ne cacciò un bastoncino di legno - probabilmente liquirizia - che si ficcò in bocca con nonchalance "Il problema è che io non sono
nessuno"
"Perfetto, un altro esaltato..." sussurrai a voce bassa ma non tanto bassa da passare inascoltata e infatti l'altro si mostrò subito genuinamente incuriosito.
"Un altro? Hai incontrato qualcun altro prima di me?"
"Neanche lo immagini" risposi al pensiero di quei pazzi che affollavano la casa di mio fratello "Piuttosto si può sapere chi diavolo sei?"
Con un gesto teatrale lo straniero si tolse gli occhiali e rivelò degli occhi di un profondo e brillante verde che quasi risplendeva nel buio della notte. A quella vista mi ritrovai a deglutire.
"
Chiunque tu vuoi che io sia..." mi rispose cercando maliziosamente il mio sguardo.
Ignorai deliberatamente il chiaro riferimento ad un altro noto telefilm e mi chiesi se in quel luogo la gente conoscesse un po' di serietà, ovviamente la risposta doveva essere
no a giudicare dai soggetti che lo abitavano.
"Vorrei che tu fossi il mio professore di filologia così che io possa prenderti a calci e non sentirmi colpevole"
"Se potessi lo farei solo per te, ma sono un personaggio pubblico e per contratto sono tenuto ad aver cura della mia immagine"
"Oh, per piacere..." sbottai senza neanche guardarlo in faccia, il colore dei suoi occhi era così magnetico da rendere le cose troppo imbarazzanti così avevo optato per cercare con lo sguardo quel cane idiota che aveva deciso di sparire da un momento all'altro. Ah, eccola lì che giocava ancora con quel ramoscello.
"Senti, adesso devo proprio andare" il tizio dai capelli rossi piegò le labbra in una sottospecie di sorrisetto strafottente e si mise le mani in tasca "Però mi ha fatto piacere conoscerti"
"A me neanche un po'" borbottai sulle mie.
"Sono sicuro che ci rivedremo presto"
"Allora farò in modo di rimanere chiuso in casa"
L'uomo fece per andarsene ma ci ripensò e si girò di nuovo verso di me "Un'ultima cosa"
"Non dovevi andare via?"
Il suo sorriso era sempre lì e non sembrava essere portatore di buone novelle "Datti una rinfrescata ai pantaloni,
Babyblue"
Quando mi era saltata addosso, chelsea Bun mi aveva bagnato la parte alta delle gambe, la macchia era così ben localizzata che sembrava che me la fossi fatta addosso.
Mi chiamo Roxas Strife, ho 19 anni, 3 mesi e 21 giorni e le figure di merda sembrano aver sviluppato un particolare fetish verso di me persino in vacanza.


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Character Profile

Nome: Roxas Cooper
Soprannomi: bimbo, Epic Fail, Baby Blue, Sunshine, Trilli, Jesse McCartney degli sfigati
Età: 19 anni, 3 mesi e 21 giorni
Data di nascita: si ostina a non rivelarlo
Ama: Hayner, il tè delle 17 (solo se comprato da Whittard di Chelsea), i libri antichi, la storia, la regina Elisabetta e nutre una segreta simpatia per gli One Direction
Odia: Sora, Chelsea Bun, Axel, Demyx, i suoi genitori, il suo professore che gli ha negato il tirocinio
Personalità: rappresenta il cliché del tipico noioso soggetto londinese, non a caso sembra orgogliosissimo delle proprie origini e della propria terra di nascita, e crede fermamente nella propria superiorità intellettuale rispetto agli altri anche se è costantemente perseguitato dalla sfiga. E’ uno studente di filologia, convinto che parlare solo la purissima lingua britannica lo aiuterà a salvare il mondo e a sconfiggere lo slang americano che affligge la società moderna; la sua aria da maestrina bipolare lo rende facile vittima delle prese in giro altrui anche se non sempre sembra accorgersene. È fanatico dell'ordine, della pulizia e della privacy. Più volte è stato scoperto a indossare abiti femminili.




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NEXT
2. Homosexual Assumptions

"Rox tu non puoi capire, mi sento tanto come Fievel quando sbarcò in America"
"Sora, Fievel era un topo... ti senti come un topo?"
"Era un topo felice..."


"Patatine? Credevo che a poker si usassero i soldi"
"Non quando c'è Leon. Da quando ha iniziato a partecipare alle nostre serate non ci permette di usarne... e lui non si perde una partita!"
"Soprattutto ora che si è unito anche Cloud. Prima riuscivamo a giocare seriamente anche una volta a settimana, ora è patatine su tutti i fronti"
"Io vi avevo detto che era una questione di tempo prima che questi due tornassero ad affrontarsi. Dio, la tensione tra di loro si potrebbe tagliare con un coltello"
"Tensione sessuale"
"Non parlate di noi come se non ci fossimo"


"Okay gente, vi siete ricordati di portare la macchina fotografica? No? Nessun problema, ci ha pensato Yuna"
"Quindi era tutto pianificato?"
"Ovviamente, mio caro Spiky. Ora alzati"
"Sicura che mi metterete qualcosa addosso? Perché sono rimasto in muntande e se hai intenzione di levarmi anche quelle non sarò più tanto buonista"
"Regole del gioco, Cloud. Tu le conosci, hai accettato, hai partecipato..."
"...e hai perso spettacolarmente! Ecco il tuo pegno"
"Scarpe con tacchi a spillo?!"
"Ah, la gioia di tutte le donne"


"Rox cerca di calmarti altrimenti spaventerai i clienti"
"Me ne frego dei clienti! Non riesco ad accettare di essere finito in una situazione del genere e soprattutto per colpa tua... appena
questo incubo finirà, denuncerò Yuffie per lesioni morali"
"Ricordati che ci ha trovato un lavoro e la paga è anche buona"
"Sora, sono vestito come una fottuta cameriera lolita!"
"Almeno le zeppe ti slanciano!"



   
 
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