"Questa
non è la casa sulla spiaggia di Beverly Hills 90210!"
"Hayner,
Sora ha parlato di un cottage azzurro sulla spiaggia ed
è vero che Cloud è un attore ma questo non
significa che doveva
essere per forza il proprietario di quella
casa... anche se ammetto di averci sperato. Tra l'altro siamo a Santa Monica e non
a Hermosa Beach"
"Olette, in
realtà anche io ero convinto che avremo vissuto assieme a
Kelly e
Donna sul set del film... neanche sapevo che Beverly Hills esistesse
veramente. E tu Rox?"
Tre paia di occhi indagatori mi
perforarono con i loro sguardi avidi di sapere e io per evitarli
lanciai una lunga occhiata alla villetta in legno davanti a noi.
Nonostante fossi ancora di pessimo umore a causa dell'interminabile
viaggio in aereo - durante il quale un grassone sudato aveva deciso
di usare la mia spalla sinistra come cuscino - e
dall'altrettanto lungo tragitto in taxi - dove erano stati invece
Hayner e Olette ad usarmi come cuscino-, non mi sentivo ancora tanto
stronzo da fare a pezzi i loro animi innocenti schiaffando
loro
in faccia la triste verità sulla loro stupidità.
Alla mia
mancata risposta si elevò un flebile ululato dalla cuccetta
da
viaggio di Chelsea, come per ricordarmi della sua presenza ed
esortarmi a dire la mia, a quel punto sospirai pesantemente
e mi
schiaffai una mano in fronte, maledicendomi di aver accettato a
prender parte a quella farsa.
In fin dei conti, me ne vergognai
non poco, ma anche io, sotto sotto, avevo sognato di soggiornare in
quella famosa casa bianca e azzurra che più volte avevo
visto in tv
quando ero piccolo.
#1.
Hi,
name is Epic Fail
Mi
chiamo Roxas Cooper, ho 19 anni, 3 mesi e 21 giorni e la mia vita
è
nota per essere finalizzata a un complesso infinito di sfighe.
Fino
a una settimana fa potevo permettermi il lusso di affermare di avere
una vita decente: dormivo sonni tranquilli nel mio letto a una piazza
e mezza nella mia amata e piovosa Londra, ero lo studente
più
giovane e brillante del mio corso di laurea, avevo un posto da
tirocinante assicurato dal mio professore e grazie ad esso non solo
sarei potuto diventare un ricercatore in ambito filologico ma avrei
potuto conoscere anche i più famosi luminari delle accademie
letterarie.
Poi un paio di birrette in più una sera mi hanno
rovinato l'esistenza.
La mia ubriachissima amica d'infanzia,
Olette, mi è saltata addosso e per poco non mi ha
"violentato";
il giorno dopo a causa del mio ritardo a lezione il professore mi ha
scartato per il suo tirocinio, e ho dovuto riempire di stronzate
Pence (il fidanzato e forse futuro sposo di Olette) sul comportamento
della sua ragazza per tenermelo buono perché è
nipote del
sopracitato professore e mi ha promesso che avrebbe potuto aiutarmi a
reinserirmi nel mio progetto universitario. Durante i casini
all'ordine del giorno faccio anche il possibile per trovare il tempo
di alimentare la mia già abbastanza arida vita sentimentale
con
Hayner.
Tralasciando le mie varie relazioni tutt'altro che
raggianti, per mia sfortuna ho un fratello gemello di nome Sora che
non solo è più alto di 3,5 cm - il che mi ricorda
quanto la mia
esistenza sia disgraziata di per sé - ma la sua persona
sembra
totalmente essere volta a rendermi la vita un inferno a causa della
sua idiozia; assieme a lui, la maggior parte delle volte, si aggiunge
anche una cagnetta color caffè latte altrettanto idiota dal
nome di
Chelsea Bun che è l'esatta copia di mio fratello in versione
animale. Viviamo insieme in un appartamentino niente male a Chelsea
e, mentre io ogni volta vendo la mia anima al diavolo per portare
avanti i miei studi all'università e mantenere il nostro
bilancio
finanziario, Sora ha occhi solo per quello stupido cane e per il
ristorantino che gestisce, lasciando a me tutti i problemi che
semina. Ecco svelato il motivo per cui sono perennemente al verde.
Ho
poi un altro fratello più grande di nome Cloud. Lui a
differenza di
me e Sora è stato molto più furbo e
all'età di 18 anni ha fatto i
bagagli per fuggire il più lontano possibile da quel
manicomio di
pazzi che sarebbe la nostra famiglia - così facendo ha
spezzato il
cuore a quell'ossessa di nostra madre - e adesso per qualche assurdo
motivo ci ha invitati a trascorrere le vacanze a casa sua.
Dopo
questo breve excursus mentale in cui avevo presentato la mia misera
esistenza, facendomi scorrere le immagini nella mente con una
dissolvenza stile Power Point, e parlando con una voce fuori campo
proprio come nei film; senza attendere gli altri attraversai
il
vialetto costeggiato da un piccolo ma ordinato giardinetto, decorato
da particolari sculture
(se così potevano essere definite) fatte di bottiglie e
lattine di
birra vuote, e parcheggiai il mio bagaglio e la cuccetta di Chelsea
Bun davanti alla porta, appuntandomi mentalmente che una volta
sistematomi avrei dovuto dettare una serie di leggi come ad esempio
il divieto assoluto di consumare alcolici.
Non ebbi neanche il
tempo di suonare il campanello che la porta di mogano fu subito
aperta da una persona che stentai a riconoscere. Quello che avevamo
di fronte era un ragazzo che sfiorava il metro e ottanta, dalla
muscolatura robusta, una folta capigliatura castana che gli arrivava
alle spalle e uno sguardo serio e composto ma al contempo
affabile.
"Sora! Roxas! Che piacere rivedervi" esclamò
il tizio in questione soffocando me e mio fratello in quello che
più
che abbraccio avrei definito morsa
letale degna di un wrestler professionista
"Cavolo, siete cresciuti un sacco"
"Leon!" fu
l'entusiasta esclamazione di mio fratello una volta che ci ebbe
lasciati andare, mentre io ero invece accasciato in un angolino a
tossire e annaspare per riprendermi da quello shock iniziale;
nell'udire quel nome però mi voltai di scatto con occhi
spalancati e
come colto da un'illuminazione riuscii finalmente ad accostare quel
volto così maturo al nome appena pronunciato. Squall
Leonheart, in
arte Leon, era il migliore amico di Cloud da praticamente tutta la
vita e di conseguenza anche io e Sora lo conoscevamo da quando
avevamo memoria, a quanto sapevo non c'era una cosa che i due non
avessero fatto insieme. Certo che ora era quasi irriconoscibile, da
ragazzino dai tratti facciali dolci si era trasformato in un vero
uomo che trasudava virilità da tutti i pori.
"Il viaggio è
andato bene? Non vi aspettavo così presto"
"Tuuuutto
benissimo" sorrise gioioso Sora. Ovvio, lui aveva dormito da
quando aveva messo piede nell'aereo finché non era sceso dal
taxi.
"E i signori accompagnatori sono?" seguii il suo
sguardo posato sugli altri membri del nostro equipaggio che,
incuranti dei pericoli e delle insidie, avevano deciso di affrontare
coraggiosamente quel lungo e tortuoso viaggio assieme a me e Sora per
scroccare una vacanza gratis "Roxas, ci sei?"
Quella
domanda mi fece finalmente risvegliare dai miei
vagheggiamenti.
"A-ah... Cloud aveva detto che non c'erano
problemi se portavamo qualcuno... lei è Olette, non so se te
la
ricordi, andavamo spesso al mare insieme" mormorai a quel punto
iniziando a fare le presentazioni, leggermente imbarazzato per essere
stato sorpreso in un momento di assenza mentale, e poi arrossii di
brutto quando feci contatto visivo con il ragazzo biondo scuro
davanti a me "Mentre lui è... lui è Hayner, il
mio... il mio-"
non feci però in tempo a terminare la frase che Hayner
continuò al
posto mio con maggior foga.
"Il suo migliore AMICO! Sì, sono
il suo grande e unico amicone" sorrideva borioso a Leon
mentre gli stringeva la mano e io fui costretto a farmi da parte e
abbozzare un sorrisetto di circostanza, leggermente malinconico ma in
fin dei conti neanche tanto. Ormai ci avevo fatto l'abitudine con
lui, io amavo davvero tanto Hayner e pure lui diceva di provare lo
stesso nei miei confronti, anche se non sembrava tanto preso come me
e ogni volta che eravamo al di fuori della nostra ristretta cerchia
di amicizie lui si ostinava a dire che noi eravamo dei semplici
amici. Capivo che potesse essere magari timido e riservato
però in
un certo senso la cosa mi dispiaceva... o forse ero solo
egoista?
"Avanti venite con me, Cloud è fuori per dei
servizi ma ci penserò io a mettervi a vostro agio!"
Una
volta terminati i convenevoli, rimasi in silenzio e mi accodai al
resto del gruppetto mentre Leon ci invitava ad entrare e iniziava il
tour della casa per renderci familiari dell'ambiente in cui avremo
soggiornato. Udii per tutto il
tempo i farneticamenti di Sora, Hayner e Olette su quanto fosse figa
quella casa - se avessi dovuto dare un mio giudizio io l'avrei
definita troppo americana
ma carina. La cucina era ampia e luminosa, il mobilio era di un
delizioso color crema, le pareti erano di un carico azzurro cielo e
le tende erano bianche e a fiorellini azzurri, e ovviamente non
mancava una grande isola nel centro, dotata di un'affettatrice per i
bagels, proprio come nei film e come in ogni rispettabile casa
americana.
"Io mi trasferisco qui" proruppe Sora
abbracciando con lo sguardo il gigantesco frigorifero a due ante.
(Nota importante: Sora è un cuoco superlativo ma, se non
alimentato a dovere, potrebbe diventare cannibale.)
Passammo poi
per il soggiorno, anch'esso arredato con tonalità pastello -
prevalentemente bianco e azzurrino - c'erano dei divani e un grande
tavolo rettangolare ma due furono le cose che catturarono la mia
attenzione quasi all'istante: la tv satellitare appesa al muro e la
vista che dava sull'oceano. Leon aggiunse che dal portico c'era
accesso diretto alla spiaggia libera. Dopo di ciò
attraversammo
qualche corridoio, salimmo la rampa di scale e raggiungemmo le nostre
stanze.
"Allora, in fondo a tutto ci sono due bagni. Poi dato
che una signorina non può alloggiare insieme a voi ragazzi,
le ho
gentilmente ceduto la mia stanza e mi sono trasferito in quella di
Cloud"
"Secondo me ci è sempre stato" Sora si
avvicinò al mio orecchio per sussurrare sottovoce e io
trattenni a
stento una risatina.
Leon non mancò di captare il commento
di mio fratello ma decise di sorvolare, così
lasciò che Olette si
ambientasse nella sua camera e accompagnò noi altri
davanti
un'altra porta "Questa è la stanza degli ospiti, so che
è un
po' stretta ma è meglio di nulla. Ci sono un divano letto e
una
poltrona letto. Scegliete voi come dividervi"
La delusione di
dover condividere quella piccola stanzetta si leggeva chiaramente
negli occhi di Sora e Hayner, ma io, da persona educata, entrai e mi
guardai attorno "Grazie Leon, questa sistemazione è
perfetta"
"Figurati, fate come se foste a casa vostra"
l'altro si era appoggiato allo stipite della porta, con le braccia
incrociate al petto, ci guardava con interesse mentre noi ci
ambientavamo e poi sul suo volto si accese un
sorrisetto sarcastico "E quindi, come stanno i vostri genitori?
Cloud non la smette mai di parlarmi di loro"
"Non lo
biasimo" ridacchiai cogliendo al volo quello che in realtà
volesse dire e spostai lo sguardo su Sora e Hayner che avevano deciso
finalmente di iniziare a portare dentro i bagagli "Stanno
benone, papà è il solito stronzo e mamma
è la solita
pazza"
"Ehi non parlare male di loro" rimbeccò
Sora stranamente offeso, lanciandomi un cuscino addosso.
"Non
sta parlando male, è la pura verità" quando mi
difese Hayner,
sentii le guance andarmi a fuoco e non potei trattenere un gran
sorriso. Lui non aveva mai conosciuto i miei genitori ma dopo i miei
racconti in un certo senso non gli erano mai stati simpatici. I miei
genitori non erano persone cattive, o almeno era quello di cui
cercavo di convincermi ogni volta che entravo e uscivo dalla loro
villa infernale, loro erano solo delle persone molto particolari che
davano particolarmente
conto agli affari e alle facciate.
"Ma se neanche li
conosci!"
"E mai vorrò farlo"
Sapevo che
quell'argomento si sarebbe presto trasformato in un'accesa
discussione: Sora era molto attaccato ai nostri genitori e non gli
era molto simpatico Hayner, i medesimi sentimenti erano condivisi da
quest'ultimo però con il passare del tempo erano riusciti a
raggiungere una sorta di equilibrio per amor mio. Così per
sfuggire
a quella quiete imbarazzante ornata da occhiatacce fulminanti che si
dedicavano i due, io mi adoperai a cercare qualcosa con cui
occuparmi e optai per dare un'occhiata all'armadio nell'angolo
così da poter iniziare a suddividere gli spazi da
utilizzare.
"Ma quanto è grande questo armadio! Di che materiale si
tratta, Leon?" interpellai l'uomo alle nostre spalle per
cambiare argomento e questo, preso alla sprovvista, esitò un
attimo
prima di rispondere.
"Oh...uhm... è legno di noce"
"Noce?
Io adoro il noce... e anche le noci, forse queste di più ma
il
materiale è ugualmente bello!"
"Rox che diavolo dici?"
mi redarguì Hayner altrettanto stupito come Leon sui miei
farneticamenti "Tu sei allergico alle noci"
"Ah
davvero? Me ne ero dimenticato" risi nervosamente tornando a
ispezionare le varie ante ma qualcosa intralciò la mia
attività.
Accadde tutto in una frazione di istante ma la sequenza
fu densa di azioni.
Nel momento in cui poggiai la mano sulle
maniglie, entrambe le porte si aprirono improvvisamente e
dall'interno ne uscì una ragazza.
Una ragazza in costume per
dirla tutta.
Una ragazza in costume che inciampò e mi cadde
addosso.
Okay, mettiamo un attimo in pausa la scena e analizziamo
la situazione: solitamente quando una ragazza mozzafiato ti cade
addosso, la reazione istintiva della libido porta l'essere di sesso
maschile a mettersi in mostra e ostentare tutta la propria
virilità
attraverso gesti protettivi e premurosi come portare in salvo la
fanciulla e assicurarsi che stia bene.
Ovviamente non fu quello il
mio caso.
In un primo momento riuscii a trattenere un'esclamazione
di sorpresa e da bravo gentiluomo la afferrai tra le mie braccia ma
la sconosciuta mi calpestò un piede e fece perdere
l'equilibrio
anche a me. Cascai al suolo con lei addosso, nella caduta sbattei la
testa contro il comodino e come se non bastasse anche la sveglia
decise di dare il suo contributo finendomi sulla fronte.
A quel
punto non potei tacere un lamentoso guaito di dolore dalla
tonalità
tutt'altro che virile. Nient'altro da aggiungere.
Sfiga
vs Roxas in trasferta: 1-0
Non
ebbi neanche il tempo di comprendere perfettamente quello che era
accaduto che Hayner sopraggiunse prontamente per coprirmi gli occhi
con le sue mani "Non guardare queste cose Rox, so che è la
prima volta per te vedere una ragazza così svestita e
potresti
rimanere scioccato!" esclamò con fare protettivo e
tacitamente
irrisorio, ma non mancò però di fare un lungo
fischio e qualche
verso gutturale di apprezzamento, palesemente rivolto a quella
sconosciuta. Ero pure "cieco" in quel momento ma non sordo,
così mi divincolai in malo modo e lasciai andare la
fanciulla che
aveva l'aria più addormentata che desta.
"Oh, ecco dov'eri
finita" intervenne alla fine Leon che non si era mosso di
un millimetro dalla sua, a quanto pare, comoda posizione; si era solo
limitato ad inarcare le sopracciglia e variare di una nota la
tonalità di voce "Hai dormito lì?"
La ragazza
incespicò per la stanza tra i vari bagagli fino ad arrivare
vicino
alla porta prima di battere un paio di volta le palpebre per
svegliarsi meglio e rivolgersi a Leon, a giudicare dalla sua
espressione era molto probabile che non si fosse accorta né
di noi
né del casino che aveva appena creato "Suppongo di
sì dato che
mi sono appena svegliata. Ieri devo avervi aspettato così
tanto che
alla fine mi sono addormentata senza accorgermene"
Io e Sora
fissammo la scena a bocca aperta, mio fratello aveva un'espressione
più che scandalizzata e ogni tanto mi picchiettava il
braccio e
indicava i due, al mio lato Hayner invece pareva più che
entusiasta
dello scenario così per ripicca gli pestai un piede.
"Pensavamo
fossi tornata a casa" fu l'unica risposta che Leon fu capace di
dare.
"Fate schifo a giocare a nascondino"
"Io e
Cloud siamo troppo vecchi per fare questi giochi"
"Ma
non troppo per fare ginnastica
da camera
vero?"
"Non sono affari tuoi"
"E neanche
troppo vecchio per essere sempre così antipatico"
La strana ragazza però
non sembrò dispiaciuta dalle risposte poco entusiaste anzi,
si
limitò a sbadigliare prima di augurarci la buona notte e
lasciare la
stanza e probabilmente anche la casa
Dopo aver assistito a quella
scena del tutto insensata, l'unica cosa che riuscii a fare fu
rivolgere un'occhiataccia a Leon in cerca di spiegazioni, mentre Sora
analizzava l'armadio per assicurarsi che non ci fossero altre
presenze clandestine.
"Perché non mi avete detto che qui la
vita è così bella? Mi ci sarei trasferito prima!"
l'entusiasmo
di Hayner mi terrorizzò non poco.
Il ticchettio
dell'orologio appeso alla parete era l'unica cosa che mi avvertiva
del passare del tempo mentre la mia mente vagava e il mio corpo
giaceva quasi come se non avesse vita.
Il sole era basso nel
cielo e tingeva di rosso qualsiasi superficie che i suoi raggi
toccavano, tra poco sarebbe stato inghiottito dal mare e avrebbe
ceduto il posto alla sera. Forse quel caldo afoso avrebbe
finalmente dato un po' di tregua a noi che non eravamo
abituati
a quelle temperature, infatti, complice anche il fuso orario, dopo
aver disfatto le valigie, messo tutto a posto e aver preparato i
letti eravamo tutti caduti in uno stato quasi comatoso e nessuno
sembrava avere la forza né la volontà di alzarsi
dal proprio
giaciglio.
Olette riposava nella sua stanza, Sora occupava la
poltrona letto e sembrava aver lasciato il mondo dei vivi e Hayner
era beatamente avvinghiato al mio corpo, incurante del fatto che io
fossi in procinto di sciogliermi a causa del caldo torrido. Io, dal
mio canto, ero steso su un lato con la schiena che combaciava con il
corpo del mio ragazzo e un braccio che penzolava dal letto e grattava
la testolina di una stranamente tranquilla Chelsea Bun. Sapevo che,
come gli altri, avrei fatto meglio a riposare in vista del barbecue
di quella sera con i colleghi di Cloud e Leon però non
riuscivo a
trattenere l'impellente curiosità - e forse anche una punta
di
nervosismo - di rivedere di nuovo dopo anni mio fratello maggiore;
certo, ogni tanto si faceva vedere a casa, soprattutto durante le
festività, però erano ormai un paio di anni che
aveva tagliato
quasi tutti i rapporti con i nostri genitori. Inoltre il fatto che ci
avesse invitati a casa sua così all'improvviso e con poco
preavviso
in un certo senso mi turbava perché Cloud non era mai stata
una
persona particolarmente loquace, e anche se è stato sempre
riguardevole nei confronti miei e di Sora, poco ce lo vedevo a
coinvolgerci nei suoi affari.
Parlando di affari personali, io e
quell'idiota di Sora eravamo di nuovo in ristrettezze economiche a
causa dei costi di riparazione della nostra auto. Nostro padre si era
rifiutato di coprirle o anche solo di aiutarci e non ci
aveva permesso di toccare i nostri conti in banca, poi si era
aggiunta quest'improvvisa fuga dalla città che non aveva
giovato
alla nostra situazione e quindi ora, anche se eravamo in vacanza,
avrei potuto ovviare solo in un modo.
"Allora cosa ne pensi?"
sussurrai a bassa voce per non svegliare Sora e Chelsea Bun
altrimenti avrebbero iniziato a far casino.
"Che va bene"
fu la risposta impastata di Hayner che giunse forse con un po' troppo
ritardo.
"Anche se siamo ospiti non voglio assolutamente
gravare, però credi che Leon e Cloud possano aiutarci?"
"Come
vuoi"
"Spero che staremo insieme, non sopporto l'idea di
essere separato da te" continuai a sussurrare e ringraziai di
essere girato su un fianco, perché sapevo di essere
arrossito e non
volevo essere scoperto da Hayner altrimenti poi mi avrebbe preso in
giro, tuttavia la sua risposta non fu tanto entusiasta quanto
me.
"Mmh"
"Ehi mi stai ascoltando?" provai
a domandare dopo una breve pausa e quando ancora una volta non ebbi
risposta mi girai verso Hayner e lo strattonai bruscamente per farlo
svegliare.
"Porca puttana, Roxas! Che cavolo vuoi?"
imprecò questi aprendo finalmente gli occhi e il mio broncio
non
poté che accentuarsi.
"Abbassa la voce" gli intimai e
poi aggrottai la fronte "Non mi stavi ascoltando"
Hayner
sbadigliò rumorosamente e poi socchiuse di nuovo gli occhi
"Ma
certo che ti ascoltavo"
"E invece no, stavi
dormendo!"
"E invece sì che ti ascoltavo"
"Ok
allora cosa ti ho chiesto?"
"Se...uh... se una sera di
queste ti va di andare fuori con me?"
"Lo vedi? Non mi
stavi ascoltando"
"Diamine Rox, ho sonno" Hayner
comprese che non avevo intenzione di lasciarlo tornare a dormire
tanto facilmente così, dopo un lungo sbadiglio, si mise a
sedere e
puntò lo sguardo fisso su di me "Allora, che cosa vuoi?"
"Ti
avevo detto che... uhm... siamo in ristrettezze economiche, la
settimana scorsa quel deficiente di Sora ha distrutto la macchina e
le spese di riparazione mi hanno un po' prosciugato... ho dovuto
pagare di tasca mia perché i nostri genitori gli hanno
bloccato il
conto e può prelevare solo una certa cifra al mese... devo
rientrare
con i conti e dato che ci troviamo in vacanza vorrei anche togliermi
qualche sfizio"
"E quindi?"
A quel punto decisi
di mettermi a sedere accanto a lui e abbassai leggermente lo sguardo
alla vista della sua espressione interrogativa "E quindi credo
che dovremo cercarci un lavoro" mormorai giocherellando con
l'orlo della mia maglietta.
Hayner sembrò più che sorpreso dalla
mia affermazione, come avevo immaginato non mi aveva affatto
ascoltato ma sembrava averla presa meglio del previsto infatti mi
diede qualche colpetto sulla testa e sospirò.
"Va bene, ho
capito..." sussurrò arruffandomi i capelli e mi
sorrise. Io
feci lo stesso, rincuorato dal suo buon umore, ma feci l'errore di
dare per scontato il significato della sua affermazione positiva, e
infatti... "Domani vi accompagnerò durante la vostra
ricerca!"
Dopotutto questo era il vecchio e pigro Hayner, colui che
preferiva relegare qualsiasi lavoro o problema sulle spalle degli
altri piuttosto che dare una mano. Lo conoscevo troppo bene e ancora
mi chiedevo come potevo essere così stupido ogni volta da
cascarci e
rimanerne deluso.
"No non hai capito," mi affrettai a
precisare "Anche tu devi lavorare"
Hayner inarcò un
sopracciglio ed emise una risata bassa e sarcastica "Cosa hai
detto?"
"Che devi lavorare anche tu"
"Oh-
non credo proprio, mio caro. Io lavoro tutto l'anno e non ho
intenzione di farlo anche in vacanza" chiarificò con tono
perentorio, incrociando le braccia al petto, sottintendendo che la
mia era una richiesta stupida e ingiustificata.
"Tu ti sei
autoinvitato qui e ti ho anche dovuto pagare il biglietto!"
"Beh?
La tua famiglia mi sembra più che benestante"
"La mia
famiglia, ma non io! Sono un semplice studente universitario
perseguitato dalla sfiga con a carico un cane e un fratello scemo che
non può spendere quello che guadagna"
Hayner non sembrava
interessato alle mie motivazioni, glielo si leggeva nello sguardo
perso che aveva assunto, infatti quando terminai di parlare mi
sorrise ammiccante "Non avresti mica voluto partire senza di me,
il tuo caro e amato fidanzatino? Le cose belle si condividono,
finché
morte non ci separi"
"Anche le cose brutte si
condividono" borbottai esasperato aggrottando la fronte e
gonfiando le guance.
"Non in vacanza Rox, non in vacanza"
mi strappò un bacio a fior di labbra e si alzò
dal letto per
stiracchiarsi "Sapevi che c'è la vasca idromassaggio? Non lo
conosco nemmeno ma adoro tuo fratello!"
Non potei più
ribattere alla sua affermazione, ormai si era già
volatilizzato
dalla stanza. A quel punto sospirai sconsolato e mi lasciai cadere
sul letto, non avrebbe avuto senso combattere oltre.
Perché
cazzo non ero rimasto nella mia monotona e uggiosa Londra?
Ricordo
di aver sognato un paio di occhi verdi.
Era un verde così
intenso come un raro smeraldo, liscio e luccicante, che brillava di
luce propria quando con una mano veniva ammirato alla luce del sole.
Quella tonalità così sfavillante che solo i folli
avrebbero
agognato di cercare. L'erba dei pascoli più incontaminati
sulle
alture rocciose dell'Europa, l'acqua cristallina del mar dei Caraibi,
lo splendente piumaggio dei più eleganti uccelli esotici.
Erano gli
occhi di un dio greco così delicati e al contempo feroci,
accompagnati da due piccole lacrime che contrastavano con il chiarore
del suo incarnato.
Il volto sconosciuto iniziò pian piano a
prender forma e apparvero così anche un paio di labbra
sottili, ma
quando esse si dischiusero per parlarmi io mi svegliai di scatto,
grondante di sudore a causa del caldo e senza neanche il più
vago
ricordo di ciò che avessi sognato. Ero ancora abbastanza
addormentato per mettere a fuoco il mondo attorno a me ma non
abbastanza da non rendermi conto del chiasso che lentamente stava
iniziando a pizzicare alle mie orecchie. Era ovattato per via della
porta chiusa ma era udibile. Il letto di Sora era vuoto, del cane
neanche l'ombra e il sole era quasi del tutto calato.
Mi feci
forza e coraggio e, dopo una preparazione mentale di un paio di
minuti, decisi di fare il mio ritorno trionfale nel mondo dei vivi.
Ma prima di ciò avrei dovuto ricordare di indossare le
scarpe e
mettere in conto l'infamia dello spigolo del comodino. Quando il
cervello registrò il dolore proveniente dal mignolo del mio
piede
sinistro fu doveroso per me iniziare a imprecare coloritamente contro
qualsiasi cosa animata e inanimata che mi capitava a tiro.
"Fanculo
anche a te" sbraitai quando Chelsea Bun arrivò
trotterellante
verso di me.
Mi guadagnai un ringhio sdegnato ma almeno mi sentivo
meglio.
Era il tramonto e quando misi piede in salotto mi
sentii quasi come catapultato nel bel mezzo di una guerra.
Musica
a tutto volume, fiumi di alcol, luci colorate, gente che brulicava da
ogni angolo e il tavolo del salotto addobbato per il beer
pong.
Il
beer
pong,
signori. Il classico gioco da universitari che ti indirizza verso una
di quelle sbronze megagalattiche che mai potrai dimenticare, o almeno
per quanto riguarda le schiappe come me. Quando intravidi Sora,
Hayner e Olette in compagnia di bicchieri (pieni di chissà
quale
intrugli) già a proprio agio con quegli stranieri, compresi
che
tutti i miei buoni propositi di fare una sana vacanza all'insegna
dell'astemia erano già andati a farsi fottere.
"Devo
iniziare a portare più rispetto per i fratelli soldati che
rischiano
la propria vita in guerra" decretai tra me e me stringendo i
pugni e preparandomi a buttarmi nel campo di battaglia per
raggiungere gli altri. Dovevo assicurarmi a tutti i costi che nessuno
facesse stronzate. Quando Cloud mi aveva detto che quella sera ci
sarebbe stato un barbecue in giardino con i loro colleghi per
festeggiare la fine delle riprese del primo film in cui aveva
recitato, mai avrei immaginato che stesse parlando di uno
scenario in stile Apocalypse Now. Io non ero tanto un tipo da feste e
il fatto che persino Chelsea Bun sembrava socializzare molto meglio
di me la diceva lunga.
Mi guardai timidamente attorno e continuai
ad avventurarmi per la casa, attento ad evitare le persone con
bicchieri traboccanti come se fossero mine pronte ad esplodere, fin
quando non mi sentii afferrare da dietro e un paio di mani iniziarono
a vagare sul mio petto.
Prima ancora che potessi urlare dalla
sorpresa, una voce femminile abbastanza divertita mi precedette "Tu
sei uno dei bimbetti di stamattina vero?"
Mi divincolai dalla
sua presa e le lanciai una lunga occhiata accigliata. Era una
ragazzina di media altezza, con i capelli neri corti, i tratti
orientali e un ampio sorriso in volto. Indossava anche uno strano
kimono, fin troppo poco convenzionale e caratteristico, che le
arrivava a metà coscia e ai piedi aveva delle zeppe
vertiginose. A
occhio e croce sembrava essere sulla ventina ma l'esperienza mi
diceva che aveva sicuramente qualche anno in più.
"E tu sei
la ragazza dell'armadio!" sbottai, poco entusiasta del modo in
cui aveva iniziato a toccarmi "Che cosa vuoi da me?"
"Volevo
illudermi che sotto la tua maglietta ci fosse un po' di sostanza"
lei mi rispose ancora sorridente, non sembrava per niente turbata
dalla mia risposta scontrosa, poi con fare teatrale sospirò
e agitò
un dito per aria "Ma non c'era niente, solo pelle e ossa.
Sono stata sfortunata anche questa volta"
Arrossii di colpo a
quelle parole e il mio spirito fu animato da un furore
rinnovato "Senti non metterti strane idee in testa, sono
già impegnato. Ricordi l'altro ragazzo biondo di stamattina?"
Lei
annuì e io sorrisi soddisfatto.
"Esatto, sto proprio con
lui"
La ragazza inarcò un sopracciglio e con un'innocenza
disarmante alzò il pollice e indicò qualcosa di
imprecisato alla
sua sinistra "Parli di lui?"
La scena che mi si presentò
agli occhi era una di quelle che mai avrei desiderato vedere: Hayner
che parlava concitatamente con due ragazze.
A quella vista fui
invaso da un'ondata di gelosia e, mentre sibilavo malefici sottovoce,
fulminai con lo sguardo quelle due sciacquette che si stavano
strusciando vicino al mio
ragazzo.
"Ti stai trasformando in un Gremlin?" commentò
vagamente divertita la mora ma io la ignorai deliberatamente.
Contrassi la fronte e iniziai ad avanzare con passi pesanti verso
il mio obbiettivo, in quel momento mi dimenticai di tutto il resto
attorno a me e per questo, senza che potessi accorgermene, fui
spintonato da qualcuno e per errore finii addosso ad un vero e
proprio colosso.
"Cazzo!" abbaiò il tipo mentre
si tastava con foga i propri abiti. Ci misi qualche istante
più del
dovuto per registrare l'accaduto ma alla fine notai con orrore
un'estesa macchia svettare su un improbabile abito scuro che mi
ricordava vagamente la divisa di un combattente di un videogioco. Le
altre cose di quell'energumeno che catturarono poi la mia attenzione
furono i capelli lunghi di un improbabile color argento e
un'espressione furiosa.
"Mi...mi dispiace!" sbiancai e
mi scusai immediatamente, terrorizzato dall'aria selvaggia
dell'uomo. Con gran velocità poi feci per
sgattaiolare via ma
questi mise una mano sulla mia spalla e mi trattenne con fermezza
davanti a sé.
"Mi hai fatto versare il mojito" tuonò
lo sconosciuto, poi fece una breve pausa durante la quale mi
studiò
velocemente "Questo è davvero sgarbato da parte tua"
"Mi
dispiace tanto signore, sono mortificato"
"Ottimo. Era
questo il mio intento, piccolo Cloud"
"In realtà il mio
nome è Roxas, signore. Cloud è mio fratello"
"Roxas?"
ripeté l'altro assumendo un'espressione pensierosa.
"Sì
signore"
"Uhm, Roxas...." continuò meditante "Noi
ci siamo già visti da qualche parte, ne sono sicuro. Magari
in un
universo parallelo, in una situazione differente.... in cui io per
vendicarmi dei torti subiti da Cloud ho cercato di ucciderti ma tu ti
sei salvato per pura fortuna*... proprio come ha fatto Harry Potter
la prima volta che ha incontrato Voldemort"
Rimasi in
silenzio, ancora paralizzato dall'imponenza del tizio, la cui aura
tenebrosa mi faceva accapponare la pelle. Forse era un fanatico o
solo il cosplayer di qualche personaggio, fatto sta che era
dannatamente efficace.
Fortunatamente arrivò subito la ragazzina
di prima in mio aiuto.
"Seph smetti di spaventare il bimbo.
Lui è il fratellino del nostro Cloud"
L'uomo mi scrutò
ancora per qualche lungo secondo e poi scoppiò in una
fragorosa
risata.
"Sì, lo avevo immaginato" esclamò prima di
rivolgersi a me "Avresti dovuto vedere la tua espressione,
sembravi sul punto di fartela addosso. Tranquillo bimbo non sono
arrabbiato per i vestiti, tanto a fine serata andremo tutti a fare un
bagno a mare. Dopo vieni a farti un goccetto con noi, offro
io"
Giuro, avrei voluto prenderlo a pugni ma non lo feci per
il benessere della mia persona, così stentai un
sorrisetto
impacciato e lui mi arruffò i capelli con una mano prima di
tornare
ad unirsi alla mischia.
"Stai alla larga, è ancora
minorenne!" lo avvertì con voce alta la mia salvatrice
ma dubitai che l'altro avesse potuto sentire con tutto quel
casino, poi la vidi farmi l'occhiolino e mi
passò una
mano sulla spalla "Non farci caso, è un tipo strano. Io
comunque sono Yuffie, sono amica di tutti qui quindi mi vedrai un po'
dappertutto"
"Io sono..."
"Tu sei Roxas! Il
valoroso fratello che è accorso in patria per salvare la
principessa
Cloud" mi anticipò prima che io potessi terminare la mia
presentazione "E tu sei Chelsea Bun vero? Ma che bella bambina
che sei" la vidi inginocchiarsi e dimenarsi vicino alla cagnetta
festosa che era apparsa da chissà dove.
Forse era una mia
impressione ma lì la gente non sembrava avere tutte le
rotelle a
posto.
Annoiato da quella scena, tirai un pesante sospiro e andai
a rifugiarmi fuori nel portico con la speranza di prendere un po'
d'aria, e lì fui inaspettatamente raggiunto da Hayner che si
appoggiò con la schiena alla ringhiera di legno.
"Ehi"
mormorò passandomi un bicchiere pieno di qualche roba
sconosciuta.
"Ehi" risposi con stanchezza.
Mi passò
una mano attorno alle spalle e lo sentii ridacchiare "Ti sei
svegliato, a breve sarei salito a chiamarti"
Io storsi il
naso "Non ti scomodare, ho notato che eri già in dolce
compagnia"
"Parli di quelle due ragazze? Stavo solo
facendo conoscenza"
"Certo, solo conoscenza"
Hayner
mi guardò e mi stampò un bacio sulla guancia. Era
una cosa che
faceva sempre quando non voleva che si iniziasse una nuova
discussione.
"Certo che è proprio uno sballo, qui è pieno
di gente stralunata... li hai conosciuti tutti?"
Io scossi il
capo.
"Allora ci penserò io. Ce ne sono di tutti i tipi:
abbiamo un fanatico delle spade" indicò il lunatico
che
avevo conosciuto poco prima che stava dando spettacolo sbandierando
uno spadone irrealmente lungo, assieme ad un altro forsennato che
invece era occupato in una pietosa esibizione canora di Surfin'
Bird
"Quello lì si chiama Sephiroth e probabilmente la lunghezza
della sua spada vuole rimpiazzare qualche mancanza fisica... l'altro
invece è Zack, pare che anche a lui piacciano molto le spade
ma non
quanto sputtanarsi in pubblico" io scoppiai a ridere e lui mi
seguì a ruota, poi si girò altrove "Yuffie, la
pazza che si
crede una ninja" indicò la ragazzina mora che si arrampicava
addosso ad un uomo di mezza età per rubargli una bottiglia
di birra
"Lui è Cid, un vecchio antipatico con cui penso che
passerò
molte serate al bar. Poi c'è un'amante del pollice verde"
disse
facendo segno verso una donna molto carina che parlava allegramente
con un'altra ragazza dai capelli corti altrettanto carina "pare
che Aerith coltivi erba tra tutti i vari fiori... quella ragazza
accanto a lei, Yuna, invece fa le sedute spiritiche. Che ne dici di
farne una?"
"Ma neanche per sogno!" ribattei
fintamente indignato ma continuando a ridacchiare.
Un tonfo
sordo ci distolse dalla nostra conversazione e vidi un paio di
ragazzi riversare a terra un barilotto di birra probabilmente vuoto,
a quel punto mi chiesi se fossero stati davvero Leon e Cloud a
organizzare quella sottospecie di rimpatriata.
"Allora, come
ti sembra questo posto?"
Puntai lo sguardo su Hayner e poi
verso l'orizzonte davanti a noi, rimasi a contemplare l'oceano per
qualche momento prima di rispondere "Ti mentirei dicendoti che
Londra non mi manca. Le persone qui sembrano uscite da un manicomio e
ci sono troppi cliché
americani..."
"E
ci credo, siamo in America!"
Io sorrisi "Però gli
scenari sono mozzafiato e non è ancora successo niente di
estremamente drammatico, quindi aspetterò per dare una mia
opinione... dopotutto non siamo neanche al primo giorno"
"Ehm
Rox... guarda un po' la" mi picchiettò sulla
spalla e mi
fece cenno di guardare davanti a noi. Io seguii il suo sguardo,
curioso di cosa avrei potuto trovare e per poco non mi venne un mezzo
infarto.
Olette. Ubriaca. Faceva la civetta con quel Zack e lui
sembrava più che entusiasta!
Non ci pensai due volte ad
abbandonare Hayner e correre come un forsennato verso di lei. Un po'
di solitudine non gli avrebbe fatto male per una manciata di minuti,
quello che avrebbe potuto fare la mia amica invece sì.
Olette era
una mia carissima amica ma a volte era un po' troppo viziata per i
miei gusti, quando aveva infatti saputo della mia imminente partenza
aveva fatto ferro e fuoco pur di unirsi nel viaggio. Aveva detto che
la lontananza avrebbe giovato al suo rapporto con Pence. Quest'ultimo
inizialmente non era d'accordo e, assieme a me, aveva cercato di
farle cambiare idea ma poi era giunto anche lui alla conclusione che
forse avrebbero potuto fortificare il loro rapporto e quindi l'aveva
affidata alle mie cure. Il problema è che a Olette piacciono
molto
le feste e gli alcolici ma non li regge molto - sapete, lei rientra
in quella categoria di ubriaca felice... e arrapata. E Pence
era
il nipote del mio caro
professore.
"Okay, okay, la serata è finita" dichiarai
frapponendomi tra i due. Rubai il bicchiere di non-so-che dalle mani
di Olette e lo passai al ragazzo dai capelli neri "Ti ringrazio
per averla intrattenuta ma ora è tempo dei saluti"
"Ridammelo,
io avevo sete" rimbeccò la castana appendendosi a me, il suo
alito puzzava tremendamente e da ciò dedussi che non ci era
andata
con leggerezza.
"Ehilà bimbo, tu sei il mini-Cloud inglese
vero?" domandò il dongiovanni mancato abbassandosi verso di
me
per fare contatto diretto con i miei occhi "Io e Olette ci
stavamo divertendo, potresti restituirmela?"
Io corrugai la
fronte e assottigliai gli occhi "Prima di tutto, io non sono un
bimbo.
Seconda cosa, non sono un mini-Cloud
inglese.
Terzo, no non puoi avere Olette... è già
fidanzata ufficialmente
quindi stai alla larga da lei"
"Che sbadato, non mi sono
ancora presentato. Io sono Zack Fair, gran-pezzo-di-figo
per le ragazze ma per te potrei fare un eccezione e lasciarmi
chiamare così"
"... io invece sono stanco
di avere a che fare con degli esaltati,
ma ma per te potrei fare un eccezione e lasciarmi chiamare vai
a farti fottere"
Zack scoppiò a ridere e mi sorrise malizioso "Se sfoggiassi
il mio sorriso migliore me la cederesti per un altro po'?"
Rimasi
a scrutarlo, insicuro se allontanarmi e piantarlo in asso come uno
scemo oppure se mollargli un cazzotto in faccia. Alla fine conclusi
che forse per una persona aggraziata come me sarebbe stato poco
signorile ricorrere alla forza, così presi Olette per la
vita e con
non poca fatica la riportai dentro in mezzo a quel mare di
gente.
"Lasciami stareee" iniziò a lamentarsi mentre io
la trascinavo verso le scale, la mia intenzione era di chiuderla
nella sua stanza e aspettare che si addormentasse, così
sarebbe
stata innocua.
"Ti lascerò tra poco, ma adesso sali le
scale"
"No, lasciami! Chi diavolo sei, tra
l'altro?"
"Sono Roxas" le riposi con esasperazione,
quando si ubriacava la ragazza iniziava ad assumere comportamenti
strani.
"Non sei Spiderman?"
"No, non sono
Spiderman"
"E allora vai viaaaa... solo... solo
Spiderman può portarmi in camera mia"
Roteai gli occhi in
preda all'avvilimento, mentre la intrattenevo con quel discorso senza
senso ero riuscito a portarla in cima alla rampa di scale, avrei
dovuto pazientare ancora poco e avrei potuto tirare un sospiro di
sollievo. Questo fu l'unico motivo che mi spronò a reggere
ancora
quella farsa assurda.
"Io sono Peter Parker, non posso
cambiarmi qui davanti a tutti" sussurrai al suo orecchio.
"Ohhh,
Peter Parker... sei in borghese?"
"Sì, sono qui assieme
al mio amico Deadpool"
"Lo sapevo che il fratellone di
Sora e Roxas conosceva tante celebrità!"
Aprii la porta
della stanza di Leon, me la chiusi alle spalle e accompagnai Olette
al letto.
"Okay, adesso te ne stai buona qui e vai a dormire"
"No, Peter, tu non vai da nessuna parte" Olette mi
afferrò per il colletto della mia maglietta e con una forza
inumana
mi gettò sul letto "Tu non vai da nessuna parte se prima non
mi
avrai fatta tua" dichiarò salendo sopra di me prima che io
potessi rialzarmi.
Nel suo sguardo velato dall'alcol si leggevano
ardore e desideri perversi.
Pregai qualsiasi entità celeste e
ultraceleste di darmi la forza di portare a compimento il mio lavoro
e non cedere ad alcuna tentazione mentre la ragazza aveva adesso
preso ad alzare i lembi della mia maglia.
"No, Olette. Ferma
e non rendere il mio compito infame ancora più complicato"
"Peter...
mi stai per caso rifiutando? Io... io credevo di piacerti" la
sua espressione si colmò improvvisamente di dolore e quasi
si ritirò
da quella posizione molto ambigua. Ne approfittai così per
sfilarmi
da sotto al suo corpo e mi misi in piedi davanti a lei. Se Hayner ci
avesse visti credo che la mia vita sarebbe terminata lì.
"Lette,
io non sono Peter Parker, sono Roxas... e sto con Hayner,
così come
tu stai con Pence. Tu lo ami, no? Non vorrai mica tradirlo?"
"Roxas?"
Olette mi guardò spaesata, come se non avesse colto tutta la
dinamica dei fatti, poi i suoi occhi si riempirono di lacrime "Tu...
tu sei Roxas e non Peter Parker? Perché mi hai mentito?
Perché
illudermi e approfittare della mia immensa bontà?"
singhiozzò,
scossa dai singulti.
"No, no, aspetta" cercai di dire
nervosamente ma questo non fece altro che peggiorare la situazione e
la castana iniziò ad inveire a voce più alta e
continuare a
piangere.
Proprio in quel momento, come se non bastasse il mio
cellulare iniziò a squillare e quando lessi il nome sul
display
l'ansia mi divorò.
Ovviamente non poteva essere altri che
Pence!
Passai quasi un ora alle prese con la depressione
di quell'arrapata di Olette ma alla fine riuscii a farla
addormentare.
Avevo sfruttato quella breve telefonata di Pence per
farli parlare; sentire la voce del ragazzo aveva colpito la
consapevolezza della castana ed era scoppiata di nuovo in lacrime
perché era stata pervasa dai sensi di colpa, in
più il senso di
nostalgia aveva contribuito al grazioso quadretto fatto di
lacrime e fazzoletti sporchi.
Olette amava le feste ma non aveva
messo in preventivo la sua propensione per le attività di
socializzazione con l'altro sesso soprattutto sotto l'effetto di
alcolici, almeno di questo ne era consapevole quando era sobria.
Una
volta uscito dalla stanza il mio primo e spasmodico desiderio fu
quello di buttarmi sotto la doccia per lavare via la stanchezza,
l'irritazione e la macchia di vomito che mi aveva gentilmente
lasciato Olette prima di sprofondare in uno stato comatoso da
sbornia. Tuttavia nel corridoio la mia attenzione fu catturata da una
serie di strani rumori molto simili a rantoli e imprecazioni, poi
qualcosa sembrò sbattere contro una parete e tutto
tornò silenzioso
per quasi un minuto. Quando i gemiti ritornarono, ora con
regolarità,
inarcai un sopracciglio e, insospettito andai ad accertarmi che non
fosse tutto uno scherzo della mia mente e che soprattutto nessuno
stesse usando il mio letto come palestra, così andai ad
accostarmi
vicino a tutte le porte finché non trovai quella
incriminata.
"Ehi
Rox! Che fai davanti alla stanza di Cloud? Zack ha detto di averlo
visto arrivare mentre noi eravamo tutti fuori"
Bad
timing, Sora.
"Sei venuto anche tu a salutarlo?"
Appena vidi mio
fratello con quel suo stupido sorriso stampato in volto, mi portai un
dito davanti alle labbra e gli feci cenno di star zitto ma
questi, essendo il gemello idiota il cui unico scopo nella
vita
era quello di creare casini, concluse che il mio gesto significava
"Parla
a voce alta e cerca di farti sentire da tutti" o
qualcosa del genere e infatti lo vidi avvicinarsi sempre più
pericolosamente alla porta vicino alla quale ero accovacciato.
"Puzzi
di vomito Rox, che diavolo hai combinato?" chiese retoricamente,
senza aspettarsi una risposta da me perché comunque non
l'avrebbe
ascoltata, e prima che potessi intimargli di far silenzio o andar via
afferrò la maniglia e aprì la porta "Ciaaaaao
Cloud-"
La
sua voce però si bloccò assieme alla mano ancora
a mezz'aria quando
vide la scena che si stava svolgendo all'interno della stanza di
nostro fratello maggiore: Cloud addossato alla parete, camicia
sbottonata fuori dai pantaloni, Leon che si arrampicava
selvaggiamente su di lui e le loro mani fisse in posti in cui non
avrebbero dovuto stare.
Si accorsero immediatamente della nostra
presenza.
Occhi spalancati, corpi immobilizzati ed esclamammo
tutti all'unisono "Porca puttana!"
Prima che gli altri
due più grandi potessero ucciderci con la giusta motivazione
di aver
invaso brutalmente la loro privacy come Hitler aveva fatto con la
Polonia, afferrai malamente quel deficiente di Sora per un braccio e
lo trascinai giù in cucina dove ci rifugiammo in cerca di
riparo.
"Oddio cosa ho visto, oddio cosa ho visto"
ripeteva meccanicamente mio fratello mettendosi le mani nei capelli e
camminando nevroticamente per la stanza. Non lo biasimavo
perché
anche io ero scosso come lui.
"Cloud non era etero?!"
"Che ne so! Io credevo di sì ma lo prendevamo in giro
perché era sempre così rigido e moralista"
"Mio dio,
Sor. Abbiamo fatto di nostro fratello un gay senza pudore"
"Ho
paura che mamma e papà si arrabbieranno tanto quando
verranno a
saperlo"
"Questa volta l'abbiamo fatta grossa"
A
interrompere la nostra crisi spirituale fu Zack che era
venuto
a saccheggiare senza pietà la cucina affermando che tutte le
altre
scorte erano state già barbaramente razziate.
"La folla si è
dileguata?" domandai curioso, guardandolo mentre tirava fuori
dal frigo una busta di Doritos
già aperta.
Zack annuì e mi offrì le patatine ma io rifiutai
"A
quest'ora saranno dispersi nei bar disseminati per la città"
"Ma
non sono neanche le dieci di sera" obiettò Sora "La serata
è già finita?"
"La serata, amico mio, è ancora
giovane. Siamo rimasti in pochi in casa ma tra poco daremo inizio ai
giochi"
"Cos'è questa puzza di merda?" proruppe
Sephiroth entrando in cucina con una nuova cassa di birra,
probabilmente scaricata da qualche macchina.
Certo che ci
andavano giù pesante con quella roba.
"Più che merda io
direi vomito" chiarificò Zack con la bocca ancora piena di
patatine.
"Penso che sia la nuova fragranza della maglia di
Roxas" rise Sora indicando l'apocalittica macchia che sfregiava
la mia t-shirt.
"Cristo santo, ragazzo! Puzzi da far
schifo"
"Grazie per i vostri complimenti" borbottai
seccato.
Sephiroth si avvicinò pericolosamente a me con un ghigno
malvagio che gli illuminava il volto.
"Ti servirebbe una
doccia, ma prima di tutto ciò...." prima che potessi anche
solo
realizzare cosa stava succedendo, Sephiroth mi caricò sulle
spalle,
ripercorse il salotto con gran velocità e mi
gettò
nell'idromassaggio fuori al portico "... bagno di
mezzanotte!"
L'acqua bollente mi avvolse come avrebbe fatto
il fuoco durante un impetuoso incendio, la potenza del Jacuzzi fu
come un'ondata di pugni che mi colpì il volto e le mie vie
aeree
furono letteralmente inondate da quei violenti getti. Quando riemersi
mi sentii improvvisamente prosciugato di tutte le forze.
"Ma
che cazzo! Perché l'hai fatto?" sbraitai contro l'uomo dai
capelli argentei che stava ridendo come un pazzo.
"È il
karma, tu mi bagni e io ti bagno" rispose questi.
"Il
karma si era già vendicato sporcandomi di vomito" cercai di
obiettare ma l'altro scosse il capo.
"Quello non era il
karma, quella era solo sfiga"
Non ebbi nulla da ribattere a
quella risposta, mi limitai a sospirare e accettare l'aiuto ad uscire
dalla vasca offertomi da Hayner che aveva assistito a tutta la
scena. Il fatto che fossi perseguitato dalla sfiga non era nulla di
nuovo. Mi appoggiai in testa un asciugamano e iniziai a sfregare i
capelli per asciugarli.
"Ragazzi avete finito di fare gli
idioti?" una giovane donna con un abito rosa e una lunga treccia
castana ci raggiunse fuori al portico e ci riprese con la stessa
dolcezza di una madre alle prese con dei bambini piccoli - se
non ricordavo male si chiamava Aerith, quella del pollice verde "Seph
smettila di importunare i bambini!"
"Non sono un
bambino!" tentai di protestare ma ormai ci stavo
rinunciando.
"Allora gente, vi va una partitina a poker?"
si unì al gruppo la zelante Yuffie seguita a ruota da
Chelsea Bun
stranamente inquieta.
"Volentieri!" enfatizzarono Sora e
Hayner all'unisono alzando le mani in alto, mentre io incrociai le
braccia al petto, pronto a trovare una scusa per defilarmi. Me ne
sarei andato al pano di sopra, avrei abilmente evitato Leon e Cloud,
mi sarei andato a fare una bella doccia calda e poi dritto a letto.
Ma come giusto che fosse, ero troppo sfigato per far si che i miei
piani andassero a buon fine per una volta.
"Chelsea!"
esclamò Sora, ricordatosi finalmente dell'esistenza della
sua
creatura da compagnia "Perché sei così agitata?
Non ti è
piaciuta la festa, sei stanca? O qualcuno ti ha dato fastidio?"
parlava frettolosamente mentre affondava le mani nel pelo della
bestiolina in preda ai lamenti "Rooox, puoi portarla
fuori?"
"Cosa?" sbraitai a quel punto "Portacela
tu, è il tuo cane!"
"Tanto lo so che non volevi
neanche giocare a poker!"
Un giorno.
Un giorno me
l'avrebbero pagata tutti.
Un giorno il buono e disponibile Roxas
sarebbe cambiato e avrebbe punito tutti gli opportunisti che si
ostinavano ad abusare della sua pazienza.
Un giorno...
"Ma
che cazzo!" strepitai scostando malamente quel maledetto cane
che, liberatosi dei propri bisogni, adesso scodinzolava felice in
giro tra le aiuole ed era venuto a bagnarmi i pantaloni con le zampe
sporche di fango.
Mi abbassai a terra, presi un rametto e lo
lanciai lontano così da liberarmi per qualche minuto di
quella
peste.
Sora, Hayner e tutti gli altri sconosciuti si erano
praticamente coalizzati contro di me affermando che se non avessi
voluto giocare a carte con loro allora avrei dovuto almeno adoperarmi
per quel "dolce
cagnolino sofferente".
Così controvoglia e di pessimo umore, ero stato costretto ad
una
veloce doccia, a rivestirmi di abiti puliti e ad avventurarmi per
quelle strade che non avevo mai visto in vita mia.
Anche se ormai
era buio grazie ai lampioni riuscivo comunque a farmi un'idea di
quella zona e ammisi tra me e me che dopotutto non era male. Era un
quartiere residenziale con delle villette in legno non propriamente
omogenee; a differenza dei canoni inglesi a cui ero abituato qui si
susseguivano abitazioni di tutti i tipi, dai cottage a un piano alle
sfarzose case di tre piani, tutte contornate da giardini e alberi.
Una caratteristica che mi piaceva di quella città erano le
palme che
costeggiavano le strade.
"Quello è un pigiama?"
Una
voce sconosciuta proveniente dal marciapiede di fronte mi fece
trasalire, lanciai un'occhiata attorno a me per assicurarmi se non ci
fossero altre persone oltre a me e poi alzai lo sguardo alla persona
appoggiata ad un albero. La debole luce del lampione lì
vicino non
riusciva ad illuminarlo a dovere ma non c'erano dubbi che si
trattasse di un ragazzo. Era abbastanza alto e aveva dei capelli
lunghi e selvaggi di un acceso rosso cremisi, gli occhi erano invece
nascosti da un paio di occhiali.
"Che cosa?" domandai
insicuro di aver compreso bene quello che mi aveva appena
chiesto.
"Un pigiama da donna..."
Questa volta
fu una constatazione e io d'istinto portai lo sguardo sui miei abiti.
Non aveva tutti i torti affermando che fosse un pigiama
perché lo
era.
Un caldo e morbido pigiama di pile di un pallido azzurrino regalatomi
da Olette - in realtà un tempo era stato suo. Il fatto
è che da
piccoli dal momento che vestivamo taglie simili, ci divertivamo a
scambiarci i vestiti e prenderci in giro l'un l'altro, a volte
partecipava anche Sora ai nostri giochi stupidi; ed ero rimasto
attratto da quei pigiamoni così soffici e pelusciosi che
indossavano
anche le amiche di Olette durante i pigiama party. Mi sono sempre
detto che era davvero ingiusto che soltanto le ragazze potessero
avere dei pezzi di vestiario così comodi! Alla fine, un po'
perché
era cresciuta e non le andava più così bene e un
po' perché diceva
che le piaceva addosso a me, Olette aveva deciso di regalarmelo e da
quel giorno io e quel pigiama eravamo diventati amici inseparabili.
In circostanze normali non mi sarei mai mostrato in pubblico con una
chicca del genere, ci tenevo alla mia virilità e alla mia
estetica
ma le vicissitudini di quella giornata mi avevano stizzito e quindi
l'unica cosa che cercavo era un po' di pace e comodità.
"...
e non ti sta neanche male!" continuò il tizio dopo avermi
lanciato un'occhiata esaustiva.
Io inarcai un sopracciglio e
strinsi tra le mani il guinzaglio di Chelsea Bun "Dici a me?"
Lo
straniero si mise le mani nelle tasche dello striminzito jeans che
indossava e spostò tutto il peso su una gamba "Sì
che parlo
con te, bimbo. Non vedo altri biondini con indosso un pigiamino del
genere" sfoggiò un sorrisetto malizioso e con molta
probabilità
derisorio.
"Piantala di dire queste cose... che diavolo vuoi
da me?"
"Di dire cosa, la verità?"
C'era
qualcosa di quel tipo che mi dava estremamente fastidio, forse era la
sua postura scomposta o il suo sorrisetto sghembo o anche il suo tono
irrisorio. Solitamente quando mi trovavo davanti a tipi del genere
giravo sui tacchi e me ne andavo senza badare alle loro parole,
però
questa volta per uno strano motivo sentii il bisogno di
difendermi.
"Era comodo e soffice, okay? Dove abito io la
gente non si cura di quello che fai!" commentai
velenosamente.
"Anche qui nessuno ti direbbe niente"
rispose facendo spallucce l'uomo, poi lo vidi trafficare con le mani
nella giacca di pelle e ne cacciò un bastoncino di legno -
probabilmente liquirizia - che si ficcò in bocca con
nonchalance "Il
problema è che io non sono nessuno"
"Perfetto,
un altro esaltato..." sussurrai a voce bassa ma non tanto bassa
da passare inascoltata e infatti l'altro si mostrò subito
genuinamente incuriosito.
"Un altro? Hai incontrato qualcun
altro prima di me?"
"Neanche lo immagini" risposi
al pensiero di quei pazzi che affollavano la casa di mio fratello
"Piuttosto si può sapere chi diavolo sei?"
Con un gesto
teatrale lo straniero si tolse gli occhiali e rivelò degli
occhi di
un profondo e brillante verde che quasi risplendeva nel buio della
notte. A quella vista mi ritrovai a deglutire.
"Chiunque
tu vuoi che io sia..."
mi rispose cercando maliziosamente il mio sguardo.
Ignorai
deliberatamente il chiaro riferimento ad un altro noto telefilm e mi
chiesi se in quel luogo la gente conoscesse un po' di
serietà,
ovviamente la risposta doveva essere no
a giudicare dai soggetti che lo abitavano.
"Vorrei che tu
fossi il mio professore di filologia così che io possa
prenderti a
calci e non sentirmi colpevole"
"Se potessi lo farei
solo per te, ma sono un personaggio pubblico e per contratto sono
tenuto ad aver cura della mia immagine"
"Oh, per
piacere..." sbottai senza neanche guardarlo in faccia, il colore
dei suoi occhi era così magnetico da rendere le cose troppo
imbarazzanti così avevo optato per cercare con lo sguardo
quel cane
idiota che aveva deciso di sparire da un momento all'altro. Ah,
eccola lì che giocava ancora con quel ramoscello.
"Senti,
adesso devo proprio andare" il tizio dai capelli rossi piegò
le
labbra in una sottospecie di sorrisetto strafottente e si mise le
mani in tasca "Però mi ha fatto piacere conoscerti"
"A
me neanche un po'" borbottai sulle mie.
"Sono sicuro che
ci rivedremo presto"
"Allora farò in modo di rimanere
chiuso in casa"
L'uomo fece per andarsene ma ci ripensò e si
girò di nuovo verso di me "Un'ultima cosa"
"Non
dovevi andare via?"
Il suo sorriso era sempre lì e non
sembrava essere portatore di buone novelle "Datti una rinfrescata
ai pantaloni, Babyblue"
Quando
mi era saltata addosso, chelsea Bun mi aveva bagnato la parte alta
delle gambe, la macchia era così ben localizzata che
sembrava che me
la fossi fatta addosso.
Mi chiamo Roxas Strife, ho 19 anni, 3 mesi
e 21 giorni e le figure di merda sembrano aver sviluppato un
particolare fetish verso di me persino in vacanza.
Character
Profile
Nome:
Roxas Cooper
Soprannomi:
bimbo,
Epic Fail, Baby Blue, Sunshine, Trilli, Jesse McCartney degli
sfigati
Età:
19 anni, 3 mesi e 21 giorni
Data
di nascita:
si ostina a non rivelarlo
Ama:
Hayner, il tè delle 17 (solo se comprato da Whittard
di Chelsea),
i libri antichi, la storia, la regina Elisabetta e nutre una segreta
simpatia per gli One Direction
Odia:
Sora, Chelsea Bun, Axel, Demyx, i suoi genitori, il suo professore
che gli ha negato il tirocinio
Personalità:
rappresenta il cliché del tipico noioso
soggetto londinese,
non a caso sembra orgogliosissimo delle proprie origini e della
propria terra di nascita, e crede fermamente nella propria
superiorità intellettuale rispetto agli altri anche se
è
costantemente perseguitato dalla sfiga. E’ uno studente di
filologia, convinto che parlare solo la purissima lingua britannica
lo aiuterà a salvare il mondo e a sconfiggere lo slang
americano che
affligge la società moderna; la sua aria da maestrina
bipolare lo
rende facile vittima delle prese in giro altrui anche se non sempre
sembra accorgersene. È fanatico dell'ordine, della pulizia e
della
privacy. Più volte è stato scoperto a indossare
abiti femminili.
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2. Homosexual Assumptions
"Rox tu non puoi capire, mi sento tanto come Fievel quando sbarcò in America"
"Sora, Fievel era un topo... ti senti come un topo?"
"Era un topo felice..."
"Patatine? Credevo che a poker si usassero i soldi"
"Non quando c'è Leon. Da quando ha iniziato a partecipare alle nostre serate non ci permette di usarne... e lui non si perde una partita!"
"Soprattutto ora che si è unito anche Cloud. Prima riuscivamo a giocare seriamente anche una volta a settimana, ora è patatine su tutti i fronti"
"Io vi avevo detto che era una questione di tempo prima che questi due tornassero ad affrontarsi. Dio, la tensione tra di loro si potrebbe tagliare con un coltello"
"Tensione sessuale"
"Non parlate di noi come se non ci fossimo"
"Okay gente, vi siete ricordati di portare la macchina fotografica? No? Nessun problema, ci ha pensato Yuna"
"Quindi era tutto pianificato?"
"Ovviamente, mio caro Spiky. Ora alzati"
"Sicura che mi metterete qualcosa addosso? Perché sono rimasto in muntande e se hai intenzione di levarmi anche quelle non sarò più tanto buonista"
"Regole del gioco, Cloud. Tu le conosci, hai accettato, hai partecipato..."
"...e hai perso spettacolarmente! Ecco il tuo pegno"
"Scarpe con tacchi a spillo?!"
"Ah, la gioia di tutte le donne"
"Rox cerca di calmarti altrimenti spaventerai i clienti"
"Me ne frego dei clienti! Non riesco ad accettare di essere finito in una situazione del genere e soprattutto per colpa tua... appena questo incubo finirà, denuncerò Yuffie per lesioni morali"
"Ricordati che ci ha trovato un lavoro e la paga è anche buona"
"Sora, sono vestito come una fottuta cameriera lolita!"
"Almeno le zeppe ti slanciano!"