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Autore: Dean Lucas    28/09/2014    0 recensioni
Delphi è la prescelta, poiché sul suo corpo è inciso il futuro degli uomini.
Gavri’el è il prescelto, poiché è destinato a trovare il Bastone di Adamo.
Sargon è il prescelto, perché è l’erede del regno di Akkad.
Matunde è il prescelto, perché è il gigante nero dell’impero nubiano.
Babu non è un prescelto, è solo un nano impertinente e pavido.
Lei invece è la Sfinge, altera e bellissima, la creatura più preziosa dell’universo.
Sullo sfondo di un mondo antico e misterioso, oltre le porte del tempo, un viaggio e la lotta contro un male che affonda le proprie radici nella Genesi.
Un viaggio che ha come meta la salvezza dei Figli dell’Uomo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ingresso della città era sorvegliato da due lunghe file di leoni di bronzo. Le fauci spalancate ospitavano grandi torce che rischiaravano la notte lungo tutta la via maestra.
Sargon afferrò Delphi per un braccio e la trascinò all’ombra delle statue.
Qualcuno li stava seguendo.
L’accadico fece segno a Delphi di restare immobile, si sporse con cautela oltre l’enorme spalla bronzea della scultura e incrociò lo sguardo dell’uomo.
Lo sconosciuto non cercava nemmeno di dissimulare le proprie intenzioni. Quando comprese che Sargon l’aveva notato, ruppe gli indugi e avanzò con passi decisi. Lo accompagnava una donna abbigliata con gli abiti lunghi e svolazzanti delle giziane.
Sargon era già pronto a sfoderare la spada di Akkad, quando i due sconosciuti si arrestarono a pochi passi dal leone di bronzo.
«Benvenuto a Giza, straniero» lo salutò l’uomo. «Possa la dea preservare per cento anni la tua forza e la bellezza della tua donna.»
Sargon si parò davanti a Delphi con fare protettivo e restò in silenzio, ogni muscolo in allerta.
«Non sei di queste terre, non è vero?» domandò il giziano. Sargon annuì con un cenno brusco del capo.
L’uomo sorrise. «Io sono Hemuw e questa donna è mia moglie Nebet. Cercavo proprio braccia robuste che mi aiutassero a trasportare una giara di birra fino a quei banchi laggiù.» L’accadico lo vide indicare un punto alle sue spalle. «Siete qui per la Festa del Leone?»
Sargon non conosceva la ricorrenza, ma annuì con cautela, continuando a studiare l’uomo. La mano era pronta sull’elsa della spada.
Prima che potesse aggiungere altro, lo sconosciuto allargò le braccia e rise. «Cosa fate qui, allora? La Sfinge è proprio davanti a voi, ai cancelli. Guardate!»
L’accadico inarcò un sopracciglio.
«Non vi preoccupate, avrete tutta la notte per vederla. Fino all’alba berremo e festeggeremo!» L’uomo si voltò e fece cenno di seguirlo. «Venite, vi farò gustare la migliore birra di Giza.» Hemuw li guidò verso un carro malconcio lì vicino, su cui torreggiava un’enorme giara di terracotta.
Sargon riconobbe il liquido inebriante e mielato, filtrato dalla fermentazione a caldo di grandi pani d’orzo e di grano. La donna giziana immerse un grosso boccale nella giara e glielo porse con un sorriso. L’accadico l’accostò alle labbra, ma bevve solo quando anche l’altro uomo ebbe trangugiato il suo bicchiere.
La birra era squisita, Sargon grugnì il proprio apprezzamento e chinò il capo, facendo ondeggiare i lunghi capelli corvini davanti agli occhi. «Le mie braccia sono al tuo servizio, giziano. Ti aiuterò volentieri, in cambio di un’altra generosa razione di questo nettare degli dèi.»
Hemuw sorrise e gli diede una pacca amichevole sullo stomaco. «Per Seth, non mi aspettavo niente di meno!»
Nebet, intanto, si era avvicinata a Delphi e si complimentò con lei per il mantello di preziosa fattura.
«L’ho acquistato a Cnossus, sull’isola di Creta» raccontò Delphi, «da un mercante che diceva di provenire da una terra lontana a oriente.» Mentre parlava, un movimento del braccio fece scivolare una manica, rivelando i segni che si avvolgevano intorno al polso.
«Che splendidi tatuaggi» esclamò Nebet, afferrandole delicatamente la mano. «Noi giziane siamo convinte di conoscere ogni segreto nell’arte di dipingere il corpo, eppure non avevo mai visto una tecnica così stupefacente.»
Delphi avvampò, sorridendo per nascondere l’imbarazzo.
«Dunque, siete venuti da così lontano nella speranza di vedere la Sfinge?»
All’improvviso scese un silenzio carico di disagio.
«Non solo per questo» intervenne Sargon.
Nebet sorrise. «Allora vi auguro che possiate trovare ciò che cercate, se si trova qui a Giza.»
Il guerriero accadico si voltò verso Delphi. Tutt’intorno, il fumo si levava dalle torce dando forma a figure sinistre, la luce selvaggia del fuoco chiaroscurava le palme e i colossali leoni di bronzo. Negli occhi di Delphi, Sargon credette di vedere riflesse le fiamme della visione.
 
***
 
Dopo che Sargon e Hemuw ebbero spostato il carro con la giara, Nebet propose di raggiungere la Zona Sacra per osservare da vicino la cerimonia.
Attesero il corteo davanti a una delle rampe che conduceva al piazzale dell’obelisco, dove sorgeva il più grande tempio consacrato al culto della Sfinge. Nell’aria riecheggiava una cacofonia di voci e di canti, mescolati al suono dei sistri e dei tamburi.
Nebet sapeva che negli anni in cui la dea si fosse mostrata come la Leonessa di Giza, i giziani avrebbero sacrificato sette vitelli e li avrebbero offerti alla loro signora. Ma nelle rare occasioni in cui fosse apparsa con le sembianze di donna, la Sfinge avrebbe preteso un uomo. E con lui, si diceva, avrebbe giaciuto per tutta la notte.
Molti dei prescelti, tuttavia, non erano più tornati per raccontarlo. Altri, come Matunde, si erano trincerati dietro un impenetrabile silenzio e ogni congettura era presto divenuta leggenda.
I nubiani si arrestarono all’improvviso, i sistri smisero di agitarsi, i tamburi divennero silenziosi. Ogni canto cessò. Il primo ministro del culto si accostò all’imbarcazione dorata e pronunciò la formula con cui i Figli dell’Uomo dovevano rivolgersi alla loro regina.
«Il tuo corpo è il più sacro dei luoghi, il paradiso che il mondo non può eguagliare. Hai scorto lungo la via illuminata dal fuoco qualcuno degno del tuo splendore?» Poi nel silenzio più assoluto domandò: «Mia signora, hai scelto chi sarà il mortale?»
Nebet udì finalmente la voce della dea, mai prodiga di parole con i Figli dell’Uomo. Era un suono molto femminile, appena un po’ roco.
«Sì» annunciò la Sfinge.
Accanto a lei, la folla fremette nell’attesa, spintonando e sgomitando, nell’affannoso tentativo di vedere ciò che sarebbe accaduto.
La dea pronunciò il nome del prescelto.
La sua voce era poco più di un sussurro, eppure in quel silenzio risuonò con clamore.
  
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