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Autore: Abigail_Cherry    28/09/2014    1 recensioni
Tutti i diciassettenni delle razze pure (umani, fate, elfi e maghi) sono stati raccolti in un unica accademia: la "Valiant Academy". Il motivo? Nessuno lo sa ancora. Ma non si può disobbedire ad una decisione di importanza mondiale. Qui, i protagonisti: Ashley, Amy, Kay ed Anta dovranno affrontare lezioni di combattimento, medicina, latino, magie oscure... e, chissà, sboccerà anche l'amore?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7:

Forti e deboli

 

Anta non riuscì più a seguire le lezioni, quel giorno. Non riusciva a togliersi dalla testa quella lettera. Quella lettera che le faceva capire così tanto su Kay, ma che allo stesso tempo, le ricordava ciò che le era successo cinque anni fa. Eppure... le sembrava passato così poco tempo...

Era successo tutto così in fretta... troppo in fretta. Di certo, lei non si immaginava che Kay avrebbe raccontato tutto il suo triste passato in quella lettera. E, per di più, a lei! Era così importante per lui che facessero pace? E perché? Perché forse voleva solo trovare una scusa per giustificare ciò che aveva fatto! Ed Anta credeva di essere ancora arrabbiata per quello, ma non era così. Non dopo aver letto la sua lettera. Come si faceva ad arrabbiarsi con Kay dopo che si ha scoperto tutto ciò che aveva passato? Forse è per questo che non lo raccontava mai a nessuno... Perché aveva paura di apparire debole agli occhi degli altri. Ma a Anta non appariva debole, anzi. Lei era stata debole. Non aveva mai combattuto ciò che le era successo. Key, invece, l'aveva fatto. Ed era riuscito a crearsi una seconda identità per nascondere quella più debole.

E questo, Anta lo ammirava.

Finite le lezioni, Anta tornò in appartamento, sperando di non incontrare Kay.

In un certo senso, sperava di incontrarlo, perché aveva un sacco di domande da porgli. Ma, dall'altro, aveva paura di parlargli. Cosa dici ad una persona quando quella ti racconta che è rimasto senza padre né sorella e con una madre diventata psicopatica?

Anta aprì la porta.

Kay era seduto sul divano, gli occhi stanchi e affaticati che la guardavano. Il sangue di Anta le si gelò nelle ossa, il suo cuore sembrò fermarsi. Cosa gli dico?

- Ciao. - la salutò.

- C-ciao. - gli rispose lei, nervosa. Lo sa. Non so come lo riesco a capire, ma sa che ho letto la sua lettera. Anta non riusciva a tirar fuori delle parole per comporre una frase. Era immobile, ancora davanti alla porta dell'appartamento. In quel momento, un velo di lacrime le cominciò ad appannare gli occhi.

- Hai... - cominciò, ma lei non gli lasciò finire la frase.

- Si. - gli rispose.

- Oh.

La conversazioni sembrò finire lì. Ma Anta era troppo debole e non riescì a trattenere le lacrime. Lei non era e non sarà mai come Kay. Avanzò di qualche passo per avvicinarsi al divano.

- Mi dispiace! - disse, quasi urlando. Poi scoppiò in lacrime. Si coprì il viso con le mani. A stento riusciva a rimanere in piedi. - Mi dispiace...

Kay rimase basito, ma solo per un istante. Il suo viso si rattristò in un attimo. Si alzò in piedi e, con uno scatto, strinse Anta in un forte abbraccio, affondando il viso nei capelli di lei.

Per un attimo, Anta giurò di averlo sentito singhiozzare.

 

- Ci andrai? - chiese Kay.

- Chi ti ha detto che potevi sederti qui? - rispose Amy, annoiata. Leggeva un libro su una panchina nel cortile scolastico.

- Tu.

- Non l'ho mai fatto.

- Si, invece! Non ti senti? “Oh, Kay, sono tanto triste! Siediti qui vicino a me, ho bisogno di un po' di compagnia!” - disse lui, imitando la voce di Amy in modo un po' troppo acuto.

- Sei sicuro che non ti dica solo: “Fammi finire di leggere questo libro e forse tra un paio d'anni potrai proferir parola?”.

- No, fidati, non vuoi dire questo. - Kay sorrise.

- Seriamente. - Amy accavallò le gambe e si girò dalla parte opposta a quella del ragazzo. - Vorrei stare da sola per un po'.

- D'accordo... Ma dimmi solo se ci andrai.

- Non lo so. - rispose lei, ormai facendo solo finta di continuare a leggere.

- Hei, so che per te è dura... - Kay si avvicinò un po' ad Amy. - …e so che questa storia della lettera ti ha turbata... ma secondo me dovresti andare.

Amy chiuse il libro, nervosa. - Non ne sono sicura...

- Si tratta di tua madre! Dannazione! Devi andare! È quasi un obbligo! Tu sei sua figlia!

- Si, ma... non mi ci sono mai sentita veramente.

- Santo cielo! - Kay si alzò bruscamente dalla panchina. - Ho capito, sai? Vuoi rimanere qui da sola a crogiolarti nella tua tristezza! Io questo non lo accetto! Se hai un problema lo affronti e non stai a piangerti addosso! - urlò, come infuriato. - Perché questo è ciò che farebbe una persona debole! E tu non lo sei! Sei sempre stata dannatamente bisbetica, rompiscatole e maestrina ma mai, mai debole! Ed odio vederti ridotta così! Tu mi sei sempre piaciuta perché avevi un carattere forte ed intraprendente, e non avevi mai bisogno di nessuno per cavartela. Sei come me... quindi reagisci! Perché è quello che farei io al tuo posto! E come ho già fatto... - d'un tratto, parve stanco.

Fece per andarsene, ma Amy lo sbloccò.

- Kay! - lo chiamo, con voce quasi implorante.

Lui si girò verso di lei. - Che vuoi?

- Resteresti con me ancora un po'? - solo in quel momento Kay si accorse che Amy non ce l'avrebbe fatta da sola. Che sarebbe crollata. Come stava per crollare in quel momento, che probabilmente se lui non l'avesse aiutata si sarebbe chiusa in se stessa, forse per sempre. Sarebbe rimasta per sempre con gli occhi pieni di lacrime e la voce supplicante, sperando che qualcuno la tirasse fuori dal suo problema. Ma nessuno ci sarebbe riuscito.

Kay si addolcì all'improvviso. - Certo. - si risedette sulla panchina ed abbracciò Amy, che cominciò a piangergli addosso, aggrappandosi alla sua maglietta. Lui le strofinava un braccio, per coccolarla e rassicurarla. Alla fine, Amy era una persona forte, ma ogni persona forte ha dei momenti di debolezza. Perché l'unica differenza tra le persone forti e quelle deboli è che quelle deboli reagiscono emotivamente appena sentono che l'emozione è un pelo troppo dura per loro, mentre quelle forti riescono a trattenere ed a controllare le emozioni, ma alla fine tutto ritorna a galla.

- Voglio te. - disse lei, tra un singhiozzo e l'altro. - Te, e solo te al funerale di mia madre. Non dirlo ad Anta e Ashley. Questa Domenica, voglio che tu sia con me al suo funerale.

- Okay. - rispose Kay, stingendola un po' di più.

Ci fu una piccola pausa.

- Hai detto... che ti piaccio? - chiese Amy, ormai senza quasi più piangere.

Kay non ci riflettè un attimo. Si piegò in avanti, sul viso di Amy. - Non ho detto niente di niente.

Sorrise.

E la baciò.

 

Erano circa le cinque di pomeriggio. La biblioteca era silenziosa e ben illuminata, una decina di persone era seduta sui banchi della stanza leggendo, immerso nelle parole, mentre Anta era in piedi e stava curiosando tra gli scaffali in cerca di qualcosa da leggere.

- Domenica sarà la nostra giornata libera. Hai dei progetti? - chiese Amyas. Anta girò lo sguardo su Amyas, colta alla sprovvista dalla domanda.

- No, niente di particolare. Pensavo di stare in appartamento a leggere un po'. - Anta prese da uno scaffale un libro e sfogliò le prime pagine.

- Non puoi! È da più di un mese che siamo segregati in questa scuola! Hai bisogno di uscire!

- Non saprei... - Anta chiuse il libro e lo strinse al petto. - Insomma, tutti i pullman che partono da qui non vanno in questi “gran posti”...

- Beh, non ti posso promettere una Domenica alle Hawaii, ma vorrei che ti unissi a me, questa domenica.

- E se non riesco a tenere la bocca chiusa e vado a spifferare ai quattro venti dell'accademia? Se mi sfuggisse anche solo per un momento una parola, la scuola lo saprebbe... ci obbliga ad indossare quegli stupidi microfoni! Non voglio essere espulsa...

- Vedrai che non succederà. Ti aiuterò io a tenere la bocca chiusa, non ti farò pensare neanche per un attimo all'accademia! - Amyas sorrise.

Anta ci rifletté un attimo. In effetti, come idea non le sembrava male. - E, sentiamo, dove vorresti andare?

- Che ne pensi del luna-park?

Anta ci pensò su. - Non mi sono mai piaciute le folle... ma potremmo giungere ad un compromesso. - Anta sorrise. - Ultimamente non riesco proprio a farne a meno! Sono deliziose! E ti danno quell'energia che... non so. È una sensazione fantastica!

Amyas tirò fuori dalla tasca un contenitore e lo porse ad Anta. Lei lo aprì e afferrò il contenuto. Una Fry.

- Ok, facciamo così. - cominciò Amyas. - Io ti lascio mangiare quella Fry se accetti di venire con me al luna-park, Domenica.

Anta accettò subito. In fondo, era come una doppia vincita. - Spero ne varrà la pena. Però, le giostre su cui saliremo le scelgo io!

- Sei proprio una bimba capricciosa tu!

- Non è vero... - borbottò Anta, ma sorridente.

- Si che lo è. - Amyas le fece una linguaccia.

- No.

- Si.

- No!

- Si!

- E piantala!

- Vedi? Sei troppo suscettibile per i miei gusti.

- Stai dicendo... che non ti sto simpatica? Che... non ti piaccio?

- No. - Amyas sorrise. I suoi occhi e quelli di Anta si incontrarono per qualche secondo. Entrambi furono incapaci di muoversi, per quei pochi secondi. - Al contrario.

 

Il preside sfoggiava il suo solito sorriso che cominciava da un orecchio e finiva dall'altro, quando fece una proposta ad Ashley.

- Ciao, Ashley. - lo salutò felice. - Siediti, caro.

Ashley guardò la poltrona di pelle con una sorta di disgusto. Sicuramente sarà fatta con una qualche pelle animale. Pensò.

- No grazie. - rispose.

- Tranquillo, ragazzo, so cosa stai pensando. La poltrona è del tutto ecologica, puoi sederti senza problemi.

Ashley guardò di nuovo la poltrona con diffidenza, ma alla fine si sedette. Era un posto strano, l'ufficio del preside, c'erano pupazzi di gattini di tutti i colori sparsi ovunque, e lattine di bibite energetiche esposte al posto dei libri nella libreria, al soffitto era appeso un enorme lampadario a forma di fungo, mentre la sua scrivania era bianca e, oltre al nome del preside “R. Micchel”, sul lato della scrivania c'era scritto uno slogan: “I bravi bambini meritano buone caramelle”.

Ma che diavolo di preside gli aveva inviato il consiglio? Sicuramente ci sarà stato un errore! Del tipo che il vero preside ha avuto un incidente e che un giullare l'abbia sostituito momentaneamente pensando che sapesse recitare la parte!

- Scusi se mi permetto, ma come mai quest'improvvisa chiamata? - chiese Ashley.

- È giusto che tu lo chieda, ragazzo. Ma prima che io ti risponda, voglio che tu mi faccia un giuramento.

- Signore? - chiese Ashley, confuso.

- Voglio che tu giuri che non dirai niente a nessuno del fatto che ti sto per dire i tuoi voti.

- Cosa? I miei voti? - Ahsley era confuso. - Ma non si possono sapere i voti di nessuno finché non vengono appesi i cartelloni, fino a fine trimestre!

- Si, ma... per poterti spiegare il perché io te lo voglia dire, dovrai promettere di non dire nient a nessuno. Si creerebbe il caos dell'invidia e tu ed io verremmo odiati da tutti. Ed io non voglio che gli studenti mi odino, gli voglio bene!

- Ok. Lo prometto.

- Eccellente. - ci fu una pausa. - La ragione per cui ti ho fatto venire nel mio ufficio è che voglio che tu sia il rappresentante del consiglio studentesco.

- Consiglio studentesco? Da quando esiste in questa scuola?

- Da oggi. Stamane mi sono alzato, ho bevuto il mio latte al cioccolato, e mi sono detto che sarebbe stata un'idea divertente. Così ho deciso di chiamare i dieci alunni con i voti più alti dell'accademia e di unirli per formare il consiglio studentesco. Ovviamente, se accetterai l'incarico.

- Un momento! Non credo di aver capito... io sarei uno dei dieci studenti più talentuosi alunni della scuola?! Io?!

- Esattamente, giovanotto.

- Ed a che posizione? Insomma... quinto, sesto, settimo...

- Primo. - rispose secco il preside, ma il suo sorriso continuava ad essere costantemente aperto.

Ashley non credeva alle suo orecchie. Primo! Primo! - Con che punteggio?

- Con un punteggio di... - il preside frugò tra alcuni fogli sulla sua scrivania, sbirciando la risposta alla domanda del ragazzo. - 98 su 100.

- Cosa?! Non...- Ashley si alzò dalla poltrona. - non... è... - si poggiò una mano sulla fronte, quasi scioccato dalla notizia. - Incredibile! Non ne avevo idea!

- Credici, Ashley. Te lo sei meritato.

- E-e quindi?

- Quindi, vorrei che facessi parte del consiglio studentesco. Ma non come semplice membro, ma come capo. Sarai il presidente.

- Wow! E di che cosa mi dovrei occupare, esattamente?

- Beh, ti occuperai di organizzare gli eventi che io ti proporrò, o anche proposti da te, poi ti occuperai di riferirmi tutti i problemi dei ragazzi sull'accademia, cosicché io possa procedere a sistemarli. Inoltre, avrai accesso a tutte le mie cartelle ed i miei documenti, a patto che tu non diffonda per tutta la scuola il loro contenuto. In breve, sarai una specie di vicepreside, ed avrai ben nove persone al tuo comando. Allora, accetti l'incarico?

- Si! Certo che accetto! Quando inizierò?

- Il prima possibile, poiché c'è un evento che mi piacerebbe che organizzaste già da subito. Il problema è che, mi dispiace dovertelo dire, ma per vari motivi dovresti saltare la tua prima Domenica libera. Insieme, ovviamente, agli altri nove studenti. In poche parole, e di nuovo ti chiedo scusa per il tuo fine settimana, dovreste avere il vostro primo incontro questa domenica.

- Ah... c-certo, va bene. Avevo altri programmi ma... li annullerò. - Ashley assumette un'aria sconsolata. - Che evento voleva che organizzassimo?

- Il ballo di fine estate.

- Un... un ballo?

- Certamente, un ballo. Dovrà essere colorato e vivace, ma allo stesso tempo dovrà essere nostalgico, come segno di qualcosa che se ne va. Il ballo dovrà essere pronto entro tre settimane. Il consiglio studentesco si riunirà nella sala riunioni al terzo piano una volta ogni due settimane obbligatoriamente, mentre per gli eventi minimo una volta ogni due giorni. Tutto chiaro? Hai delle domande?

- A dir la verità si. - esordì Ashley.

- Chiedi pure, sono a tua completa disposizione.

- Se io sono lo studente con i voti più alti di tutta la scuola... significa che la mia squadra è in prima posizione?

- Ahimè. - sospirò il preside. - No, non lo siete. Siete più o meno ventesimi. Che, tutto sommato, non è male, pensando che le squadre di tutta la scuola sono poco più di mille.

- E... come mai? Perché siamo ventesimi? Non mi sembra che ci sia nessuno della mia squadra che non sia bravo a scuola...

- Mi dispiace informarti che siete a quella posizione solo per un componente della squadra che, a quanto pare, non si impegna abbastanza.

- Davvero? E chi sarebbe?










SPAZIO AUTORE!

 

Buongiorno/buonasera, cari lettori. Scusate se questo capitolo è stato parecchio più corto degli altri e ci ha messo un sacco ad uscire ma... è tutta una piccola situazione che dovevo creare per il prossimo capitolo che sarà pieno di BOOM e di SLASH e di WOOOOW ed un sacco di altre cose che spero vi piaceranno molto. Perché ho fatto lo spazio autore solo ne capitolo 7? Beh, perché tutti sanno che il cielo è giallo e che 2+2 fa pesce! Che domande! Comunque non so se ne farò altri di spazi autore perché, si sa, il colore del cielo cambia a volte! Ed anche la matematica, poiché è un opinione, può cambiare. Quindi facevo questo breve spazio autore solo per avvisarvi che non sono morta e che vado solo un po' più a rilento perché è appena iniziata la scuola e... insomma, ho molto da fare. Non abbandonatemi solo per i miei impegni! :'( Comunque ricordatevi che gli asicorni non volano e che tutto il mondo è felice... tranne forse Anta ma vabbè. ;)

   
 
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