Un regalo maledetto
Kaito guardò l’insegnante con lo sguardo
serio e le braccia incrociate.
«No. Se sta per dirmi che anche quest’anno
mi tocca saltare le vacanze natalizie a casa, io...»
La McGranitt rimase impassibile: «Non è per
questo che ti ho chiamato, Kuroba, stai tranquillo.»
Il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro di
sollievo: «Meno male, questa volta avevo proprio un motivo importante per
tornare...»
«Il professor Silente mi ha chiesto di
riferirti che ti autorizza ad accedere ai corsi di Smaterializzazione.»
«Di che?»
L’insegnante assunse quel tono
squisitamente da spiegazione in classe: «La Smaterializzazione è una magia che
permette a chi la usa di spostarsi in luoghi diversi in pochi secondi.»
Kaito rifletté per un paio di secondi: «Un
teletrasporto, più o meno. Non sarebbe niente male...»
La McGranitt continuò: «Per il Ministero
l’unica clausola prevista è il compimento della maggiore età, perché di solito
a quel punto si ha un livello d’istruzione sufficiente per poterla apprendere,
ma il tuo è un caso particolare...»
«Conosco la solfa, professoressa. Vada
avanti.»
«Il preside ha deciso, nonostante il mio
parere contrario, di farti comunque accedere al corso che inizierà nella
seconda parte dell’anno. Chiaramente, il tuo obiettivo non sarà passare l’esame
al primo colpo e prendere immediatamente la licenza, ma... cos’hai da ridere,
Kuroba?»
Il ragazzo ridacchiò: «Mi scusi, ma mi
ricorda molto la trafila burocratica per poter prendere una patente babbana per l’automobile... vada pure avanti, la prego.»
L’insegnante lo guardò da sopra gli
occhiali: «È una cosa seria, Kuroba, non c’è nulla da ridere. Una
Smaterializzazione mal riuscita può avere conseguenze gravissime, ed è l’unico
motivo per cui ritengo che il corso possa servirti, per avere ben chiari i
rischi. Nessuno si aspetta che tu riesca a ottenere la licenza quest’anno,
quindi vedi di non demoralizzarti se non ci riuscirai subito; se già ci
riuscissi per il prossimo anno o per quello dopo ancora sarebbe un obiettivo
più che ragguardevole. Dopotutto, di solito ci si Smaterializza solo al settimo
anno.»
Kaito alzò le spalle: «Infatti non sarebbe
male. La ringrazio allora per la notizia e per la possibilità che mi date.»
Il ragazzo uscì dall’aula di
Trasfigurazione più tranquillo. Doveva darsi una mossa, Fred e George avevano
indetto una riunione straordinaria dei Malandrini.
Camminando verso il luogo di ritrovo,
riprese fra le mani la lettera che gli era giunta quella mattina.
Già, questa volta doveva assolutamente
tornare a casa...
Se c’era una cosa che Kaito odiava di
quella situazione erano i viaggi in aereo intercontinentali e il conseguente
fuso orario. Impiegava sempre un bel po’ a recuperare i ritmi di sonno
abituali, e visti già tutti i problemi che aveva avuto durante l’anno... però,
da una parte, era felice di potersi allontanare un po’ da quei maledetti
Dissennatori. Avrebbe mantenuto i contatti con gli amici e i compagni via gufo
e, per chi poteva, via telefono. Meno male che aveva cercato una tariffa
conveniente per le telefonate all’estero...
Quasi senza rendersene conto, mentre
seguiva questi pensieri, Kaito si addormentò.
Kaito
apre gli occhi. È su una superficie trasparente, forse ghiaccio, o uno
specchio, non sa dirlo. Sa solo che si estende fino a perdita d’occhio, e che
riflette perfettamente la sua immagine. È a quel punto che si rende conto di un
problema.
Cosa
ci fa lì? E soprattutto perché è in pigiama?
Il
ragazzo si alza in piedi. E a quel punto la nota.
È
una strana figura quella che si sta avvicinando a lui. Ha un lungo abito blu
scuro, una curiosa via di mezzo fra un kimono e un abito da mago; cammina a
piedi scalzi, e la superficie attorno a lei s’increspa con segni circolari,
quasi stesse camminando sull’acqua. Il suo volto è completamente coperto da un
vecchio e consunto cappello a punta, non si riesce nemmeno a capire se sia
maschio o femmina.
La
figura cammina lenta, con passo solenne, portando fra le braccia un enorme
scettro, il cui bastone sembra essere lungo quanto lei, con un enorme zaffiro
incastonato nella decorazione a raggiera.
Kaito
è senza parole. Cosa dovrebbe fare? Scappare? Andarle incontro?
Non
lo sa, e intanto la figura avanza, seppur lentamente, e lo raggiunge.
Kaito
prova a spiaccicare qualche parola, ma prima che possa formulare una frase, la
persona gli porge lo scettro, facendo segno di prenderlo. Kaito, timidamente e
un po’ confuso, allunga le mani, ma a quel punto il cappello si muove, uno
strappo si apre e una voce familiare gli ripete ciò che gli era stato detto più
di un anno prima.
«La
conoscenza è un grande dono, Kaito Kuroba-kun, un
dono per il quale bisogna essere pronti…»
Dallo
spavento, Kaito sobbalza e arretra.
«Tu
lo sei?»
Kaito si svegliò di soprassalto, facendo
prendere un colpo al suo vicino di posto. Dopo essersi scusato, il ragazzo si
accasciò nuovamente sul sedile. No, a quanto pareva allontanarsi dai
Dissennatori non bastava per poter dormire dei sonni tranquilli. Poteva
consolarsi, però, almeno il Cappello Parlante era una variazione sul tema, non
gli era ancora capitato.
«Cos’altro devo fare per poter di nuovo
dormire tranquillo?»
«Signorino Kaito!»
Il ragazzo sospirò: «Non ora, Jii...»
«Ma... il furto...»
Kaito sbatté la porta violentemente: «HO
DETTO NON ORA, JII!!!»
Il prestigiatore scivolò a terra,
prendendosi la testa fra le mani. I mesi quasi insonni avevano lentamente eroso
i suoi nervi e la sua faccia da poker, lasciando un ragazzo stanco delle mille
preoccupazioni e dei mille rimorsi. Per una volta, Kaito Kid avrebbe dovuto
cedere il passo a Kaito Kuroba, e il motivo aveva un nome e un cognome. E una
frase che continuava a rimbombargli nel cervello, tormentandolo forse più dei
Dissennatori.
«E
tu chi sei?»
Non aveva voluto prestare importanza agli
avvertimenti di sua madre.
«E
tu chi sei?»
Non aveva voluto notare la mancanza delle
lettere di chi gli aveva sempre scritto.
«E
tu chi sei?»
Non aveva voluto rinunciare alla
rassicurante idea di qualcuno pronto ad aspettarlo a casa.
«E
tu chi sei?»
Non aveva voluto crederci, e si era
presentato di fronte alla sua porta, come se nulla fosse.
«E
tu chi sei?»
Non aveva voluto crederci, finché non aveva
udito quella frase.
«E
tu chi sei?»
Ancora non voleva crederci, ma doveva.
Doveva accettare quello sguardo smarrito, quella porta chiusa in faccia e,
soprattutto, quella domanda.
«E
tu chi sei?»
Jii avrebbe aspettato, qualunque furto sarebbe
passato in secondo piano, perché dopo tanti mesi in cui aveva preferito
ignorare i segnali e gli indizi, era giunto il momento di affrontare la
questione.
Qualcuno lo aveva rubato dalla vita di
Aoko. E questo non poteva accettarlo.
Dopo quel momento di smarrimento, Kaito si
schiaffeggiò. Doveva reagire, non abbattersi! Doveva capire cosa era successo e
darsi da fare per rimediare, perché, poco ma sicuro, l’amnesia di Aoko non era
naturale. Non ci si dimentica completamente di una persona, e solo di quella,
così, quasi fosse una…
Kaito chiuse gli occhi ridacchiando. Ecco
cos’era. Una magia. E c’era solo una
persona che poteva aver fatto qualcosa del genere.
«Bentornato a casa, Kaito!»
Il ragazzo non le rispose, continuò solo a
guardarla serio: «Cosa hai fatto ad Aoko?»
Akako, ferma sull’uscio della sua casa, lo
guardò perplessa: «Eh?»
Kaito non cambiò espressione: «Non negare,
puoi averlo fatto solo tu.»
«Fatto
cosa?»
«Quei giochetti sulla memoria. L’hai fatto
di nuovo mentre non c’ero.»
La ragazza lo guardò quasi offesa: «E
perché avrei dovuto?»
Il prestigiatore mantenne la sua faccia da
poker, mentre una gran rabbia gli montava dentro: «Perché se Aoko non si
ricorda di me, tu hai campo libero… semplice, no?»
Akako lo guardò perplessa: «Nakamori
non si ricorda più di te? Ne sei sicuro?»
«Presentarsi alla sua porta e ricevere come
saluto un bel “E tu chi sei?” mi pare
una risposta abbastanza esplicita, non credi?»
Akako rimase sovrappensiero: «Ecco perché
ultimamente faceva così…»
Per la prima volta, Kaito cambiò espressione:
«Così come?»
La ragazza si scostò: «Entra. Ne parleremo
con calma.»
Dopo un attimo di tentennamento, Kaito la
seguì.
Non era mai entrato in casa di Akako. A parte un ingresso e un salotto dall’aria normale e
ordinaria, dove evidentemente accoglieva di solito gli ospiti, il resto della
casa sembrava davvero l’antro di una strega: oggetti magici e ingredienti per
pozioni sparsi un po’ ovunque, libroni grossi e dall’aria antica in ogni dove e
un grosso calderone, da fare concorrenza a quello di Piton
in aula, sul caminetto. Kaito si guardò intorno un po’ smarrito: erano tutte
così le case dei maghi o era solo Akako ad essere
così eccentrica?
La ragazza lo invitò a sedersi su una
vecchia poltrona, mentre lei, con pochi gesti di bacchetta, metteva un
bollitore sul fuoco: «C’era qualcosa che non andava con Nakamori,
l’ho notato da tempo, ma di certo non immaginavo fosse questo il problema… stupida io a non pensarci…»
Kaito rimase serio: «Cosa è successo?»
Akako si sedette a sua volta, mentre il
bollitore serviva acqua bollente in due tazze apparse apparentemente dal nulla:
«Niente di particolare, in realtà. Si è comportata sempre come al solito… però, l’anno scorso, ogni tanto mi capitava di
vederla sospirare, o comunque un po’ malinconica…
oppure di scoprirla a scriverti delle lettere durante la lezione. Quest’anno
niente di tutto questo. Un paio di volte ho provato a chiederle se aveva tue
notizie: la prima volta ci ha messo un po’ a capire di cosa stessi parlando, ma
poi mi ha risposto che voleva scriverti appena finito il periodo di verifiche;
la seconda, invece, sembrava proprio non conoscerti…
ho pensato aveste litigato e che fosse offesa con te, non nascondo che avevo
anche pensato di approfittarne, ma io non le ho fatto nulla. Sono disposta a
bere il Veritaserum per confermartelo, o farti fare
il Prior Incantatio sulla
mia bacchetta per farti controllare gli ultimi incantesimi che ho lanciato.»
Kaito guardò le foglioline di tè cadere
nella tazza e andare in infusione. Non immaginava che senza di lui in classe,
Aoko e Akako potessero anche essere amiche. Ma, in
effetti, non le aveva mai viste litigare, anzi…
Sospirando, rispose: «Non so cosa tu mi
abbia proposto, ma non ce n’è bisogno, ti credo. Non sei una che mente se fa
cose del genere… se fossi stata tu te ne saresti
vantata!»
Akako sorrise leggermente: «A questo punto,
però, non so però chi possa avere fatto l’Oblivion a Nakamori.»
Il ragazzo bevve un sorso: «Che tu sappia
ci sono altri maghi fra le persone che conosciamo?»
La strega scosse la testa: «No.»
Kaito guardò la tazza serissimo: «E allora
dovrò indagare da solo.»
Akako rise, sinceramente divertita dalla frase:
«Tu? Indagare? Da solo?»
Kaito a guardò di
sorto: «Sì, e allora? Cosa c’è di divertente?»
«Tu non sei un investigatore, Kaito. Sei un
ladro. E per di più vorresti investigare su una magia, quando sei un mago
principiante alle primissime armi. Per individuare l’origine di misteri di
questo tipo, qualunque Ministero impiega settimane di indagini, per di più
quando c’è di mezzo un Babbano. Mi spiace dirtelo, ma
per te è assolutamente impossibile.»
Kaito si era già alzato dalla sedia: «Hai
altro da dirmi, oltre a demoralizzarmi?»
«Potrei aiutarti io.»
«Eh?»
«Sono una strega diplomata ed esperta,
potrei aiutarti a vedere ciò che tu non potresti capire…
e magari anche a risolvere il problema, chissà…»
Kaito la guardò serissimo: «Qual è il tuo
prezzo?»
Akako sorrise soddisfatta: «Una pozione.»
Kaito ci pensò su: «Quella contro i foruncoli
mi riesce piuttosto bene, Piton mi ha messo un buon
voto le ultime volte…»
La ragazza scosse la testa: «Non voglio che
la prepari. Voglio che tu la beva.»
«Immaginavo. Un filtro d’amore.»
«Esatto. Ti aiuterò a fare in modo che Nakamori si ricordi di te, ma subito dopo tu berrai quella
pozione. E sarai mio.»
Kaito la guardò serio per un po’, mentre Akako aggiungeva: «Oh, poi potrai vedere Nakamori quando vorrai, non mi metterò in mezzo alla vostra
lunga amicizia d’infanzia… purché il tuo cuore sia
mio. Meglio averla amica che non averla affatto, giusto?»
Il ragazzo bevve ancora un sorso di tè, poi
sospirò: «Non l’avrai fatto tu questo incantesimo, ma sei un’approfittatrice
senza pari.»
Akako non rispose, si limitò a far ruotare la
sua tazza un paio di volte e a fissarla.
«Accetto. Ma berrò solo quando Aoko sarà
tornata alla normalità.»
La strega si avvicinò al ragazzo con aria
sensuale: «Hai fatto un buon affare, Kaito, non te ne pentirai…»
Kaito alzò gli occhi al cielo: «Me ne sto già pentendo.»
La ragazza gli prese la tazza dalle mani:
«Fate Divinazione ad Hogwarts?»
«Se non sbaglio è una materia a scelta del
prossimo anno…»
«Allora leggerò io per te le foglie di tè.»
Kaito fece una smorfia: «Non credo a queste
cose.»
«Lo so.»
La ragazza fece girare per un po’ la tazza,
poi osservò con attenzione: «Secondo questa tazza, presto scoprirai qualcosa di
totalmente inaspettato, per te e soprattutto per gli altri.»
Il prestigiatore alzò gli occhi al cielo:
«Ci sono anche i numeri della lotteria là dentro?»
Akako si alzò: «Smettila di fare lo spiritoso e
andiamo. Abbiamo del lavoro da fare.»
Kaito indicò la tazza rimasta sul tavolo:
«E nella tua che c’era scritto?»
La strega si mise un dito sulla bocca: «A
secret makes a woman woman.»
Il ragazzo tradusse alzando gli occhi al
cielo: «Un segreto rende una donna più affascinante…
sarà, ma è una gran scocciatura per gli uomini…»
Poi, sospirando, seguì Akako
in un’altra stanza.
Aoko corse verso la porta e l’aprì.
«Akako! Chiyo! Benvenute! Prego, entrate pure.»
«Grazie.»
Akako e Kaito varcarono la porta. La strega gli
aveva offerto una Pozione Polisucco per assumere
l’aspetto di una loro compagna di classe, ma Kaito aveva categoricamente
rifiutato. Brutte esperienze l’anno precedente, a suo dire. E poi,
indubbiamente, un travestimento alla Kaito Kid non aveva il fastidioso limite
di tempo di un’ora.
Aoko chiuse la porta a chiave, e accompagnò
i suoi ospiti verso la sua camera. Fu a quel punto che Kaito notò che qualcosa
emetteva una flebile luce attraverso la fodera dei pantaloni della ragazza.
Con tono curioso, le chiese: «Che cos’è
quello?»
Aoko si voltò: «Quello cosa?»
«Quello che hai in tasca.»
La ragazza sorrise mostrandogli in
contenuto: «Le chiavi, no?»
E allora sia Kaito che Akako
lo notarono e si fecero un cenno d’intesa.
Non appena Aoko si allontanò per un attimo,
i due maghi si misero a confabulare.
«L’hai visto? È il portachiavi! A quanto
pare è maledetto…»
Kaito scosse la testa: «Impossibile! Lo
escludo categoricamente.»
«Ma sei cieco? L’hai visto anche tu come
risplendeva, è segno che c’è qualche magia sopra… una
magia molto malfatta, in verità, di solito si evita di lasciare tracce così grossolane…»
«Quel portachiavi non dovrebbe avere nulla
di magico!»
«Come fai ad esserne così sicuro?»
Kaito sbottò: «Perché glielo ho regalato io
lo scorso Natale, accidenti! E io non ci ho messo sopra un bel niente, non
avrei nemmeno saputo come incantarlo!»
Akako lo guardò serio: «O qualcuno l’ha
incantato successivamente, o qualcosa è andato storto. Dove l’hai preso?»
Il ragazzo ci pensò su un momento, poi ebbe
l’illuminazione: «Non l’ho preso io! Me l’avevano comprato Fred e George in
gita insieme agli altri!»
«Dobbiamo saperne qualcosa di più! Manda
loro un gufo, presto! Io distrarrò Aoko.»
Kaito sorrise: «A volte i metodi babbani sono più veloci, sai?»
«Arrivo, arrivo!»
La ragazza prese il cellulare, svogliata:
«Pronto?»
«I Malandrini non vanno mai in vacanza, Momoka!»
Sheridan sussultò: «Kaito! Ma mi stai
chiamando dal Giappone?»
Kaito rispose ironicamente: «No, guarda, da
Malibù! Secondo te?»
«Ma ti costerà un sacco di soldi! Non mi
hai già mandato la colomba per farmi gli auguri di Natale?»
«E infatti non ti chiamo per quello, e
visto che sai i costi non farmi perdere tempo e ascoltami, che è un’emergenza!»
«Dimmi tutto.»
Kaito disse tutto d’un fiato: «Ho bisogno
di mettermi in contatto immediatamente con Fred e George. Temo che abbiamo
combinato un pasticcio.»
«Non potete risolverlo quando tornerete?»
«Ci sta finendo di mezzo una Babbana, Sheridan. No, non posso aspettare, devo risolverlo
ora. E un gufo intercontinentale ci metterebbe troppo.»
La ragazza si morse un labbro: «Ok, dammi
una mezz’oretta.»
«Ma se non ti ho nemmeno detto cosa
scrivere loro!»
«Tranquillo, ho un piano. Ti richiamo!»
«Ma…»
Sheridan buttò giù il telefono sospirando.
Aveva promesso alla mamma che non avrebbe toccato nulla delle sue cose… ma un’emergenza è un’emergenza, no? E poi non aveva
mai sentito Kaito così preoccupato…
Kaito, appena fuori dalla casa di Aoko, con
il cellulare in mano, continuava a camminare ansiosamente avanti e indietro. Akako sarebbe tornata tra poco…
che fine aveva fatto Sheridan?
Uno squillo e la mano del ragazzo scattò:
«Pronto?»
«Buonasera, Kaito!»
«O buongiorno…
che ora è da te?»
Il ragazzo sussultò: «Fred? George?»
In lontananza udì uno dei due gemelli
esclamare: «È vero, ci sente e ci risponde in tempo reale! Che forza questi cellulofoni! Ne chiediamo uno anche noi a papà per Natale?»
Kaito ridacchiò, mentre Sheridan riprendeva
possesso del suo telefono: «Più in fretta di così non si poteva, ho dovuto
rubare di nascosto la Polvere Volante della mamma per raggiungerli a casa loro… almeno fai la domanda a loro direttamente!»
«Aspetta, starai spendendo un capitale, ti richiamo…»
«Non preoccuparti, i miei hanno vinto con
un concorso babbano un tour dell’Asia e ho dovuto
fare una tariffa agevolata per l’estero… il Giappone
è ancora in Asia o l’hanno spostato dall’ultima volta che ho fatto geografia?»
Il ragazzo sorrise scuotendo la testa:
«Siete fenomenali.»
«Aspetta che metto il vivavoce…
ok, vai.»
«Allora, ho bisogno di sapere…»
Il prestigiatore venne interrotto dai
mormorii eccitati dei gemelli: «Uao, lo sentiamo
senza metterci con l’orecchio attaccato!»
Kaito gridò: «FUTAGO, SOSEIJI! Capisco che
siate eccitati dalle novità babbane, ma qui ho
bisogno di voi!»
«Scusa… dicci
tutto.»
«Cosa avete fatto ai gioielli che mi
avevate comprato l’anno scorso per fare i regali di Natale?»
Dopo un attimo di silenzio, uno dei due
(impossibile distinguerli al telefono) rispose: «Nulla, te li abbiamo dati così
come li abbiamo comprati. Perché, cos’è successo?»
«È successo che la persona a cui li ho
regalati si è completamente scordata della mia esistenza, e che la causa sembra
essere il portachiavi di quel set.»
«Un attimo… li
hai regalati alla tua ragazza babbana?»
«La ragazza delle lettere che conservi
sotto il letto?»
Kaito arrossì: «Sì, e ora come risolvo
questo pasticcio?»
I gemelli ci pensarono un attimo: «Ti
avevamo chiesto se volevi che li incantassimo, ricordi?»
«Ma tu hai rifiutato…
quindi non siamo stati noi. E poi non ti faremmo mai uno scherzo così crudele.»
Kaito sospirò: «Non ho mai pensato che
potesse essere così, ragazzi, sto solo cercando di capire cosa è successo per
poi capire come rimediare!»
«Tutto quello che possiamo dirti è che
erano gioielli predisposti ad essere incantati, e quindi più sensibili alla
magia del normale.»
Kaito annuì: «Va bene, va bene… ah, ancora una cosa, ragazzi…»
«Capisco…»
Il prestigiatore guardò la strega con aria
seria: «Davvero? E allora spiegami qualcosa, perché io sinceramente ne so
quanto prima, anzi, forse ancora meno!»
«Probabilmente dopotutto avevi ragione. A
quanto pare sono stata davvero io a maledire Nakamori,
anche se involontariamente…»
«Eh?»
La strega lo guardò seria: «Se le hai
regalato un oggetto predisposto ad essere incantato, questo deve aver reagito
con la prima magia con cui è venuto in contatto…
ovvero quella che vi ho fatto quest’estate.»
Kaito cercò di entrare nel ragionamento:
«Sì, ma se fosse così avrebbe dovuto continuare a dimenticare ogni parola udita
dopo il suo nome… perché invece si è scordata solo di
me?»
Akako fece una smorfia, cercando di ricordare:
«Possibile che la primissima parola che abbia udito fosse stata il tuo nome? In
fondo anche tu ti eri scordato di lei a un certo punto, no?»
«Sì, ma subito, non a distanza di mesi!»
«Il portachiavi potrebbe aver “assorbito”
il mio incantesimo, e poi averlo rilasciato lentamente, perché di solito in
quel tipo di oggetti vengono messi incantesimi di protezione o maledizioni che
devono durare a lungo… deve aver assorbito il
riferimento a te e averle fatto dimenticare la tua esistenza un po' alla volta,
finché non se ne è scordata totalmente…»
Kaito sospirò: «Ok, è una teoria che
potrebbe avere un senso… la domanda ora è: come
risolviamo il problema?»
La strega guardò la casa della compagna:
«Tanto per cominciare, dovremmo prendere il portachiavi incriminato.»
Il ragazzo rise, sventolandole le chiavi di
Aoko di fronte al naso: «Ti pare che per me sia un problema?»
La ragazza lo guardò sorpresa: «Ma sei
impazzito? Non sapevamo ancora come funzionasse la maledizione, poteva colpire
anche te al solo contatto!»
Il ragazzo scosse la testa: «L’ispettore Nakamori dimentica spesso le chiavi e prende quelle di
Aoko, lo conosco fin troppo bene… avrebbe dovuto
avere anche lui dei problemi. E poi amo il rischio, dovresti saperlo!»
«Già, giusto…
qualche volta penso a te solo come mago
e rischio di dimenticarmi la tua prima, vera identità.»
La strega prese il ciondolo e lo puntò con
la bacchetta: «Finite Incantatem.»
Kaito la guardò perplesso: «Tutto qui?»
«Questo impedisce solo al ciondolo di
continuare quello che stava facendo. Per riportare Aoko alla normalità dovremmo
farlo anche a lei.»
«È facile, allora! Le suono il campanello,
le punto la bacchetta e…»
Akako lo guardò con le braccia incrociate: «… e
ti metti nei guai con il Ministero della Magia, Giapponese e Inglese!
Violazione dell'articolo 13 dello
Statuto di Segretezza della Confederazione Internazionale dei Maghi…»
Kaito la guardò di storto: «Ma scusa, e
allora tutte le magie che hai fatto di fronte a me prima che scoprissimo che anch’io
fossi un mago?»
La ragazza le fece l’occhiolino sorridendo
tristemente: «E perché credi che sia così informata sulla legge? Ho passato
anche io i miei guai…»
Kaito scosse la testa: «Bene, se le cose
stanno così, credo di sapere come fare… ma avrò
comunque ancora bisogno del tuo aiuto.»
«Cos’hai in mente?»
«Prima regola di un buon prestigiatore: se
devi nascondere qualcosa, fallo nel modo più semplice, anche se è scontato.»
Aoko sorrise: «Dove mi stai portando, Koizumi?»
La ragazza sorrise: «Al parco. C’è un mago
itinerante bravissimo e ho pensato che potesse interessarti. A te piacciono
quegli spettacoli, giusto?»
«Oh sì! Ne ho visti un sacco da piccola.»
Akako sorrise, un po’ tristemente: «Davvero? E
come mai?»
«In che senso?»
«Perché ci andavi così spesso?»
Aoko la guardò confusa: «Io… io…»
Una voce la distrasse dai suoi pensieri:
«Signore e signori, ladies and gentlemen, benvenuti a
questo fantastico magic show!»
Una piccola folla accolse il giovane
prestigiatore, che in pochi secondi fece apparire quattro colombe, che lanciò
verso il cielo. E poi via, per una mezz’oretta fu un susseguirsi senza pause di
piccole meraviglie, che Aoko guardò con gli occhi sbarrati, sotto lo sguardo
interessato di Akako. Poi, a un certo punto, una
colomba scese dal cielo direttamente sulla spalla del prestigiatore che, dopo averla
accarezzata, si rivolse ai bambini accorsi allo spettacolo.
«Ragazzi, ho bisogno della vostra
collaborazione per l’ultimo numero. Mi aiuterete?»
Un coro di sì entusiasti confermò la
volontà dei più piccoli di partecipare allo show.
Il ragazzo tirò fuori una bacchetta bianca:
«Ho preparato tutto, ma non ricordo più la formula magica per evocare l’ultima sorpresa… cosa mi suggerite?»
Le voci iniziarono a susseguirsi e a
sovrapporsi.
«Abracadabra!»
Il prestigiatore mosse la bacchetta verso
il pubblico: «Proviamo… Abracadabra! No, niente… altri suggerimenti?»
«Ocus Pocus!»
«Proviamo anche questa…
Ocus Pocus! Ancora nulla… altro?»
Akako lasciò che Kaito tentasse altre tre o
quattro parole, poi gridò: «Finite Incantatem!»
Il ragazzo fece un inchino: «E accettiamo
anche il suggerimento della signorina lì in fondo!»
Aoko vide il prestigiatore puntare la
candida bacchetta verso di loro: «Finite Incantatem!»
E a quelle parole decine di palloncini
spuntarono fuori e salirono verso l’alto, attirando lo sguardo del pubblico, ma
non quello della ragazza. Per Aoko fu come se si fosse svegliata da un sogno, o
da un incubo. Perché ora gli era chiaro, lampante, chi fosse quel ragazzo così
bravo in mezzo a mille palloncini colorati.
«KAITO!!!»
Il sorriso di Kaito, già smagliante, si
allargò ancora di più nell’udire quel dolce suono. Ce l’aveva fatta. Aoko, la
sua Aoko, era tornata da lui.
In fondo, lo Statuto di Segretezza
prevedeva solo che i babbani non si accorgessero se
veniva lanciato un incantesimo, e quale metodo migliore per celare una magia
vera se non nasconderla in mezzo a molte altre false?
Il cuore gli batté forte dall’emozione nel
vedere la ragazza corrergli incontro e gettarglisi al
collo, ma cercò, con molto sforzo, di recuperare un minimo di faccia da poker:
«Ehilà, che entusiasmo!»
Aoko guardò stupita i palloncini: «Ma
cosa... perché?»
Kaito alzò le spalle: «Oh, un compito per
le vacanze... per imparare ad affrontare il pubblico. Non che ne avessi davvero
bisogno, ma se non lo facevo, poi, chi li sentiva i prof?»
Aoko rise: «Non so perché, ma è quasi come
se in questi mesi non ti avessi mai pensato... non ti ho nemmeno più scritto,
mi sento in colpa...»
Kaito le diede un buffetto sulla guancia:
«Non devi. Può capitare di essere presi da mille impegni, ma sono sicurissimo
che mi hai pensato ogni singolo giorno.»
Dopo aver finito di salutare il pubblico,
Kaito si allontanò con Aoko, che ora che aveva recuperato la memoria, sembrava
non volersi più allontanare da lui.
«Allora, ci sarai alla mia festa di
Natale?»
«Uhm... mi concedi un margine di ritardo?»
La ragazza lo guardò scandalizzata: «Di
nuovo? L’anno scorso non sei proprio venuto, l’anno prima pure...»
Kaito le fece l’occhiolino: «Ma i fuochi
artificiali che ti ho fatto per scusarmi erano belli, no?»
Aoko divenne leggermente rossa: «Già...»
Da lontano Akako
sorrise leggermente. Che si godesse pure quell’attimo d’intimità con lei.
Dopotutto era l’ultimo, poi sarebbe stato suo. Tutto suo. Definitivamente suo.
Il rumore del campanello distrasse Aoko dai
suoi invitati: «Arrivo!»
La ragazza aprì la porta, trovandosi
davanti l’invitato che attendeva con più ansia: «Buon Natale, Aoko!»
La ragazza lo fece entrare: «Kaito!
Stavolta sei venuto davvero!»
Il prestigiatore le fece l’occhiolino: «Te
l’avevo detto che avrei fatto solo un po’ di ritardo, no? Scusami, ma c’erano
altre persone ansiose di vedermi...»
«KID!!!»
L’ispettore Nakamori
sbraitava come un pazzo mentre cercava di liberarsi dalla trappola in cui era
finito.
«TI PRENDERÒ KID, FOSSE L’ULTIMA COSA CHE
FACCIO!!!»
Poco lontano, Jii
rigirava per le mani un piccolo diamante, con un piccolo biglietto
scribacchiato velocemente.
Che ti avevo detto, Jii? Non c’era nulla di cui preoccuparsi, Kid è e sarà
sempre all’opera fino alla fine della sua missione!
Buon Natale.
P.s.: puoi restituire tu questa volta il
diamante? Neanche stavolta era quello giusto e avrei un impegno urgente...
Già, ma l’impegno urgente non era stato Aoko
e la sua festa, tutt’altro.
Akako, con aria soddisfatta, gli porse un
bicchiere fumante: «Ecco qua. Come promesso.»
Kaito
l’osservò tranquillo: «Come promesso.»
Senza
alcun indugio, il ragazzo afferrò il boccale e ne bevve il contenuto tutto d’un
fiato, sotto lo sguardo soddisfatto della strega.
Quando
il prestigiatore lo posò sul tavolo, Akako si
avvicinò sensuale: «Bene, e ora…»
«…
ora vado da Aoko, che sono già in ritardo!»
«Eh?
Ma… il filtro…»
Il
ragazzo sorrise e tirò fuori la lingua.
«…conoscete un
modo per disintossicarmi da un filtro d’amore? Potrei essere costretto a berne
uno tra non molto…»
I gemelli risposero in coro senza
esitazione: «Bezoar.»
«Bezoar?»
Fred rispose: «Un classico. Piton lo spiega sempre alla prima lezione del primo anno.»
Kaito ridacchiò: «E perché io non me lo
ricordo assolutamente?»
Sheridan sospirò: «Perché alla prima
lezione tu eri troppo impegnato a sfidarlo per prestare attenzione a tutto
quello che diceva.»
«Giusto.»
George aggiunse: «Vai tranquillo, un
pezzetto di Bezoar in bocca e sei sicuro da qualunque cosa, veleni compresi.
Fidati, è sperimentato.»
Kaito e Fred chiesero in coro: «Davvero?»
George rise rivolgendosi al gemello: «Sai
quanti di quei filtri d’amore diretti a me e a te mi sono scolato? Ti dirò,
sono molto buoni, mi diverto persino a bere quelli degli altri con questo trucchetto…»
Kaito ridacchiò nel sentire le proteste
imbarazzate di uno gemelli, poi però aggiunse: «Sì, d’accordo, sarà efficace
quanto volete, ma io non ho un Bezoar! E non saprei nemmeno come procurarmelo,
qui in Giappone!»
Sheridan sorrise: «Tranquillo, abbiamo qui
Aoko per mandarti i biglietti d’auguri, no?»
Akako guardò stupita il sassolino che Kaito
sputò sul tavolo: «Un… Bezoar?»
«Sarò
principiante, ma sono pur sempre un mago anch’io!»
«E
dove te lo saresti procurato?»
«È
bello avere degli amici disposti a darti una mano quando non sai come uscire da
certe situazioni. Anzi, ad essere precisi, mi è stato recapitato proprio sotto
i tuoi occhi.»
Akako ripensò a tutta la giornata, poi esclamò:
«La colomba allo spettacolo…»
Kaito
le sorrise, mentre si avviò verso la porta: «Dopotutto, sono o non sono Kaito
Kid?»
La
strega protestò: «Tu mi hai imbrogliato! Non hai mantenuto la promessa!»
«La
promessa prevedeva che io bevessi
la tua pozione. Non c’era nessuna
clausola che m’impedisse di prendere delle precauzioni contro i suoi effetti.»
Akako lo guardò serio: «Non potrai scapparmi per
sempre. Un giorno sarai mio, Kaito.»
Kaito
si limitò a salutarla con la mano: « Buon Natale, Akako!»
Non
appena il ragazzo chiuse la porta, la strega sospirò. La tazza aveva avuto
ragione ancora una volta. Dopotutto, quando si trattava di Kaito, le compariva
sempre la stessa risposta. Anche questa volta il suo piano era fallito. Come
previsto. Ma un giorno o l’altro avrebbe fregato quelle foglie di tè, non
potevano averla vinta sempre loro!
Kaito sorrise, salutando tutti gli amici e
i vecchi compagni di classe presenti alla festa. In un vivace scambio di regali
fra gli invitati, il prestigiatore riuscì a passare ad Aoko un piccolo
pacchetto contenente il secondo pezzo del set, accuratamente preparato con un
piccolo incantesimo di protezione, per non correre più rischi.
Aoko sorrise alla vista della spilla con
zaffiro: «È bellissima, Kaito! Io ti ho preso solo una cravatta…»
«Che mi sarà utilissima per gli spettacoli!
Buon Natale, Aoko.»
A proposito di regali, pensò Kaito, chissà
se i gemelli, come d’accordo, avevano dato la Mappa del Malandrino a Harry... dopotutto,
ormai i passaggi li sapevano a memoria, e fare le loro marachelle senza sapere
chi avrebbero incontrato sarebbe stato più eccitante.
Alla visione dei suoi amici sorridenti, e
in particolare di Aoko, anche il volto di Kaito si sciolse.
Per una volta, stava filando tutto liscio.
«Tesoro, siamo tornati!»
Sheridan corse verso i genitori: «Mamma,
papà!»
Il signor Pumpkin
abbracciò la figlia: «Buon Natale, cara!»
«È andato tutto bene, in nostra assenza?»
Sheridan cercò di nascondere l’imbarazzo:
«Tutto benissimo! E voi, come state?»
«Jet lag a parte,
tutto a posto, stai tranquilla.»
La ragazza afferrò curiosa il quotidiano
che il padre aveva appoggiato sul divano e storse il naso: «Perché avete preso
un giornale straniero?»
«L’aereo ha fatto ritardo, ci annoiavamo e
al negozio dentro l’aeroporto abbiamo preso qualcosa da leggere... per errore
invece del Times abbiamo preso anche un quotidiano
giapponese, ma abbiamo deciso di tenerlo come souvenir.»
Sheridan lo sfogliò curiosa. In prima
pagina c’era la foto di una figura di spalle in fuga, con il mantello e il
cilindro bianchi; quello che però attirò la sua attenzione fu un disegnino,
riportato al fondo dell’articolo su quello che sembrava un biglietto da visita,
una sorta di piccola caricatura.
La ragazza sorrise: «Che strano... questo
gliel’ho visto scarabocchiare a Kaito qualche volta, in classe...»
«SHERIDAN!»
«ARRIVO!»
Con un’alzata di spalle, la ragazza
richiuse il giornale ed andò da sua madre ad aiutarla a smontare le valigie.
Un modo
diverso per passare il Natale.
Ciao a tutti! E mentre tutti tornano a scuola... Kaito si prende
una vacanza! C’est la vie...
Allora, avete capito qual’era l’errore del capitolo delle
vacanze estive? Se no, rileggetevelo...
Intanto ringrazio darkroxas92, Lunaby,
Tsuki no Sasuke per le
recensioni.
Prossimo capitolo? Gli allenamenti di Harry e Kaito contro i
Dissennatori. E ci sarà da ridere...
Alla prossima!
Hinata 92