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Autore: Matih Bobek    30/09/2014    2 recensioni
Brevi ma intensi spaccati di vita familiare ambientati nei giorni nostri. Simpatici, allegri e solari, questi piccoli racconti vertono su una voce narrante, il giovane figlio, nato e cresciuto nella periferia romana, e la protagonista indiscussa della casa, nonché della storia, la madre: personaggio stereotipato, a tratti assurdo, tanto da sembrare quasi... un alieno.
le storie affrontano, di volta in volta, momenti tipici della quotidianità familiare, prendendosi beffa, in modo ironico e sottile, dell'idea maschilista della donna casalinga.
Lo stile utilizzato è fresco, colloquiale, giovanile e numerosi sono i riferimenti alla cultura popolare, comunemente nota, al fine di rendere più partecipe il lettore.
All'interno del singolo episodio, i cambi di narrazione sono frequenti, pur mantenendo fissa la focalizzazione interna: ogni storia è costruita su uno schema fisso, che vede una breve premessa della situazione, in cui la voce narrante è direttamente coinvolta nel racconto, poi una dettagliata narrazione, da vicino, guidata da una seconda persona, per facilitare la personificazione, e infine il dialogo, in cui il narratore spesso interviene come voce fuori campo.
Spero che vi piacciano, o perlomeno che vi lascino un sorriso, e che lascerete consigli e opinioni, per me utili al fine di perfezionare stile, trama o personaggi.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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La porta sbatte. In continuazione. Continua. Continua. Tutte le finestre sono spalancate: c’è corrente. Mi dovrei alzare… Sì be’… non mi va. Però la porta continua. Continua. Mi sta massacrando il sistema nervoso. Mi alzo, percorro il corridoio, mi fermo di fronte alla porta della mia stanza, l’accompagno pigro con l’indice e il medio. Nel mentre, una forte folata di vento proveniente dalla finestra, la fa sbattere. Sulle mie dita. Un grido domina l’intera area della casa. Mi piego sulle ginocchia, e poi mi accascio a terra. Un’imprecazione rimbomba potente, mentre un rivolo di sangue comincia a scivolare sul mio indice. Sangue. Dio santo! SANGUE! Una goccia, poi due, poi ecco, diventa una striscia. Ommadonna, sto morendo dissanguato, Oddio, oddio santo. Mi servono i cerotti, dannatissimi cerotti; vado in bagno, saranno lì. Primo cassetto: niente. Secondo cassetto: nada. Terzo cassetto: non si apre. Dannazione! MALEDETTO CASETTO! una bella gomitata al punto giusto ed ecco, si apre! Ovviamente, nulla di nulla. Ma perché cazzzzarola non ci sono mai i benedettissimi cerotti! Cosa faccio? Cosa faccio? Che faccio? Oddio mi sta uscendo un mare di sangue, ODDIO! E se morissi così? Oddio, sto per morire solo come un cane, nella mia casa. Idea: acqua ossigenata, deve stare nella vetrinetta del bagno; cerchiamo! Ma porca… non ci sta un piffero in questa galera. Niente cerotti, niente acqua ossigenata, niente genitori… beh almeno una fortuna! Devo bloccare il flusso, mi serve della carta. Ma non c’è manco la cartigienica? Ma perché? Vado in cucina, lo scottex ci deve stare! No. Nisba. Se rimango in vita, d’ora in poi, la farò io la spesa. Prendo il canavaccio che usa mamma per asciugare i piatti. Per forza. Aaaah che sollievo… l’acqua fredda sta bloccando il flusso… aahhh… ecco qua, bagnamo la pezza, e forse sopravviverò. Oh i miei sono arrivati. I guai non vengono mai da soli eh: “Mamma, sto morendo dissanguato!”
“E c’è bisogno di urlare? Manco sono entrata e già rompi le scatole!”
“Ma mamma sto morendo… guarda il dito?”
“E che sarà mai! Un taglietto, tiè!
“Ma il sangue non si ferma…”
“Mettici il cerotto!”
“Non ci sono mai i dannatissimi cerotti! Ma che ci fate? EH? Li mangiate?? Ci fai i tuoi Sabba?”
“Io non ballo la samba… acqua ossigenata?”
“Inizio a pensare che te la scoli la notte…”
“Ah va ricomprata… vado a cambiarmi!”
“Ma’ mi aiuti? Sto tamponando il dito con la pezza dei piatti ma..”
“Stai usando la pezza dei piatti come tampone?”
“… no… hai capito male…era un effetto… uditivo…”
“Oddio guarda, guarda GUARDA. Tutto macchiato! ODDIO SANTO! Ma quanto sangue perdi, eh? Tiè, tutto macchiato. Da lavare. Colpa tua. Un taglietto, e perdi sangue che nemmeno una mucca al macello…”
“Te lo avevo detto che ne sto perdendo tanto… forse devo andare al pronto soccorso?”
“Vai dove ti pare, ma stai attento, sta gocciando… mi macchi il pavimento! Come se la pezza insanguinata non fosse abbastanza…”
“Ma mi vuoi dare una mano?”
“Mi devo cambiare… ”
Niente. Irremovibile… bah… Un urlo! E’ mamma! Si sarà schiacciata anche lei le dita?
“Ma’ che succ..?”
“Hai macchiato il lavandino di sangue! Lo hai sporcato! Tiè guarda, tiè, tutte le piastrelle macchiate… il legno dei cassetti! Se sai che stai perdendo tanto sangue, almeno cerca di non spargerlo ovunque come un appestato… tiè, Hai macchiato mezza casa… tanto che te ne frega, lavo io….”
“Ma mi fa male!”
“Quando mi sono rimaste le dita infilate nel tritapomodori…”
“Non voglio saperlo. Intanto perché me lo racconti tipo tre volte a settimana, poi perché mi fa alquanto schifo.”
“Non facevo tutti i capricci che facevi tu, capito? E soprattutto non macchiavo la casa di sangue. Soffrivo in silenzio.” “… e tu volevi fare il medico?”

Salve! Ho deciso di variare un tantino la narrazione, spero vi piaccia. Per più di una settimana non aggiornerò la storia, causa partenza. Non appena sarò tornato, aggiungerò un nuovo episodio. Nel frattempo, leggete e fatemi sapere cosa ne pensate! Grazie tante!
   
 
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