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Autore: thedgeofbreakingdown    30/09/2014    5 recensioni
Non è colpa mia ma sembra quasi che i guai mi seguano e ho anche la mezza impressione (la maggior parte delle volte) che il migliore modo per porne una fine, sia una bella rissa. Non che la prospettiva di mettere le mani addosso a qualcuno mi entusiasmi, solo è l'unico modo che ho per sfogarmi, per sfogare le mie frustrazioni e la vita di merda che mi ritrovo ad avere.
Mi aiuta anche andare al mare, stare da sola, sentire il suono delle onde sulla sabbia, ma il mare non c'è sempre.
Qualche coglione è sempre dietro l'angolo e parlo per esperienza.
Io sono Ariel Miller e ho sedici anni e -lo dico per voi- se pensate di avere una vita difficile, non avete mai conosciuto la mia.
Vivo alla Yancy Accademy nove mesi l'anno, almeno fino a che non arriva l'estate e vado a vivere a Montauk. In molti si chiedono come faccia a pagarmi la retta scolastica visto e considerato che quel cazzone di mio padre è stato solo in grado di scomparire e partire assieme ai Marins dopo essersi divertito con mia madre.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
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Qualcuno mi odia
 

Realizzo poco dopo che i ragazzi al campo hanno già cenato e Chirone mi fa cenno di seguirlo verso la casa enorme alta almeno tre piani.

Sto per entrare quando mi blocco davanti a una vetrina posta accanto alla porta d'ingresso. Mi hanno sempre incuriosito le vetrine anche se non so bene il motivo. Credo solo che mi piaccia sapere un po' di più degli altri o vedere i loro successi, vivere con loro un po' di felicità che, tra parentesi, non guasta mai.

Sorrido nel vedere foto di ogni tipo, foto di ragazzi che combattono con la spada, ragazzi che sorridono, che ridono, che scalano una parete dell'arrampicata che ho appena deciso di voler provare.. ci sono anche Percy e Annabeth in alcune foto.

Una mi piace molto.

C'è Annabeth, i capelli biondi raccolti in una coda, un sorriso vispo da quindicenne e una maglietta arancione del campo che sorride accanto a una delle ragazze più belle che abbia mai visto in vita mia. Ha i capelli mossi lunghi fino alla vita e gli occhi di un azzurro talmente tanto luminoso che anche se non ci fosse il sole estivo a farli brillare sarebbero comunque bellissimi.

Ci sono altre foto con quella ragazza mora e sorrido quando la vedo in una foto, la schiena inarcata e il viso rivolto verso la telecamera. Un ragazzo afroamericano e ben piazzato la tiene per i fianchi e sta sorridendo sul suo collo.

Noto due targhe dorate sotto quella foto e lo stomaco si stringe in una morsa nel leggere quello che c'è scritto.

Silena Beauregard. Figlia di Afrodite. Morta nello scontro finale. Eroe.

Charles Beckendorf. Figlio di Efesto. Morto sulla Principessa Andromeda. Eroe.

E i miei occhi, a questo punto, inziano a leggere con un po' di fatica tutte le targhe, a guadare tutte quelle foto, tutti quei ricordi che rimaranno solo tali, che rimaranno incastrati nel passato e in quella vetrina perché quei volti sorridenti, adesso, non ci sono più.

Ci sono troppe targhe e troppe persone in quella vetrina e ho quasi un vuoto nel petto e la morsa allo stomaco si è fatta ancora più stretta e credo quasi che impazzirò appena vedo questa foto. Attacco quasi il naso alla vetrina per vederla alla luce della lanterna e mi scappa un sorriso nel vedere due Percy e Annabeth dodicenni. Sono tremendamente felici e sorridono con le braccia attorno ai fianchi di un ragazzo diciassettenne che sembra uno di quei modelli cattivi della Dolce&Gabbana. Ha gli occhi azzurri, il sorriso furbo e i capelli color sabbia un po' lunghi. A differenza dei due bambini porta una canottiera arancione e li tiene stretti a sé per le spalle come se fossero alcune delle cose più importanti della loro vita.

Ha una cicatrice che gli corre dall'occhio destro fino allo zigomo eppure, credo di aver visto pochi ragazzi così belli e felici in tutta la mia vita.

Luke Castellan. Figlio di Ermes. Morto nello scontro finale. Eroe.

– Cazzo..

- Bene. Signorina Ariel, lei non è una ragazza come le altre. Ma non in senso cattivo, nel senso che è speciale – dice Chirone, distraendomi dalla vetrinetta e facendomi alzare lo sguardo verso di lui.

Sono fermamente convinta che la mia teoria secondo la quale si fanno tutti di acidi non sia poi così sbagliata.

– Non credo che l'essere iperattive, dislessica e senza un soldo in canna mi renda speciale – sorrido incrociando le braccia sul petto, – ma effettivamente le cose viste dal suo punto di vista sono molto più interessanti.

– Vi prego, posso incenerirla? – e la mia attenzione viene attirata sulla veranda e dal tizio ciccione che vuole seriamente essere preso a pugni.

Entro nella casa solo per uscire in veranda e andargli davanti. È seduto a un tavolo circolare e sta giocando con uno di quei tizi capra che ho visto in mensa prima.

Ho deciso che sparare parolacce a tutto spiano per lo shock non aiuta quindi ho pensato di fare un favore a tutti e nascondere i miei pensieri al resto dei ragazzi.

– Signor D, suo padre l'ha mandata qui per disintossicarsi. Non penso che sia una buona cosa uccidere questa giovane – lo riprende Chirone severo preceduto dagli zoccoli che sbatacchiano sul legno.

Il tipo con la tuta tigrata sbuffa ancora e ad essere sinceri, la sua noia è direttamente proporzionale alla mia voglia di picchiarlo.

Per intenderci, questo qui è parecchio annoiato.

Lo sto ancora fulminando con lo sguardo ma Chirone parla e sposto la mia attenzione su di lui, – mai sentito parlare di dei? Immortali, che vivevano nell'Antica Grecia? – chiede.

– Si, sono miti e credo che una spiegazione logica a tutto sia un po' di acido che ho assunto senza saperlo.

Il tizio tigrato sbuffa ancora, – Ancora con questa storia. Dicono tutti così, poi quando vengono inceneriti si lamentano anche!

E a questo punto, il mio cervello si mette in moto e lavora veloce perché, andiamo, non posso essermi realmente fatta di acido senza saperlo. Ogni tessera del puzzle, da quando sono piccola fino a oggi va' ad incastrarsi e sono talmente sorpresa che tutto abbia un perché, che la risposta tagliente a “tuta tigrata” mi rimane sulla punta della lingua: la Furia, Percy e Annabeth, Chirone e i tizi capra.

– Dicevamo – continua Chirone – gli dei dell'Antica Grecia, ebbene, non sono mai scomparsi. Sono sempre riapparsi in posti diversi, ovunque la fiamma brillasse di più.

– La fiamma?

– Si, la fiamma dell'immortalità. Quest'ultima si è sempre spostata cercando la civiltà più forte. Ha avuto origine dalla Grecia e gli dei lì, hanno lasciato il segno. Poi, ovunque la fiamma diventasse più forte, si sono spostati. Tutto il mondo è stato marchiato dagli dei. Magari hanno avuto nomi diversi, come a Roma, ma si sono sempre fatti ricordare e adesso, sono qui, in America.

Fa una pausa come a farmi metabolizzare la risposta e probabilmente sta interpretando male i miei occhi sbarrati.

– Non c'è posto nel mondo dove gli dei non si siano fatti ricordare. Prendi ad esempio l'aquila, il vostro simbolo nazionale. L'aquila è il simbolo di Zeus. È questo, è solo uno dei tanti esempi.

– Questo non può essere possibile.. – mormoro passandomi una mano tra i capelli eppure so bene anche io che lo è eccome.

– Chirone falla smettere, prima che uno di questi dei decida di incenerirla – dice svogliato “tuta tigrata” e lo fulmino nuovamente con lo sguardo beccandomi un sorriso di strafottenza che vorrei distruggere con un pugno.

– Che tu ci creda o no, gli dei esistono, e tu fai parte di loro.

- Wooo-ah, un momento! – esclamo indietreggiando perché questo è davvero troppo, – io sono un dio? – dico sulla soglia di una nuova crisi isterica.

- Non cara, se ci fossero dee come te sull'Olimpo, sarebbe caduto da un pezzo – e assottiglio lo sguardo. Lo fisso furiosa cercando una sfida, cercando una provocazione e una risposta da parte sua ma quel ciccione schiocca le dita e un calice d'argento appare davanti a lui riempendosi di liquido rossastro e dal sapore forte che mi fa arricciare il naso.

- Signor D – fa Chirone in tono di rimprovero come se fosse un bambino di cinque anni che non può mangiare caramelle per un'indigestione, – sa bene che non può.

Il signor D sbuffa e schiocca le dita facendo riempire il calice di quella che sembra coca-cola, – ancora cinquant'anni di questo strazio – borbotta e se devo essere sincera, un po' ci godo della sua sofferenza.

- In conclusione, signorina Miller – Percy gli ha detto il mio cognome poco prima, – lei è il frutto di un'unione tra un mortale e un dio – fa Chirone come se stesse parlando del tempo, – suo padre è un dio dell'Olimpo e lei, signorina Miller, è una semidea.

Prendo la prima sedia che trovo e mi ci faccio cadere sopra. Ed è assurdo perché tutto questo casino per me ha un senso. Tutto questo casino per me ha sempre avuto senso, non ci ho solo mai voluto credere, sin da quando ero bambina.

– Chi è mio padre, allora? – domando mettendomi sulla punta della sedia perché, di tutta questa situazione, l'unica cosa che voglio sapere è chi diavolo è quell'idiota che non ha mai aiutato né me né mamma in tutti questi anni.

Chirone tiene lo sguardo basso per un po' prima di puntare i suoi occhi scuri nei miei e non mi ci vuole molto a capire che neanche lui ha una risposta a tutto questo casino.

Mi passo una mano tra i capelli mentre gli unici rumori sono: il battere dei denti dell'uomo capra per la paura, signor D che beve, qualche risata e un po' di.. ruggiti?

- Gesù.. è tutto vero – e credo di starlo realizzando solo in questo momento.

Ora tutto ha un senso. Ora tutte le cose che nella mia vita non avevano risposte prendono forma, prendono un significato che forse, non mi fa neanche così tanta paura: alle elementari, mentre ero in cortile a giocare, una donna aveva cercato di portarmi via e con una serie di minacce le maestre l'avevano cacciata. Quando dissi che da sotto la gonna le sbucavano due code da serpente nessuno mi aveva creduto.

Alle medie,una ragazza vestita da Cheerleader, aveva cercato di incantarmi e quando vidi che aveva una gamba equina e una di metallo, non mi credette nessuno.

La cosa più strana però era successa due anni fa. Ero appena tornata dalla Florida dopo aver risparmiato e lavorato per secoli.

New York, la mia New York era devastata.

I giornali dicevano che erano state una serie di tempeste e mi avevano dato della pazza, quando avevo detto che c'erano segni di lotta, artigliate sui muri dei palazzi e spade spezzate qua e là.

Tutto quadra e tutto è vero.

Gli dei esistono e io sono una semidea.

Cazzo.

– Quindi lei è.. – e indico signor D che alza lo sguardo dalle carte che tiene aperte in mano a ventaglio con un sopracciglio scuro alzato nella mia direzione. – Lei è Dionisio, il dio del vino – realizzo in pochi secondi.

- Ovvio. Pensavi fossi Demetra, cara? – e lancia una carta sul tavolo facendo rabbrividire il tizio capra che ha davanti.

- Lei è un dio. Lei – e trattengo una risata perché tutto mi sarei aspettata tranne che quel ciccione fosse un dio.

- Qualcosa in contrario, mocciosa?

- A dire il vero, s.. – ma Chirone mi interrompe prima che possa fare danni.

Peccato, dico sul serio.

– Bene, io direi che per oggi può bastare. Puoi andare a dormire adesso. La sveglia domani è alle sette. Un satiro – aaaah ecco come si chiamano i tizi capra.. – probabilmente ti accompagnerà alle capanne. Se c'è qualche problema, dimmelo pure. Buonanotte Ariel.

– Buonanotte Chirone. Signor D – dico uscendo dalla veranda. Attraverso la sala della casa grande prima di uscire all'esterno.

Una ventata di freddo mi arriva in pieno viso e mi stringo nella felpa. Vedo che attorno ai confini del campo nevica ma non direttamente campo e abbozzo una risata domandami quando mai finiranno le stranezze in questo posto.

Cammino verso il padiglione della mensa cercando di ricordare dove siano le case quando le ho viste dall'alto ma un rumore di passi e una voce che conosco mi fanno fermare e sorridere, – traumatizzata?

  • Ciao Annabeth. Potresti renderti visibile ed evitare di farmi sentire una completa idiota per star parlando tecnicamente da sola? – dico sarcastica e sento la sua risata prima che lei si possa togliere il cappellino e tornare visibile, – e tanto per la cronaca, il livello di traumatizzata l'ho superato quando quella megera mi voleva uccidere a Central Park.

    Annabeth ride e mi fa cenno con la testa di seguirla. Affondo le mani nelle tasche della felpa e lei sistema la visiera del cappellino dentro la tasca posteriore dei suoi jeans, – mi dispiace per come siano andate le cose – non è facile accettare tutto questo casino come l'hai affrontato tu.

    Sorrido e scaccio la questione con un gesto della mano, – naa, va' tutto bene. Magari sarà anche divertente vivere con e come voi.

    Annabeth annuisce mentre usciamo dal padiglione e l'oscurità della notte ci avvolge, – ooh ti assicuro che lo è, fidati. Mia madre è la dea della saggezza, ho praticamente sempre ragione – si pavoneggia per finta e rido lasciando che i miei pensieri corrano a chiunque sia mio padre e quando deciderà di farsi vivo.

    - Atena – dico d'un tratto e Annabeth annuisce un paio di volte, – stai pensando a chi potrebbe essere il mio genitore... divino, giusto?

    E la sento ridere, – sono davvero così prevedibile?

    - No, ma credo che sia la curiosità di tutti adesso che sono l'attrazione principale del campo.

    Annabeth abbozza una risata, – avanti, chiedimelo.

    E corrugo la fronte, – che cosa?

    - Hai esitato e poi aperto bocca. Mi vuoi chiedere qualcosa.

    Mi fermo di scatto e la guardo – e tu come fai a...aah dea della saggezza, giusto – lei ride e poi ricominciamo a camminare, – qui sono tutti come me? – domando senza aggiungere altro e certa che lei capirà.

    - Come? Dislessici e iperattivi e con un deficit dell'attenzione? Si e sono le nostre migliori qualità.

    - Ahah davvero divertente – dico sarcastica e mi sembra quasi di poter vedere Annabeth accigliarsi.

  • Dico sul serio! In battaglia i tuoi riflessi ti salvano la vita. Non te ne rendi mai conto nelle risse? Tutto rallenta e inizi a notare anche i minimi particolari, giusto? – sto zitta riflettendo e prendendo atto del fatto che quella ragazza bionda stia centrando in pieno il punto, – non riesci mai a stare ferma e il tuo cervello è impostato sul greco antico!

    - Smettila di prendermi in giro. Non è così divertente come sembra.

    E Annabeth ride prima di continuare, – dico sul serio! Hai presente quando siamo arrivati qui? Campo Mezzosangue era scritto in greco e a te è risultato talmente tanto facile leggerlo che ti sembrava inglese, ho ragione?

    Sbuffo e – è snervante avere accanto a me una persona che non ha mai torto, lo sai? – e lei ride prima che io possa parlare ancora, – ah, Annabeth, dov'è l'Olimpo? – perché, davvero, di tutte le cose che mi hanno spiegato, questa è l'unica che non so.

    Sull'Empire State Building – e lo dice come se fosse scontato facendomi sbarrare gli occhi nel buio della notte.

  • Certo, come ho fatto a non pensarci prima? – borbotto dandomi un colpo alla fronte e nascondendo così quanto quella notizia mi abbia shoccata.

    Annabeth ride e rimaniamo in silenzio per un paio di secondi prima che possa essere lei a interromperlo, – Ho un'idea abbastanza precisa su di te, sai? Credo che tuo padre possa essere.. – e continuerebbe se qualcuno non l'avesse chiamata.

    - Arrivo! – urla lei in risposta e poi si volta verso di me, – devo andare, Ariel. La tua capanna è quella di Ermes, laggiù – mi indica e scruto una casa abbastanza grande con ancora le luci accese, – la cabina sei mi chiama, ci vediamo domani mattina – la saluto di rimando e poi corre via superando una cabina che brilla quasi alla luce della luna.

    Sono curiosa di vederle tutte domani mattina e mi incammino verso l'apparente casa di Ermes fermandomi ogni tanto a guardarne alcune.

    Sto costeggiando il muro della cabina di Ermes cercando di orientarmi nonostante la scarsissima illuminazione quando una mano mi avvolge l'avambraccio senza che neanche me ne renda conto subito. Vengo sbattuta al muro e mi manca il fiato per un paio di secondi. Tutto accade talmente tanto velocemente che solo dopo un po' mi rendo conto di essere a una spanna da terra e con un braccio che mi tiene il volto sollevato.

    Sbatto i pedi al muro in cerca di aria e, – non è il tuo posto, novellina. Stai bene attenta – sibila una voce e prima che la mia gamba possa scattare verso le palle di quel coglione, il braccio che mi bloccava il respiro mi lascia cadere e rovino a terra per la poca stabilità delle mie gambe.

    Mi inginocchio emettendo conati e cercando di recuperare un po' d'aria e alzo lo sguardo appena in tempo per vedere una schiena ampia sparire nella notte.

    - Stronzo – dico con voce strozzata rimettendomi in piedi e guardandomi attorno. Stringo i pugni perché non ci tengo davvero ad avere altre sorprese del genere e con il cuore che ancora mi batte a mille per lo shock, busso alla porta in legno della casa di Ermes.

    Mi aprono due ragazzi pressoché identici se non fosse che uno è leggermente più basso dell'altro.

    - Io sono Connor – dice uno.

    - Io sono Travis – fa l'altro all'unisono e facendomi venire mal di testa in meno di tre secondi. – Tu devi essere Ariel – continuano in contemporanea facendomi annuire e poi sorridono facendosi automaticamente imitare di me, – benvenuta nella casa di Ermes.

    Travis scosta il braccio destro e Connor il sinitro lasciandomi vedere l'interno della capanna più caotica del mondo. Ci sono davvero tanti ragazzi al suo interno che saltano da un letto a castello a un altro, che si fanno scherzi stupidi e ne vedo anche qualcuno che ruba spazzolini da sotto il cuscino.

    - Figli del dio dei ladri – mormoro attraversando la soglia e sentendo poi la porta che si richiude alle mie spalle e Travis e Connor che mi affiancano, – davvero niente male – e mi è impossibile sorridere davanti a numerosi occhi che mi guardano e squadrano furbi, – come va? – domando alzando la mano e alcuni ridono.

    - Starai qua finché il tuo genitore divino non verrà fuori – mi dice Connor. Faccio un paio di passi avanti e poi mi volto verso di loro per guardarli.

    - Quindi potrai stare con noi per molto tempo – trilla Travis.

    - Zitto, idiota – borbotta Connor dandogli uno scappellotto e facendolo gemere di dolore.

    - Nessun problema. Dove dormo? – domando interrompendoli.

    - Trovati una branda – dicono all'unisono e sorrido perché sono certa che se dovessi rispondere con il mio solito sarcasmo questi due vincerebbero senza problemi

    Tutto sommato non è così male stare qui.

    A parte il ragazzo decisamente più alto di me, decisamente muscoloso e che, decisamente, ha deciso di odiarmi anche se non so il perché.

 

Quella notte sogno mio padre e lo sto facendo davvero spesso da un po' di tempo a questa parte. Sogno una tempesta, un occhio del ciclone che ha me al suo centro. Sogno un tornado fatto d'acqua e le mani che quasi fremono per avere una spada perché ho la sensazione che solo con un'arma tutto quel casino si possa fermare.

Sogno di essere avvolta nel buio, sogno la mia collana a forma di goccia che brilla e una luce quasi calda che mi viene incontro e alla fine, qualcosa mi sveglia. Il suono di un corno che fa scattare tutti quanti fuori dalle brande con più o meno proteste.

Credo sia una conchiglia ma non mi importa per davvero.

La schiena mi fa male dato che ho dormito a terra e l'unica cosa mi sono guadagnata è stata una coperta da parte di una ragazza bionda ed evidentemente molto compassionevole.

Mi metto in piedi quasi a fatica e cerco di collegare un paio di neuroni mentre i ragazzi di Ermes mi sfrecciano davanti velocemente entrando ed uscendo dal bagno, correndo a vestirsi e incolpandosi per piccoli furti.

Io non ho niente con me per cui mi basta legarmi i capelli in una crocchia disordinata e stiracchiarmi mentre aspetto che tutti i ragazzi siano pronti per andare a fare colazione.

 

Siamo usciti dalla cabina dopo almeno un quarto d'ora di schimazzi e risate e rimango in fondo al gruppo osservando i ragazzi che, in fila indiana, escono dalle loro case.

Sono decisa a fare un giro esplorativo e vado nella direzione opposta a quella del mio gruppo costeggiando la prima ala delle cabine osservando e assorbendo qualsiasi cosa i miei occhi blu riescano a intercettare.

Passo davanti a una cabina che ha un tetto sul prato; una che quasi mi acceca per quanto brilla alla luce del sole. Noto quanto i ragazzi che escono da ogni capanna si assomigliano tra loro e cerco tra i volti, qualcosa che mi possa almeno ricordare i lineamenti confusi del ragazzo che mi ha attaccato a muro soltanto ieri.

Fremo ancora di rabbia per come sono stata presa alla spovvista e non so se in un combattimento riuscirei a battere una persona dalla sua mole, ma voglio comunque affrontarlo.

Nessuno più trattarmi come ha fatto lui e pensare di passarla liscia.

Passo davanti alla cabina di Annabeth rivolgendole un sorriso e corrugo la fronte davanti alle cabine più grandi del secolo. Ho la mezza impressione siano di Zeus ed Era. La prima è enorme con le colonne ai lati che la sostengo e dei fulmini che le abbelliscono e che si vedono solo da una certa angolazione.

- Megalomane – sussurro e lancio uno sguardo al cielo appena si sente il rombo di un tuono.

- Chi ha fatto incazzare il divino Zeus? – grida qualcuno e mi scappa una risata prima di urlare delle scuse.

Mi chiedo dove dorma Percy e poi lo vedo uscire da una sorta di bunker grigio assieme al tipo con un occhio solo.

Lo raggiungo con una corsetta e lui si ferma sorridendomi e dandomi il buongiorno.

Sorrido a mia volta ma mi prendo un paio di secondi per guardare la sua cabina. Delle conchiglie abbelliscono l'entrata e non ha niente del fasto della cabina di Zeus eppure sono più che convinta che questa sia molto più bella.

Chiudo gli occhi e sorrido quando il profumo del mare mi arriva con una ventata e li apro solo quando sento la risata di Percy, – contento che la cabina di Poseidone ti piaccia – scherza e annuisco un paio di volte.

- È davvero bella, mi ricorda casa – dico senza pensarci e maledicendomi subito per ciò che ho detto.

Per fortuna Percy non fa domande e corrugo un attimo la fronte perdendomi nei ricordi di Montauk. Perdendomi in quei ricordi che non vedono mamma malata o me nel Bronx. Quei ricordi comprendono una bambina con i capelli scuri già lughi che corre sulla sabbia e che si butta sull'acqua. Comprendono una bambina un po' attaccabrighe e comprendono una donna terribilmente simile a lei che, nonostante i tremila difetti, la guarda con un sorriso.

- Andiamo a fare colazione? – domanda Percy distraendomi dai miei pensieri e annuisco incamminandomi affianco a lui ridendo per tutte le cavolate che sta dicendo.. Tyson! Ecco come si chiama il tizio con un occhio solo.

Stiamo ancora camminando quando una decina di ragazzi ci passano davanti correndo e gridando. Spingendosi e dandosi pugni quasi solo per gioco. Ci tagliano la strada e ci costringono a fermarci di colpo eppure non ho mai visto ragazzi più liberi di loro.

Gridano.

Gridano e ridono senza preoccuparsi di disturbare qualcuno. Si spintonano e poi ridono ancora.

- Figli di Ares – e Percy lo dice quasi sia una malattia ma evidentemente non vede quei ragazzi castani e con la mole che è almeno il doppio della mia, dal mio stesso punto di vista, – sono...

- Bellissimi – completo la sua frase e lui mi guarda con la fronte corrugata prima di ricominciare a camminare dietro quel gruppo di fuori di testa.

- Non li avrei definiti così ma è bello vedere i lati positivi anche in chi non ne ha.



Angolo Autrice: 
Ehiila<3
scusate per l'orario improponibile ma domani non avrei potuto aggiornare e ci tenevo a postarvi questo capitolo di passagio -che proprio di passaggio non è- piuttosto che farvi aspettare un giorno in più ahaha 
La storia entrerà nel vivo dal prossimo capitolo e spero mi seguirete ancora. 
Ad Ariel Chirone ha spiegato tutto e lei l'ha presa abbastanza bene perché, e lo scoprirete nei capitoli a venire, la sua vita è stata abbastanza complicata da farle ritenere quella di adesso una vera e propria pacca. C'è un po' più del suo passato ma, piano piano, si verrà a scoprire tutto ahaha 
Il ragazzo che la odia.. deciamo che come primo giorno non è gtanché ma ha tutto un suo perché, ovviamente ahahah i ragazzi del Campo ci sono e non potevo non mettere un tributo agli eroi morti nello scontro finale. Per chi già mi conosce, sapete bene che sono una sentimentale ahahha 
Un'idea sulla casa di Ariel? 
Fatemi sapere che ne pensate, se vi va!:**
Alla prossima, 
Vi adoro, 
Love yaa<3
x

     
       

  
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