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Autore: Aurora_Nanana    02/10/2014    0 recensioni
«Sì ho amato! Ho amato tanto da temere che il dolore mi uccidesse quando l'ho perso, ma vuoi sapere la verità? Non ho amato abbastanza, perché non sono riuscita a salvarlo con i miei poteri! Ma non ti permetterò solo perché sei un arrogante, prepotente... -sembrava alla ricerca di aggettivi -testardo, orgoglioso uomo che sei di fare la stessa fine, è chiaro?! So difendermi da sola!»
«Devo ammettere -disse il vecchio -che ti avevo sottovalutata, pare che sotto quest'apparenza così lineare e soffice si nasconda una guerriera.» l'uomo di fianco a lui annì, stancamente.
«Compiamo sempre lo stesso errore, le sottovalutiamo, quando loro sono forse più forti noi.»
«Purtroppo certe anime trascendono tempo e spazio, continuano a cercarsi ma non riusciranno mai a essere in tempo l'una sull'altra...»
O forse sì?
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Intanto volevo ringraziare coloro che hanno recensito il primo capitolo, le vostre critiche sono ben apprezzate e spero di migliorare già da questo capitolo. L'idea leggermente femminista c'era, effettivamente, perché la nostra protagonista è una persona, mi piace pensare, che si è formata attraverso tutta una serie di vicessitudini che l'hanno resa molto indipendente, forse anche troppo presuontuosa da lasciare che chiunque l'aiuti, che è quello che cerca di fare la sorella gemella Ekaterina. Buona lettura, ci vediamo al fondo del capitolo!
 
Gli incubi
Irina si svegliò di soprassalto posandosi una mano sul cuore e cercando di tranquillizarne i battiti impazziti. Si guardò attorno, cercando di realizzare dove si trovasse, certo non era nel suo appartamento a Boston, dato che le tende tirare a coprire la finestra erano di tessuto pesante e scuro e tutta la stanza era permeata di antichità (tanto per non dire vecchiume), ora si ricordava era nella nuova casa di Chantestonville, riconosceva quasi i mobili dagli intarsi barocchi che arredavano la propria camera. Lanciò uno sguardo all'orologio: le 2.40 a.m. rabbrividì, ma invece di rintanarsi sotto le coperte e cercare di riaddormentarsi, scese dal letto e afferrato il lungo cardigan nero che usava come vestaglia, lo indossò, stringendoselo addosso.
Un bel latte era quello che le serviva in quel momento per traquillizzarsi così si accinse a prepararselo e tornò nella camera da letto, sedendosi poi sul divanetto-davanzale  quasi accucciata, con le gambe piegate che quasi a fisarmonica facevano un tutt'uno col petto, mentre si scaldava le mani con la tazza calda e assaporava lentamente il liquido fumante. 
Era sempre lo stesso incubo che la scegliava a ore diverse della notte, impedendole di riaddormentarsi, era sempre nello stesso posto... credeva di essersi ormai liberata da quei ricordi, erano passati anni, allora era solo un'adolescente ribelle e testarda, mentre ora era una donna a volte anche troppo cinica e indipendente. Allora i suoi capelli erano biondoscuro, visto che non aveva ancora imparato che esisteva la tinta, e i suoi occhi erano nascosti da pesanti occhiali da vista, ma lui l'aveva amata lo stesso, anche se era un'invisibile e anonima studentessa, con un gene particolare certo, ma questo lui non poteva saperlo. 

Era buio nella gattabuia, neanche un timido raggio di Luna o di Sole penetrava dalle inferriate dell'unica finestrella che si apriva sull'esterno: non sapeva che giorno fosse e che ora fosse. Era stata una stupida. Nel sogno non piangeva, ma aveva pianto molto e il ricordo di quelle lacrime amare ancora le lasciava l'anima a pezzi quando ricordava che era lei quella che aveva pianto. Poi la porta della cella si era aperta ed era entrato quel gigante. Nel sogno tutto si bloccava e come se la nebbia si diradasse Irina era a terra e piangeva sul corpo dell'uomo che aveva amato tanto da giurare che avrebbe usato pochissimo i suoi poteri da quel giorno in poi.

Si sentì osservata così scostò le tende e fuori dalla sua abitazione stavano quattro persone: tre uomini e una donna, molto anziani, decisamente indiani d'America, uno, quello che portava una penna sul capo ingrigito dal tempo le fece un cenno e lei si sentì quasi costretta a seguire l'ordine muto di raggiungerli fuori, posò la tazza sul comodino, indossò una paio di scarpe da ginnastica e prese le chiavi uscì. Faceva molto più freddo di quanto non pensasse. Raggiunte le quattro figure si voltarono e cominciarono a incamminarsi del bosco dandole il tacito ordine di seguirli e così lei fece. Il suo istinto di strega così le imponeva.

Eccoci qua! Si lo so è corto ma è solo un capitoletto introduttivo alla storia che andrà delineandosi... Chi sono questi quattro indiani d'America e cosa vogliono dalla nostra strega preferita? Lo scopriremo nel prossimo capitolo!! Alla prossima e come sempre fatemi sapere che cosa ne pensate! Baci!

 
  
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