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Autore: NikBok    02/10/2014    1 recensioni
1938. Harry Potter è un ragazzino di undici anni di origine ebrea.
E' senza genitori, e gli zii sono fuggiti dopo la Kristallnacht, la notte dei cristalli.
Non gli rimane che fidarsi dello strambo direttore di un orfanotrofio "Hogwarts".
A Munich (Baviera) la situazione però cambia: gli abitanti diventano sempre più nazionalisti a favore del regime di Tom Riddle.
Riddle, un uomo potente quanto carismatico, non usa solamente la carta della propaganda dove idealizza una Munich pulita dai mezzosangue ebrei; è senza scrupoli e non esita ad usare le squadre speciali, le SS.
Per Harry la città che conosceva diventa un incubo incarnatosi nella famiglia Malfoy: una casata di élite insediata nel territorio.
Costretto a crescere, il Prescelto scoprirà che l'orfanotrofio non è solo una piccola casa sicura, ma un esercito pronto a far cadere la diplomazia totalitaria.
Genere: Dark, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Tom Riddle/Voldermort
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Altro contesto
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CAPITOLO 10: L'Ordine si agita





 


Sembrava ormai passata un'eternità quando Harry si accorse che non era stato abbandonato come aveva creduto al fianco di Remus John Lupin.
La testa gli ciondolava appesa nel vuoto ma il corpo era adagiato su qualcosa di morbido.
Harry si accorse di non sapersi spiegare quell'assurda posizione fino a che non aprì gli occhi lentamente come se fosse rimasto addormentato per giorni.
Aveva il naso a dieci centimetri dal pavimento e sotto un letto a fianco al suo rotolava, sospinta dal vento, una palla di polvere.
Si sollevò sui gomiti chiedendosi come avesse fatto a dormire con la testa e parte del busto ciondolante dal bordo del letto.
Si misurò brevemente il corpo sollevando la maglietta consunta accorgendosi di avere solo qualche taglietto e la mano destra fasciata.
Una delle finestre era rimasta aperta sul fondo e Harry potè constatare che era pieno mattino dalla luce del sole che teneva in ombra tutta la parte est della via di fuori.
Dopo qualche minuto notò tutte le brande costruite palesemente all'improvviso in vista di un'emergenza come quella che era stata; ciascuna di esse ospitava il corpo di uomini e donne che Harry non aveva mai visto.
Alcuni sembravano talmente immobili da essere morti.
Da fuori giungevano soffocate voci sconosciute che si impartivano ordini secchi e bruschi l'un l'altro.
Le orecchie di Harry non funzionavano a dovere perché si accorse di non poter distinguere parole di senso compiuto: era come se fosse imprigionato in una gabbia di ovatta.
Prima di fare di quella sensazione mai provata, una nuova tragedia personale, che l'avrebbe irritato in modo smisurato, si accorse che affianco al suo letto era adagiato in modo composto, fin troppo rigido, il suo accompagnatore: Remus John Lupin.
Harry prese a rimirare il viso impassibile e il capo fasciato in fronte, la linea dura e grezza del profilo: il naso dritto leggermente storto dall'incidente, le palpebre chiuse, violacee e impenetrabili, il mento tumefatto e sbarbato alla fretta per l'operazione subita.
Le guancie anch'esse ripulite dalla peluria cosparse di graffi e tagli, alcuni perfino più profondi dei suoi.
Sembrava più sciupato del resto dei giorni che aveva preceduto il bombardamento, era come se i giorni precedenti lo avessero solo preparato all'incidente.
Era molto più pallido di quanto avesse mai visto essere pallido un Malfoy, ma per fortuna non vi era segno di occhiaie sotto le palpebre già segnate dal dolore.
Harry riflettè: evidentemente dovevano avergli somministrato degli antidolorifici e qualche goccio di alcolico mescolato alla medicina per aiutarlo a rilassarsi e sprofondare nel mondo dei sogni.
Si sentiva davvero in colpa per averlo esposto a tanto; sperò che Sirius non fosse stato troppo preoccupato per entrambi, dopotutto Lupin aveva deciso di proteggerlo con il proprio corpo, e non era colpa di nessuno dei due se non dell'affetto che provava Remus per lui.
E di certo, pensò Harry, non si può incolpare una persona se ti vuole talmente bene da sacrificarsi per te.
Non riuscì ugualmente a perdonarsi l'abitudine di fare le solite passeggiate, perché Harry non riusciva a non pensare al se, a quel se che racchiudeva immense probabilità e dubbi.
Perché Harry sapeva, che se Lupin non l'avesse accompagnato, sarebbe stato steso su una di quelle brande, anzi, non avrebbe avuto neanche un corpo che permettesse agli altri dell'Ordine di riconoscerlo.
E forse non sarebbe stata una tragedia per Neville, o per Fred e George, ma non poteva proprio fare a meno di pensare a cosa ne sarebbe stato di Ron, Hermione e Sirius.
Senza farlo apposta era sempre stato talmente impulsivo da mettere nei guai se stesso e chi lo circondava.
Era colpa sua se i Dursley avevano lasciato la loro casa a Munich, era colpa sua se Seamus e Dean erano morti, era colpa sua se Lupin era steso su quel letto.
Non è colpa mia se Riddle ha deciso di iniziare una seconda guerra e una nuova ferita per chi ha vissuto la prima.
Non è colpa mia se l'Ordine non è ancora riuscito a fermarlo.

Ogni nuovo pensiero gli trapanava le tempie dolorosamente.
Non può essere sempre colpa mia.
Ma non c'era Remus a contraddirlo dall'altra sponda del letto, né Sirius a confortarlo annunciando che finalmente l'Ordine si sarebbe agitato.
Dov'erano Hermione e Ron con sorrisi luminosi pronti a dirgli che non aveva alcuna colpa e che poteva prendersi tutto il tempo che serviva per guarire perché per una volta non era stato trascinato in una nuova realtà?
Per Harry era più facile credere che sarebbe sbucato da sotto il letto Draco Malfoy con la sua espressione arrogante pronto a dirgli che aveva fatto un favore a suo padre.
Si disse che avrebbe potuto scrivere una lettera alla McGranitt e nel fondo chiedere gentilmente di indagare sul futuro avvenente che aspettava il figlio di Lucius.
Almeno una risposta su che fine aveva fatto Malfoy avrebbe potuto fargli montare la rabbia e sentirsi meno perfido rispetto a quel ragazzo.
Ho messo nei guai qualcuno che mi stava a cuore? Non sarò mai perfido quanto Draco Malfoy, pensò amaramente.
Lanciò un'altra occhiata a Remus che stava steso e imperturbabile nel letto come se fosse stato pietrificato.
Per un momento, sotto quella cascata di cenere e fumo che era il bombardamento, Harry aveva creduto che Lupin sarebbe davvero morto e che nessuno li avrebbe soccorsi.
Tutta quella compostezza gli dava i brividi, ma non durò ancora molto perché dalla porta sul fondo emerse la rigida figura del suo padrino: Sirius Black.
Harry restò a guardarlo a bocca asciutta con la salivazione secca poi si fiondò verso di lui circondandolo con le braccia. 
<< Sirius! >> esclamò appoggiando la propria testa sulla sua spalla.
Mormorò ogni singola parola senza staccare il viso dalla giacca di velluto di Sirius.
<< Stai bene? Qualcuno è rimasto ferito? Remus è in pericolo? >> 
Sirius lo strinse a sé affettuosamente poi lo scostò con gentilezza dal proprio corpo per osservare Lupin immobile come sempre a letto.
Harry scrutò il suo padrino inclinando il mento.
Mai Sirius era stato così preoccupato, si trovò a constatare, e in un solo istante la sicurezza e la felicità nel vedere che era illeso, svanì a uno sguardo più attento delle sue pupille offuscate.
<< Mi dispiace Sirius, lo so è colpa mia...>> biascicò a fatica senza aggiungere altro.
<< Non avrei...mai, mai voluto che mi avesse accompagnato...>>
In quel momento il padrino riportò la sua attenzione su di lui e gli diede un'occhiata severa.
<< Non essere sciocco Harry! Se non ci fosse stato Remus con te a quest'ora saresti morto >> 
<< Quindi, è questo il prezzo? E' così che dobbiamo sentirci meglio? Ammettere che è meglio avere un uomo mezzo morto che un ragazzino ridotto in polvere? Non posso accettarlo Sirius, Remus valeva più di me. Vale più di me >>
Harry si sentì come se Sirius l'avesse incenerito con un solo sguardo.
<< Non ho mai detto una sciocchezza simile Harry.
Valete entrambi allo stesso modo così come nell'Ordine tutti valgono allo stesso modo per il piano >>
<< Non è vero, e lo sai anche tu Sirius >> ribadì Harry irritato.
<< L'Ordine si può permettere di perdere uno come Ron, ma non può permettersi di perdere un alleato come Silente. E' inutile che lo neghi, perché ho capito cosa volete fare di me >>
Dopo una pausa carica di tensione, Harry fissò negli occhi grigi il proprio padrino con una nuova consapevolezza.
<< Vi siete messi in testa che sono il Prescelto, o qualche sciocchezza simile!
Ma non credi che se fossi speciale, se fossi qualcuno che non ci si può permettere di perdere, lo saprei? Lo vedrei negli occhi di tutti, e nei vostri c'è solo vuoto >>
<< Harry stai fraintendendo tutto...>> rispose Sirius all'improvviso troppo scioccato per dire qualcos'altro.
<< Non c'è bisogno che mi ingannate, lo so. 
Pensavo che fossi onesto almeno tu, che non confondessi la mia vita con quella di James! >>
<< James? >> fece sorpreso.
<< Mio padre...>> ansimò Harry carico di rabbia e frustrazione.
<< Non è giusto Sirius, non è giusto >> affermò scandendo la negazione.
<< Quante persone dovranno pagare perché voi continuate a preoccuparvi di me? Non credere che non mi senta in colpa più di voi, perché un vostro errore di valutazione ricade su di me >>
Harry schiacciò le mani al viso con forza come per impedire di far uscire le lacrime.
<< E' colpa mia se i Dursley hanno lasciato la casa a Munich, è colpa mia se Seamus e Dean sono morti, è colpa mia se Lupin è bloccato in quel letto. Perciò prendetene atto all'Ordine, prendete atto che state proteggendo un ragazzino impulsivo di appena tredici anni che non ne fa una giusta! >>
Si lasciò andare tornando verso la sua branda.
Vi si gettò sopra come se fosse un sacco di patate e premette il viso contro il cuscino per soffocare la frustrazione e la rabbia.
<< Harry >> lo chiamò Sirius facendo un passo per avvicinarsi.
<< Non sei una persona cattiva, questo lo sai vero? Sei solo una persona buona a cui sono successe cose brutte. A volte le cose ci prendono alla sprovvista e noi non possiamo che lasciarci andare e lasciare che facciano il suo corso...non hai colpa di niente >>
Ma Harry non si mosse, così Sirius arrivò a qualche metro dal letto con l'intento di toccargli una spalla.
Ma ancora una volta Harry non lo fece avvicinare.
<< Harry, per favore >> ripetè paralizzato.
<< Vattene Sirius, lasciami solo. Non voglio vedere nessuno! >> 
Il tono amaro con cui aveva pronunciato quelle parole lasciava intendere una crisi di pianto.
<< Ma Harry...>>
<< Non mi interessa! >> replicò nuovamente con tutta la rabbia possibile.
<< Fino a che l'Ordine non cambierà idea su questo punto non parlerò con nessuno! >>
Sirius sembrò intenzionato a bloccarlo per spiegargli la situazione, ma Harry non intendeva continuare oltre la conversazione, testardo com'era.
Il padrino restò sulla porta qualche minuto ad osservare il ragazzo con il viso affondato nel cuscino con aria amareggiata per poi spostare amorevolmente lo sguardo su Remus.
Quando Harry prese a singhiozzare non c'era nessuno ad ascoltarlo.





Angolo dell'autrice: 
Mi scuso per la noiosità più noiosa della parte iniziale.
Ma sapete, quando comincio a descrivere Remus mi parte una serie di immagini che durano all'infinito, chissà poi perché.
All'inizio non era mia intenzione far fare una scenata simile a Harry, capitemi, io non farei mai una scenata simile, ma è incredibile come a volte si riesca a capire cosa sia meglio per un personaggio pur essendo completamente opposti.
Devo constatare che se c'è una colpa è colpa dell'Ordine della Fenice, perché sto leggendo proprio quello e Harry è talmente irascibile che mi verrebbe da rinchiuderlo nello sgabuzzino di Carrie e lasciarlo a soffrire o calpestarlo senza pietà per l'egocentrismo che dimostra pur non essendo egocentrico si parla di lui.
Se fosse un po' meno Grifondoro, passatemi il termine, non sarebbe così ribelle e incosciente.
Ma chi glielo dice poi che lo credono il Prescelto? Mah.
P.S. sto maturando qualche sorpresina per i prossimi capitoli, qualcosa sulla risposta della McGranitt e Silente in persona.
NikBok

  
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