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Autore: skippingstone    02/10/2014    1 recensioni
"Mi avevano detto che pensare troppo fa male, mi avevano detto che sarebbe passato tutto eppure la testa mi scoppia, gli occhi bruciano e respirare sembra la cosa più difficile da fare. Rifletto sulla mia probabile morte e sorrido, almeno potremmo stare vicino. Posso affermare di aver combattuto per tutti quelli che non sono riusciti a farlo: ho combattuto anche per te.
Se, invece, riuscirò ad uscire da questa Arena, non sarò più lo stesso: tutte le cicatrici si stanno aprendo nell'interno della mia bocca lasciando un retrogusto di sangue e troppe sono nel cuore. Anche se uscissi da questa Arena, non ne uscirei vincitore. Ho già perso tutto.
Tutto tranne una cosa: la voglia di vendetta.
Possa la luce essere, ora, a mio favore!"
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Presidente Snow, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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33. Rappresentare il distretto 2
 
«Livius, allora? Sei felice di rappresentare il distretto 2 negli Hunger Games?»
Victor pone questa domanda a Livius e lui guarda me.
«Io...»
Si spegne lo schermo gigante. Livius ha fatto cadere il microfono e ora si sta sparando. Sangue dappertutto, il corpo cade giù e il casino, che c’era finora, tace. Io corro verso il palco e mi piombo sul corpo del mio migliore amico. Inginocchiato, lo tengo stretto a me, lo chiamo perché si deve svegliare… e lui si rialza.
«Mi fa un po’ male la testa.»
Livius apre gli occhi e si tocca la ferita che ha alla tempia. Sta inserendo l’indice nel foro che cresce a dismisura. Adesso la mano entra nella testa, sta toccando il proprio cervello.
«Snow, ho il cervello fuori posto?» – scoppia a ridere.
Guardo il pubblico e tutti loro miagolano, non un normale miagolio. Miagolano come faceva Mohr, il gatto del Presidente. I Pacificatori, però, iniziano a sparare ogni spettatore. Dopo un po’, si avvicinano a me.
Io indietreggio, ancora inginocchiato, ma qualcuno mi blocca. I Pacificatori continuano ad avanzare verso la mia direzione. Io alzo lo sguardo e scopro che a bloccarmi è Victor. Mi aggrappo ai suoi pantaloni e lui mi abbraccia.
«Calmati, Snow. Vieni, ho del thè.»
Victor mi porge la sua mano per farmi alzare mentre arriva la mamma di Livius con un carrello. Sopra c’è un piatto che contiene la testa di Livius. Victor prende il capo, lo capovolge e, come se la testa di Livius fosse un recipiente, Victor inizia a vomitarci dentro.
«Il gusto del thè è: veleno, sangue e vomito. Il tuo preferito, giusto?»
Lui mi porge la tazza-testa sorridendo. Sorrido anch’io, ma questa mia reazione è irreale: non so che fare. Ma dove cazzo sto? Mi giro e provo a scappare dal palco. Dall’altra parte, però, mi stanno aspettando tre Pacificatori che si stanno levando il casco protettivo: tutti e tre hanno il volto di mio fratello. Loro mi passano una lametta e ridono: «Che ne dici di tagliarti le vene?»
Non faccio in tempo a fuggire da questi tre che loro mi colpiscono con le lamette. Mi lasciano a terra sanguinante finché non chiudo gli occhi.
 
«Livius, allora? Sei felice di rappresentare il distretto 2 negli Hunger Games?»
Victor pone questa domanda a Livius e lui guarda me.
«Io...»
Livius si spara, mi tocco i polsi ma non ci sono tracce di tagli. Mi precipito sul palco ma, dal cielo, iniziano a cadere dei crateri. Mi apro un varco tra il pubblico e scappo per non essere colpito dai corpi che cadono come pioggia. Uno mi cade proprio avanti i piedi.
Come un uovo che sta per schiudersi, il cratere si frantuma in mille pezzi ed esce Tacito che sorride e inizia a chiamarmi “papà”. Scappo, ma un altro se ne apre e questa volta è Loto che esce come un pulcino. Lei mi chiama “mamma”.
Scavalco il “cratere Loto” e corro. Mi stanno tutti inseguendo: ventitré crateri per ventitré tributi che mi chiamano “mamma”, “papà”.
«Andate via!»
Riesco a entrare nella casa rossa, quella in cui mi sono chiuso quando sono entrato nell’Arena, e chiudo a chiave la porta.
I ventitré tributi-uccelli battono con i becchi (che si ritrovano al posto del naso) contro la porta. Sento anche dei rumori all’interno della casa: che qualcuno di loro sia riuscito ad entrare? Sento i rumori dal bagno, quello in cui c’era lo specchio davanti al wc. Mi avvicino alla porta cautamente ed essa viene aperta da qualcuno che si trova dall’altro lato.
Sono Cosima e Caesar. Loro mi sembrano gli unici normali.
«Che succede Snow?» – mi chiede Cosima.
«Là fuori! Io... non ci capisco niente!» – sono agitato, lo ammetto. – «Un attimo ero alla Mietitura, ora nell’Arena e Livius… Victor ha vomitato nella sua testa e tutti erano Mohr.»
I due fratelli si guardano negli occhi e ridono.
«Snow, hai bisogno di riposare.» – Cosima prende la mia mano destra e Caesar prende la sinistra. Mi accompagnano nella stanza senza finestre e, chiudendo la porta alle loro spalle, iniziano ad accarezzarmi.
«Basta. Tutti mi dite che devo riposare ma so cosa ho visto! Non sono pazzo!»
«Ora lascia fare a noi.» – dicono all’unisono.
Nel buio completo, uno dei due mi abbassa i pantaloni della tuta, quella usata durante i Giochi. L’altro, invece, mi accarezza il viso e, dopo un po’, mi bacia. Capisco che è Cosima dal suo profumo e dalle labbra delicate e carnose. Io la lascio fare, sento di averlo desiderato da tanto un altro bacio del genere. Mentre mi bacia, l’altro mi inizia a levare la tuta e io non protesto.
Sono rimasto con addosso i boxer e la mano di Cosima sta giocando con il bordo.
Caesar, nel frattempo, inizia a baciarmi la schiena ed io riapro gli occhi. Sento la sua barba pungere la mia pelle e mi dà un fastidio incredibile. Mi crea disagio anche pensare che lui mi stia baciando.
Cosima ride divertita e mi dice che ne aveva proprio bisogno, non aspettava altro. Ora la mano di uno e la mano dell’altro mi accarezzano il petto e scendono delicatamente fino al boxer che mi abbassano. Sono nudo, senza difese, senza niente.
Sono nudo, sono me e, poi, mi pugnalano. Stanno ridendo mentre continuano a colpirmi.
 
«Livius, allora? Sei felice di rappresentare il distretto 2 negli Hunger Games?»
Victor pone questa domanda a Livius e lui guarda me.
«Io...»
Mi tocco: sono vestito e vivo. Lo schermo diventa nero, Livius sta prendendo il fucile dal Pacificatore. Questa volta non aspetto che si spari. Corro, vado velocissimo ma non riesco ad evitare niente perché si è già sparato. Salgo sul palco ma qualcuno, da dietro, mi afferra per i capelli.
È Andro. Cado a terra. Lui continua a tirarmi i capelli ma, dopo due secondi, scompare. Mi sollevo e, come una pazza, Ermen si fionda su di me. Vuole colpirmi con un sasso ma, poi, un ragazzo la butta giù dal palco.
«Dammi le tue scarpe!» - è Venice, il tributo del distretto 2 della 23° edizione, quello che mi rubò le scarpe. Lui mi tira i capelli e torna anche Andro a farlo. I due sono seduti sul mio corpo e si divertono a torturarmi. Sento i miei capelli staccarsi dal cranio. Dopo mille sforzi, i due si alzano dal mio corpo e iniziano a ballare felici mentre sventolano all’aria i miei capelli con cute annessa. Approfitto di questo attimo per fuggire da questi due, ma mi blocca mio padre. Lo abbraccio perché mi sto sentendo male. Non capisco cosa succede. Che sia l’Arena che mi fa queste cose? Che siano i Giochi? Che sia la realtà? Ma, se fosse la realtà, non dovrei sentire un dolore atroce perché mi sono stati strappati dei capelli?
Mi sciolgo dall’abbraccio e mio padre porta le sue mani alla mia gola. Le stringe.
«Perché cazzo sei finito nell’Arena? Non potevi farti i cazzi tuoi? Solo perché sei il tributo degli Hunger Games, tuo fratello mi ha lasciato. E poi… che figura ci faccio con te là dentro? Non dovevi essere l’onore del tuo distretto?»
Mio padre mi alza da terra con una forza non sua e continua a strangolarmi finché non muoio.
 
«Livius, allora? Sei felice di rappresentare il distretto 2 negli Hunger Games?»
Victor pone questa domanda a Livius e lui guarda me.
Prendo un respiro, finalmente respiro. Le mani di mio padre non stringono più il mio collo. Sono, però, di nuovo in questo scenario. Provo una nuova cosa.
«Mi offro come volontario!» - urlo dalla folla. Eviterò il suicidio di Livius così. Lui mi guarda chiedendosi se sto bene o meno.
«No, sono io il tributo.» - Livius rifiuta la mia offerta e lo guardo basito. Cosa cavolo sta facendo? - «Snow, sono stato scelto io, non tu! Hai sempre voluto rubarmi tutto! Vuoi avere i miei genitori, vuoi sapere tutto quello che so io, vuoi un veleno che abbia il tuo nome, vuoi essere me ma non lo sei.»
Livius scende le scale e mi viene incontro.
«Tu non sei nessuno, Snow.»
«Chi cazzo è Snow?» – una voce fuoricampo si propaga in piazza.
«Fattene una ragione.» – Livius mi punta il dito contro. - «Non ti vuole bene nessuno, non ti crede nessuno, non ti aiuterà nessuno. Tu sei nessuno.»
Livius caccia da dietro la schiena un fucile e mi spara.
«Ho sempre desiderato farlo! Com’era? “A volte bisogna solo star zitti... e far zittire.” Cazzo, inizia a star zitto un po’ tu!»
 
«Livius, allora? Sei felice di rappresentare il distretto 2 negli Hunger Games?»
Victor pone questa domanda a Livius e lui guarda me.
«Io...»
Questo continuo deja vù è insostenibile. Il replay di questi strani eventi mi sta sfinendo, facendo uscire pazzo. In realtà sono più scosso perché, prima, è stato proprio Livius ad uccidermi. Mi ha anche detto che io non valgo nulla, che sono zero.
Voglio mettere fine a questa storia ma non conosco alternative: le ho provate tutte e tutte finiscono con me morto. Allora mi siedo a terra, lascio che tutto vada avanti senza il mio intervento.
Anche questo, però, non sembra funzionare perché mi stanno calpestando tutti i ragazzi del distretto 2 che scappano da qua.
Ma ecco che una ragazza senza volto mi porge la sua mano per farmi alzare da terra.
Mi dice: «Non starli a sentire, sono stupidi.»
Prendo la sua mano ma, poi, mi spara.
 
«Livius, allora? Sei felice di rappresentare il distretto 2 negli Hunger Games?»
Victor pone questa domanda a Livius e lui guarda me.
«Io...»
La ragazza senza volto è scomparsa e sono, ancora, qui. Cosa cavolo devo fare per uscire da questo incubo continuo? La folla, questa volta, si inginocchia. Sul palco Livius non c’è più, c’è Potas. Egli inizia a dire parole incomprensibili e, volgendo lo sguardo al cielo, chiede di avere misericordia per noi cittadini di Panem. Io non sono in ginocchio, guardo la scena. Dove è finito Livius?
«La nostra storia non finisce con la morte. La morte è solo una nuova nascita.»
Potas inizia a cantare e tutti gli altri lo seguono. Il canto di Potas, però, viene interrotto da Steno e Medusa. Lo ammazzano con due tridenti. I due esibiscono le loro armi a noi pubblico e il cielo si riempie di fulmini che colpiscono i vari schermi, le telecamere, i microfoni.
Tutti hanno paura e Potas, alzandosi da terra, informa tutti che chi è lassù è arrabbiato: non ne può più di queste morti ingiuste e crudeli.
Come ha fatto ad alzarsi, se lo hanno ucciso?
Vengo colpito da un fulmine.
 
«Livius, allora? Sei felice di rappresentare il distretto 2 negli Hunger Games?»
Victor pone questa domanda a Livius e lui guarda me.
«Io...»
Livius si spara e io, questa volta, non mi avvicino al palco. Mi allontano dalla folla. Scavalco la recinsione di filo spinato che serviva a contenere noi ragazzi per la Mietitura e mi ritrovo nella Foresta di Conifere dell’Arena, il distretto 13. C’è Falloppio seduto su un ramo d’albero. Quando mi vede, scende giù tutto contento. In mano ha una pistola. La sta smontando, proprio come fece quando ci incontrammo la prima volta.
«Snow, hai imparato come si spara? Devi tenere con due mani questa che è la guancetta…» – stringe quella che io ho sempre pensato si chiamasse manico della pistola -  «…e poi premi il grilletto.»
Su un altro albero c’è Chimio. Lo vedo, lo saluto ma lui non scende. Ha vergogna di me.
«Perché non scende?» - chiedo a Falloppio.
«Preferisce stare con me che con te.» - lui non mi dice questa cosa con cattiveria, anzi ne è dispiaciuto. – «Crede che solo io possa salvarlo. Infatti, dopo la mia morte, nessuno più lo ha difeso.»
Le parole del mio compagno mi feriscono perché, effettivamente, è la verità. Non sono riuscito a salvare Chimio mentre Falloppio, anche quando era in pericolo, è riuscito ad uccidere un tributo, ferire la mano di Level e salvare Chimio. Lui è un vero eroe, non io.
Forse neanche io scenderei da quell’albero.
«Snow, non fartene una colpa. Non sei riuscito a difenderlo perché non sai usare una pistola. Ti faccio vedere come si usa.»
Falloppio chiude un occhio, mantiene la pistola con tutte e due le mani e, mirando verso di me, spara.
 
«Livius, allora? Sei felice di rappresentare il distretto 2 negli Hunger Games?»
Victor pone questa domanda a Livius e lui guarda me.
«Io...»
«Livius, non spararti, cazzo!»
Gli urlo da quaggiù. Sto provando mille metodi per uscire vivo da questa storia ma non so cosa fare più: qualsiasi cosa faccia, mi trovo morto e, di nuovo, qua. Scompare il palco questa volta. Non c’è nulla accanto a me. Sento solo la voce di una ragazza.
Seguo questa voce ma trovo solo tante ghiandaie imitatrici. Alcune mi ronzano attorno e si posano sul mio viso, una mi entra in bocca e la sputo fuori. Voglio liberarmi di tutti questi animaletti. Mi rannicchio a terra, chiudo gli occhi e ascolto la voce che le ghiandaie imitano. Dopo un po’ il silenzio. Riapro gli occhi. Adesso siamo nell’Arena, prima che diventasse il nulla. Mohr e il cane con la varicella stanno a cuccia, distesi al sole.
«Hai visto? Così non devo partecipare ai Giochi.»
Mi volto. Søren gira su sé stessa.
«L’ho amputata… la gamba.» - mi sorride e, dandomi le spalle, inizia a parlare con delle ombre nere alte quanto gli alberi accanto a noi.
«Dai, Snow, vieni anche tu a giocare con i demoni.»
«Io… Søren!»
«Sai che non è colpa tua, vero?»
«Cosa?»
«La mia morte. Non è colpa tua, non sei un mostro. Io e te: una squadra.»
«Ti avevo promesso di difenderti…»
«Ma tu mi hai difeso. Snow, mantieni l’unica vera promessa che ci siamo fatti: non dimenticarti mai di me.»
«Non potrei...»
«Neanche io.» – lei mi sorride. I demoni, le ombre nere sono scomparse. Saltellando su una sola gamba, Søren mi raggiunge, mi prende le mani e, guardandomi negli occhi, ci scambiamo un bacio.
«Ho sempre voluto farlo.» – mi rivela lei. 
  
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