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Autore: Elwing Lamath    03/10/2014    4 recensioni
Pillole di vita, pillole di quotidianità ordinaria, ma non troppo. Perché con due come loro nulla può essere scontato o prevedibile, ma è sorprendente quanto il quotidiano assuma il sapore della felicità. Perché ora Arthur e Merlin sono finalmente a casa.
"Tu ed io abbiamo ricordi più lunghi della strada che si perde davanti a noi."
"Andiamo a casa"
[Questa raccolta partecipa alla Challenge “Slice of Life” indetta da areon sul Forum di EFP]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Challenge

 

Questa raccolta partecipa alla Challenge “Slice of Life” indetta da areon sul Forum di EFP


NOTE SUL DIVANO: Chiedo venia… Avevo promesso che avrei cercato di aggiornare ogni settimana, e già sul terzo capitolo mi sono smentita, facendovi aspettare due settimane.

Purtroppo ho avuto problemi con la vecchia carretta del mio computer, ma ora è arrivato un nuovo piccolino dal quale sto scrivendo ora, che promette assai bene XD…

Bando alle ciance, per una volta non voglio essere prolissa. Questo sarà un capitolo un po’ più angst rispetto agli altri e ai futuri, ma secondo me è una nota un po’ più buia che ci voleva.

Sarei felice di sentire la vostra opinione, quindi non siate timidi ;)…

Al prossimo capitolo,

Elwing…

Prompt divano


3

Il buio, il vuoto e il velluto

 

Il respiro profondo e regolare, le labbra socchiuse, i capelli color del grano arruffati sul cuscino. Arthur era crollato sul divano dopo un pomeriggio di intenso allenamento con la spada, e Merlin non aveva avuto il cuore di svegliarlo. La spalla appoggiata allo stipite della porta, le braccia conserte e le gambe incrociate, il mago non avrebbe saputo dire da quanto tempo contemplava il corpo del suo re, immerso nella penombra lunare e nel silenzio ritmato solo da respiro di Arthur. Era surreale poterlo vedere riposare su quel divano, così reale e tangibile, tanto da far rabbrividire Merlin e farlo stringere ancor di più nelle spalle.

Aveva acquistato quel divano poco dopo la casa di Glastonbury, nel 1864. Non appena lo aveva visto in un negozio di Londra, aveva subito capito quale sarebbe stato il suo destino. Il prezioso velluto porpora, le impunture curate, gli intarsi e le lavorazioni del mogano dei piedi e della sommità dello schienale lo rendevano anche troppo lussuoso per la sua modesta dimora, ma non gli era mai importato. Lo aveva portato a Glastonbury, e posizionato al centro del soggiorno, dove trionfava con il suo sgargiante colore ad arricchire l’ambiente. Merlin tuttavia lo usava raramente, prediligendo la vecchia poltrona di pelle, mezza sfondata e logora, forse perché anche il divano porpora, proprio come il mago, aspettava il ritorno di colui al quale era destinato.

Ogni volta che Merlin se ne andava da Glastonbury per diventare pellegrino del mondo, velava ogni cosa nella casa con un incantesimo, in modo che la costruzione apparisse vuota ed abbandonata a chiunque vi fosse entrato, fatta eccezione per un elegante divano rosso, protetto da un incantesimo anti invecchiamento. Gli piaceva pensare che se Arthur fosse tornato da Avalon durante una delle sue assenze, uscendo dalle acque del lago, avrebbe trovato ad aspettarlo un piccolo cottage in pietra vicino alla riva, e all’interno un divano su cui avrebbe potuto riposare. Un minuscolo appiglio per fargli sapere che non sarebbe stato da solo, che c’era sempre stato qualcuno ad aspettarlo.

Merlin era perfettamente conscio che i suoi sensi magici sarebbero stati in grado di avvertirlo, anche a migliaia di chilometri di distanza, se un evento di tale portata si fosse verificato ad Avalon. Eppure, ogni volta, il cuore gli pulsava in gola mentre girava la maniglia di casa, per poi sprofondare all’altezza delle caviglie quando vedeva il divano porpora irrimediabilmente vuoto in una stanza polverosa. Allora si concedeva di gettarvisi sopra, scosso dai singhiozzi di un pianto vecchio secoli. Il divano, misericordioso, assorbiva tutte le sue lacrime, e lo avvolgeva nell’abbraccio caldo del velluto, fino a che non si addormentava piangendo.

Quel divano aveva condiviso la sua attesa, e conosceva bene la sua pena. Per tutto quel tempo anch’esso, come il suo cuore, era stato incompleto senza Arthur a colmarlo ed imprimergli la sua forma. Realizzare quella verità, lo tramortì. Ritornò con la mente a tutte quelle volte in cui aveva immaginato una scena del genere, cercando di assaporarne la dolcezza, per poi veder cadere l’illusione e cedere allo sconforto e al dolore di una stanza vuota.

Quando quel pensiero gli attraversò la mente, Merlin credette di essere ancora preda dell’ennesima allucinazione, di un’illusione più crudele delle altre, e rivide davanti agli occhi un divano vuoto nella notte. Si sentì mancare. La vista gli si annebbiò, il petto trafitto come da mille spilli. Le gambe gli cedettero, e in un attimo si ritrovò accovacciato sul pavimento, incapace di respirare. Spasmi incontrollabili iniziarono a scuoterlo, ed un senso di vertigine lo avvolse nella nebbia indistinta che era diventata la stanza.

Arthur si svegliò immediatamente al tonfo delle ginocchia del mago che cozzarono contro il pavimento. Riconobbe con orrore la figura di Merlin a terra, e per un attimo anche a lui mancò il respiro. Si gettò immediatamente in suo soccorso.

Merlin riuscì a percepire solamente un paio di braccia forti che lo afferravano, qualcuno che gli passava le mani sul volto e tra i capelli, che chiamava il suo nome con una voce tremendamente famigliare, che non fece altro che aumentare i suoi spasmi.

Arthur temette di cedere al panico nel vedere Merlin in quello stato: il mago era lì, ma non riusciva a vedere il suo volto, ne ad ascoltare la sua voce. Allora lo sollevò, prendendolo tra le braccia, parlandogli dolcemente, cercando di calmarlo, per poi adagiarlo sul divano.

Merlin improvvisamente si sentì senza peso. Avvolto in quella nebbia cieca e staccato da terra, solo due braccia sicure a sostenerlo, ed istintivamente si aggrappò ad esse. Sentì l’abbraccio morbido del velluto ed una voce ripetere il suo nome come in una preghiera. Avvertì quelle mani staccarsi da lui, cercò di trattenerle in qualche modo, annaspando, la nausea e la vertigine che crescevano esponenzialmente.

Arthur, inginocchiato accanto al divano, guardò impotente il corpo di Merlin scosso dai brividi, e quando lo vide protendere le braccia alla cieca, come in cerca di un appiglio, gli prese una mano tra le sue e se la strinse al petto. Uno spasmo più intenso, ed il mago, colto da un conato di vomito, si sporse oltre il divano, senza che nulla riuscisse ad uscire dalla sua bocca oltre a un gemito strozzato. Il re gli strinse la mano, e con l’altra gli sostenne la fronte pallida e imperlata di sudore freddo. Un altro conato nervoso e poi un terzo.

“Shhh… Calmati Merlin. Sono qui, accanto a te.” Gli sussurrò.

Un mugolio indistinto, poi gli occhi sgranati del mago sembrarono riconoscere per la prima volta il viso che aveva accanto. Arthur lo aiutò a distendersi nuovamente, gli passò una mano tra i capelli corvini e si sedette a terra accanto a lui.

“Tu… Sei solo un sogno.” Sospirò.

“No Merlin, sono qui. Non ti lascio.”

“Tu non puoi essere lui… Lui è caduto. L’ho perso… E’ un sogno…” Merlin chiuse gli occhi, stremato dalla violenta crisi di panico.

“Dormi, riposa… Dormi, amore mio.”

Il mago si abbandonò al sonno, cullato da quella voce, spossato.

Quando si svegliò, le prime luci del sole facevano capolino sulla superficie argentata del lago. Merlin realizzò di essere disteso sul divano porpora, la mano destra stretta ed intrecciata ad un’altra. Il suo cuore fece una capriola nel petto nel vedere una chioma bionda accanto al suo capo e nell’incrociare un paio di occhi azzurri cerchiati di scuro, traccia della notte insonne.

Arthur sussultò, mettendosi in ginocchio e studiando il volto ancora pallido e provato del mago: “Hey…”

Merlin sembrò balbettare per un attimo: “Sei.. sei reale?... Dimmi che non mi sono sognato tutto.”

Arthur gli sorrise ancora, e subito dopo si chinò a baciare la bocca pallida del mago, catturando le sue labbra piene tra le sue, dolcemente. Merlin sospirò, e tutta la tensione abbandonò definitivamente il suo corpo.

“Questo ti sembra abbastanza reale?” domandò Arthur con un altro sorriso.

  
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