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Autore: biancoceano    04/10/2014    1 recensioni
Il ragazzo sì voltò.
"Duemiladieci, hai detto?" Urlò il Dottore.
Kurt annuì. "Precisamente."
"Oh, allora scommetto che il prossimo sarà davvero un anno favoloso per te. Buonanotte!" Aggiunse, e lo salutò con la mano.
"Lo spero. Grazie." Disse, con una faccia interrogativa.
Per tutto il tragitto, Kurt continuò a domandarsi l'identità di quello strano ragazzo. Diceva di essere un dottore, ma era fin troppo giovane; parlava di "Terra" come se lui fosse un alieno.
Forse aveva la febbre e forse aveva davvero le allucinazioni.
Giunse finalmente alla porta di casa sua. Prima di infilare la chiave nella toppa, si girò verso la direzione dove doveva esserci la cabina. Non c'era più. Vuoto.
"Non sono pazzo, non immaginato tutto, andiamo!" Disse, alzando gli occhi al cielo.
Ritornò a volgere lo sguardo verso quell'angolo. "Il prossimo anno sarà un anno fantastico, eh?" Rise, e infilò finalmente la chiave nella toppa. "Nah, non ci credo."
Genere: Angst, Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Will you ever come back?
-Crystalline eyes.




Kurt stava camminando a passo svento, scortato da i due individui vestiti di rosso. Secondo i suoi calcoli, stavano camminando da almeno mezz'ora; iniziava a sentire un dolore persistente alla gamba destra. 
La sua mente stava vorticando.
Ricordava di essere con il Dottore in una stanza accogliente e arredata diversamente dal resto dell'edificio, ricordava la terra muoversi e il grosso burrone aprirsi ai suoi piedi,ricordava la mano di Blaine tenere stretta la sua e la sua voce urlare il suo nome mentre il buio lo inghiottiva. 
Credeva di essere morto. 
Ma era lì, vivo e vegeto.
Solo in un ambiente estraneo e, soprattutto, alieno.
Fortunatamente, Kurt aveva imparato sin da piccolo a difendersi e a restare forte nella situazioni più difficili. Aveva perso la madre ad otto anni.
Ricordava ancora i suoi capelli fluenti e i suoi occhi azzurri come il mare, di una tonalità più scura della sua. Amava cantare ed era anche piuttosto brava; la mattina era sempre dolce svegliarsi con il suono angelico della sua voce. 
Ma la morte arriva sempre nei momenti più inaspettati, come un'onda che spazza via tutta la felicità presente. 
Quell'onda aveva prosciugato Kurt, e ad otto anni non si può essere già prosciugati. Il padre lo aveva portato fuori da quella situazione con dolcezza inaspettata, e lui gliene era stato grato infinitamente.
Ma un'onda raramente si arresta del tutto, e la seconda volta tornò più forte ed impetuosa di prima. 
Vivere in una cittadina aveva i suoi difetti, come la chiusura mentale. Attorno ai sedici anni, Kurt si era preso una cotta per un suo compagno di classse che, ovviamente, non ricambiava. In un modo oscuro, la notizia si sparse e Kurt iniziò a subire atti di bullismo. Decise di non dire nulla al padre, che aveva già mille problemi  scuramente più importanti. Riuscì ad andare avanti per un anno, fino a quando iniziò a subire anche violenza fisica. 
Certi segni non si possono nascondere all'infinito.
Ma aveva trovato la forza e si era rialzato. Se le leggi del tempo non glielo avessero impedito, sarebbe tornato volentieri al Kurt sedicenne per dirgli che alla fine sarebbe andato tutto bene.
E anche che fra qualche anno sarebbe stato prigioniero su una nave aliena in compagnia di due alieni dalle sembianze umane.
Si sarebbe mandato a quel paese da solo.

"Fermati." La voce profonda dell'uomo accanto a lui bloccò il flusso dei suoi pensieri. "Siamo arrivati."

La donna accanto a lui inserì un codice in una strana pulsantiera alla sua destra. Ciò che saltò agli occhi di carta, furono i caratteri sulla tastiera. Non erano numeri, sembravano ideogrammi. 

Una mano lo spinse violentemente all'interno. "Entra." E la porta si richiuse con un tonfo alle sue spalle.

Kurt si ritrovò in una stanza esattamente a quella in cui si era aperto il burrone, l'unica differenza era l'uomo dietro la scrivania. 
Aveva le dita affusolate giunte di fronte a sé. La pelle era bianchissima, decisamente più pallida della sua. Anche a quella distanza, riusciva a distinguere il colore dei suoi occhi: erano cristallini. Decisamente rari, ma belli da mozzare il fiato.

"Vieni avanti. Non ho intenzione di farti del male." La sua voce era profonda ma non spaventosa come l'uomo che l'aveva scortato. Aveva bellezza e gentilezza dentro di sé.
Kurt fece qualche passo avanti e si avvicinò alla scrivania dell'uomo. 

"Oh, così posso ammirarti meglio." Si alzò con grazia innata ed iniziò a scrutare il ragazzo da vicino. "Avevano ragione."

"Su cosa?" Trovò la forza di rispondere.  L'uomo rise alle sue parole. Era così delicata e... bella.

"Te. Ma non siamo qui per parlare delle tue qualità." Si avvicinò al suo orecchio e sussurrò. "Non è vero?" Rise delicatamente.
Kurt rabbrividì. 

"N-non so perché siamo qui."  Cercò di ricomporsi. Cosa stava cercando di fare? Continuò con voce più determinata. "Voglio sapere che fine ha fatto il mio amico."

"Amico hai detto, eh?" Iniziò a girare per la stanza con il suo passo felino. Kurt notò che indossava dei pantaloni neri decisamente troppo stretti, una camicia bordeaux di due taglie in meno e la giacca... no, quella andava bene. "Intendi il tipo con i mocassini, papillon e bretelle?" Rise.

"Lui. Ma non ci trovo nulla da ridere." Si fece più serio di prima. "Dimmi dov'è e facciamola finita con questo teatrino."

"Oh-oh. Sei testardo." Fece il giro della scrivania e tornò a sedersi. "Non lo so." Sospirò con fare teatrale.

"Come non lo sai?" 

"Non lo so, semplice. Non so dove sia. Eri tu il mio obiettivo, non lui." Disse semplicemente. "Forse è andato via, come fa sempre."

"Non lo conosci, non puoi dirlo." 

"Non lo conosco." Rise stancamente. "Bella questa. Ragazzo, lo conosco da più tempo di te. Sono un Signore del Tempo anche io." 

Queste parole, dette con così tanta leggerenza, generarono in Kurt una serie di sensazioni.
"Allora non è l'ultimo. Non è solo! Deve saperlo. Devo trovarlo!" 

Quasi come se fosse riuscito a leggergli nel pensiero, continuò: "So a cosa stai pensando... Kurt, giusto? Ecco, il Dottore ti avrà sicuramente detto di essere l'ultimo della sua specie. No, non lo è
 e lo sa,in un certo senso."Alzò gli occhi verso Kurt e fece una risata gelida. "No, non ti ha detto una bugia. Devi sapere che io per lui non esisto più, perché ho commesso un grande torto. Quando quei due ti hanno prelavato dalla Sala Grande per portarti da me, come mi hanno chiamato?"

"Karas, il capo dell'Universo." Rispose Kurt, gli occhi fuori dalle orbite. 

"Esatto, sono il capo dell'Universo, e questo il Dottore non l'ha mai digerito. Ha sempre considerato la razza dei Signori del Tempo estramamente arrogante e, ehi!, ha ragione. Abbiamo un grandissimo potere nelle nostre mani e molti di noi non hanno paura di utilizzarlo. Possiamo cambiare le leggi della fisica in un batter d'occhio, cambiare punti fissi della storia umana come se niente fosse, ma il Dottoruccio si atteggia a difensore del vostro insulso pianeta. Povero illuso." Si fermò solo per osservare il cielo luminoso fuori dalla sua finestra. Era blu notte e pieno di stelle luccicanti. Era saltato solo ora agli occhi del ragazzo, che rimase a fissarlo per un minuto buono totalmente estasiato. 
Era uno spettacolo mozzafiato, davvero.

"Bello, vero? Le stelle di questo pianeta sono sempre state così belle e luminose." Si girò di nuovo verso di lui. 

"Dove siamo?"

"A tempo debito, ragazzo. E' troppo presto." Allungò le dita pigramente verso uno strano display sulla sua scrivania. "Oh, ma guarda. Notizie felici per te. Ho un messaggio dal tuo amichetto." 

La voce di Blaine echeggiò per tutta la stanza. A Kurt venne da piangere. 

"E' vivo. Sta bene." Pensò. 

"Ti stavo parlando della vera natura del Dottore. Allora, come si fa chiamare da te? Dottore? Professore? John Smith? Oh... non dirmi Blaine Anderson! Quello lo usa solo con le persone speciali! Usa quello con te, non è vero? Sei speciale, allora." Si avvicinò di nuovo pericolosamente al suo viso e lo scrutò da vicino. Kurt riuscì ad osservare le iridi quasi trasparenti del suo interlocutore ed erano... strane. 

"Non sono speciale. Sono un semplice ragazzo terrestre. Il Dot-Blaine, mi ha portato su Caledonia: ho visto le cose che ci sono lì; quelle sono speciali. Io non sono nulla."

"Ingenuo ragazzo. Ovvio che non sei nulla, ma per lui sei speciale? Sai perché? Perché sei normale. Hai ragione, il Dottore ha visitato posti mozzafiato dove l'acqua si trasforma in diamante al solo tocco, ha visto stelle morire e pianeti sparire nel nulla. Ma non ha mai assaporato la normalità. Ti ha parlato dei suoi vecchi compagni?"

"Solo di Rachel." La voce atona, lo sguardo fisso davanti a sé.

"Sì, immaginavo." Fece un ghigno che poco aveva a che fare con i sorrisi melliflui di poco fa. "Bhè, devi sapere che al tuo Blaine piace portare compagni umani a spasso con sé. Solo, così, per assaporare la loro normalità e portargliela via. Già, perché dopo aver viaggiato con il Dottore come si può anche solo pensare di voler tornare alla normalità? No, lui si nutre di questo. E' egoista, devo ammetterlo. Ma, andiamo, chi non lo è almeno un pochino?" Il tono suadente era tornato.

"Non mi importano queste chiacchiere. Dimmi cosa vuoi da me e facciamola finita." Disse Kurt, la voce più dura della pietra.

"Oh, se proprio insisti... Il Dottore ha fatto commenti sui tuoi occhi?"

"Sì, perchè? Al ragazzo quella domanda sembrava estreamamente insensata in quel contesto, ma decise di assecondarlo. 

"Hai notato i miei occhi e quelli del tuo amico caro? Sono diversi da quelli terrestri. I miei sono cristallini, come ghiaccio, i suoi sono verdi con pagliuzze dorate, a volte caramello. Dimmi, ragazzo: hai mai visto degli occhi così?" Domandò candidamente. Ovviamente, conosceva già la risposta.

"No, non credo. Ma non fisso gli occhi della gente e non vedo come questo possa entrare in questo contesto."

"Perché i tuoi occhi, Kurt, sono azzurri. Sono troppo azzurri, a dire il vero. Ho viaggiato anche io sulla Terra per qualche anno, quando io ed il Dottore eravamo ancora amici. Non ho mai visto occhi come i tuoi. Sono azzurri con pagliuzze dorate, come se quel tocco di giallo volesse spazzare via la glacialità del colore predominante. La dice lunga su di te, sai?"

"Non ho capito dove vuoi andare a parare." Kurt iniziò ad infastidirsi molto. Cosa c'entravano i suoi occhi, ora? 

"Eppure ti facevo più sveglio. Di solito il Dottore se li sceglie bene i suoi compagni." Sorrise. "Dimmi, hai ancora tutti e due i genitori?"

"No, solo papà. Mamma è morta molti anni fa in un incidente stradale in Kansas." Rispose Kurt.

"Oh, adesso è davvero tutto più chiaro. Cristallino direi." Per la prima volta, Karas assunse un'espressione seria. Nonostante ciò, Kurt continuava a non capire. L'uomo sembrò accorgersene, perché disse: "Ma tu ancora non hai capito. O forse non vuoi caprire?" Si alzò di nuovo dalla sua scrivania. Kurt si irrigidì appena se lo vide a due passi dal suo naso.
"Oh, Kurt, Kurt, Kurt." prese per le spalle.

Kurt rabbrividì ancora una volta. "Dimmi cosa dovrei comprendere."

Karas rise, questa volta in modo glaciale. 
"Ma come, non ci sei ancora arrivato?" Si avvicinò ancora di più, quasi a sussurargli sulle labbra. "Sei come me. Come il Dottore. Sei un Signore del Tempo, Kurt."

 


 
Angolo autrice: Salve, gente!
Ve l'ho detto in uno dei capitoli prececenti: il prestavolto di Karas è Benedict Cumberbatch. Well, ho scritto certe scene apposta. *occhiolino malizioso*
Vi lascio con la solita canzone. 
I See You di Mika.
Alla prossima. *abbraccio*

Il solito grazie alla mia solita Ivola. <3

 
  
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