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Autore: LilyLunaWhite    05/10/2014    1 recensioni
Due ragazzi apparentemente diversi, ma con un lato in comune: entrambi, indossano una maschera.
Due famiglie diverse.
L'odio di entrambi verso l'amore.
Però, cosa accadrebbe se i loro cuori cominciassero a battere?
Riusciranno, i due protagonisti, a imparare ad amare?
-Dalla storia.-
"Come ogni volta, quando incontravo il suo sguardo, notavo che erano privi di luce, spenti e questo mi metteva addosso un’inspiegabile tristezza.
Agii d’impulso, mi chinai e posai le mie labbra sulle sue. Constatai che erano fredde ma, allo stesso tempo, dolci.
Fu a quel contatto che riuscii a rispondere alla maggior parte delle mie domande.
"
Storia in fase di modifiche e sistemazioni.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Titolo Storia: I'm in love now.
Titolo Capitolo: 11. Vigilia di Natale.
Autrice: Lily Luna White
Beta: Lucia.



Capitolo undici: Vigilia di Natale.

P.O.V. Jenny
 
Quello era il giorno della Vigilia di Natale e io stavo trascorrendo il pomeriggio assieme a Raffaele. Solo un’ora prima avevamo lasciato la casa di Walter per dirigerci a piedi verso il parco.
Non so chi lo avesse deciso o se realmente avessimo preso quella decisione, ma ci eravamo fermati nella zona ove vi erano state costruite delle giostre per i bambini. Quel luogo dove Raffaele mi aveva baciato la prima volta. Quel pomeriggio non vi era nessuno, eravamo soli tranne che per qualche passante che attraversava quella zone del parco senza fermarsi, diretto sicuramente o a fare le ultime compere oppure per tornare a casa e preparare le decorazioni.
Ogni anno io e i miei genitori celebravamo la Vigilia a casa, mentre il Natale lo festeggiavamo al ristorante con i clienti. Una piccola festa che oltre a divertire tutti quanti, incrementavano i guadagni del ristorante.
Inoltre, da tre anni, passavo il ventiquattro dicembre chiusa in casa, nell’attesa del festeggiamento non stava accadendo. Avevo trascorso la mattinata e il primo pomeriggio in compagnia di Walter e Raffaele studiando ognuno il proprio carico di libri, rompendo raramente il silenzio per condividere qualche aneddoto divertente o semplicemente per parlare un po’. Avevamo pranzato tutti e tre assieme nella cucina di Walter e ora, invece, ero fuori per una passeggiata solo con Raffaele.
Constatai che era una giornata completamente diversa da tutte le Vigilie di Natale che io avevo trascorso. Anzi, a dire il vero, era una giornata differente rispetto a tutte le altre della mia vita.
«Perché stai sorridendo? Rendimi partecipe dei tuoi pensieri.», disse una voce maschile interrompendo i miei pensieri.
Alzai lo sguardo verso la voce, accorgendomi solo in quell’istante che stavo sorridendo leggermente. Smisi di dondolarmi sull’altalena, luogo dove ci eravamo fermati, e incrociai gli occhi chiari di Raffaele. Erano grigi e, nonostante esso rientrava tra i colori freddi, il suo sguardo era caldo e sereno.
Sorrisi apertamente e ripresi a dondolarmi più velocemente.
«Pensavo a come trascorrevo la Vigilia di Natale gli altri anni, rendendomi conto che questa è completamente diversa.»
Egli rimase poggiato ad uno dei pali che sostenevano la giostra, con sguardo sereno.
«Mi ero dimenticato che oggi è la Vigilia, sai?», sussurrò leggermente.
«Come fai a scordarti che giorno è oggi?»
«Per me è un giorno come un altro.»
Smisi di dondolarmi e lo guardai con cautela.
«La tua famiglia non festeggia il Natale?», tenni lo sguardo posato su di lui, curiosa.
Intravidi l’ombra di un sorriso amaro, prima che egli posasse una mano sui miei capelli e li scompigliasse dolcemente.
«Ci vediamo questa sera alle nove, qui. Va bene?», evitò la mia domanda e invece mi fece quella strana proposta.
«Perché?»
«Lo scoprirai.»
Non mi rivelò null’altro e lasciai cadere il discorso. In quel momento sembrava distante e in qualche modo assente e triste e volevo comprendere più di ogni altra cosa il motivo di quel suo comportamento, ma non riuscii a porgli la domanda. In fondo, lui voleva tenermi fuori dal suo mondo, preferendo entrare nel mio; cosa che però io non avevo del tutto accettato. Tuttavia, non volevo sforzarlo. Avevamo preso la decisione di andare con cautela in quel percorso a noi sconosciuto che entrambi avevamo deciso di intraprendere l’uno al fianco dell’altro.
Così smisi di pensare, con la speranza che un giorno mi avrebbe permesso di conoscerlo davvero.
Mi riaccompagnò a casa in moto e prima di lasciarmi andare, restando in sella e prendendo in mano il casco che gli stavo porgendo, mi carezzò lievemente il viso con sguardo triste, per poi accelerare e dirigersi verso una meta a me sconosciuta.
 
P.O.V. Raffaele
 
 
Erano anni che non festeggiavo il Natale. Ormai quella festività per me era un giorno come un altro e con il trascorrere degli anni avevo imparato a non badare alle decorazioni presenti in giro per il paese. Per questo mi ero completamente dimenticato, anche quest’anno, di tale ricorrenza. Però questa mia dimenticanza mi aveva portato a scordarmi che non tutti la pensavano come me. Sia Walter che Jenny festeggiavano il Natale. Walter mi aveva proposto più volte di festeggiarlo con la sua famiglia visto che i suoi genitori mi consideravano un loro secondo figlio, ma io puntualmente rifiutavo l’invito. Il Natale era una festività che andava trascorsa con la famiglia e io mi sarei sentito di troppo.
Per questa ragione non volevo dire a Jenny della mia famiglia e del fatto che non festeggiavo il Natale. L’avrei fatta entrare, anche se di poco, nel mio mondo e l’avrei introdotta nel cammino che l’avrebbe portata a scoprire la verità sulla mia seconda vita, quella che tenevo nascosta persino a Walter. Inoltre, avrebbe cercato in tutti i modi o di trascorrerlo con me per non lasciarmi solo oppure di invitarmi a casa sua. Ormai la stavo cominciando a conoscere e a capire i suoi atteggiamenti ed ero quasi convinto che avrebbe reagito in quella maniera.
Quel pensiero mi fece sorridere.
Non meritavo una ragazza come Jenny, lo sapevo bene. Eppure, ero lì a girare per i negozi a cercare un regalo che potesse piacerle e che l’avrebbe portata a pensarmi. Non la meritavo, eppure cercavo in tutti i modi di tenerla stretta a me.
Non avevo idea di cosa potesse piacerle o di cosa avesse bisogno. Avevo escluso categoricamente vestiti o abiti femminili. Tutte le volte che l’avevo vista in quei mesi avevo notato come per lei l’aspetto esteriore contasse poco e avevo intuito che non indossava abiti femminili. L’avevo anche vista con uno skate e quindi la mia ipotesi sembrava fondata.
Concretamente sapevo che amava la lettura e la scrittura, solo che non avevo idea di quali libri ella avesse già letto e quali ancora doveva leggere.
Passando davanti ad una piccola libreria però mi venne un’idea.
Sorridendo, vi entrai e mi guardai intorno.
Era un luogo piccolo e l’intero negozio si estendeva in una stanza stretta e lunga. La libreria era semibuia, in quanto l’unica fonte di luce proveniva dalla finestra posta sopra la porta dell’ingresso e da qualche piccolo lume posizionato frettolosamente e senza un preciso ordine in quella stanza. Nel vedere gli oggetti che il negoziante aveva usato come illuminazione, mi venne da sorridere: o egli era uno attaccato alle tradizioni e il tutto faceva parte della scenografia del negozio, oppure egli non sapeva nemmeno cosa fosse l’elettricità.
Contrariamente alle dimensioni piccole della stanza, vi erano tantissimi libri e mi chiedevo come facesse il negoziante a trovarli visto che in tutte le pareti, anche quella ove vi si trovava l’ingresso, erano presenti delle librerie alte fino al soffitto e pieni di libri di ogni genere. Notai che alcuni di loro, quelli che avevano l’aria di essere i più antichi, erano stipati negli scaffali più alti, mentre quelli più recenti in quelli inferiori oppure in pile, quasi ordinate, che partivano da terra.
Ero così impegnato a immaginare che faccia avrebbe fatto Jenny se fosse entrata in un posto simile che non mi ero accorto della figura che mi osservava da dietro un piccolo tavolo quadrato di legno scuro, che doveva fungere da bancone.
«Posso aiutarla, signorino?», domandò una voce con dolcezza. Era bassa e forte, ma al contempo dolce e rassicurante. Nell’udirla, un’improvvisa calma si fece spazio nel mio animo.
Abbassai il mio sguardo sulla figura che avevo di fronte e ne rimasi sorpreso. Pareva essere uscito da uno dei libri fantasy che tanto amavo leggere da bambino. Era un uomo senza età, leggermente basso e di una corporatura snella, nonostante l’età avanzata che dimostrava. Aveva un sorriso gentile e sincero, non uno di cortesia che i commercianti rivolgevano ai clienti. I capelli erano lunghi fino alle spalle e aveva una lunga barba che giungeva fino al petto; inoltre, entrambe, erano di un candido bianco. Però, la cosa che mi aveva colpito di più in lui erano gli occhi. Erano di un castano molto chiaro, come l’oro fuso. Erano profondi, sinceri e ti disarmavano. Avevo come l’impressione che egli potesse scavare nel profondo dell’anima e forse, era davvero così.
«Voglio fare un regalo ad una persona a me speciale.», gli risposi non appena riuscii a riprendermi.
 
P.O.V. Jenny
 
Come avevo concordato quel pomeriggio con Raffaele, alle nove in punto lo stavo aspettando seduta sulla giostra che tanto amavo. Mi stavo dondolando lievemente sull’altalena quando dei passi alle mie spalle mi misero in allarme. Quando però riuscii a distinguere il suo volto dalle tenebre, mi rilassai immediatamente e attesi che lui mi raggiungesse.
Sorrideva con dolcezza e teneva le mani nelle tasche del suo giaccone color nocciola.
«Scusa il ritardo, piccola scontrosa.»
«Finiscila di chiamarmi così e poi sono le nove in punto. Non sei in ritardo!», gli risposi sorridendo lievemente e alzandomi.
Era strano sorridere sempre o almeno lo era per me che in quegli ultimi anni avevo smesso completamente di farlo e, cosa ancora più straordinaria, era l'unico capace di farmi quell’effetto. Solo Raffaele riusciva a farmi sorridere davvero.
«Amo chiamarti così. Qualcosa in contrario piccola scontrosa?», mi rispose ponendomi l’ennesima domanda.
Se c’era una cosa che avevo capito di Raffaele è che a volte preferiva rispondere con delle domande. Non ti dava mai la certezza di una risposta e ti lasciava con più quesiti rispetto a prima. Apparentemente non sembrava, ma egli pareva essere un ragazzo misterioso, non come quelli che si leggono nei libri, tetri e solitari, ma un ragazzo misterioso che nonostante apparentemente sembri avere una vita perfetta e felice, nasconde qualcosa. E questo, lo rendeva ancora più affascinante, lo dovevo ammettere.
«Qualcosa in contrario avrei. Sai, non sono scontrosa.»
Non mi rispose ma in compenso scoppiò a ridere. Restai lì a guardarlo ridere e a pensare a quanto fosse bello in quei momenti.
Era inutile che mentivo a me stessa: lo amavo.
Non sapevo come era potuto succedere, ma provavo quel sentimento. Però avevo ancora paura ad affrontarlo, non di nuovo e non senza che egli mi desse le dovute sicurezze.
Non volevo soffrire di nuovo.
«Piccola Jenny ti piace?», domandò non appena smise di ridere.
«Direi che è molto meglio.»
«Allora, piccola Jenny, dove sono il mio bacino e il mio abbraccio?»
Quella domanda mi fece arrossire. Io non facevo mai nulla di simile, così lui da quel pomeriggio, ogni volta che si aspettava da parte mia un abbraccio o un bacino, mi poneva quella domanda. Alle volte chiedeva quei gesti semplicemente perché li desiderava ricevere da parte mia, o almeno così mi aveva spiegato.
Quindi, con molta lentezza mi avvicinai a lui, gli diedi un bacio sulla guancia alzandomi sulle punta dei piedi e infine lo abbracciai forte, sentendo le sue braccia ricambiare la stretta.
«Sai, hai le mani e le labbra gelide.», mi sussurrò all’orecchio sinistro.
Repressi dei brividi lungo la schiena che di certo, non erano dovuti al freddo. Alle volte la sua improvvisa dolcezza priva di sarcasmo, mi sorprendeva e mi riempiva di brividi lungo la spina dorsale.
In effetti, quando egli mi prese le mani e le poggiò sul suo petto, constatai che erano davvero molto fredde rispetto alle sue.
Alzai il viso verso di lui per ringraziarlo ritrovandomi così troppo vicina a lui.
Persi un battito.
Sentii il suo pollice caldo sfiorare le mie labbra fredde e leggermente screpolate.
Persi un altro battito.
I suoi occhi erano di un blu scuro, seri, dolci e impenetrabili. Constatai che, per l’ennesima volta, avevano cambiato colore. La particolarità di quegli occhi non avrebbe mai smesso di sorprendermi.
Ed anche per questo, il mio respiro si fermò.
Mi mancava l’aria.
E prima che riuscissi a pensare razionalmente, le mie labbra erano sulle sue. Rispetto agli altri baci, questo non era dolce. Pareva come se egli avesse bisogno di baciarmi. Sembrava come se avesse aspettato millenni per potermi baciare. Nel bisogno di quel bacio, vi trovai anche possessione.
Io appartenevo a lui. E non come un oggetto che appartiene ad una persona. No, il mio cuore apparteneva a lui perché io avevo bisogno di lui. Perché lui era l’unico ad avermi dato di nuovo quella voglia di vivere che io avevo perso da anni.
E a me andava bene così.
Ricambiai quel bacio con altrettanto bisogno fino a quando i miei polmoni non cominciarono a protestare per mancanza di aria.
Quando le nostre labbra si allontanarono, entrambi avevamo il fiato corto e anche se era una cosa imbarazzante, nulla in quel momento mi importava, nulla eccetto lui.
Nascosi il viso tra le sue braccia, tenendolo poggiato sul suo petto e lasciando che le sue braccia mi tenessero stretta al suo corpo.
Era calato il silenzio, rotto solo dai nostri respiri che pian piano tornavano più normali e leggeri.
Solo dopo qualche minuto, avvertii le sue labbra sulla mia fronte, in un bacio più leggero.
«Sei eccezionale Jenny. Davvero.», mi disse carezzandomi con dolcezza i capelli e lasciandomi senza parole.
Cosa potevo rispondergli? Non lo sapevo, per questo decisi di restare semplicemente in silenzio.
Avevamo un rapporto particolare. Ufficialmente eravamo amici e cercavamo di comportarci come tali, ma delle volte bastava uno sguardo e avvertivo dentro di me quel bisogno di essere amata, ma non da una persona qualunque. Di essere amata da lui. In quelle ore che avevo trascorso dopo ciò che ci era successo al mare, avevo riflettuto molto e anche se avevo la sensazione di essere in equilibrio su un filo, sospesa nel vuoto, non riuscivo a pensare razionalmente, a desiderare di tornare indietro. Volevo proseguire su quel filo. Volevo raggiungere la fine perché sapevo che vi avrei trovato lui. Lui, l’unico che era riuscito a rompere quei muri che mi ero costruita attorno. L’unico che, nonostante non mi conoscesse davvero, mi aveva accettata. E poco mi importava se la nostra relazione per ora era in bilico, non aveva una propria denominazione. Non mi importava nulla. L’unica cosa che per me importava davvero era avere lui al mio fianco, nella speranza di non soffrire di nuovo.
«Guarda, ti ho fatto un piccolo regalo.»
Alzai lo sguardo verso di lui, smettendo di riflettere, e mostrandogli la mia sorpresa.
Non mi ero aspettata un regalo da parte sua anche se, dovevo ammetterlo, nel pomeriggio dopo che entrambi ci eravamo divisi, ero andata a scegliere il regalo per lui, anche se con molte difficoltà.
«Mi hai fatto un regalo?», domandai.
«Certamente. Aprilo!»
Presi il pacchettino con incarto rosso che mi stava porgendo e constatai che era leggero e non aveva una forma ben definita. Curiosa, lo scartai e vi trovai al suo interno un foulard nero con i teschi di piccole dimensioni.
Gli sorrisi felice e, anticipando la sua solita richiesta, lo abbracciai forte e gli baciai le guance.
«Grazie Raf!», esclamai con gioia.
Egli dopo aver ricambiato la mia stretta, mi prese dalle mani il foulard e mi guardò dritto negli occhi.
«Ti fidi di me?»
«Certo che si, perché mi chiedi questo?»
«Questo non è il vero regalo.», sorrise compiaciuto della mia espressione sorpresa e si mise alle mie spalle, bendandomi gli occhi e controllando che io non vedessi nulla.
«Che stai facendo?», domandai stringendomi ad un suo braccio, per paura di essere lasciata lì, sola, con gli occhi bendati.
«Fidati di me.», disse prima di posare un braccio dietro la mia schiena e un altro poco sotto le mie ginocchia, per poi prendermi in braccio e stringermi al suo petto.
«Raffaele, sappi che odio le sorprese. Non sembra, ma le odio.», affermai preoccupata, mentre egli camminava verso chissà quale meta.
Quando mi posò sul sedile di una macchina, mi preoccupai ulteriormente, soprattutto quando non sentii più la sua presenza e la porta della macchina chiudersi. Cominciai a chiamarlo spaventata e mentre stavo per togliermi il foulard dagli occhi, avvertii delle mani sulle mie, impedendomi così di compiere quel gesto.
«Ehi, calma, sono qui.», mi sussurrò con dolcezza Raffaele, abbracciandomi forte e carezzandomi i capelli.
Ero terrorizzata. Ero sempre stata razionale, soprattutto in quegli ultimi anni, e non conoscere cosa sarebbe successo da lì a poco, mi paralizzava dalla paura. Mi sentivo stupida ad avere una simile paura eppure la avvertivo e mi paralizzava.
«Perché hai paura, piccola Jenny?», sussurrò ancora, stringendomi più forte.
«Non mi abbandonerai, vero? Non mi farai del male?», sussurrai spaventata.
In quel momento non ragionavo più e parlavo senza riflettere. Erano anni che non mi sentivo così.
«Non ti farò mai del male. Te l’ho detto: io voglio solo proteggerti. Inoltre, non ti abbandono. Sta tranquilla piccola mia.»
Mi baciò la fronte con dolcezza e grazie a quel gesto e alle sue parole rassicuranti, poco dopo riuscii a calmarmi.
 
P.O.V. Raffaele
 
Mi ero spaventato. Nel vederla in quello stato, l’unico pensiero che avevo era quello di proteggerla.
Mi stavo chiedendo cosa le fosse successo nel suo passato per ridurla nello stato in cui la stavo guardando ora. Anche se sapevo che sicuramente la causa di tutto doveva essere di una persona e di certo non avevo bisogno della consulenza di Walter per averne la conferma. Nonostante Jenny si atteggiasse da dura e si dimostrasse forte, era fragile e debole e odiavo colui o colei che l’aveva ridotta così.
Cercai di domare la rabbia verso la persona che sicuramente aveva ucciso la mia Jenny e cercai di concentrarmi solo su di lei.
Ormai lei era la mia unica ragione che mi spronava ad andare avanti.
L’unica cosa buona che mi era capitata nella vita.
Lei era la luce nelle tenebre della mia vita.


~Angolo autrice.~
Cari lettori, dopo due mesi sono tornata. Chiedo scusa per il ritardo, ma come già detto nel precedente capitolo, mi sarei assentata per un po’.
Per farmi perdonare, ho scritto un capitolo un po’ più lungo e abbastanza rilassante.
Inizialmente volevo creare un unico capitolo dedicato al Natale, invece ho preferito dividere in due capitoli questa festività, quindi il prossimo capitolo arriverà la prossima settimana e non tra qualche mese.
Inoltre volevo darvi un piccolo avvertimento da scrittrice malefica quale io sono: tra un po’, arriveranno i veri colpi di scena e riguarderanno il passato di uno dei personaggi della storia. ù.ù
A parte questo, ringrazio tutti quanti, per il sostegno che mi date per questa storia e anche i lettori silenziosi che invito a farsi avanti e a darmi un loro parere. Fino ad ora non ho morso nessuno. xD
Concludo qui perché non voglio tardare l’aggiornamento della storia e tenervi ulteriormente sulle spine.
Al prossimo aggiornamento,
Lily.
   
 
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