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Autore: Alfred il sanguinario    07/10/2014    3 recensioni
Mimi è una giovane infermiera in un ospedale psichiatrico di Liverpool, il St. Catherine, dove sembrano accadere cose strane.
Annie è una paziente dell'ospedale, e ha solo undici anni. Finge di parlare male, di essere remissiva, ma con Mimi rivela la sua vera feroce natura. Annie è in quell'ospedale per un motivo, e Mimi vuole scoprirlo...
Sabrina Fourner è la direttrice dell'istituto. E' una donna bella, giovane e ammaliante, ma nasconde un segreto. Ed è avida come il demonio.
Genere: Drammatico, Horror, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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“Ti rendi conto?” esclamò Mimi.
Tutto il suo stupore e furore si bloccarono non appena notò l’espressione indifferente di Monica.
“Mimi, per me stai esagerando!” disse la donna.
Come sospettava. Monica era la migliore collega che potesse desiderare, lì al St. Catherine, ma era incredibilmente scettica e perennemente incurante di tutto. Certo, neanche lei voleva fare dell’inutile allarmismo su una bambina che diceva tutto ciò che pensava, ma non pretendeva questo.
“Sapevo che non avresti capito, Monica.” Disse. Se si fosse trattato di un’altra persona non l’avrebbe mai detto, per paura di ferirla e di perderla, ma la freddezza di Monica rendeva questo abbastanza improbabile.
La collega sorrise. Si scostò una ciocca di capelli rossi dal viso e disse: “Guarda, dovrei andare proprio adesso a prendere le lenzuola sporche di Annie.” Disse. Poi alzò lo sguardo verso Mimi. “vuoi venire anche tu?”
Mimi non capiva perché avesse accettato. Percorreva i freddi e marmorei corridoi dell’ospedale, preceduta da Monica. Ormai non poteva farsi indietro. E poi Annie era solo una bambina, per giunta bassa e mingherlina; non poteva farle niente.
“Ciao!” a raggiungerle era Brad. Un altro infermiere dell’ospedale; capelli neri, volto chiarissimo, tanto alto quanto robusto.
“Ciao” le disse distrattamente Mimi. Brad gli stava simpatico, ma non era certo il tipo di persona pronta ad aiutarti in qualsiasi circostanza. Si poteva definire un uomo profondo, colto e interessante, ma sicuramente non altruista.
Monica nemmeno rispose. Si limitò a tirare praticamente in faccia all’infermiere delle lenzuola.
“Che schifo!” esclamò lui.
Monica alzò gli occhi al cielo. “Sono le lenzuola pulite, devi distribuirle!”
Senza aggiungere altro, Brad scomparve alle loro spalle.
Ripresero a camminare, finché non si fermarono vicino al bagno.
Monica si voltò verso Mimi. “Okay, io devo andare qui a cambiare gli asciugamani, tu intanto vai da Annie.”
Mimi sentì rodersi il fegato. “Avevi detto che ci saresti venuta anche tu!” sibilò.
Monica alzò gli occhi al cielo. Era parecchio acida quella mattina.
“Di certo non ti uccide!” disse.
Mimi sentì il respiro che si faceva irregolare. I polmoni le pulsavano e l’aria che respirava sembrava fredda.
“No!” disse.
Monica aveva raccolto gli asciugamani da sostituire. “Va bene” disse con tono arrendevole “aspetta solo che cambi gli asciugamani e verrò anch’io da Annie…” detto questo sparì nel bagno. Un freddo e schifoso antro che tutti, pazienti e personale, cercavano di evitare.
Mimi sentì l’ansia trasudarle fuori dal corpo come gocce di pioggia su un impermeabile. Forse  era vero, forse aveva esagerato. Ma ora, comunque fosse, non sarebbe tornata da sola da Annie. E questo le bastava.
Il corridoio era deserto. Non un’anima viva. Mimi sospirò. Ripensò a quando mise piede in quell’istituto, a quanto le fosse sembrato strano e terrificate fin dall’inizio, a quanto Sabrina, la direttrice, le fosse sembrata viscida e fredda sin dal loro primo incontro.
“Mimi!!” strillò qualcuno. Non un anonimo qualcuno, ma quel qualcuno. La voce che le era sempre sembrata calda e confortante, ma allo stesso tempo spenta e fredda, che ora assumeva un diverso tono… Monica!
La ragazza si precipitò verso il bagno.
“Tutto bene?” chiese.
Il silenzio. Solo lo scroscio d’acqua di un rubinetto aperto.
Il pavimento era bagnato. Guardò a terra. Gli asciugamani! Gli asciugamani che Monica doveva sostituire erano lì, buttati a terra l’uno sopra l’altro, fradici e disordinati.
“Monica.” Disse, sempre più inquietata.
Un cambio dell’atmosfera della stanza. Un cambio repentino, netto. Il rubinetto aperto si era spento. Qualcuno aveva tirato la manopola. Mimi si voltò di scatto. Nessuno.
Si avvicinò cautamente al rubinetto, quasi fosse quell’oggetto la causa dell’incubo che stava vivendo. Per poco non trasalì.
Sangue. Era pieno di sangue. Sangue denso, con quell’odore metallico, riempiva la vasca del rubinetto, scorreva in direzione del tubo di scarico. Quel movimento così circolare e impietosamente periodico svuotò la testa di Mimi. Osservava quel ciclo, quel liquido sinonimo di dolore, di pianti, di morte.
“Ciao, Mimi LeBlanc.” Disse qualcuno alle sue spalle. Si voltò di scatto.
Quella voce. Quell’apparentemente innocente voce. E quel viso. Pelle olivastra, lentiggini, capelli lunghi, setosi e neri. Quell’essere, o bambina, che dal giorno prima riempiva i suoi pensieri.
Annie.
Mimi riuscì a bisbigliarlo.
“Che ti succede, Mimi?” chiese Annie. “per caso non trovi più la tua amichetta?”
“Sta lontana da me!” strillò la donna non appena Mimi fece un passo avanti.
“Hai paura di me, Mimi?” chiese lei, con un tono innocente e vagamente canzonatorio. “eppure, non avevi paura del tuo papà?” disse.
Mimi sentì il cuore batterle ancor più velocemente. Papà. Solo quella parola la faceva stare in ansia. Sentì le punta delle dita fredde, e avvertì una certa nausea, che le impediva di affrontarla. Quell’essere, quella maledetta… come diavolo sapeva di suo padre?
“Il tuo paparino.” Riprese Annie avvicinandosi a lei. “sempre pronto a prenderti a schiaffi, a picchiarti, a umiliarti.”
“No…” bisbigliò Mimi.
“E il tuo fratellino… quanto eri impotente per impedire che il tuo paparino lo uccidesse.” Le si avvicinò ancora di più. “la verità è che tu non eri impotente” bisbigliò. “potevi salvarlo, potevi salvare quel tuo piccolo fratellino dalla furia di un vecchio signore giunto allo stremo delle sue forze, ma…” concluse la frase come se volesse assaporare le parole mentre passavano sulla lingua. “non l’hai fatto.”
Il segreto di Mimi. Il senso di colpa che la assorbiva ogni mattina. Il ricordo di suo padre, un anziano ma ancora violento padre, che stritolava una creatura innocente. La sua creatura innocente. Tutto si fece nitido nella mente di Mimi, al punto da oscurare Annie che si sbellicava dalle risate, e che, prima di lasciare il bagno diceva: “Ah, mi raccomando… terza porta a sinistra!”
Mimi cadde a terra. Aveva paura di aprire gli occhi, ma anche di chiuderli. Di rivedere quella scena orribile, quella dell’omicidio di suo fratello, di suo padre che si macchiava di un delitto imperdonabile.
La voce di suo fratello. L’ultimo grido fatale di quel piccolo bambino: “Mimi, aiutami!”, le risate di Annie, le urla di suo padre, il grido straziante di Monica… Monica!
Con la poca forza che le rimaneva, Mimi si trascinò, immersa fino al collo in quella schifosa acqua, fino alla terza porta da sinistra. Quella menzionata da Annie.
No, non avrebbe dovuto aprirla. Monica era lì; gli occhi glaciali, il sangue sul volto, il coltello ancora piantato sul petto.
Tutto girò.
E Mimi cessò di ricordare, di pensare…
“Mimi!” l’ultimo grido era un misto fra le voci di suo fratello, di suo padre e di Annie. E anche di Brad. Forse stava arrivando. Stava arrivando per salvarla e incastrare Annie. 



Eccomi con un nuovo capitolo di Annie. Ovviamento so che ho fatto passare così tanto tempo che è impensabile che gli stessi recensori recensiscano (scusate la ripetizione) la mia storia, ma... Amen. Se v'intriga leggete, se non v'intriga non leggete, se avete voglia recensite, se non avete voglia recensite. Punto. Al prossimo capitolo (si spera un po' prima ;))
  
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