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Autore: Isandre    07/10/2014    2 recensioni
Le giratempo sono un'antica tecnologia dei Signori del Tempo. La loro distruzione durante la battaglia al Ministero ha creato dei problemi nel flusso temporale, che solo il Dottore può sistemare.
La Seconda Guerra Magica è finita da qualche mese e Hermione Granger si gode la ritrovata tranquillità e il suo ultimo anno di scuola finché in un pomeriggio di Novembre non si imbatte in qualcosa di strano: cosa ci fa una vecchia cabina telefonica della polizia nell'unico villaggio completamente magico della Gran Bretagna?
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Godric, Hermione, Granger, Priscilla, Corvonero, Salazar, Serpeverde, Tosca, Tassorosso
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 6

La maledizione del Signore del Tempo

 
 
«Fantastico, vedo che sei sveglia»
Qualcuno spalancò le pesanti tende della camera di Hermione e i raggi del sole raggiunsero i suoi occhi ancora addormentanti, rendendole molto più difficile aprirli. Per un secondo la ragazza vacillò in quel limbo che precede il risveglio completo, quando ancora non sai bene chi sei, dove sei e soprattutto perché sei. Domande esistenziali e problemi insuperabili trovano risposta nell’abbandono del dormiveglia, solo per poi sparire non appena la piena coscienza torna al suo posto. Così, mentre indugiava ancora un attimo sulla ricerca del senso della vita (che era sicura di aver trovato e che c’entrasse qualcosa con Ron), si accorse che c’era qualcosa di sbagliato in quel risveglio, qualcosa che le avrebbe procurato l’espulsione immediata da Hogwarts, se solo fosse stata a Hogwarts, qualcosa di alieno con due cuori e la straordinaria dote di riuscire a irritarla ancora prima di aprire gli occhi. La piena consapevolezza la investì all’improvviso, rendendola del tutto sveglia.
Il Dottore.
«Si, direi che ora sono sveglia» biascicò con la bocca impastata dal sonno, coprendosi gli occhi con un braccio.
«Bene, bene. La passeggiata notturna di ieri è stata interessante? Credo di sì, a giudicare da quanto è durata. No, non dirmi niente non è che mi importi davvero quello che hai fatto ieri notte signorina» aggiunse il Dottore con un tono del tutto noncurante, bloccando le spiegazioni della ragazza che si chiedeva se dovesse sentirsi oltraggiata da quell’insinuazione e se non fosse più comodo per tutti lanciare un Avada Kedavra contro quel tipo. Fu costretta a scartare subito l’ultima ipotesi: per quanto il Dottore fosse irritante era il suo unico passaggio per il ventesimo secolo.
«Comunque nonostante anche io adori le scampagnate e gli incontri notturni non ti ho portata qui per questo. L’universo è in pericolo o te ne sei dimenticata?»
Non sapeva spiegarsi il perché ma a Hermione sembrò che quelle parole volessero insinuare qualcos’altro, una sorta di quieta rivincita contro quello stesso rimprovero che lei aveva fatto al Dottore quando si stava perdendo in chiacchiere sul Tardis.
Ancora una volta, decise di ignorarlo.
«Certo che me lo ricordo, ma sembrava che il mio contributo fosse fondamentale solo per il viaggio, una volta arrivati mi era parso di capire che l’esperto avrebbe preso in mano la situazione» controbatté la ragazza spostando le pesanti coperte e alzandosi dal letto.
«Bhè, due teste sono sempre meglio di una. E poi ho riscontrato un piccolo problema che credo potresti aiutarmi a risolvere» rispose il Dottore allegro. Hermione notò che indossava di nuovo gli occhiali e un sorriso allegro e spensierato gli illuminava il viso. Alla richiesta di aiuto si fece di nuovo vigile.
«Se posso esserti utile non hai che da chiedere. Quale sarebbe il piccolo problema?» chiese Hermione.
«Ecco vedi, di solito, quando ci sono delle anomalie nel tempo, ce ne accorgiamo perché la storia è alterata. Io sono un grande esperto di storia, quindi non è difficile per me scoprire l’anomalia, ma devo dire di avere qualche» si interruppe un attimo, la fronte aggrottata alla ricerca della parola giusta, un’espressione di disgusto si dipinse sul suo viso quando la trovò «ecco, diciamo pure lacuna, per quanto riguarda la storia dei maghi. Quindi mi stavo chiedendo: tu quanto ne sai della storia dei tuoi simili?»
«Bhè, devo dire che non sono un’esperta. Non è facile conoscere la storia di ogni singola comunità magica attraverso tutte le ere quando non si è un alieno di 900 anni con la capacità di leggere e memorizzare libri in pochi secondi»
«Non ti sto mica chiedendo di conoscere la storia di ogni singola comunità magica attraverso tutte le ere!» scattò il Dottore indignato «Vorrei solo che conoscessi la storia dei maghi della Scozia nel periodo del Regno di Alba»
Hermione alzò gli occhi al cielo, sperando che un aiuto arrivasse da lassù. Un fulmine, per esempio. Anche il cedimento di un lampadario le sarebbe andato bene. Scoccò al Dottore un’occhiata gelida e continuò.
«Mi spiace non sono un’esperta della storia dei maghi scozzesi del Regno di Alba, ma sei incredibilmente fortunato perché ieri durante la mia passeggiata» pronunciò l’ultima parola con molta enfasi «ho incontrato Godric Grifondoro»
«Chi?» chiese il Dottore.
«È lui l’amico di cui Esyld ci ha parlato e questo vuol dire che la nobile strega di cui siamo ospiti non può essere altri che Rowena Corvonero»
«Odio ripetermi ma…chi?»
«Godric Grifondoro e Rowena Corvonero, sono due tra i maghi più famosi della storia»
Hermione fissò il Dottore sbalordita.
«No, non credo di conoscerli»
«Lui è un esperto di trasfigurazione, il più grande duellatore del suo tempo; lei è la strega più geniale della sua era, voglio dire non ha solo fondato Hogwarts, lei ha costruito Hogwarts. L’incantesimo che fa cambiare le scale di posto, lo ha inventato lei, capisci?»
«Sono molto contento del tuo entusiasmo ma avrei due domande per te. Primo: potresti lasciarmi andare?»
Hermione si accorse in quel momento di stare tenendo il Dottore per il bavero della giacca e di avergli praticamente urlato in faccia l’ultima parte della loro conversazione. Sentì di arrossire e mollò lentamente la presa.
«Molto meglio, grazie. Non so perché faccio questo effetto alle ragazze ultimamente, ma dovreste smetterla di saltarmi addosso in questo modo»
«Saltarti addosso?» sbuffò Hermione incredula «Ma cosa pensi, pervertito. Non ho nessuna intenzione di saltarti addosso. Sei tu quello che mi hai trascinata qui a forza. E poi non sei neanche il mio tipo, sei magro come un chiodo, per non parlare dei tuoi capelli…»
La ragazza si interruppe, accorgendosi di aver rivelato troppo.
«Ehi! Che cos’hanno i miei capelli che non va?»
«Niente»
«Oh, avanti, dimmi cosa c’è che non va? Si sono, per caso» un’espressione di autentico terrore si dipinse sul volto del Dottore «afflosciati?»
«No è solo che..no..sn.rss» borbottò la ragazza.
«Cosa?»
«Non sono rossi, Dottore!» rispose «Ecco l’ho detto»
«Infatti!»
Stavolta era il Dottore a urlare concitatamente.
«Dovrebbero essere rossi, amo i capelli rossi, ogni volta che mi rigenero controllo il colore e indovina? Non è mai rosso, deve essere una maledizione. La maledizione dei Signori del Tempo»
Hermione non riusciva a capire bene di cosa il Dottore stesse parlando, ma fu sollevata di non ricevere domande sulla sua preferenza per quella sfumatura di capelli.
«Quindi, qual era la seconda domanda?»
«Come dici?»
«Hai detto di avere due domande ma ne hai fatta solo una»
«Ah, si!» disse il Dottore come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa di importante.
«Perché mai uno dovrebbe volere delle scale che cambiano di posto? Voglio dire, se metto delle scale da qualche parte mi aspetto che rimangano lì  e che mi portino sempre nello stesso luogo, giusto?»
Hermione cominciava ad avere un gran mal di testa, anche se il Dottore non aveva proprio tutti i torti. Decise quindi di adottare la tecnica che usava sempre quando Harry o Ron le poneva dei quesiti a cui non sapeva rispondere con esattezza. Cambiare argomento.
«Comunque, il fatto è che sono stata proprio una stupida a non capire tutto questo ieri sera ma ero troppo colpita da tutto: il Tardis, il viaggio nel tempo, i miei ragionamenti sui Peverell…»
«Questi li conosco, una volta li ho incontrati. Il prototipo dei tipici maghi, se ne andavano in giro a vantarsi di aver fregato la Morte. Antioch era un megalomane, credeva di essere meglio di chiunque; il povero Cadmus, invece, era diventato un po’ pazzo dopo la morte della moglie. Ignotus era l’unico sano lì in mezzo, un tipo davvero simpatico, con quel mantello dell’invisibilità ne combinava di tutti i colori»
Questa poi era da non credere. Hermione incrociò le braccia sul petto completamente sbalordita dalle parole del Dottore. Quell’essere non sapeva niente dei fondatori dell’istituzione scolastica per maghi e streghe più illustre d’Inghilterra. Eppure, nonostante avesse conosciuto pochi maghi, tra questi c’erano Merlino, Morgana e, guarda caso, i fratelli Peverell. Era una tale ingiustizia!
«Che c’è?» chiese il Dottore che doveva essersi accorto della sua espressione.
«Niente, pensavo»
«A quanto sono straordinario?» ribatté il Dottore ghignando.
«A quanto sia ingiusto non avere anch’io una macchina del tempo»
L’espressione dell’alieno si rabbuiò all’istante e si fece seria.  Fissò Hermione con quegli occhi cupi, che ora mostravano tutti i loro 900 e più anni e si rivolse alla ragazza con una voce gelida.
«Non è un gioco. Viaggiare nello spazio e nel tempo non è solo vedere posti meravigliosi e incontrare persone straordinarie. Quella era la mia intenzione ma niente è mai andato come pianificavo quindi ho smesso di farlo. Molto più spesso finisco su qualche pianeta, in un istante preciso, perché c’è qualcosa che bisogna sistemare e non ho mai capito se ci capito per caso o se c’è qualcosa intrinseco nel mio essere un Signore del Tempo che mi porta sempre dove c’è bisogno di me»
Sospirò, lo sguardo perso a inseguire ricordi visibili solo a lui.
«Forse mi illudo e basta, vedendo solo le mie vittorie. Forse centinaia di persone hanno riposto in me le loro speranze ma io non sono mai arrivato, non sono mai riuscito a salvarle»
Hermione posò una mano sulla sua spalla e gli sorrise gentilmente, come faceva con Harry quando aveva le sue crisi da “Protettore dell’umanità”.
 «Non puoi salvare tutti, Dottore» gli sussurrò dolcemente.
Una piccola, semplice verità a cui, aveva imparato, erano proprio gli uomini più straordinari a non volersi arrendere. E considerate le meraviglie di cui era capace il Dottore, Hermione non credette neanche per un attimo di poter fare entrare quel concetto nel suo cervello sovraffollato e ultra-eccitato. La ragazza sapeva bene di non poter lasciare che il Dottore affogasse in quei pensieri, quindi decise di cambiare discorso ma lui fu più veloce.
«Forza, vai a vestirti o faremo tardi a colazione» disse scattando in piedi, con il solito tono allegro «e non possiamo mica far aspettare i nostri ospiti»
 
Esyld Peverell fece il suo ingresso nella piccola sala comune annunciando la sua presenza con un allegro saluto rivolto al Dottore.
«Spero che il vostro riposo sia stato gradevole, Dottor Granger»
Il Signore del Tempo aveva deciso di adottare il cognome di Hermione, fingendosi il fratello del suo defunto padre, e la sera precedente si era presentato ai due Peverell come il Dottor Jon Granger.
«Ho dormito come un bambino, mia lady» Hermione sentì rispondere da dietro la porta.
 La strega era ancora nella sua camera alle prese con tutti quegli strati di vesti e sottovesti: l’abito che le aveva lasciato Esyld era molto più complicato da indossare rispetto a quello che aveva trovato nel Tardis e tutti qui laccetti e bottoni stavano avendo la meglio su di lei. Esasperata, cercò la bacchetta che aveva lasciato come al solito sotto al cuscino e la guardò indecisa. Quando aveva scoperto di essere una strega aveva deciso che non avrebbe usato la magia per ogni piccola sciocchezza e invece adesso si trovava costretta a infrangere l’ennesima promessa che aveva fatto alla bambina che era stata. Per fortuna aveva passato sei anni in camera con Lavanda Brown, che quando si trattava di incantesimi che riguardavano vestiti e acconciature era davvero imbattibile. Quelle formule le erano rimaste impresse nella mente e ne sussurrò una, non senza una certa vergogna. Immediatamente tutte le parti dell’abito iniziarono a levitare e si andarono a posare sul corpo di Hermione, ognuna nella giusta posizione, allacciandosi e abbottonandosi da sole. Infastidita per l’incantesimo che si era trovata costretta a usare, la ragazza uscì dalla camera senza neanche guardarsi allo specchio.
Trovò la saletta piuttosto affollata, oltre a Esyld, infatti, c’erano anche suo fratello Bryok, che continuava a gettare sguardi truci in tutte le direzioni, e Godric di cui il Dottore stava facendo la cerimoniosa conoscenza. I due uomini, grossi com’erano, sembravano riempire tutta la stanza. Il Dottore non le era mai sembrato così piccolo e magro, le ricordava un po’ Harry in mezzo ai Weasley.
«Lady Hermione» esordì Grifondoro appena la vide, eseguendo uno dei suoi perfetti e svolazzanti baciamano «Ho appena fatto la conoscenza di vostro zio, il Dottor Granger, e gli stavo giusto raccontando delle vostre prodezze di ieri sera»
«È un vero peccato che tu non sia riuscita a batterlo, Hermione. Ed è ancora peggio che voi due abbiate duellato senza di me» Esyld puntò un indice accusatore contro i duellanti incriminati.  Godric scoppiò in una fragorosa risata. «Syd, ti prego di non prendertela con questa soave fanciulla, sono io l’unico da biasimare. Ma ora che sono a conoscenza di questo tuo interesse, mi impegnerò a tenerti informata di ogni mia esercitazione»
Persino, Bryok azzardò un sorriso di fronte all’espressione esasperata che Esyld rivolse a Godric.
«Bando alle ciance miei lord e mie lady» disse il Dottore «vogliamo avviarci per raggiungere i signori del castello? Io e mia nipote vorremmo porgergli i nostri più sinceri ringraziamenti per la loro ospitalità»
«Ma certo, ser» disse Esyld spingendo tutti verso l’ingresso «sono certa che saranno tutti entusiasti di fare la vostra conoscenza, ma temo che potreste rimanere deluso: non ci sono signori a governare questo castello, ma solo una signora»
 
La colazione venne servita in una sala da ricevimento di medie dimensioni  al primo piano. La luce del mattino entrava da un’ampia finestra rivolta verso est che dava sui giardini del castello, il fuoco scoppiettava nei due camini ai lati opposti della stanza e nel centro si trovava una tavola rotonda imbandita. Delle buone vecchie uova con il bacon non c’era neanche l’ombra, in compenso Hermione vide pietanze a cui non si sarebbe avvicinata neanche durante le lunghe settimane di quasi digiuno che aveva passato l’anno precedente con Harry, figuriamoci di mattina appena sveglia.
Una strega rotondetta si affaccendava intorno al tavolo aiutando gli elfi domestici che stavano finendo di apparecchiarlo. Una delle creaturine entrò di corsa nella sala portando un’ampia brocca di cristallo sopra la testa. Troppo entusiasta di adempire al compito assegnatole dal suo padrone, inciampò nel tappeto e cadde mandando la brocca in frantumi. Per attimo nella sala regnò il silenzio, poi sia Hermione che la strega sconosciuta si avvicinarono all’elfo.
«Oh Merlino, ti sei fatto male?»
La ragazza che si era inginocchiata accanto a lui si accorse della sua giovane età, era di certo un cucciolo. Da un taglio sulla fronte usciva un po’ di sangue e i suoi occhioni verdi si stavano riempendo di lacrime. Hermione pensò che di certo la strega rotondetta gli avrebbe ordinato di punirsi in qualche modo.
«Vinnie, quante volte ti devo dire di non correre in quel modo?» la strega, che aveva riparato la brocca con un colpo della sua bacchetta e aveva mandato un altro elfo a riempirla, si abbassò anche lei per guardare Vinnie negli occhi.
«Vinnie è molto dispiaciuto, padrona» rispose l’elfo tra i singhiozzi.
«Sono sicura che non l’abbia fatto apposta, è solo un cucciolo non può punirlo» intervenne Hermione infervorata, quando vide che la strega puntava la bacchetta verso la creaturina. Non tollerava i soprusi che quei poveri elfi dovevano subire.
«Punirlo? E perché dovrei? Volevo solo curargli la ferita». Il taglio scomparve dalla fronte dell’elfo. «Ecco qua» disse la strega «e cerca di non esagerare, quella brocca era troppo pesante per te» lo rimproverò la strega bonariamente.
 Il piccolo elfo annuì e si asciugò gli occhi con il braccio, fece un piccolo sorriso alla strega che ricambiò e corse via. «Non correre, Vinnie!» gli urlò dietro la strega scuotendo la testa ma quello era già sparito.
«Mi spiace di aver reagito in quel modo, pensavo che voi steste per…»
«Affatturarlo?» la strega rise rimettendosi in piedi «Non l’avrei mai fatto ma posso capire perché lo abbiate pensato e il fatto che abbiate voluto proteggerlo vi fa onore, sono pochi i maghi e le streghe che hanno a cuore gli elfi domestici»
Hermione guardò la strega davvero per la prima volta e il suo cuore perse un battito: i capelli ramati intrecciati abilmente, gli occhi azzurri dall’espressione dolce, il fisico abbondante e i discorsi sul prendersi cura degli elfi domestici, tutto in lei suggeriva a Hermione la sua identità, ma la ragazza non voleva crederci, non osava nemmeno immaginare possibile una fortuna di quelle dimensioni.
Bryok ridacchiò alle sue spalle «Per tutti i draghi, la fanciulla ha perso la parola». Sentì Esyld dargli una gomitata mentre Godric Grifondoro si faceva avanti.
«Mia signora, permettetemi di presentarvi una delle streghe più straordinarie del nostro tempo, abile erborista e cuoca, eccezionale precettrice…»
«Andiamo Ric, non esagerare» disse la strega imbarazzata.
«È anche tremendamente modesta» riprese il mago «Lady Hermione Granger è mio grandissimo piacere presentarvi…»
«Helga Tassorosso» completò Hermione in un soffio.
 
Una risata cristallina riempì la stanza.
«Oh Helga. A quanto pare il nostro Ric ha ragione, la tua fama ti precede»
Hermione si voltò ancora frastornata e sebbene stavolta sapesse bene cosa la aspettasse non poté impedire al suo cuore di fermarsi ancora una volta. Cercò di riprendersi e di essere all’altezza delle presentazioni almeno questa volta. Non voleva fare di nuovo la figura della stupida, non con lei.
Rowena Corvonero era proprio come se l’era sempre immaginata, una donna dai lunghi capelli corvini la pelle diafana e dalla straordinaria bellezza. Non era alta ma in quella stanza sembrava un gigante, i suoi occhi, due pozzi neri, scrutarono la stanza in un attimo e Hermione sapeva, era sicura, che tanto le sarebbe bastato per immagazzinare ogni piccolo dettaglio. Stare accanto a lei era incredibile, Hermione riusciva quasi a sentire il suo cervello lavorare ininterrottamente, muoversi veloce attraverso associazioni, idee, nozioni e mettere tutto insieme per creare qualcosa di nuovo, qualcosa di magnifico, qualcosa di unico.
E tutto questo ancora prima di aver fatto colazione.
«Voi dovete essere lady Hermione Granger» disse la strega rivolgendo alla ragazza un caloroso sorriso.
«E il dottor Jon, presumo»
Il Dottore fece un passo avanti ed eseguì un perfetto inchino.
«Mia signora, presumete bene. Dottor Jon Granger al vostro servizio»
«Molto lieta, dottore. Spero che voi e vostra nipote vi siate trovati a vostro agio nella mia dimora»
«Divinamente, mia signora, divinamente. Anche se non mi aspettavo niente di meno da una strega della sua fama. Lei è straordinaria. Ha tirato su un castello e quel trucchetto delle scale che cambiano posto poi…»
Hermione, che si era avvicinata al Signore del Tempo, si schiarì rumorosamente la gola.
«Non ancora» gli sussurrò a mezza bocca in modo che solo lui potesse sentire.
Nella sala era calato un silenzio perplesso e tutti guardavano il Dottore interdetti.
«Scale che cambiano di posto, questa si che è un’idea interessante. Ma adesso vi prego, sediamoci e diamo inizio a questa colazione. Prego, dottor Granger, lady Hermione, sedetevi alla mia destra. Vorrei conoscere più cose sul vostro conto»
Gli occhi di Corvonero brillarono di una luce strana. Hermione aveva visto una cosa del genere solo qualche tempo prima, nello sguardo del Signore del Tempo, quando gli aveva rivelato di aver usato una GiraTempo. Erano gli occhi di una persona geniale che stava escogitando qualcosa, che tirava le fila e metteva a posto tutti i pezzi di un puzzle che non sapeva neanche di stare componendo. E per un attimo si chiese se non dovesse averne paura.
 
   
 
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