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Autore: skippingstone    07/10/2014    1 recensioni
"Mi avevano detto che pensare troppo fa male, mi avevano detto che sarebbe passato tutto eppure la testa mi scoppia, gli occhi bruciano e respirare sembra la cosa più difficile da fare. Rifletto sulla mia probabile morte e sorrido, almeno potremmo stare vicino. Posso affermare di aver combattuto per tutti quelli che non sono riusciti a farlo: ho combattuto anche per te.
Se, invece, riuscirò ad uscire da questa Arena, non sarò più lo stesso: tutte le cicatrici si stanno aprendo nell'interno della mia bocca lasciando un retrogusto di sangue e troppe sono nel cuore. Anche se uscissi da questa Arena, non ne uscirei vincitore. Ho già perso tutto.
Tutto tranne una cosa: la voglia di vendetta.
Possa la luce essere, ora, a mio favore!"
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Presidente Snow, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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36. Cosa ha lei che io non ho?
 
«Che cosa hanno loro che io non ho? Che cosa aveva Søren che io non ho? Dimmelo Snow, dimmelo.»
«Lei non è te.» - le dico sinceramente.
Lei si alza da terra e caccia qualcosa dal mio zaino. È una siringa. La riconosco subito perché io sono stato punto da mille di quelle cose: sono le siringhe che si trovavano nella Cornucopia, precisamente nel corridoio del distretto 5. Quelle sono anche le siringhe che, con il loro contenuto, hanno ucciso il ragazzo del distretto 10: Falloppio lo colpì e gliene iniettò una portandolo alla morte. Forse con questa siringa mi ha colpito Level mentre piangevo la morte di Søren. Sì, deve essere stato il veleno della siringa che mi ha trascinato in quella trappola invivibile dove ero costretto a ripetere la Mietitura fino a morire.
Allora mi agito ma Level mi blocca e mi dice di star tranquillo: ne avrò una minima dose. Mi apre la bocca e vi getta il liquido dentro.
 
«Livius, allora? Sei felice di rappresentare il distretto 2 negli Hunger Games?»
Victor pone questa domanda a Livius e lui guarda me.
«Io...»
Livius si spara. Io corro sul palco, costretto da una forza invisibile. Il padre e la madre di Livius arrivano sul palco. Il padre mi dice che il prossimo tributo sono io. Mi cambiano il numero, mi puliscono. Io faccio quel discorso che feci davvero durante la Mietitura. Tento di tapparmi la bocca con le mani ma non ci riesco. Il mio corpo è una statua di pietra. Un Pacificatore mi colpisce alla testa. Svengo. Sono disteso in una stanza buia. Arriva Victor e mi dice che il Presidente Morse vuole parlare con me e che sono un tributo sfacciato. Vado nell’altra stanza. Ancora provo a resistere a tutta questa storia, ma non riesco a fare nulla. Sono obbligato a fare quello che davvero ho fatto durante questi eventi. Mi siedo sulla sedia suntuosa che è più piccola di quella su cui è seduta il Presidente. C’è anche Mohr, vivo.
«Si chiama Mohr. Puoi accarezzarlo, se vuoi.» - mi dice il Presidente.
«Passiamo alla conclusione in cui lei mi dice perché sono qua?»
«Dritto al punto, signorino Snow?»
Dal cielo cadono specchi che ricoprono tutte le pareti della stanza. Sono gli specchi che cambiano colore a seconda dell’umore, gli specchi di Capitol City. Appena toccano suolo, però, si frantumano in mille pezzi. Da questo momento in poi, sono libero di parlare ma non di muovermi. Sembra che il mio sedere sia attaccato alla sedia.
«Non te lo sei ricordato.» – il Presidente Morse accarezza il pelo del gatto. Ha cambiato abbigliamento improvvisamente. Ha un giaccone nero lunghissimo che tocca pavimento. Scorgo di poco le scarpe che sono di forma esagonale e di color giallo fluo.
«Cosa?»
«Non ti sei ricordato chi fosse il vero nemico.» – sul giaccone iniziano a scorrere le riprese di un film. Guardando meglio, capisco che le persone che sono in quel video sono i cittadini del distretto 2. Sì, riconosco mia madre, mio padre, Livius, mio fratello, la madre del bulletto che ha picchiato Livius, Victor Vict, Venice, Level, i genitori di Livius e altri uomini.
«Forse lo sei tu!»
«No, Snow. Il tuo peggior nemico è Ta - Er - Le - Fa - St - Me - Ch - Lo - Sø - An - Po - Bum!!» – sul giaccone appaiono i tributi della venticinquesima edizione degli Hunger Games.
«Cosa?» – appena chiedo delle delucidazioni su ciò che ha detto, il gatto mi mostra i denti e mi ringhia contro.
«Scherzetto! Il tuo peggior nemico… so – no i - o!» – ride. Sul giaccone ci sono mille volti, tutti suoi. I frammenti degli specchi, che riflettono anch’essi il volto di Morse, si alzano da terra e vibrano, sospesi, nell’aria. Lui applaude, il gatto mi lecca le caviglie. Voglio scappare e dare un calcio al muso dell’ibrido.
«Non dici nulla, Snow?» – il Presidente si siede su di me e mi sbottona la camicia che, ora, mi ritrovo ad indossare. Mi bacia il petto. Per un attimo il suo volto è diventato quello di Level, poi è tornato Morse.
«Tu mi appartieni, Snow. Tu sei il mio vero ibrido, il mio vero cucciolo, il mio vero ani – ma - le da com - pa – gni - a.»
Credo che morirò su questa sedia, con il Presidente sulle mia gambe che mi ama come fa un amante. Mille pensieri si scontrano nella mia testa che inizia a far male come non mai. Cosa mi succede? Cosa sta facendo? E perché il gatto non la smette di leccarmi? Temo che, a breve, il Presidente mi strappi il cuore del petto e se lo mangi.
Inizio a fare come faceva Potas: alzo lo sguardo al cielo e prego che tutto questo finisca all’istante.
Mi avevano detto che pensare troppo fa male, mi avevano detto che sarebbe passato tutto eppure la testa mi scoppia, gli occhi bruciano e respirare sembra la cosa più difficile da fare.
«Ho fatto di tutto affinché ti uccidessero ma, evidentemente, sei destinato a restare con me, per sem – pre.»
Rifletto sulla mia probabile morte e sorrido. Quale essere più grande di noi? Qua bisogna combattere per sé stessi e provare a vincere ogni cosa. Se morirò oggi, almeno potremmo stare vicino, potrei rivedere Søren, mio fratello, Loto, Falloppio, Chimio. Posso affermare di aver combattuto per tutti quelli che non sono riusciti a farlo: ho combattuto anche per te, Livius.
«Che sia tu il vin – ci – to – re?» – il Presidente mi lecca il capezzolo, sale su con la lingua seguendo un percorso tutto suo e mi lascia un segno sul collo, un succhiotto. Io non posso essere il vincitore. Morirò e, se, invece, riuscirò ad uscire da quest’Arena, non sarò più lo stesso: tutte le cicatrici si stanno aprendo nell’interno della mia bocca lasciando un retrogusto di sangue e troppe sono nel cuore. Anche se uscissi da quest’Arena, non ne uscirei vincitore. Ho già perso tutto.
«Impossibile. Che vincitore potresti essere? Tutti quelli che amavi son morti, mor – ti e, poi, sono le cose che amiamo di più che ci distruggono. Vedi? Tu volevi del bene a Livius e lui si è ucciso, lasciando che tu diventassi il Sanguinario che, ora, sei. Tu volevi del bene a Livius, lui ne voleva a te?» – nello sguardo del Presidente una scintilla di vittoria: crede di avermi abbindolato con queste parole, ma mi ha solo rafforzato. Sì, ho già perso tutto. Tutto tranne una cosa: la voglia di vendetta.
Possa la luce essere, ora, a mio favore!
 
Apro gli occhi di scatto mentre la mia bocca è sporca del tutto. Sono immerso nel mio vomito. Sono tutto sporco, più di quanto lo fossi prima.
«Ma che…» - non riesco a finire la frase perché vomito di nuovo. Sto cacciando fuori la zuppa e roba nerastra. Non sono più legato. Mi sollevo e, mettendomi a gattoni, continuo a vomitare. Gli occhi sono lucidi e Level mi mantiene la fronte. Esce anche del sangue nel vomito.
«Credevo fossi morto!» – mi dice Level allarmata. Mi passa un panno pulito sulla bocca. Mi giro, mi distendo a terra e prendo fiato. Mi cola il naso e lei continua a pulirmi.
«Credevo stessi morendo e ho dovuto farti vomitare tutto.» – mi spiega. Respiro a pieni polmoni. Mi allontano da quello schifo e mi fiondo a terra. Guardo il soffitto e provo a riprendermi dopo aver vomitato anche l’anima. Level mi guarda distrutta.
«Non mi guardare come se ti dispiacesse.»
«A me dispiace.» – mi dice urlando Level. - «Io davvero voglio prendermi cura di te, ma tu non me lo lasci fare. Io non sono cattiva, non lo sono davvero! Tu potresti essere l’unico che può capirmi. All’inizio volevo ucciderti perché, davvero… non te ne accorgi, ma mi hai ferito. Quando ti vedo, però, credo tu possa davvero aiutarmi.»
Tra poco potrebbe scoppiare a piangere.
«Tu non stai bene! Sei sempre stata così o l’Arena ti ha reso il mostro che sei?»
«Io non sono un mostro!» – urla e si getta su di me per potermi riattaccare alla parete.
«Allora, dimostralo.»
La ragazza mi guarda sorpresa. Si solleva restando, però, seduta su di me.
«Se non sei un mostro, smettila di fare quel che stai facendo.»
«E come?»
«Sei migliore di questo, giusto? Vuoi prenderti cura di me…»
«Sì. Non voglio ucciderti, io e te potremmo essere una squadra.»
«Già, potremmo essere una squadra.» – con la mano destra le accarezzo la schiena e la faccio distendere su di me. Le cingo la vita per farla sentire sicura.
«Ti ricordi di me, Snow?» – mi chiede.
«Si, ora mi ricordo di te, Level.» – lei solleva il capo, sorride. - «Mi è dispiaciuto davvero per te…»
Allungo il braccio sinistro sulla sua schiena e le inietto il veleno della siringa che sono riuscito a prendere dallo zaino. Cambio mano per poter afferrare un’altra siringa con la mano sinistra e la trafiggo con un altro ago. Levo la siringa vuota e la getto. Inietto quest’altro veleno e, passando la siringa da un mano all’altra, riesco a prendere altre siringhe.
«Cosa stai facendo?» – mi guarda negli occhi. È triste e il veleno già sta facendo effetto perché non si muove più.
«Non sarai il volto della giustizia, mi dispiace.» – afferro un’altra siringa e inietto. Questa è la quarta siringa ma non è sicuramente l’ultima.
«E non mi ricordo di te!»
Continuo con una quinta, una sesta, una settima. Mi sputa del sangue in faccia. Il cannone esplode nell’aria.
«E avevo già una squadra!»
 
***
 
Nello specchio, a 14 anni, puoi vedere speranze, sogni chiusi in un cassetto, occhi accessi e sorrisi infiniti.
Level prova a essere questo, ad essere normale, ma non lo è. Puoi essere, a 14 anni, innamorata di un uomo che condivide il letto con tua madre? Puoi, a 14 anni, aspettare ancora il ritorno di tuo padre? Level, in realtà, non ha più 14 anni: è cresciuta già da tempo. Crescere in fretta, però, non ha cambiato alcune cose. Ha ancora un disperato bisogno di sentirsi dire che qualcuno le vuole bene davvero, di vedere chiudere una porta perché qualcuno è intenzionato a entrare e restare, non a uscire e non tornare. Accetta, però, la condizione che la sua vita sia questa e che nessuno possa capire il suo dolore. Già, qualcuno può avere vita peggiore della sua?
Girando l'angolo, è lì che vede una scena raccapricciante. Alcuni ragazzi stanno prendendo in giro un ragazzino. I ragazzi lo picchiano. Uno di loro, dalla tasca, caccia una lametta, la passa a un altro. Quest’ultimo gli dice di tagliarsi perché lui, Snow, è inutile, non serve a niente. Gliela lanciano addosso e se ne vanno via ridendo. Level, allora, si avvicina al ragazzo, lo guarda e crede di aver trovato qualcuno che possa capirla. Si abbassa, prende la lametta e la getta in un secchio della spazzatura.
«Non starli a sentire, sono stupidi.»
Lui non risponde, è immobile. Lei sorride, gli porge la mano per farlo alzare ma lui non accetta il suo aiuto, non fa nulla.
 
È bastato un attimo, uno sguardo e Level sente il cuore finirle in gola. Lo riconosce in fretta e ne ha la conferma quando sente il suo nome: Snow. Lui è il ragazzo della lametta. È un po' scosso: a quanto sembra, il suo migliore amico si è suicidato. Ora è lui il tributo maschio del distretto 2.
Lui potrebbe essere un perfetto alleato. Sì, Level ne è certa: lui si ricorderà di lei, si confideranno e lei troverà, finalmente, qualcuno disposta a combattere con lei, per lei. Sì, questo desidera. Lei prova a dirgli che le dispiace per il suo amico e, sul treno, aspetta che lui dica: «ehi, mi ricordo di te.» Peccato che lui non si ricorda di lei, no, e una volta a Capitol City le cose peggiorano. Lui non è un Favorito e lei potrebbe morire già in partenza con lui al suo fianco. Level pensa, però, che non importi, no. Insieme potrebbero farcela: entrambi hanno affrontato grandi difficoltà e lui, prima o poi, dovrà ricordarsi di lei. Snow, però, continua a non ricordarsi di lei. Anzi, dice di voler stare solo, non vuole nessuno.
Nessuno, e poi si allea con Søren, Falloppio, Chimio, Loto.
«Che cosa hanno loro che io non ho? Che cosa aveva Søren che io non ho? Dimmelo Snow, dimmelo.»
 
  
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