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Autore: SkyMe    08/10/2014    0 recensioni
Ero cosi' tanto vicina alla sua bocca che dio solo sa cosa gli avrei fatto. La voglia di urlare al mondo il mio male era troppa e vomitare tutte le mie emozioni su di lui non mi sembrava il caso. Decisi di stare seduta e guardalo scrivere, mentre io morivo dentro.
Quando troverò la mia cura, forse , tutto cambierà.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti
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Folle è l'uomo che parla alla luna. Stolto chi non le presta ascolto.”
                                                                                
 
WILLIAM SHAKESPEARE



Quando tornai a casa  mi sentivo talmente stanca che non diedi da mangiare neanche al mio gatto. Poverino lui aveva sempre delle coccole pronte per me ed io che mi dimenticavo di nutrirlo a sufficienza. Come una mamma che si dimentica il figlio all’asilo. Domani provvederò mi dissi e sprofondai nel sonno più assoluto. Ecco è i proprio  di dormire che ho più paura, se chiudo gli occhi io vedo tutto. Sento tutto. E mi spaventa.

-Non voglio essere qui- urlai- Che cosa vuoi da me-

Ma quell’ombra non mi rispondeva mai. In fondo sapevo che era un incubo, e come tale se mi facevo coraggio prima o poi sarebbe finito. Ma il punto è che io ero codarda, talmente codarda che lasciai che quell’ombra mi terrorizzasse per ore prima di svegliarmi in un bagno di sudore.
Ero sobria da più di un anno ormai, per questo i miei incubi tornavo a farsi sentire più spesso del solito, e ogni volta erano più terrificanti. Quando il telefono squillò mi precipitai dal letto nella speranza che fosse Margaret che mi faceva sapere del posto di lavoro. Lei era la mia migliore amica dai tempi dell’asilo, quello che c’era tra di noi andava ben oltre l’amicizia, era qualcosa di trascendentale di cui non potevo fare a meno.

-Tesoro di mamma, dormi troppo sono ore che ti chiamo.-

Bene solo mia madre ci mancava. Continua a darmi addosso senza tregua. Neanche dormire era più concesso.

-Ciao madre, anche io sono felice di sentirti-
-Che succede Skye perché non sei andata dal Dott. Petersen?-

Di ben in meglio. Il Dott. Petersen mi aspettava per un colloquio entre –nous, un tet-a-tet, insomma due chiacchere che lui chiamava di conoscenza. Lo aveva fissato mia madre dopo che il caro dottore dei miei stivali  gli ha raccontato dell’ultima seduta fatta insieme agli altri. Non è che io sia restia a questo tipo di cose, sono cosciente del fatto che mi serve aiuto, che ho bisogno di qualcuno che mi segua, ma mia madre a volte riusciva a  farmi odiare anche una semplice passeggiata. Non ho deciso io di dormire fino a tardi, i miei incubi hanno deciso per me.

-Mamma prometto di andarci domani, oggi sono troppo stanca e sospetto di avere qualche decimo di febbre, nulla di grave ma preferisco restare in casa. Tra poco dovrebbe venire Margaret a tenermi compagnia.-

La liquidai subito, tranquillizzandola sul mio impegno col il dottorino. In effetti Margaret doveva già essere qui, quella è più puntuale  di un orologio, quasi detestabile per come fa. I suoi genitori si sono separati appena dopo la sua nascita, tuttavia i soldi fanno la felicità e lei lo sa benissimo. Non ne ha mai sofferto della separazione, otteneva tutto ciò che desirava solo facendo gli occhi dolci e ahimè questo valeva anche nella nostra amicizia. Suo fratello invece, più grande di lei di tre anni ,aveva qualche cicatrice nascosta, segno della sofferenza tenuta in silenzio. Intraprese la carriera militare all’età di 18 anni, e dire che era un gran figo con la divisa è dir poco. Oh se ancora ci penso al giorno in cui , per via di una sfida con la sorella bastarda, dovetti baciarlo, e lui ancora più bastardo della sorella acconsentì ridendo sotto i baffi. Per fortuna per me il giorno dopo partì per il Nevada , diretto alla sua base, in attesa di un incarico.
Quando sentì il rumore delle chiavi capii che era finalmente arrivata. E per giunta con una colazione tra le mani.

-Oh finalmente sei sveglia!- disse quasi offesa.
- Ringrazia mia madre che mi ha svegliato, altrimenti starei ancora a sognare un bel fusto biondo da fustigare e neanche un cannone riusciva a svegliarmi più-

Quanto avrei voluto davvero sognare un bel biondo con occhi verdi che si prostra ai miei piedi in attesa di ordini alquanto sconci.

-Certo cara sogna tu, e qui c’è gente che lavora per te. Tieni, questo è il numero del tizio del bar qui vicino, con un paio di trucchetti dei miei mi son fatta promettere di farti un colloquio. Prego.-

Non avevo dubbi che lei riuscisse ad ottenere quel numero anche solo sbattendo un po’ le palpebre. L’idea di lavorare in un bar non mi allettava molto, ma a mali estremi ,estremi  rimedi. L’affitto non si paga da solo.

-Grazie Mar, quando devo andare?-
-Anche stasera, vorrebbe conoscerti, sai com’è deve fidarsi prima di affidare un lavoro e bla bla bla-
-Mar domattina ho un appuntamento con il dottor Petersen, credi di riuscire ad accompagnarmi?-
-Vorrei davvero tesoro ma devo andare a prendere mio fratello all’aeroporto, torna per un congedo e i miei sono troppo occupati a spassarsela ergo il taxi di turno sono io.-


Credo che non sapevo cosa fosse peggio, se l’incontro con il dottorino che già iniziavo ad odiare oppure il ritorno del tizio che avevo baciato e seppellito nei miei ricordi. Decisi di optare per il dottore, tutto sommato non lo avevo baciato e non  desideravo se non prenderlo a calci.

-Va bene, vorrà dire che andrò dal dottore e poi a fare shopping da sola!-
-Stronza che non sei altro, lo sai che io lascerei mio fratello all’aeroporto pur di venire a fare shopping con te!-


Cosciente del fatto che lei poteva veramente lasciare il suo povero fratello da solo in aeroporto pur di fare shopping le promisi che saremmo andate insieme il pomeriggio stesso, dopo pranzo. Tanto fino a cena c’era un sacco di tempo. E lei lo avrebbe usato tutto.

-Salve, cerco Mike, sono Skye un’amica di Margaret, sono qui per il colloquio.-
-Ciao Skye sono Mike, non mi aveva detto Margaret che eri così carina.-


Livello di rattusaggine pari a 100. Certo ad essere carino era carino, sembrava uno di quei modelli della H&M scolpiti a dovere  che al posto dei muscoli avevano due palloncini. Decisi di fare la brava e non mordere, ascoltai la sua proposta di lavoro e accettai. Senza se e senza ma. Accettai perché dovevo mettere dei soldi da parte per un sogno nel cassetto. Tutto quello che dovevo fare era la barista, per tre volte a settimana, dalle 18 fino alla chiusura alternando i sabati e le domeniche. Potevo farcela, dovevo sopravvivere in qualche modo.

-Allora com’è andata?-  mi chiese Mag.
-Bene, quel Mark forse è un po’ troppo gentile con me, ha detto che sono più bella di quanto si aspettasse. Tutto sommato mi ha dato un lavoro che cercherò di mantenere a tutti i costi.-
-Brava la mia Skye, così ti  voglio. Adesso ceniamo che il mio verme solitario non ha più scorte!-

Sapevo già che la giornata di domani sarebbe stata più difficile del solito. Dopo l’appuntamento con il dottore avrei fatto shopping con Mag e poi sarei andata al mio primo giorno di lavoro. Decisi quindi di andare a letto presto, portando con me la mia carinissima tazza di Hello Kitty con dentro un’intruglio alle erbe rilassante.
Quando sentii la sveglia mi alzai come fanno di solito i vampiri nei film che sembrano avere una molla dietro la schiena che li scaglia in alto. Avevo due occhi da far paura, e lo stomaco sotto sopra. Chissà che cavolo ho bevuto ieri sera.

-Eccolo è qui, prego entri signorina, vuole qualcosa da bere?-
-No grazie-
Dissi con gentilezza alla segretaria del Dott petersen.
-Skye che bello vederti da me oggi, scusami per il ritardo ma avevo un paziente in crisi e dovevo fare qualcosa per evitare il peggio.-
-Non si preoccupi dottore, non aspettavo da molto. Sa com’è noi donne non siamo mai puntuali.-
-Allora di cosa vogliamo parlare oggi?-
-Perché mi ha fatto venire qui?-
Chiesi io stizzita.
-Per aiutarla- Disse prontamente.
-Alcune cose semplicemente non si aggiustano ,dottore, si rompono e restano così, a pezzi.-
-Chi glielo dice Skye, tutto si aggiusta, con il giusto mezzo.-
-Le anime non si curano dottore, e lei dovrebbe saperlo. Se una persona è rotta dentro, deve solo imparare a sopravvivere con il suo male, sperando che sia un buon inquilino.-


Ed era così purtroppo. Ero rotta da troppo tempo che avevo imparato a conviverci, a convivere insieme a me stessa, i pezzi erano sempre tutti li, io lasciavo stare a loro e loro non rompevano a me. Come un contratto pre-matrimoniale di comune accordo.

-Skye io le confesso che i suoi occhi  racchiudono forse più parole di quelle che mi sta dicendo. Le assicuro che se  solo mi desse la possibilità di porre fine a ciò che le fa del male sono sicuro di riuscire a guarirla, ma deve fidarsi di me. Non stiamo parlando di esorcismi o sette sataniche. Stiamo parlando di incanalare sul verso giusto tutta la rabbia che lei ha dentro e farla scorrere via.-

Ma di che diavoleria sta parlando questo tizio? Mi avevano detto che era un ciarlatano, ma non a questi livelli. “Incanalare la rabbia?” “Farla scorrere via”. Dove si è laureato a casa di Gandhi?  Ancora non ha capito che io rabbia non ne ho più?
-Dottore, non mi serve a niente incanalare questa rabbia. Non ne ho. Non provo rabbia. Solo disgusto e disprezzo verso me stessa e sono cose che difficilmente si alleviano. Mi guardi negli occhi e mi dica che posso guarire, mi dica che farà di tutto per attaccare tutti i pezzi, mi dica che lei ci sarà sempre e mi  dica che in fondo io non faccio poi così schifo. Ma quando me lo dice cerchi di essere convincente il più possibile, perché io non ci credo più.-

I suoi occhi, i suoi bellissimi occhi mi guardavano ammaliati. Non so descrivere quei minuti che passammo a guardarci , ma so che furono davvero eterni. Il mio dottore in fondo aveva capito quanto fossi rotta dentro e cercava di ripararmi. Ma già sapevo che se  io non fossi guarita avrei fatto rompere anche lui in mille pezzi, e non potevo permetterlo. Prima di provare qualcosa per  quella bocca color rosa antico, dovevo fermarmi e impedire a me stessa di commettere questo sbaglio. Eppure dentro di me  si stava muovendo qualcosa, ed io decisi di scappare per non darmi il tempo di pensarci su.
  
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