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Autore: effe_95    10/10/2014    4 recensioni
[ STORIA IN FARE DI REVISIONE ]
Claudia Rossi è una ragazza di sedici anni, frequenta il terzo anno del liceo Classico insieme a Francesco, il suo migliore amico dall'infanzia, ha una madre non troppo presente, un fratello cresciuto troppo in fretta e un padre che sembra sparito.
Yulian Ivanov ha diciotto anni, un carattere ribelle e spensierato, un passato che non vuole essere ricordato, e un'altra nazione nel cuore, la Russia.
Le vite di questi due ragazzi si incontreranno quasi per caso, per raccontare una storia passata di due persone che hanno solo bisogno di essere salvati.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Salvami, ti salverò.

87. Io ti volevo vincere e ti ho saputo perdere - 1 Parte

Prima di andar via c’è qualcosa che
Voglio dirti adesso, e mi ascolterai,
Anche se per te, oramai è lo stesso.
Non ci crederai, forse riderai
Ti sembrerò un po’ fuori tempo,
Ma la verità è che non ho avuto mai
Niente di più bello
Di te.
 
Marco Masini – Io ti volevo.
 
 
Quella sera Luna tornò a casa un po’ più tardi del solito.
Aveva appena finito il turno in ospedale, aveva la schiena dolorante per le ore passate in piedi andando avanti e indietro per quei corridoi sterilizzati e gli occhi stanchi.
Infilò lentamente le chiavi nella toppa della porta di casa e la aprì lentamente, dando un’occhiata veloce al suo piccolo giardino infestato dalle piante.
Quando Luna entrò nell’ingresso freddo e vuoto, non poté fare a mano di pensare ai suoi vicini di casa, a Serena e Marcello e alla loro dimora accogliente, e sebbene Francesco se ne fosse andato, almeno non erano così soli.
Accese sbuffando tutte le luci che trovò a disposizione, abbandonò il cappotto sull’appendiabiti, la borsa sul comodino e le scarpe in un angolo, per dirigersi in cucina con i piedi doloranti e le calze attaccate fastidiosamente alla pelle.
Luna aprì distrattamente il frigorifero, e mentre si legava i capelli con un codino sistemato strategicamente sul polso come un braccialetto, prese dell’insalata confezionata, una fettina di carne e la mise a cuocere sul fuoco.
Apparecchiò la tavola solo con un bicchiere, un paio di posate, un tovagliolo e una bottiglia d’acqua e aspettò che quella sua cena modesta si cuocesse.
Luna non poté fare a meno di pensare a quando un tempo tornava a casa la sera e trovava Nicola schiacciato con la faccia nei libri d’università e Claudia rannicchiata sul divano con un libro aperto a metà, sepolta nel cardigan con i lunghi capelli rossi a nasconderle il viso, non poté fare a meno di ricordare come, nonostante fosse stanca morta, le piacesse cucinare sempre qualcosa di elaborato e buono, anche se si rivelava ogni volta un totale disastro. Luna scosse distrattamente la testa e tolse la carne dal fuoco, nella distrazione del momento l’aveva fatta cuocere troppo, ma la mangiò ugualmente in silenzio, e dopo aver fatto in fretta la cucina, andò nel salotto e si rannicchiò sul divano nella stessa coperta che un tempo usava Claudia, accendendo la televisione.
Risultò una compagnia abbastanza piacevole, e le fece sentire di meno la mancanza di quelle stanze vuote al piano di sopra, era da un po’ di tempo che Luna aveva preso in considerazione l’idea di trasferirsi in un appartamento più piccolo dove non ci fossero tutti quei ricordi, e dove le spese fossero minori, sebbene non avesse più da mantenere i figli, tuttavia non aveva mai messo in atto il suo proposito, e a bloccarla erano stati proprio quei ricordi che avrebbe voluto negare.
Mentre osservava distrattamente la protagonista del film che stava guardando, correre tra le braccia del suo uomo, il suo sguardo si posò su una vecchia fotografia abbandonata su uno scaffale della piccola libreria che aveva nel salotto.
Luna la afferrò sporgendosi leggermente dal divano e la guardò con un triste sorriso stampato sulle labbra. Era una foto di Claudia e Nicola all’età di cinque e dieci anni.
Sorridevano entrambi a denti scoperti, a Claudia mancava un incisivo, i capelli rossi tagliati a caschetto le ricadevano ribelli sul viso, Nicola la stava abbracciando da dietro con le braccia strette al collo della sorella più piccola, anche lui aveva i capelli leggermente scombinati, le gote rosse e gli occhi allegri.
Luna ricordò vagamente perché entrambi i figli fossero così scalmanati in quella foto, e poi, trasportata dal filo della memoria, ricordò anche che a scattare quella foto era stato Andrea in un caldo pomeriggio d’Agosto, l’anno prima di andarsene.
 
<< Guarda Claudia! Guarda! Ho catturato una lucertola! >>
La piccola peste dai capelli rossi saltò amabilmente dal troco tagliato sul quale era salita e raggiunse il fratello più grande appostato accanto ad un albero.
Nicola reggeva allegramente tra le dita la coda di quella povera lucertola che non faceva altro che dibattersi disperata, per poi riporla all’interno di un barattolo di vetro.
<< Che carina! Dai Nico, sbatti il barattolo, voglio vedere come balla! >> Esclamò Claudia al massimo dell’euforia, ma Nicola le passò con affetto una mano sui capelli scalmanati e rise. << Facciamo una gara a chi arriva prima da mamma e papà! >>
Dichiarò con un sorriso a trentadue denti sul volto da bambino, e senza aspettare che Claudia rispondesse, cominciò a correre a precipizio tra gli alberi, lanciando ogni tanto un’occhiata alle sue spalle per seguire la sorella, che arrancava dietro di lui.
Quando arrivarono in prossimità del tavolo da pic-nic che avevano occupato Andrea e Luna, Nicola cominciò a rallentare, fino a quando Claudia non lo oltrepasso e si gettò con ln fiatone sulle gambe della madre leggermente sorpresa.
<< Ho vinto io! >> Cantilenò la bambina, affannata, con i capelli sul viso e il respiro corto, Nicola ridacchiò continuando a reggere il barattolo di vetro tra le mani.
<< Accidenti, sei proprio veloce! >> Annunciò mentre andava a passo baldanzoso verso il tavolo dove erano seduti i suoi genitori intenti ad apparecchiare una sorta di tavola.
Claudia si arrampicò sulle gambe di Luna e le scoccò un bacio sulla guancia, Nicola si lasciò scivolare sulla panca accanto al padre e gli mostrò fiero il barattolo di vetro.
<< Guarda papà?! L’ho presa! >> Andrea lasciò perdere per un attimo i piatti di plastica e si chinò sul figlio accarezzandogli i capelli e osservando meglio la lucertola.
<< Ehi, è bella grossa, hai fatto un ottimo lavoro Nico, ma più tardi lasciala andare >> Commentò l’uomo sorridendogli calorosamente, mentre finiva di riempire i piatti con la pasta all’insalata che aveva preparato Luna a casa.
<< Perché? >> Chiese Nicola tenendo lo sguardo puntato sulla lucertola che lo fissava dal vetro, spaventata e affannosa, in trappola. << Perché deve essere libera, no? >>
Replicò Luna, mentre cercava inutilmente di sistemare i capelli ribelli di Claudia, che ogni volta che la madre cercava di pettinarli con le dita, si innervosiva e strillava.
<< Beh, io non la libererò! >> Commentò acido Nicola, lanciando uno sguardo contrariato alla madre, Andrea si schiarì leggermente la voce, appoggiò le mani sulle spalle del figlio e si chinò verso di lui.
<< Ascoltami Nico, a te piacerebbe se qualcuno ti rinchiudesse in una stanza per sempre, senza che né io, né la mamma, né Claudia possiamo venire a vederti? >> Nicola aggrottò le sopracciglia e guardò il padre negli occhi. << No >> Andrea sorrise.
<< Ed è esattamente così che si sente adesso questa lucertola, lontana dalla sua famiglia, ascolta Nicola, tu, nella vita, non avrai mai niente di più importante della famiglia, capito? >> Nicola non rispose nulla, ma rimase alcuni minuti perso ad osservare il suo barattolo, poi, dopo qualche minuto, quando Andrea ebbe ripreso a servire da mangiare, aprì il tappo del barattolo di vetro e lasciò andare la creatura, che schizzò via tra l’erba. Luna sorrise guardando Andrea di sfuggita, che ricambiò, e poi non dissero più nulla, Andrea si limitò a prendere la macchina fotografica, e come un lampo, Nicola abbracciò la sorella, mentre il padre scattava la foto …
 
Il filo dei ricordi di Luna venne bruscamente interrotto dal bussare della porta di casa, guardò in fretta l’orologio che segnava le undici e aggrottò le sopracciglia.
Non aspettava nessuno quella sera, e alzandosi in piedi, cercò di non pensare a qualcosa di brutto, mentre la sua mente correva velocemente a Lara e Claudia.
<< Chi è? >> Domandò con voce incerta, mentre si stringeva la coperta della figlia attorno al corpo, per un momento nessuno rispose, poi Luna sentì qualcuno tossicchiare e schiarirsi la voce. << Andrea >>
Quando Luna sentì quel nome, pensò immediatamente che fosse stato uno scherzo della sua memoria, ancora immersa in quei tempi lontani, ma l’uomo parlò di nuovo.
<< Ecco, mi aspettavo che tu aprissi la porta all’improvviso, così avrei potuto prenderti in contropiede, beh, direi che tu ci sei riuscita alla grande >> Il commentò di Andrea venne seguito da una risata imbarazzata, Luna sospirò pesantemente e le sembrò per un solo istante di ritrovare nella voce di Andrea le tracce di quel ragazzo arrogante che era stato un tempo. << Beh, dopotutto avrei dovuto aspettarmelo, questi colpi bassi sono la tua specialità >>  Luna si pentì un secondo dopo delle sue parole, si rendeva perfettamente conto che erano nate in lei a causa dei ricordi ancora così vividi, perché non aveva potuto fare a meno di incolparlo di tutta quella felicità che aveva gettato via. Andrea non parlò più dietro la porta, e per un istante Luna pensò che se ne fosse andato, andato via ancora una volta.
<< Posso entrare Luna? Sai, adesso abbiamo entrambi cinquanta anni già compiuti, e sebbene quando eravamo ragazzi ti piaceva tanto rinchiudermi fuori dopo una litigata, adesso non so se le mie ossa reggerebbero >>
Luna strinse forte il pomello nella mano, in quegli ultimi anni, quando Nicola e Claudia aveva ricucito i pezzi di quel rapporto, Luna aveva preferito lasciare i suoi ancora sparsi per terra, e sebbene avesse intrattenuto con Andrea un rapporto più che cordiale, non poteva fare a meno di essere ancora arrabbiata.
Si rese conto mentre apriva la porta, che forse non l’avrebbe perdonato mai.
Andrea se ne stava sotto il lampione con la luce sparata sul viso, che si incrociava inevitabilmente con l’ombra della notte nascondendone alcuni tratti.
Aveva gli occhi leggermente chiusi e tale espressione gli marcava ancora di più le rughe, i capelli cadevano un po’ disordinati sul capo, striati di bianco e le mani erano nascoste come sempre nelle tasche dei pantaloni, nel guardarlo Luna ebbe un altro dejà vu.
 
Luna si asciugò freneticamente gli occhi, le guance ancora le pizzicavano per la sfuriata recente, le mani erano bollenti a causa della collera, eppure non riusciva a smettere di piangere. Sentiva Andrea battere dei pugni alla porta di casa perché l’aveva chiuso fuori un’altra volta, si sfregò le mani sulle guance arrossate e tirò su con il naso.
Nicola, nascosto nel suo ventre, le lasciò un calcio ponderoso come se fosse contrariato, ma Luna lo ignorò, lanciando uno sguardo arrossato agli scatoloni che giacevano ancora pieni in quella stanza da arredare.
<< Luna, ti prego apri questa porta! Fa freddo qui fuori, sai che siamo in pieno Gennaio? Dai, lo so che te l’avevo promesso, non è colpa mia se ho fatto tardi! Ho avuto dei problemi a lavoro … Luna! >>
<< Anche io ho lavorato Andrea! E hai idea di quanto sia pesante andare in ospedale come tirocinante e sbattersi avanti e indietro con una pancia del genere?! Eppure ero qui, all’orario giusto ero qui! >>
Luna strillò guardando la casa che avevano preso da poco lei e Andrea, forse un po’ troppo pretenziosa per le loro possibilità, ma l’avevano voluta ugualmente, e per metà l’avevano pagata i genitori di lui.
<< Ti prego Luna, mi dispiace, perdonami >> La voce straziata di Andrea alla fine la fece cedere, e sebbene Luna fosse ancora arrabbiata e delusa, andò ad aprire la porta controvoglia, con il naso arrossato e gli occhi lucidi.
Andrea era sotto il lampione, gli occhi tristi gli mettevano in risalto il viso ancora giovanile dei suoi ventisei anni, aveva le mani nelle tasche del giubbotto pesante e le lanciò uno sguardo pentito, Luna alzò gli occhi al cielo e gli fece cenno di entrare in casa. << La prossima volta mi faccio la copia delle chiavi! >> Commentò lui, rubandole un bacio a tradimento.
 
<< Quella volta avevi fatto tardi perché eri da lei, vero? >>
La Luna del presente non riuscì a trattenersi dal fare quella domanda, se ne rese conto troppo tardi, quando ormai i ricordi erano svaniti e Andrea era già entrato in casa e la stava guardando con fare interrogativo. << Come? >>
<< Niente >> Non trovò nessun altro modo per rispondere, e se anche avesse voluto dire la verità, ormai era passato così tanto tempo che non sarebbe servito a nulla.
Andrea si fermò un po’ più avanti di lei imbarazzato, con le mani nelle tasche dei pantaloni, guardandola con un leggero sorriso ad increspargli le labbra.
<< Beh, perché sei venuto? >> Chiese Luna mentre chiudeva la porta di casa e si incamminava verso il salotto, seguita da Andrea che strascicava terribilmente i piedi a terra stanco. << Stasera Carolina dorme da un’amica, e siccome a casa non ho più né Eteocle né Daniela, mi sentivo solo … ho pensato che per te fosse lo stesso >>
Luna si lasciò cadere pesantemente sul divano rannicchiandosi nella coperta di sua figlia, Andrea continuò a fissarsi le scarpe imbarazzato, mentre cominciava a pensare che la sua fosse stata davvero una pessima idea.
<< Beh, siediti, quel divano l’hai comprato tu dopotutto >> Commentò Luna passandosi una mano sugli occhi, era strano come ormai si trovassero entrambi nella stessa situazione, era ridicolo dopo tutto quello che avevano passato.
<< Già, l’hai tenuto? >> Domandò Andrea mentre si metteva seduto parecchi metri lontano da lei, che non la smetteva di scrutarlo con quei suoi occhi verdi e il viso invecchiato.
<< Non ho mai pensato di comprarne un altro, e poi sarebbe stata una spesa inutile >>
Andrea annuì distrattamente, probabilmente anche lui perso nei ricordi, poi tornò improvvisamente a guardarla e Luna provò la pelle d’oca su tutto il corpo, per un momento aveva intravisto in quel volto invecchiato quello del ragazzo ventenne che aveva conosciuto trent’anni fa.
<< Ascolta Luna, qualche anno fa, dicesti che un giorno saresti venuta ad ascoltare quelle che erano state le mie ragioni, che quando sarebbe sparito il tuo orgoglio, avresti ascoltato tutte le mie parole. Può essere oggi questo giorno? Può esserlo? >>
Luna tornò vagamente con il ricordo a quando si erano rincontrati quasi dieci anni prima nell’ospedale dove lavorava lei.
 
<< Quando avrò voglia di farlo, quando sarà sparito il mio orgoglio, quando ti odierò di meno, verrò a trovarti per sentire tutte le tue ragioni, per farmi del male, ma adesso no >>
 
Luna continuò a fissarlo a lungo, con i pensieri che vorticavano a mille nella mente, con la rabbia che ribolliva sotto la pelle, ma poi si accorse che non era davvero rabbia, era più che altro l’aver lasciato andare altro tempo.
Ormai non era più il tempo di fare rinunce.
<< Si, può esserlo >>



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Effe_95

Buonasera :) 
Chiedo scusa per aver postato questo capitolo così tardi, ma ho cominciato i corsi all'Università, è stata la prima settimana e quindi ho dovuto un po' ambientarmi e tutto il resto. Passando al capitolo, devo dirvi come prima cosa, che questo momento verrà suddiviso in tre parti, come avrete potuto capire dal titolo, titolo che è preso dalla canzone di Marco Masini citata anche sotto. Poi, era da molto tempo che avevo in mente questo capitolo, e finalmente è arrivato anche per Luna e Andrea il momento di affrontare i loro fantasmi, come avrete capito, ormai tutti i pezzi del puzzle stanno cercando bene o male di trovare una congiunzione.
Mancano solo tredici capitoli alla conclusione della storia, ormai.
Beh, detto questo vi saluto sperando che il capitolo vi piaccia.
Fatemi sapere se vi va :)
Alla prossima.
 
  
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