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Autore: L o t t i e    10/10/2014    2 recensioni
«Sei una cretina», iniziò lui accomodandosi sul letto ad una piazza e mezza: aveva ancora la giacca. «Puoi accusarlo di tutto, tranne che non ti voglia bene... a modo suo.»
Ah, ecco.
William sottolineò, a mente, «a modo suo» un paio di volte, in rosso. Ripassandolo più volte.
Quelle semplici frasi stesero un velo scuro sul viso di porcellana della vampira, la quale preferì stare in piedi; se si aspettava la comprensione faceva prima a gettarsi dalla finestra, l'umano. Non dopo aver parlato al cellulare con una fanatica, non dopo aver ricevuto un bacio dal suo creatore ubriaco e con chissà quali sensi di colpa venuti a galla.
«Non ti permetto di parlarmi così», si impose pacatezza, danzando verso l'armadio per prelevare dei vestiti più leggeri. Vide il ragazzo schiudere le labbra, forse per parlare ancora, protestare. Fu più veloce.
[Da revisionare!]
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Vampire - the series.'
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Per favore!








Aveva superato una giornata scolastica di sette ore insieme a Samantha; non era più abituata a stare seduta per così tanto tempo ad ascoltare ogni cosa: le risatine degli alunni, la voce dell'insegnante, chi batteva le unghie sul banco ― mal di testa.
Ma... Tutto nella norma, insomma, se non fosse per l'auto nera che si era parata di fronte alle due appena dopo aver messo piede fuori dal cancello.
«Cosa ci fa lui qui?» fu Samantha a parlarle ed a toglierle le parole di bocca. In effetti pensava sarebbe tornata da sola, in quel posto. In villa.
«È venuto a prendermi.» bisbigliò in risposta l'albina stringendo le bretelle della cartella. In teoria non “aggiornava” l'amica sulla sua relazione con Claude da un bel po'. Avrebbe dovuto farlo, le avrebbe inviato un messaggio nel pomeriggio.
«Prinzessin, com'è andata?»
«Mh.»
«...Eh. Tu sei Samantha, corretto? Ci siamo visti qualche volta, se non erro.»
Dov'era finito il ghigno? Quello non era Claude, non quello che conosceva lei almeno ― quel tizio stava sorridendo in modo amichevole, che quasi ci credeva anche lei.
«Abbiamo fatto un'uscita in tre, una volta.» rispose la rossa abbozzando un sorriso.
«Ah, ecco! Ti va un passaggio a casa? ...Oppure potresti direttamente pranzare con noi.»
«Noi?»
Ed ecco che si ritrovava due paia di occhi verdi addosso. Noi, aveva detto il vampiro. Intendeva loro tre? E anche Trevor e Michela? No. Non esisteva ― come le avrebbe spiegato perché alloggiava in quella villa?
Chissà quanto era restata così, imbambolata e ghiacciata dai propri pensieri, le labbra schiuse. La sua mente aveva appeso un cartello con su scritto “sciopero!”
«―di quella bocca che ti entrano le mosche!»
Ah. La risata cristallina del corvino le riempì le orecchie.
«Comunque non posso, non così all'improvviso. ...Magari un altro giorno.»
«Oh, certo. Capisco. Allora ci conto! Will, sali


Per tutto il tragitto stette in silenzio con la borsa contenente i libri in grembo ― osservava dal finestrino il paesaggio monocolore.
«Peccato non sia venuta, la tua amica.» disse ad un certo punto il corvino addentrandosi con l'auto nel boschetto. «Allora, vuoi dirmi com'è ti è andato questo ritorno a scuola?»
L'albina fece per parlare, togliere il sigillo alle labbra e far uscire qualche suono ― vi rinunciò in partenza.
«O parli o quella lingua te la taglio.»
Ah, ecco. Non essere minacciata per una mattina era stato come vivere un pezzetto di paradiso. «Bene.» sputò con rabbia; non vedeva l'ora di chiudersi ― si fa per dire, in camera. Magari nessuno sarebbe salito ad infastidirla e lei avrebbe avuto un po' di privacy.







* * *









Con la magra consolazione di aver frequentato la scuola per due settimana, ora era di nuovo in gabbia, sotto le coperte. Da qualche giorno erano iniziate le giornate piene di sole ed allegre che prima piacevano anche a lei. Ufficialmente e per Samantha aveva il raffreddore, misto alla febbre. La chiamava però ogni pomeriggio per farsi dettare gli appunti o eventuali pagine da studiare ― qualche volta la rossa chiedeva se stava meglio o no, ma sopratutto se si trovava davvero bene a stare insieme a Claude o se davvero Yoshiko sapesse che lei viveva lì. Aveva avuto il coraggio di mentirle dicendole che doveva studiare l'inglese. Un po' era vero, anche se in realtà quelli che aveva appreso erano solo insulti in tedesco. Ovviamente Samantha non venne più a pranzare ― nemmeno la faceva avvicinare, in verità, alla villa.
Come al solito la sveglia del cellulare la levava prepotentemente dal tepore di un sonno di tenebre ― meglio quelle che gli incubi che popolavano abitualmente la sua notte ― e la costringeva ad allungare un braccio per rimandare l'allarme.
Si sarebbe assentata anche quel giorno.
Schiuse le palpebre le palpebre quel tanto che le permise di metter a fuoco lo schermo luminoso in tutta quella oscurità che regnava sovrana nella stanza e, con sorpresa, si rese conto che non era la suoneria della sveglia ad averla destata dal sonno.
«Pro... nto?» bofonchiò senza neppure leggere il nome di chi le stesse chiamando.
Uno sbuffo ― conosceva quello sbuffo simile all'elegante soffio di una teiera. «Hai intenzione di venire o stai ancora male?» quel tono sapeva vagamente di sarcasmo.
Silenzio. Sgusciò via dalle coperte ed andò direttamente alle tende ― nuvole, chiedeva solo quello!
«Oh... Dieu!» sibilò serrando immediatamente l'occhio sinistro colpito dalla tepida luce mattutina. Che dolore.
«William..?»
«Non... posso venire nemmeno oggi.» soffiò allontanandosi dalla finestra con la mano l'ibera sul volto. «Scusami» concluse a malincuore smorzando un sospiro.
«...Allora vengo io da te.»
«Samantha, no. Sai che non sono a casa mia
«William, sì. Perché vuoi evitarmi?»
Colpita ed affondata. La cime dell'icebearg la prese in pieno viso, dolorosa e fredda, infuocata. «N-non ti sto evitando! Sam, prova a capirmi.» gemette mordicchiandosi le labbra, scivolando nel frattempo al pavimento con la schiena al muro.
«Cosa devo capire se la mia migliore amica fa di tutto per non vedermi?»
...Non dire così. Trattenne il respiro per qualche istante, riempì i polmoni d'aria.
Quella non era solo un'amica, ma anche la sorella che non aveva mai avuto, la sua consigliera, colei che non giudicava, qualcuno di cui poteva fidarsi quando era immersa nella falsità della gente. Doveva farsela scappare così?
«Sam, Samantha, idiota, ascoltami bene: questa sera alle...» Claude solitamente usciva la sera, ma a che ora? «...dieci! Alle dieci vediamoci in quel posto
«...»
«Per favore!»
«Prova a non venire e ti diplomerai da sola.»
William sorrise. «Tranquilla. Ti voglio bene, eh.»


«Non va bene. Stiamo regredendo.»
Michela sbadigliò distesa sul divano con indosso un enorme pigiama in pile fucsia. «Mi ricordi di che stiamo parlando?» biascicò.
«...Lasciamo perdere: farò un monologo, vista e considerata la partecipazione di qualcuno.»
«Uff!» sbuffò lei poggiando il viso sul bracciolo. «Preoccupati di meno e lascia fare al tempo. Ti rendi conto che sei in perenne stato di “delirio di onnipotenza”? William è una ragazza sensibile. Ragazza, non vampira.»
Claude emise un verso lamentoso, poi fece spallucce ― Michela aveva capito più cose dell'albina che lui e questo lo scocciava molto. «Lei invece è un vampiro.» protestò quindi andandosi ad accomodare sulla poltrona. «Poi, su che base dici ciò?»
«Per prima cosa dev'essere lei quella che deve sentirsi un vampiro a tutti gli effetti. Si riduce allo stremo, se non l'hai notat― Dov'è Trevor?»
«Pff.» scettico, il corvino arcuò un sopracciglio. «Penso dorma, è ancora presto.»
«Beato lui.» miagolò raggomitolandosi su se stessa.
«Comunque, tu capisci William più di me, è questo che vuoi dire?» ed assottigliò lo sguardo, piccato.
«Sì e non fare quella faccia. So per certo che ti interessa più cosa vuoi tu che non gli altri, sei egoista. Oltremodo non mi hai più fornito le informazioni che volevo. Che è morto, Alexandre, l'ho capito da sola ― vorrei sapere come, gentilmente.»
«La curiosità uccise il gatto, Michela.» sogghignò il vampiro.
«Ma la soddisfazione lo riportò in vita, Claude.» sorrise lei di rimando.
«Sei davvero una gran―»
«Richter!» urlò la vampira interrompendolo bruscamente, quasi saltando dal divano. Il diretto interessato allargò il piccolo ghigno già presente sulle labbra mettendo in mostra la dentatura perfetta.
«Non lo so, l'ho scoperto per caso quando sono arrivato in Francia. Purtroppo non sono stato io, contenta?»
«Sei insopportabile! Mi chiedo perché rimango ancora qua!»
«Perché altrimenti ti mancherei e non potresti andare in giro per le vie di Parigi a fare shopping illimitato, no?» le ammiccò.







* * *









Stesso giorno, stessa villa; 20:04 pm.

«Tu», le premette l'indice destro sulla fronte «resti qui insieme a lui», puntò l'indice sinistro verso l'umano che smanettava al cellulare «e io esco con Michela, torniamo fra qualche ora non uccidetevi.»
L'albina arricciò il naso, infastidita e scosse il viso per levarsi di dosso il dito del vampiro. Si era svegliata da qualche ora, infatti aveva ancora il pigiama ― sapeva che Claude sarebbe dovuto uscire come gli era solito fare, ma non così presto. Perché così presto? Se lo chiedeva da un po'.
Qualche ora. Non ce l'avrebbe fatta, se lo sentiva. Quando i due vampiri chiusero il portone, lei si diresse su per le scale ― doveva prendere il cellulare che aveva lasciato in camera ed inviare un messaggio a Samantha.
«Will.» la fermò Trevor alzando lo sguardo dal proprio di cellulare. «...Posso parlarti?»
«Dipende.» sbrigativa, gli rivolse solo lo sguardo celeste.
«Scusami, sia per la sera al pub che per―»
«Quella è colpa mia, cretino.»
«Ah, uhm... Certo. Però mi dispiace, sai, non volevo dire davvero che sei strana.» bofonchiò in imbarazzo abbassando appena il capo, facendo riflettere nelle lenti degli occhiali la luce dello schermo del cellulare.
«O-okay.»
«Okay?»
«Sì, mh, ti... ti perdono.»
E corse via. Eppure, non era così facile. Avrebbe dovuto lavorare ancora molto Trevor, però apprezzò il gesto. Non riusciva più a stare tra quelle mura sapendo di aver una questione in sospeso con lui. Se lo era trovato davanti, che dormiva, all'inizio ― disorientata, l'aveva perfino scambiato per Claude! Che se ci ripensava ora le veniva da ridere. Quei due erano completamente diversi, poi, uno era un mostro.


«Guarda che io mi chiamo Trevor. Trevor Knight.» borbottò scocciato il ragazzo guardando storto l'albina che, beh, ricambiava lo sguardo. Gli era solo stato detto di sorvegliarla, nulla di ché. Quella ragazza era davvero particolare, e poi non aveva mai visto qualcuno di albino! Era inevitabile che continuasse a fissarla, era inevitabile che lei fosse infastidita ― o a disagio? «Tu invece, vuoi dirmi come ti chiami?»
«...Non ti interessa. Ti metteresti anche a ridere.» sussurrò, portando le ginocchia al petto.
«Mannò. Provo ad indovinare?»
«Prova.»
Trevor disse almeno cento nomi di ragazze, William scosse il viso altrettante volte. Era logico che il ragazzo non ci sarebbe mai arrivato. Stremato e con la gola secca ― si sarebbe volentieri bevuto un litro d'acqua, sbuffò. «Andiamo! Un nome dovrai pur averlo!»
«William






Deliri Note dell'autrice:
Ue! (?) Son riuscita a pubblicare il capitolo per miracolo, oggi! *sigh çAç
Ringrazio tanto chi mi legge in silenzio e chi lascia una recensione come la mia senpai e U k e c c h i.
Grazie infinite a tutti! ;u; ☆
―L o t t i e.
  
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